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Autore: MrsJeon    04/03/2016    3 recensioni
"Andiamo, tu non dovresti neanche toccarmi."
Dopo tale affermazione, il giovane angelo dai lineamenti asiatici sbuffò una leggerissima risata, distogliendo lo sguardo dal demone dai capelli color carota che era in piedi, accanto a lui.
"Eppure, quella volta, ti sei lasciato toccare, angioletto" ribatté il ragazzo, riducendo la voce ad una sottospecie di mormorio perfettamente percettibile, ed in parte anche caldo, nel mentre che avvicinò le rosee labbra all'orecchio della figura angelica seduta sul suolo sabbioso ed umido a lui sottostante, fino a sfiorarne il lobo con il labbro inferiore, delineando poi entrambe in un lieve sorrisetto beffardo, si direbbe quasi anche perverso.

[Jikook.]
Genere: Dark, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Park Jimin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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You're mine, angel.

Era una gelida e monotona sera d’inverno. 
In quella spiaggia così deserta e silenziosa, vi era soltanto un’unica presenza, che non contribuiva poi tanto, a spezzare quello sgradevole silenzio intento a dominare, in quel luogo. 
Un ragazzo dai lineamenti asiatici, dalla statura medio-alta, più o meno sul metro e settantotto, se ne stava tranquillamente seduto sulla riva di quella spiaggia isolata, in silenzio, senza nessuno attorno a sé. 
A coprire la schiena e parte dei lisci capelli, di un castano non troppo scuro ed intenso, con qualche ciocca più chiara qui e lì, anche sulla frangia che sfiorava di poco le lunghe ciglia del giovane, vi erano un paio di grandi e maestose ali, dalle morbide piume di un bianco candido, quasi totalmente pure, se non per qualche eccezione sulle punte, ovvero delle piume tinte di un nero corvino. 
Gli occhi del ragazzo erano di una bellezza sconfinata, ma di un colore piuttosto scuro, e quindi monotono. Però, rivestite di quel leggerissimo strato di lucidità, causato dalla luce dei raggi lunari che andavano a posarsi sopra, le iridi dell'angelo erano in grado di incantare chiunque le guardasse, seppur scure e non così appariscenti. 
Era vestito di una semplice felpa di un blu abbastanza intenso, perfettamente abbinata al paio di jeans stretti neri che indossava, lievemente strappati su cosce e ginocchia, che mettevano in risalto le esili gambe del ragazzo, ed anche al paio di scarpe da ginnastica del medesimo colore della felpa, leggermente consumate per via del continuo uso quotidiano. 
Lo sguardo era posato sulla distesa scura d’acqua marina di fronte a sé, la cui riva era a meno di un metro di distanza da sé stesso, mentre fra le mani del ragazzo, vi era un braccialetto in argento, che rigirava fra le dita affusolate, ma che teneva anche stretto, come se all’improvviso, qualcuno volesse portarglielo via.
Ad un tratto, una voce a lui familiare andò a spezzare quello sgradevole silenzio che aveva, ormai, preso dominio sulla spiaggia circostante al giovane angelo.
Conosceva perfettamente, quella voce.
"Ehi, Jeon."
Un suo coetaneo, poco più basso di lui, lo raggiunse a passo lento e felpato, senza, però, sedersi accanto a lui. 
I lisci capelli erano di un color carota, non eccessivamente acceso, quindi neanche troppo appariscente. 
I lineamenti del viso erano asiatici, così come gli scuri e penetranti occhi a mandorla, tipici del popolo orientale.
Parte della schiena e del retro del capo, erano entrambi coperti da un paio di maestose ali scure, di un colore tendente al nero corvino, come le piume del giovane angelo seduto sulla riva di quella spiaggia deserta e silenziosa, dominata dall'oscurità.
Poco sopra l'osso sacro, spuntava una coda tendente ad un bordeaux molto opaco, terminante con una punta affilata e pungente.
Il giovane angelo si voltò lentamente verso il ragazzo dall'aria demoniaca, quasi dietro di sé, nel mentre che il suo sguardo parve raggelarsi, anche se non eccessivamente.
Conosceva, quel demone.
