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Autore: JeiBieber_Smile    07/03/2016    0 recensioni
Prima volevo solo te, ora sono così solo che nemmeno il karma ritorna da me.
Ora la festa finisce e resto solo dietro le quinte.
Ora la distanza l'avverto, che ironia la mia stanza d'albero.
E' un anno che gli sorrido fissando nel vuoto, ma non sanno che ho davanti una foto in cui guardo te.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Justin Bieber
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Stanza 365
Stanza 3.6.5.
Abigail.
"Le Bahamas sono sempre state il mio sogno, Abigail. Ti prego, ti prego, ti prego. Vieni con me, ti prometto che ci divertiremo" mi pregò Julie, la mia migliore amica.

Sospirai, prendendo tra le mani quei piccoli cartoncini azzurri dalle scritte nere. Due biglietti aerei, andata e ritorno.
"La partenza è domani mattina alle otto, Julie!" esasperata mi gettai col viso sul cuscino. "Come pretendi che riesca a preparare tutto in meno di ventiquattro ore?" mormorai contro il cuscino, facendo ridacchiare la bionda al mio fianco. "Devo comprare costumi nuovi, vestiti nuovi, scarpe nuove.."
"Ho già preparato tutto io. Fidati solo di me, ciò che devi fare è accettare i biglietti e fidarti di me" mi sedetti nuovamente sul letto, guardando la mia migliore amica negli occhi.
I suoi occhi azzurri, erano ipnotici. Chiusi i miei, riorganizzando i pensieri.

Infondo era da anni che non facevo una vacanza decente, gli ultimi sette anni li avevo passati a vivere al meglio la storia con colui che sembrava dovesse essere l'amore della mia vita, l'uomo che avrei sposato e con cui avrei costruito una famiglia. Quando invece, avevo perso solo tempo. Ancora un giorno, e sarebbe passato un anno dal suo.. be', dalla nostra rottura. Julie mi era stata vicino per tutto il tempo e non accettare mi sembrava quasi un colpo basso. Le Bahamas erano davvero il suo sogno, desiderava andarci sin da quando era bambina.
Decisi quindi di accettare, suscitando come risposta un suo urlo e un abbraccio.

"Allora fa presto, che abbiamo un appuntamento con l'estetista e poi col parrucchiere e infine andremo a fare shopping" sbigottita, alzai un sopracciglio e trattenni una risata. "Te l'ho detto che avevo già preparato tutto" fece spallucce con non chalance. Era sempre estremamente elegante, in ogni suo movimento.
"E quando torneremo?" le chiesi, saltando giù dal letto e raccogliendo i capelli in una crocchia abbastanza ordinata.
"Tra tre settimane" rispose, avvicinandosi. "Abbiamo il tempo di fare conquiste" nuovamente, alzai un sopracciglio e la guardai accigliata.
"Sto bene così, grazie" ridacchiai, leggermente sotto pressione.

Quando si trattava di ragazzi e di fidanzamento, preferivo cambiare argomento.

"Dai Abigail, ormai è passato un anno! Non stare a pensare sempre a quel cretino" mi accarezzò la schiena, proprio come faceva lui.
"Penso sia impossibile quando si tratta del cantante più famoso del momento" presi il cellulare e la borsa, ignorando lo sguardo pungente di Julie. "Possiamo andare e non parlare di lui, per favore?"

Sentii Julie sospirare per poi annuire, quando mi impuntavo su una qualsiasi cosa era impossibile farmi cambiare idea.
Entrammo in macchina, il rosa shoking della decappottabile di Julie si vedeva lontano un miglio. Poggiò la sua borsa blu Armani Jeans sul sedile posteriore, seguii i suoi movimenti e indossai gli occhiali da sole. Los Angeles d'estate era spettacolare, e in vent'anni era sempre stata la città più bella che avessi mai visto.
Una volta aver passato Santa Monica, sospirai.
Lui viveva nel mio stesso quartiere e anche solo incrociarlo mi faceva salire il magone.
Per distrarmi, accesi la radio. Peggiorando solo la situazione.

