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Autore: Lorss    06/03/2016    2 recensioni
“Michael Penniman?”
Mika si rizzò sulla sedia al suono della voce dell’infermiera. “Sì, sono io”, rispose, alzandosi in piedi e schiarendosi la voce. Ormai, era pronto a tutto.
“La situazione si è stabilizzata. Sua sorella non è più in pericolo di vita”.
Il ragazzo rimase senza fiato. Non rispose, si limitò ad annuire e tornò a sedersi senza neanche aspettare che l’infermiera andasse via. Non riuscì a sentirsi sollevato: si sentiva terribilmente solo, invece.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Andy Dermanis, Paloma Penniman, Yasmine Penniman, Zuleika Penniman
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Thank you for the time you’ve taken cleaning up the mess I’ve made
 
“Mika?”
Il ragazzo si girò dall’altro lato del letto, infastidito. Aveva ancora sonno, doveva aver dormito poco.
“Mika!”. La sorella non era della stessa opinione; gli diede uno strattone all’altezza delle spalle, coperte da un pesante piumone. “Ti sto chiamando al cellulare da questa mattina. Vuoi alzarti?” continuò a scuoterlo con maggior vigore.
Senza neanche aprire gli occhi, il ragazzo afferrò un cuscino alle sue spalle e se lo premette sulle orecchie. “Vattene”, disse con la voce infastidita e le sopracciglia aggrottate.
“Ma che fine hai fatto ieri sera?”, Yasmine smise di tormentarlo: era sveglio, finalmente.
Ieri sera? Mika aprì gli occhi di scatto, dando le spalle alla sorella. Sentiva un attacco di panico divampare nel suo petto, quando si rese conto di non ricordare nulla riguardo la sera precedente. Cos’è successo ieri sera?
“Ti ho lasciato al pub e poi sei sparito”. Pub, giusto. Cominciava a ricordare qualcosa, ma non fu rincuorato da quella parola. “Avresti dovuto chiamarmi, almeno per vietarmi di venire qui stamattina. Hai rischiato di brutto, sai?”. Yasmine continuava a parlare a ruota libera, rifiutando di cogliere i segnali di ammonizione impliciti. “E quindi è andato via stanotte?”
Mika sbuffò. Non riusciva a ricordare, tanto valeva darle retta. “Ma di chi parli, Yasmine?”
“Di quello che ti ha riaccompagnato a casa e ti ha aiutato a togliere i vestiti. E’ stato carino. Non avete fatto neanche danni.” Yasmine guardò l’ordine della stanza intorno a lei, compiaciuta. “Gli hai chiesto il numero di telefono?”, la sua voce si accese di entusiasmo e si sedette sul letto, alle spalle del fratello che ancora si ostinava a non guardarla in faccia. La luce del sole entrava dalla grande finestra posta dal lato del fratello, illuminandogli il viso e i capelli in disordine, il piumone bianco e i cuscini colorati che come al solito erano a terra.
“No. Ho già il numero di Andy”, rispose infine.
Yasmine si bloccò, non sapendo bene come reagire. Voleva che il fratello dimenticasse Andy, era per questo che lo aveva spinto ad andare in discoteca. O meglio, voleva che il fratello fosse felice, quindi non sapeva se quell’incontro fosse stato positivo oppure no.
La notte prima era stato Andy a riportarlo a casa, questo Mika poteva dirlo con certezza. Si era addormentato in macchina, durante il viaggio di ritorno, e Andy lo aveva risvegliato soltanto fuori il cancello di casa; lesse il sollievo nei suoi occhi quando infine riuscì a svegliarlo; non era mai positivo quando ci si addormentava così facilmente sotto l’effetto dell’alcool.
Gli aveva aperto la portiera e l’aveva aiutato a scendere, sorreggendolo per i fianchi. Mika era ancora mezzo addormentato, quando raggiunsero la camera da letto con Melachi al seguito, che non aveva osato abbaiare dopo il divieto di Andy o, più probabilmente, dopo aver capito che il padrone stava dormendo.