Fin troppo bene.
"Tu che fai, qui?" domandò il ragazzo dai tratti orientali, con le iridi scure ancora puntate sul volto del demone che aveva accanto, nel mentre che strinse nella tiepida e morbida mano quel braccialetto in argento, assai sottile, che fino a pochi istanti prima era intento a rigirare fra le dita affusolate.
Dalla bocca del giovane dai capelli color carota fuoriuscì una leggerissima risata, sbuffata, quasi beffarda.
"Passavo di qui, e ti ho visto. Come potevo non salutare il mio più caro amico?"
Il ragazzo asiatico dall'aria angelica assottigliò lievemente lo sguardo, raggelando quest'ultimo ancor di più, quasi con odio, con disprezzo, verso il giovane che aveva accanto, senza allentare la presa sul banale gioiello che aveva in mano.
"Caro amico?" sbuffò, andando a posare le iridi scure sulla distesa d'acqua salata dinanzi a sé, mentre alzò e rilasciò rapidamente un sopracciglio, per poi rivolgere nuovamente lo sguardo al coetaneo "Ti ricordo, che queste, le ho per colpa tua."
Dopo aver pronunciato tali parole, Jeongguk andò ad indicare con un lieve cenno del capo, le piume scure presenti sulle punte delle maestose ali candide.
Jimin, non poté fare a meno di lasciarsi sfuggire un'altra risata.
"Sei tu, che ti sei lasciato tentare, angioletto."
Kook roteò le iridi color cioccolato fondente, distogliendo per un'ennesima volta lo sguardo, dopo aver serrato la mascella, gesto che fece ridacchiare il coetaneo, quasi in modo beffardo, strafottente.
"Andiamo," continuò poi, chinando in avanti la schiena, per avvicinarsi al giovane angelo, ancora con quel lieve sorrisetto disegnato sulle rosee labbra "non mi dire che sei ancora arrabbiato con me, per ciò che ti ho fatto fare, Jeon."
Il cosiddetto 'Jeon' alzò lievemente un lato del sottile e roseo labbro superiore, per poi rilasciarlo dopo un breve istante, evidentemente seccato ed irritato da quelle parole.
Pochi attimi più tardi, rispose, andando a posare le iridi scure sul volto del coetaneo, nel mentre che strinse ancora la presa sul braccialetto in argento, quasi in modo protettivo verso quest'ultimo.
"A causa tua, ho deluso l'Altissimo. Non sai quanto si è irritato, per i peccati che tu mi hai fatto compiere, Park. E l'ho fatto ancora, ancora e ancora, per colpa tua."
Jimin rise ancora, evidentemente divertito dalla situazione, ed intanto, andò ad appoggiare una gelida mano sulla spalla del giovane angelo, senza far spegnere quel leggero sorrisetto che aveva disegnato sulle rosee labbra, che pareva essere stato fatto a penna, oppure con un indelebile. Difatti, non accennava a sparire.
"Andiamo, tu non dovresti neanche toccarmi."
Dopo tale affermazione, il giovane angelo dai lineamenti asiatici sbuffò una leggerissima risata, distogliendo lo sguardo dal demone dai capelli color carota che era in piedi, accanto a lui.
"Eppure, quella volta, ti sei lasciato toccare, angioletto" ribatté il ragazzo, riducendo la voce ad una sottospecie di mormorio perfettamente percettibile, ed in parte anche caldo, nel mentre che avvicinò le rosee labbra all'orecchio della figura angelica seduta sul suolo sabbioso ed umido a lui sottostante, fino a sfiorarne il lobo con il labbro inferiore, delineando poi entrambe in un ennesimo sorrisetto beffardo, si direbbe quasi anche perverso.
La spina dorsale dell'angelo venne percorsa da un lieve brivido, dopo che egli ebbe udito quelle parole.
Odiava ricordare i peccati che aveva commesso, in passato.
Quella frase lo fece sentire distrutto.
Dopodiché tirò un flebile sospiro, appena percettibile anche al suo stesso udito, per poi deglutire silenziosamente, andando a posare per un'ennesima volta le iridi scure e lievemente lucide sul mare scuro e non molto vedibile dinanzi a sé, mentre nella sua gola, andò a formarsi un nodo, quasi impossibile da sciogliere.
