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Autore: EJ Bathory    06/03/2016    0 recensioni
Sul suo letto di morte, Heathcliff implora Catherine di venirlo a prendere e portarlo via con sé...
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Catherine Linton, Edgar Linton, Hareton Earnshow, Heathcliff
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!, Tematiche delicate
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Dunque è questa la morte?
Questa pesantezza atroce che fiacca il mio corpo un tempo forte, questo velo che impedisce ai miei occhi di vedere, questo silenzio incombente?
Pensavo fosse un procedimento più doloroso ma non m’importava, perché morendo avrei rivisto te. Sei tornata da me, Cathy? Ti sei fatta aspettare a lungo. Sono quasi due decenni che ti aspetto, amore. Se non ti avessi amata tanto, avrei concluso che ti eri dimenticata di me, che la tua suprema punizione sarebbe stata abbandonarmi qui.
Adesso che sei tornata a prendermi, ti prego, non indugiare. Non m’importa di soffrire, di rantolare, di lasciarmi dietro una carcassa disfatta. Anzi, amore, aiutami ad uscire da questa prigione vigorosa.
Ti prego.
 
Ricordi, Cathy, quand’eravamo piccoli? Quel babbeo ipocrita di Joseph ci tediava ogni maledetta domenica con i suoi sermoni a base di inferno e paradiso e peccati… e noi due gli ridevamo nel muso perché sapevamo bene che il suo paradiso non era il luogo che a noi sarebbe andato a genio.
Ovunque mi condurrai non appena mi sarò sbarazzato di questo corpo forte e vigoroso che non vuol morire, so che non sarà il paradiso degli ipocriti come Joseph o delle furbastre come Nelly – sarà un luogo dove esistiamo solo noi due e dove niente e nessuno potrà più separarci.
È davvero faticoso morire, amore.
Nelly Dean mi aveva blandito, a suo tempo, assicurandomi che la tua morte era stata indolore e dolce. Ero così disperato da averci creduto. Quando ti ho vista stesa nella bara, rigida e pallida, coperta fino al collo perché non si vedesse lo scempio che avevano fatto del tuo corpo… ah, allora ho capito. Avrei potuto uccidermi lì dov’ero, nel salone del Grange, per giacere assieme a te in pace e risparmiarmi tutti gli anni di pena. Magari l’avessi fatto!
I giorni successivi, da quelle domestiche pettegole che chiamavano tuo marito “il signore” e si riferivano a me come “quello zingaro che ha sedotto la signorina”, nonché dai fittavoli che si rallegravano in segreto per le disgrazie di Edgar Linton (anche i signori piangono, allora!) ho saputo qualche cosa di più. Ho saputo come Edgar fosse ormai terrorizzato da te, dalle tue passioni violente, dalla mia presenza. Di come avesse domandato se fosse possibile (vergogna! Oh vergogna, signor magistrato!) confinarti in un manicomio, lo sai? Come temesse di ritrovarsi, appena ventenne, con una moglie alienata, una sorella caduta ed un uomo nero, nero come il carbone, che si aggirava per le stanze di casa sua, pronto ad allungare le mani sulla sua signora.
Infine, hanno confermato i miei sospetti, hanno ammesso, tra mezze parole prezzolate e richieste di discrezione, di come Kenneth lo abbia convinto che la tua “infermità” era ormai letale, incurabile e di come la tua vita mettesse a repentaglio quella della creatura che portavi in grembo e viceversa ed insomma, a quel babbeo dal sangue di latte acido che ti sei sposata hanno proposto di sbarazzarsi di te per “salvare la vita all’erede”.
Edgar Linton sembrava disgustato dalla tua gravidanza, lo so bene. Forse temeva che la creatura che ti aveva allargato la vita e appesantito il corpo non fosse sua. Forse temeva che ci fosse il mio nero zampino, magari temeva di veder nascere un piccolo Linton con la mia pelle nera come il carbone e perché no?, i miei occhi ardenti come tizzoni infernali. Spero che quella bambolina altezzosa e sfottente che ti hanno estratto dal corpo dopo averti fatta a pezzi sia valsa – agli occhi miopi di Edgar – un simile sacrificio.
Tutti gli eredi del mondo non potranno mai compensarti, amore. Ti hanno barattata con una ragazzina capricciosa che, giù nella casa, seduce il povero Earnshaw a forza di moine e verbi greci e latini e occhiate dolci. Tu non hai mai avuto bisogno di ricorrere a mezzucci e zuccherini con me, ma Edgar l’ha educata a modo suo.
 
Mi accusasti di averti uccisa di averti spezzato il cuore.
Si è vero, cosa diresti di quel tonto di Edgar Linton, che ti ha fatta aprire e fare a pezzi come un baule che non si apre, sperando di cavarti fuori dalle viscere un maschietto Linton, tonto e accomodante come lui? Bah… Spero che la carcassa di quello che tu chiamasti “marito” si sia già dissolta nella terra del cimitero dove presto finirà la mia. Non posso neanche pensare di giacergli accanto per l’eternità.
 