"What do you me-" spensi la radio, sospirando ancora.

Essere l'ex fidanzata di Justin Bieber aveva decisamente troppi contro, non riuscivo a dimenticarlo e l'amore che provavo per lui cresceva ogni giorno.
In contemporanea col ricordo di quel giorno. Piuttosto che affievolirsi, il ricordo della sua voce che mi sussurrava 'Non posso più andare avanti così' cresceva. E cresceva anche il dolore che dentro provavo.

Justin.
"Questa sera ti esibirai al ristante" Scooter mi lanciò le chiavi della stanza in cui avrei alloggiato per il prossimo mese.
Avevo bisogno di una pausa e un'isola era davvero ciò che mi ci voleva. Girai tra le mani la chiave, nonostante fosse estate era davvero fredda. Il mio sguardo venne catturato dal numero della stanza che in cui avrei alloggiato.

Stanza 365.

Ora la distanza l'avverto, che ironia la mia stanza d'albergo.

Mi schiarii la gola e posizionai la chiave in tasca, se i pensieri avessero cominciato a opprimermi la mente non ne sarei uscito vivo, sopratutto per quei fottuti sensi di colpa.
"Prendi l'ascensore?" mi chiese Scooter, pigiando ripetutamente una freccetta grigia illuminata da un bordo arancione.
"Sono claustrofobico" ridacchiai, cominciando a salire le scale.
"Buona fortuna, allora" sentii la sua risata affievolirsi nel momento esatto in cui entrò nell'ascensore.
"Idiota.." borbottai tra me e me, cominciando a salire le scale.

Essere un cantante famoso e soffrire di claustrofobia era tremendo. Quando venivo accerchiato dalle mie Beliebers cominciava a mancarmi l'aria e mi sentivo morire, addirittura una volta Alfredo mi chiuse nel bagagliaio della macchina per non farmi vedere dalle ragazze. Quando misi i piedi a terra, mi sembrava quasi di essere in paradiso.
Lei lo sapeva benissimo che odiavo gli spazi piccoli. Per quanto amasse tenere le coperte fin sopra la testa, quando facevamo l'amore, per non farmi sentire male, scopriva completamente tutto il letto. Diceva che preferiva essere riscaldata dal mio corpo, piuttosto che farmi morire di tachicardia.
Sorrisi al ricordo, di una delle tante notti passate insieme. Il suo viso era il più bello che avessi mai visto, la ragazza più bella che avessi mai baciato, la fidanzata perfetta che tutti vorrebbero.
Ma purtroppo le cose belle sono destinate a finire, no?
Come la nostra storia.
Svanita nel nulla.
Ma ancora viva nel mio cuore.

Una volta arrivato al quarto piano dell'hotel, ero praticamente a pezzi. Il cuore mi batteva forte e il sudore scendeva giù dalla mia fronte con tante goccioline. C'erano più di trenta gradi e, per quanto mi piacesse viaggiare, ero Canadese e il Canada non era di certo il paese più caldo del mondo.
Tirai fuori dalla tasca posteriore dei jeans la chiave.
3.
6.
5.

Assurdo, no? Che ora il mio numero di stanza, è lo stesso numero dei giorni che ci distanzia.
Dico a tutti che sto bene, ma è una farsa. Ormai vivo nel panico, ho preso la cittadinansia.

"Justin, fatti ricoverare" borbottai tra me e me, girando la chiave nella serratura.
La stanza era molto più bella di come me la immaginavo.
Una lunghissima vetrata affacciava sul mare, illuminava moltissimo la stanza e la faceva sembrare più grande. Le pareti bianche e i mobili del medesimo colore -solo che più lucidi- rendevano la stanza più elegante e sofisticata. Praticamente, tutto ciò che io non ero.
Le mie Supra rosse facevano un bel contrasto col pavimento grigio scuro. Per quanto il bianco e quella camera mi piacesse, non era adatta a me. Tra me e lei, era lei quella elegante e raffinata. Io ero il ragazzo con i pantaloni a cavallo basso e i cappellini di lana anche in estate. Non andavo pazzo per smoking o cose del genere. Solo per lei, quando mi obbligava, mi tiravo a lucido. Ed eravamo bellissimi.