Andy lo adagiò sul letto, mentre lui, sempre a occhi chiusi, si lasciava svestire, troppo insonnolito per fare qualsiasi cosa. Scalciò via le scarpe e aiutò l’altro a farsi sfilare i pantaloni; con un gesto istintivo si diresse sotto le coperte per proteggersi dal freddo, prendendo le mani di Andy per portarlo con sé. Quest’ultimo non si mosse dal suo posto, accompagnando Mika al caldo e allontanandosi di nuovo; il riccio fece per ribellarsi, strascicando qualcosa e tirando di nuovo Andy per le mani verso le coperte. “No, Mika”, disse a bassa voce, “dormo a casa mia”. E, senza che potesse aggiungere niente, si liberò con delicatezza dalla sua presa. Lo lasciò da solo nel buio della sua stanza e se ne andò. Bastarono pochi secondi prima che Mika perdesse coscienza, cadendo in un sonno sordo e senza sogni, mentre le lacrime gli scendevano dal viso quasi senza che lui se ne rendesse conto. Questo era quanto, non ricordava altro.
Yasmine si alzò dal letto e si avviò verso la porta, destando Mika dai pensieri del giorno prima. “Ho portato qualcosa per la colazione”, annunciò “Spero che non sia roba gradita da Melachi, se no mi tocca andare a comprarla di nuovo”. Notò che il fratello stava finalmente stiracchiandosi tra le coperte, deciso ad alzarsi. “Muoviti, ho detto a Paloma che saremmo andati a trovarla”.
 
Solo dopo aver riempito e svuotato per due volte il piatto della sua colazione, Mika si rese conto di quanto fosse stato affamato. In effetti, era da tanto tempo che non mangiava un pasto completo.
I postumi della sera prima svanivano, mentre ricordava poco alla volta quanto era successo. Ricordò della ragazza che gli aveva chiesto di ballare, della vodka liscia che gli dava bruciore alla gola. Sentì le guance arrossire, quando ricordò Davis e del loro bacio. Della sua mente a soqquadro, quando aveva deciso improvvisamente di lasciarlo e scappare fuori. E Andy, che ancora una volta era andato lì a ripulire il disastro che aveva combinato prima che potesse fare altri danni ma che poi era semplicemente andato via, come se una cosa del genere l’avesse fatta giusto per un patto morale o chissà cosa.
Ma una parte di Mika sapeva che lo aveva fatto per fare in modo che nessun altro lo portasse a casa, e quel tanto bastava per infondergli un po’ di coraggio. Si sarebbe ripreso la sua vita un pezzo alla volta, proprio come aveva fatto Paloma.
“MIKA, ma ti muovi?!”
 Il ragazzo sbuffò, ma si decise a darsi una mossa: sapeva bene a cosa si andava incontro quando non si dava retta a Yasmine per troppo tempo.
Venti minuti dopo, erano già sulla strada che portava all’ospedale.
 
“Ancora un passo, Paloma, dai”.
La voce decisa di Joannie che dava istruzioni alla sorella fu la prima cosa che udirono una volta che le porte dell’ascensore si aprirono, quasi servisse a fargli capire dove si trovasse la stanza della sorella. Il libanese rise tra sè; la mamma doveva essersi imposta sui medici per avere voce in capitolo riguardo al piano di riabilitazione, e occuparsene in prima persona.
Poveri loro, pensò, deve essere stato tremendo contrattare con lei. Anche Yasmine roteò gli occhi, e accelerò il passo per raggiungere in fretta la sorellina.
“Mamma!”, entrò prima la ragazza, pronta a uno scontro frontale per convincerla a dare una tregua a Paloma.
“Ciao, ragazzi”, Joannie a malapena si voltò a guardarli, intenta com’era a sostenere la seconda figlia con le braccia, la quale a sua volta si manteneva a un deambulatore.
Mika invece subito si avvicinò a salutarle con un bacio sulla guancia, felice di vedere finalmente sua sorella in piedi. Paloma gli sorrise, doveva essere molto stanca, ma poi tornò subito a concentrarsi sui suoi movimenti.
“Coraggio, dai, l’ultimo e poi ci riposiamo”, la incitò la madre, guardando verso le sue gambe.
“Chissà quante volte glielo avrai detto da stamattina all’alba”, Yasmine era visibilmente contrariata. Paloma la guardò e annuì con uno sguardo carico di sarcasmo, cercando di non farsi notare dalla madre. Scoppiarono a ridere, tutti e tre, mentre Joannie ancora guardava in basso, in attesa di essere obbedita, “Non distrarti, dai!”.