Quella notte lontana in cui tu conoscesti i piccoli Linton, ti ricordi? Uno dei lacchè del vecchio, dopo aver acciuffato te per il collo e me per un orecchio, sentenziò a voce alta che sicuramente ci eravamo introdotti nel parco di Thrushcross Grange per aprire le porte “al resto della banda” e far fuori tutti con comodo nottetempo.
Se non fossi ormai tanto debole da non riuscire a ridere – se la mia voce non si fosse già spenta – ne riderei oscenamente proprio come feci allora. Amore mio, in effetti è andata esattamente così. Tutt’e due, tu dalla porta principale perché eri la signorina Catherine Earnshaw e potevi andar bene come moglie per il signorino, io sfondando finestre e forzando porte perché sono zingaro, nero di pelle, senza nome – tutt’e due, alla fine, abbiamo introdotto in quella dimora maledetta i nostri demoni e pian piano i demoni hanno ucciso tutti i Linton. Via i due vecchietti, a quanto disse Nelly fulminati dalla scarlattina che ti afflisse quando fuggii. Via Isabella, via Edgar Linton… e se avessi avuto un’oncia del mio antico coraggio, anche quella pupattola che ti strapparono dal ventre e porta senza merito il tuo nome sarebbe finita nell’aldilà a far compagnia alla sua illustre famiglia.
 
… Amore, dove sei?
Ormai la mia vista s’è ridotta a qualche puntino luminoso.
L’affanno mi stringe il petto come se annegassi, ma quando cerco di tirare il fiato per alleviare l’oppressione non ci riesco più. E non riesco nemmeno ancora a cessare di respirare per abbreviare quest’agonia atroce.
So che sei qui, Cathy, stavolta non mi sbaglio. Per favore, aspettami.
Aiutami a morire, Cathy…
 
L’anno scorso, quell’imbecille londinese, Lockwood, cui ho affittato il Grange ha profanato questa stanza dormendoci. Mi ha svegliato nel cuore della notte strillando come se un demonio lo stesse sgozzando e poi ha snocciolato una storia confusa di fantasmi e prediche in chiesa e ha concluso che tu piangevi fuori della finestra e chiedevi di poter entrare perché vagavi nella brughiera. Avrei voluto strappargli la lingua!
Amore, come hai potuto manifestarti a quel damerino ossuto e lagnoso, mentre ogni notte per quasi vent’anni ti ho invocata e tu mi hai ignorato? Che tortura è mai questa?
Lockwood… ricordo che quello stesso giorno, mentre mangiava per due alla mia tavola, probabilmente meravigliato alla vista di un uomo nero e selvaggio in panni civili e seduto urbanamente a tavola, ha insinuato che Earnshaw fosse mio figlio!
Magari lo fosse. Mia adorata, a parte te nella vita ho avuto un solo affetto ed è quel disgraziato giovanotto che si prepara a sposare tua figlia e farsi comandare a bacchetta da lei. Ho cercato di odiarlo ed abbruttirlo, disprezzarlo e tiranneggiarlo perché figlio del mio antico oppressore. Odiandolo, ho finito per affezionarmici. Magari fosse stato mio figlio, Cathy! È mio figlio in tutto tranne che nel sangue, già. Mi ama come il padre che non ha mai avuto: non è stata forse una vendetta meravigliosa nei confronti di quell’imbecille alcolizzato di tuo fratello? Suo figlio, che io stesso ho spogliato e cercato di trasformare in essere inferiore, mi ama. Pensa che io sia stato per lui un padre ideale e vedendomi trasformare in questi giorni si è straziato l’anima, temendo di perdermi.
L’ho reso orfano, lo sai, finendo per pietà l’idiota di suo padre in preda al delirium tremens, ma lui, ammesso che si ricordi di aver avuto un padre che non fossi io, si sentirà orfano a partire da oggi.
Perché mio figlio, il figlio di mia moglie, è dovuto nascere così bianco e stupido e inutile? Perché la tua amica Isabella, che ti seguiva come un cagnolino ed era invidiosa di te per causa mia, non ha saputo produrre altro che un esserino inutile peggio di lei? Perché Linton – Linton! Ancora quel nome! – è nato biondo e annacquato e stupido? Quando mi dissero che ero diventato padre, per qualche tempo avevo provato una scintilla di umanità, immaginando quella sciocca costretta ad allevare un bambino nero come l’inferno e forte come una bufera in dicembre che le ricordasse ogni momento da quale padre infernale era venuto… ed invece sono stato beffato. Isabella, così sciocca, cos’altro poteva produrre se non una copia annacquata di se stessa? Quand’è morto, ho provato sollievo. Non m’interessava davvero lasciare su questa terra qualcosa di mio sotto quelle spoglie fragili…
 
Cathy, avvicinati. Sento che la morte mi ha preso.
Il mio corpo adesso è pesante come pietra.
Domattina Nelly urlerà e salmodierà preghiere vedendomi. Earnshaw si dispererà, già lo so, mentre tua figlia sarà sollevata perché il suo nemico è morto. Spero che Joseph non decida di far scempio eccessivo dei miei resti, magari infilandomi un paletto nel cuore o smembrandomi a fini di scongiuro contro i demoni. Ma, in definitiva, se anche lo facesse non sarebbe poi tanto grave. Quel che mi lascio dietro – il mio corpo nero e forte e grande e sano, il mio volto diabolico, i denari che provengono da un patto col diavolo, due case infestate da fantasmi vivi e morti – tutto questo è assolutamente indifferente.
 
Vedo la luce.
Non posso crederci, ma adesso vedo solo luce bianca e ferma. So che mi aspetti in mezzo alla luce. Un essere come me (tua madre buonanima mi chiamava “tizzone d’inferno” e aveva ordinato alla cuoca di lavarmi con la lisciva e l’olio della lampada sperando che il mio colorito nero si attenuasse!) potrà camminare in tutta questa luce, adesso?
 
Per favore, Cathy, sai che non sono un vigliacco. Non lo sono mai stato. Ho barattato per te la mia anima immortale, ho ucciso rubato ingannato e bestemmiato per te.
Adesso permettimi di aver paura, per favore.
Stringimi la mano e fa’ che io non abbia paura. Non è quel che mi aspetta dopo il grande salto, a spaventarmi. È il salto stesso…. 
  
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