Stanco, mi gettai sul letto. Era a due piazze, decisamente troppo grande per me. Mi girai sul lato, osservando con attenzione la parte di letto vuota.

Vedo il letto che si stringe, senza te sembra un freezer.

Un brivido mi percosse la schiena, facendomi sussultare. Provai a chiudere gli occhi e a svuotare la mente, ma non ci riuscivo.
La sua mancanza, si faceva sentire dannatamente tanto.
Eppure ero stato io a lasciarla.
E me ne pentivo, amaramente.
Avevo perso tutto con lei. La fama e i soldi, non possono darti l'amore. E da quando lei era scomparsa dalla mia vita -da quando io l'avevo allontanata- mi sentivo dannatamente solo.

"Basta pensare a lei, Justin" sussurrai a me stesso, stringendo il cuscino sul viso.
365 giorni senza di lei, era davvero un'impresa ardua.
Sopratutto dal momento che stavamo insieme da sette anni, quindi lei era praticamente la mia quotidianità.
Mi mancava, ma non potevo dirglielo.

E menomale che mi addormentai in fretta, su quel letto morbido ma scomodo, così avrei potuto rivederla nei miei sogni.

Abigail.
Il rosso era un colore che mi era sempre piaciuto, così avevo deciso di cambiare completamente colore di capelli e guardaroba per quella vacanza che sarebbe durata tre settimane. Il giorno precedente ero rimasta sveglia fino alle tre di notte, avevo bisogno di sistemare tutto e avevo davvero poco tempo, Julie mi aveva avvertita troppo tardi del viaggio. Menomale che ero riuscita a preparare tutto, perché volevo davvero divertirmi al massimo quell'estate.
Avevo passato l'estate precedente a piangermi addosso, era arrivato il momento di dare una svolta.

Una volta arrivate fuori l'hotel, i miei obbiettivi non fecero altro che consolidarsi.
La struttura era estremamente grande e lussuosa, il signor Hollande non badava assolutamente a spese. Julie mi strinse un braccio e fece fuoriuscire dalle sue labbra un gridolino.
"Ragazzi sexy e ricchi" commentò, alludendo ad un gruppetto di ragazzi che, con una tavola a surf, camminavano per andare in spiaggia.
"Andiamo, pervertita" alzai gli occhi al cielo e trattenni una risata, era davvero presa dal fisico da quei ragazzi. La scossi leggermente. "Andiamo? Voglio posare queste valigie pesanti"
"Sei una guasta feste" questa volta fu lei ad alzare gli occhi al cielo.
"Ti voglio bene pure io" le feci la linguaccia, suscitando così la sua risata.

Attraversata l'entrata, ci avviammo con le valigie pesanti alla reception. Una volta compilate le varie carte, la signorina minuta e dai capelli perfettamente ordinati posizionò sul bancone la chiave della camera e il telecomando dell'aria condizionata.
"Che stanza siamo?" presi tra le mani la chiave, leggendo con attenzione il numero impresso.
"Oggi più uno" risposi, abbassando lo sguardo.
"Uhm, dodici?" alzai gli occhi al cielo.
"Stanza 366" sentii la mia migliore amica scoccare la lingua contro il palato.
"Mi sembra giusto, il 2016 è un anno bisestile" corrugai le sopracciglia, per poi sorridere leggermente.

Ecco perché l'amavo. Riusciva sempre a farmi sorridere, anche nei momenti peggiori. Julie era davvero la migliore amica che tutte avrebbero voluto, e guai a che me la toccava.