Il giovane demone premette con delicatezza le morbide e rosee labbra sul lobo dell'orecchio del coetaneo, facendo scendere queste ultime, dopo pochissimi istanti, fino alla nordica della sua guancia, scendendo poi per il candido collo, ed intanto, chiuse lentamente gli occhi, poggiando le ginocchia sul suolo sabbioso ed umido a sé sottostante, e facendo scendere la mano verso il petto dell'angelo asiatico, con altrettanta lentezza.
Il ragazzo allontanò delicatamente le labbra del demone dalla propria pelle, emettendo un leggerissimo mugugno, quasi senza accorgersene neppure, per poi alzarsi e lasciar cadere il braccialetto, involontariamente.
Per puro caso, lo sguardo del ragazzo dai capelli color carota andò a finire proprio sul braccialetto in argento, nascosto in parte da svariati granelli di sabbia asciutta.
Dopo aver sbattuto rapidamente le maestose ali corvine, si chinò sulle ginocchia, prendendo con delicatezza il semplice e banale gioiello, per poi iniziare a rigirarselo fra le dita affusolate, con le iridi ancora posate su quest'ultimo, intente a scrutarne ogni minimo particolare.
"È quello che ti regalai, quando andammo a letto per la prima volta."
Si limitò a mormorare quelle parole, con un tono di voce differente, simile ad un sussurro spezzato.
La sua voce era chiaramente rotta.
Jeongguk fece per allungare una mano verso il bracciale, ma qualcosa parve bloccarlo.
Deglutì, annuendo poco dopo, senza proferire parola.
Non ebbe il coraggio di aggiungere qualcosa, in quel momento.
E Jimin, che aveva sempre la battuta pronta, non riuscì neanche a dire più nulla.
Fece divenire quel sorrisetto beffardo, un adorabile sorriso, che seppur lieve, trasmetteva nient'altro che dolcezza, in contrasto con la sua natura da demone, mentre continuava a rigirarsi tra le dita il semplice gioiello.
"Quante te ne ho fatte passare, eh? La droga, il fumo, il sesso.
Ma d'altronde, ho fatto soltanto il mio lavoro, angioletto.
Avevo intenzione di tentarti, e ce l'ho fatta."
Kook si immobilizzò, dopo che quelle parole giunsero alle sue orecchie.
Schiuse appena le sottili e rosee labbra, facendo per emettere suono, ma si bloccò, lasciandosi sfuggire soltanto un misero flebile sospiro, neanche troppo udibile.
Si avvicinò di qualche passo al giovane demone, portando una tiepida mano nella tasca dei pantaloni scuri e stretti, deglutendo silenziosamente, per poi iniziare a parlare, con voce bassa, quasi rotta.
Fece persino fatica a parlare, in quel momento.
"Eppure, anche tu sei finito come me.
Anche tu, hai perso le ali, per colpa di qualche tentazione.
E grazie alla tua abilità di 'persuasione', che ti era stata insegnata, sei riuscito a passare alle Basse Sfere."
Dopodiché serrò per un breve istante le labbra, schiudendole dopo un attimo, nel mentre che allungò lentamente una mano verso il volto del giovane demone, chiudendo in contemporanea gli occhi.
Prese ad avvicinarsi a lui, con altrettanta lentezza, ed ormai, i suoi occhi erano ridotti ad un paio di fessure scure ed appena lucide.
"Però, nessuno ti ha detto se mi sia pentito, oppure no, riguardo a ciò che mi hai fatto fare. Riguardo a ciò che abbiamo fatto, insieme."
Pochi attimi più tardi, le sue rosee e sottili labbra finirono per fare una lieve pressione su quelle di Jimin, ed i suoi occhi si ritrovarono completamente chiusi.
Nel mentre che il suo battito cardiaco acquistava velocità, le candide piume dell'angelo finirono per tingersi con estrema lentezza di un nero corvino, quasi identico al colore delle ali del giovane di cui stava assaporando le labbra, in quella gelida e monotona sera d'inverno.




 
   
 
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