Si era ristabilito l’equilibrio, notò Mika. La complicità delle sorelle, l’instancabilità della madre.
Paloma tornò seria e, dopo qualche secondo di esitazione, mosse un piccolo passo.
Gli occhi di Mika si illuminarono e Yasmine scattò in piedi ad abbracciare la sorella.
Era festa. Tutti applaudivano commossi, si abbracciavano, si complimentavano l’un l’altro.
“Posso sedermi, adesso?” chiese Paloma, speranzosa, gli occhi che tradivano però la sua sincera emozione.
“Dobbiamo chiamare vostro padre, forza!” la madre sbattè due volte le mani, dando via libera a sua sorella “E anche Zuleika e Fotunè! Per oggi abbiamo finito, bisogna festeggiare”.
Come un capitano che chiama all’ordine la sua ciurma, tutti e tre i figli si attivarono per rintracciare l’uno o l’altro, e circa mezz’ora dopo tutta la famiglia riuscì a ricongiungersi.
Mika accolse calorosamente suo padre e suo fratello, festeggiò i progressi di sua sorella, si lasciò punzecchiare da Yasmine e coccolò Zuleika, che ai suoi occhi sembrava sempre avere bisogno delle sue attenzioni e del suo affetto.
Era lì, a respirare quell’atmosfera piacevole insieme a tutti gli altri ma allo stesso tempo si chiedeva come sarebbe stato se anche qualcun altro fosse stato lì in quel momento.
“Dove hai lasciato Melachi?”. Paloma, seduta sul suo letto, notò che qualcosa non andava.
“E’ a casa”, rispose Mika, riprendendo vita dal davanzale della finestra contro cui era appoggiato. Notò che era quasi ora di farla mangiare. “Forse dovrei passare di casa…”
“Sì”, la sorella non gli lasciò completare la frase “vai”. Le lanciò uno sguardo perplesso, a cui lei rispose con un sorriso complice, indicandogli la porta con la testa. “Ci vediamo dopo”, insistette.
Esitante, Mika si fece lasciare le chiavi del veicolo e si avviò nel parcheggio. Erano le dodici e quarantacinque. Nessuna nuova notifica. Esitò ancora: desiderava chiamarlo, in fondo aveva il diritto di sapere degli sviluppi. Aveva partecipato a quello strazio proprio come tutti gli altri. Compose il numero di Andy mentre metteva in moto, ma al terzo tentativo partì la segreteria telefonica. L’urgenza di parlargli sembrò diventare insostenibile, e stavolta non era prettamente per un tornaconto personale: voleva fargli sapere che l’incubo che li aveva perseguitati per tutti quei mesi era finito.
I piani che aveva per l’immediato futuro cambiarono improvvisamente, mentre si diresse verso la casa del ragazzo. Era la prima volta che si dirigeva a casa di Andy di sua iniziativa, senza il suo consenso e – soprattutto – quello dei suoi genitori, che non sempre preferivano saperli insieme a casa loro. Volevano bene a Mika, ma il più delle volte cercavano di convincere loro stessi che si trattasse di un amico e basta per il figlio. Un po’ come suo padre lo sperava per Andy.
Raggiunse il viale d’ingresso senza neanche avere il tempo di rendersene conto, accostò e scese veloce dall’auto senza guardarsi indietro; il cancello del vialetto era aperto, così si fermò direttamente davanti alla porta d’ingresso. Fece un respiro profondo e bussò. Sperò che almeno non sarebbe stato suo padre ad aprire la porta.
“Chi è?”
Tirò un sospiro di sollievo: era Andy.
“Sono Mika. Apri?”
Ci fu un secondo di esitazione, ma infine la porta si aprì, rivelando il ragazzo con i suoi panni abituali – aveva una t-shirt bianca e una felpa blu scura, un paio di jeans e le solite converse bianche – e lo sguardo sprezzante che riservava a Mika da un mese a questa parte.