"Stasera dicono che ci sarà uno figo ad esibirsi al ristorante, andiamo?" mi grattai la nuca.
"Tanto mi ci porterai lo stesso" feci l'occhiolino alla mia migliore amica, per poi entrare nell'ascensore.

Non ci entravo quasi mai.
Justin odiava gli ascensori.

Justin.
Mi guardai un'ultima volta allo specchio, mancava poco meno di un'ora e mi sarei dovuto esibire al ristorante dell'hotel in cui alloggiavo. Ancora non riuscivo a capire il perché. Ero tipo da palcoscenico, non da ristorante. Ma be', così aveva deciso Scooter e non potevo obbiettare agli ordini del capo.
Feci nuovamente mente locale sulle canzoni che avrei dovuto cantare.
Ci avevo messo un po', ma alla fine avevo optato per Love Yourself, The Feeling, What Do You Mean, Sorry, Purpose e forse anche Nothing Like Us. Infondo non dovevo fare un vero e proprio concerto, e inoltre avevo fame. Tanta fame. Troppa fame. Per pranzo non avevo mangiato nulla, non vedevo l'ora di mettere qualcosa sotto i denti altrimenti piuttosto che la mia voce, la gente avrebbe sentito il mio stomaco brontolare.

Dopo essermi dato un'ultima occhiata allo specchio, mi girai verso il letto.
E sorrisi. Sì, sorrisi.
Sorrisi come facevo poche volte.
E' un anno che gli sorrido fissando nel vuoto.
Ma non sanno che, ho davanti una foto in cui guardo te.
Il suo viso era un qualcosa di spettacolare. I suoi occhi azzurri, di un azzurro carico che riusciva a penetrarmi e a catturarmi ogni volta, riuscivano a stregarmi anche attraverso una foto. La sua pelle era morbida e liscia, come la pelle di un bambino. Amavo accarezzarla e baciarla, sopratutto dopo aver fatto l'amore. Il suo viso era morbido proprio come i suoi capelli, biondi ed estremamente lunghi. Quando dormiva beata tra le mie braccia, adoravo attorcigliare una ciocca bionda dei suoi capelli tra le dita e poi lasciarla, formando un boccolo perfetto.
In poche parole amavo tutto di lei.
E ancora non riuscivo a capire perché l'avessi lasciata.

Sicuramente in quel momento sarebbe stata fiera di me. Nonostante facesse caldissimo, avevo messo un vestito elegante nero: addirittura giacca e camicia. Diceva che ero più sexy quando mi vestivo in questo modo. Be', lei era sexy sempre.

Schiarii la voce e distolsi lo sguardo da quella sua foto che portavo sempre con me in viaggio. Ne avevo tante, ma principalmente due erano quelle che più guardavo: quella che avevo incorniciato e ovunque alloggiassi la mettevo sempre in bella vista, e quella del nostro primo bacio che avevo plastificato e portavo sempre con me. Eravamo due bambini innamorati, che avevano un sogno che purtroppo non sono riusciti a realizzare.

Chissà perché.. pensai, alzando subito dopo gli occhi al cielo. Ero contro le mie stesse decisioni, e ancora non riuscivo a capire cosa, un anno prima, avevo combinato.

Scesi le scale velocemente, avevo un appuntamento con Scooter e gli altri in una stanza affianco alla hall. Sentivo lo sguardo di tutti addosso, ma come biasimarli? Avevano Justin Bieber di fronte, chiunque sarebbe rimasto pietrificato. Tranne gli haters, ma di loro chissene frega.