“Andy”, la freddezza di quella situazione rese Mika ancora più nervoso, “Paloma cammina”, disse quella frase in fretta, ma la luminosità nei suoi occhi sottolineò l’importanza di quelle parole. Affermarlo ad alta voce gli diede la conferma che era davvero successo, che stavolta non si trattava di speranze o preghiere. Paloma aveva vinto. Il suo sguardo si allargò in un grande sorriso, di quelli che gli facevano strizzare gli occhi e arricciare il naso, mentre anche il viso di Andy si distendeva pian piano. Vide l’evoluzione del suo sguardo che passava dall’incredulità, alla commozione, alla goia. Si portò le mani alla bocca e Mika gli gettò le braccia al collo, condividendo l’euforia insieme a lui. Entrambi risero, dimenticando tutto quanto stesse succedendo fino a poco prima, qualsiasi cosa apparve d’un tratto trascurabile.
“Mika!”, Andy riuscì solo a dire questo, rideva e piangeva allo stesso tempo, le emozioni che si confondevano senza lasciar spazio alla lucidità. “Oddio, Mika!”, ripetè, staccandosi dall’abbraccio quel tanto che serviva a guardare negli occhi lucidi dell’altro. Gli scoccò un bacio a piene labbra, gli sorrise, poi gliene diede un altro senza neanche dargli il tempo di reagire. Mika rimase senza fiato, immobile mentre un sorriso si faceva strada partendo dal centro del suo cuore.
Andy lo riabbracciò fortissimo, intrecciando le braccia alla base della sua schiena e poggiando la fronte sulla sua spalla, tratteneva il fiato dalla gioia, chiuse gli occhi. Sentiva il cuore di Mika pulsare sotto la sua camicia, mentre entrambi rimanevano fermi all’ingresso di casa senza badare a niente.
Mika tornò improvvisamente alla realtà; si guardò intorno, scostandosi istintivamente dal ragazzo, che a sua volta alzò la testa dalla sua spalla. “Forse dovremmo…” disse sottovoce, cercando di trovare le parole adatte per completare la frase senza rovinare l’atmosfera. “I tuoi… sono in casa?”
“No”, rispose Andy, “Sono andati in Grecia.” La fronte di Mika si rilassò percettibilmente, facendo sorridere l’altro che si avvicinò per dargli un altro bacio ma poi si fermò e lo portò dentro casa.
Tutto era tranquillo all’interno, forse troppo. Alcuni scatoloni si trovavano ancora ai piedi delle scale – giusto di fronte la porta – e il soggiorno era scarsamente illuminato dalla luce grigiastra filtrata dalle finestre del balcone.
Andy chiuse la porta alle sue spalle, concentrandosi infine sul viso di Mika. “Allora”, sospirò, avvicinandosi al compagno che si era fermato al centro della stanza. “Cosa mi sono perso?”, il sorriso che accompagnò quelle parole bastò a portare più sole in quella stanza di quanto il cielo londinese fosse mai stato in grado di fare.
“Non saprei da dove cominciare”, replicò sinceramente Mika, guardandosi intorno come per cercare suggerimenti in qualche elemento del salotto. “Però possiamo provare a raccontartelo insieme”, si voltò a guardare Andy negli occhi, il quale assunse un’espressione interrogativa, prima di capire dove l’altro volesse arrivare.
“Ti va se stiamo con tutta la mia famiglia per un po’?”
Tutta la mia famiglia, aveva detto. Era arrivato il momento delle presentazioni ufficiali, con madre e padre al seguito. “Tu vuoi che io ti odi”.
Mika rise, nonostante fosse del tutto convinto che il ragazzo non stesse scherzando. “Lo prendo per un sì”, disse, dirigendosi di nuovo verso la porta. Andy, riluttante, lo seguì.
 
 
 
********* 
Salve a tutti!
So che è passato troppo tempo e so che avevo detto che questo sarebbe stato l'ultimo capitolo, ma alla fine mi sono resa conto che era davvero troppo lungo e quindi ho preferito dividerlo (che sarebbe un altro modo per dire che non volevo ancora terminare la storia perché mi sono un sacco affezionata e quindi ho "diluito" un po' lol).
In ogni caso, NON mi farò aspettare come è successo in questi mesi, dato che il gran finale è ((((quasi)))) pronto e quindi sarà pubblicato tra giorni :)
Ne approfitto per dirvi grazie per aver pazientato così tanto, mi sono commossa per ogni vostro "ma continui?". Grazie grazie grazie, ma mi fermo qui che ho già parlato troppo, pardon.
Però voi mi dite che ne pensate, anche se sono una bugiarda e questo non è stato davvero l'ultimo capitolo? :P
"A subito"
Lors x
   
 
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