Entrai nella stanza che mi aveva spiegato Scooter con testuali parole 'vai alla reception, gira a destra, guarda la porta e aprila', trovando il mio manager a parlare con alcune persone.
"Finalmente" alzai gli occhi al cielo, per poi sorridere notando la presenza del direttore dell'hotel.
"Be', dovevo preparami al meglio per far spiccare ancora di più quest'hotel che già da sé è perfetto. Sono Justin Bieber, signor Cooper. E' un vero piacere conoscerla" strinsi la mano dell'uomo pelato di fronte a me, che mi sorrideva.
"Il piacere è tutto mio, Justin. Le mie figlie sono pazze di te, ma penso ci sia tempo per gli autografi" sorrisi.
"Stanza 365, sa dove trovarmi" mi diede una pacca sulla spalla.
"La cena si sta già svolgendo da mezz'ora e le persone non voglio che si annoino, che ne dici di deliziarci con la tua musica?" annuii, prontamente.
"Con molto piacere" sorrisi, per poi venire accompagnato da una signora con la divisa fuori dalla stanzetta.

Mi portò all'interno del ristorante, davvero poche persone si accorsero di me, erano tutte quante prese a mangiare e a chiacchierare. Mi avvicinai al piccolo palco che avevano allestito, seguito dal mio mitico DJ Tay James che si posizionò subito alla console.
Sentivo uno strano presentimento.

"Signore e signori, questa sera come ben sapete abbiamo invitato un ospite speciale-" cominciò Rosette, la dipendente che mi aveva accompagnato fino al palco. "-che ha subito accettato l'invito. Vi presento l'unico ed inimitabile, Justin Bieber! Sali pure sul palco, Justin" sorrisi e salii sul palchetto, prendendo il microfono.

E ogni volta che salgo sul palco, spero ancora di vedere il tuo sguardo dall'alto.
Solo per fissarti come fossi un ritratto, e vederti andare via come fossi in ritardo.

Abigail.
Quella sera non faceva poi così caldo, ma comunque decisi di indossare un vestito senza spalline azzurro, dove decisi di aggiungere un semplice giacchetto bianco abbinato alle scarpe e alla borsa. Truccai leggermente i miei occhi così da renderli più grandi ed espressivi, passai un po' di rossetto color carne sulle labbra e non aggiunsi nient'altro. Avevo dormito tutto il pomeriggio e avrei voluto dormire ancora, ma purtroppo dovevamo cenare. Purtroppo, ptf. Io amavo mangiare e avevo un buco nello stomaco che nemmeno un meteorite sarebbe riuscito a colmarlo.

Dopo aver ricuperato cellulare e borsa, scesi giù seguita da Julie, che indossava un vestito rosa che le fasciava perfettamente il corpo.
"Ho fame" brontolai, tenendomi lo stomaco.
"Posso portarvi al tavolo, signorine" un giovane, abbastanza alto e con un grembiule beige, si posizionò di fronte a noi. Sicuramente ero diventata dello stesso colore dei miei capelli.
"Molte volentieri, grazie" Julie sorrise, guardando profondamente il ragazzo, che sembrò cadere nel suo giochetto.
Ci portò al tavolo, lasciandoci anche due menù. Ovviamente, ne diede prima uno a Julie e poi a me. Chissà perché.

Dopo aver meditato per pochi minuti, optai per un semplice piatto di calamari grigliati accompagnati da un insalata mista, mentre Julie preferì una fetta di angus al sangue. Eravamo da poco arrivate alle Bahamas, e già le mancava la sua amatissima fetta di angus americano. In poco tempo arrivarono le nostre ordinazioni e cominciammo a mangiare, finché la nostra attenzione non venne richiamata da una voce femminile che cominciò a parlare.

"Signore e signori, questa sera come ben sapete abbiamo invitato un ospite speciale che ha subito accettato l'invito. Vi presento l'unico ed inimitabile, Justin Bieber! Sali pure sul palco, Justin" mi fossilizzai, osservando ogni singolo movimento di quel ragazzo che non vedevo da così vicino da troppo tempo. Non che fossimo faccia a faccia, ma c'erano al massimo tre metri a dividerci e, paragonati ai 365 giorni che ci dividevano, erano davvero pochi.

Lui, dal canto suo, era davvero bello. I capelli gli erano cresciuti e aveva anche fatto un tatuaggio dietro al collo, che gli stava estremamente bene. Quella sera era vestito con un bellissimo smoking nero, non li usava mai perché pensava fossero troppo scomodi, solo per le occasioni speciali. Prese il microfono che gli passò la ragazza, sorridendo e cominciando a parlare.
"Buonasera a tutti, ragazzi" la sua voce. "Per essere qui, vuol dire che come me scegliete sempre il meglio. Per cui che ne dite, lo facciamo un bell'applauso al Grand Isle Resort & Spa?" tutti i presenti cominciarono ad applaudire, io invece rimasi impassibile, immobile. Troppo presa dalla sua bellezza e dall'euforia di averlo a pochi metri da me. "Come ben sapete e immaginate, questa sera sono qui per.." lasciò la frase in sospeso.
"Cantare" si alzò un coro di voci, che gli fece scuotere la testa.
"Avete sbagliato tutti, sono qui per mangiare. Quindi adesso me ne vado, grazie e arrivederci" ridacchiai, la sua spontaneità era rimasta tale negli anni. Sorrise, un sorriso che fece sorridere anche me. "Be', prima di andar via farò contenti alcuni di voi" poggiò lo sguardo su ogni persona presente nella sala, ma non notò me. "Dj, voi darci la base?" chiusi gli occhi, ascoltando quella voce. Quella voce che, per anni, mi aveva dedicato strofe e poesie.

Mi venne il magone, al solo pensiero.
Era un anno. Un anno che non ero più sua. E mi sentivo dannatamente persa.

"Volevo, ora, cantarvi una canzone che scrissi tanto tempo fa per una ragazza-" riaprii gli occhi, fissandoli sul corpo. Era palesemente imbarazzato, e Justin Bieber non è mai imbarazzato. "-Anche se non stiamo più insieme da un anno, ormai, non ci sarà mai niente come me e lei insieme" e fu quando le sue dita cominciarono a pigiare i tasti del pianoforte e la sua voce a cantare, che scoppiai.
Non riuscii più a fermare le lacrime, che minacciose volevano uscire. E le lasciai scorrere, sulle mie gote, e meno male che avevo usato il mascara waterpoof.
Mi alzai dalla sedia, facendo così tanto rumore che molte persone si girarono a guardarmi.

Tra cui anche lui, che si bloccò.
Però..erano davvero così belli i suoi occhi..

Justin.
"There's nothing like us, there's nothing like you and me.. toghether trought the st-" un rumore.
Un sedia a terra.
Un ragazza in piedi.
I suoi occhi fissi nei miei.

Peccato che quegli occhi, non appartenevano ad una ragazza qualsiasi.
Lei.
Lei era lì.
Lei era lì ed era bellissima.
Lei era lì ed era bellissima, ma stava piangendo.

E la mia mente, quando la vedeva piangere, veniva offuscata.
Non riuscivo a controllare i miei movimenti, così mandai a quel paese tutto e cominciai a correre verso il suo corpo che per me era sempre stato perfetto.
La vidi allontanarsi e indietreggiare, tant'è che cominciò a correre via, fuori dalla sala e dall'hotel.
Ed io ero lì, a rincorrerla e a chiamarla.
Non sapevo perché, non sapevo cosa mi stava prendendo. Sapevo solo che quando la vedevo piangere, avevo una voglia pazzesca di prenderla tra le braccia e da stringerla così forte da farla sentire protetta.

"Abigail" urlai il suo nome per intero, facendola voltare. "Abby.." ripetei, avvicinandomi piano. Aveva il fiatone, proprio come me.
"Justin, torna a cantare" tirò sul col naso, continuando a camminare verso la spiaggia.
"Senza di te non vado da nessuna parte" sussurrai, avvicinandomi piano.
"Intanto sei andato in giro per il mondo" tirò nuovamente su col naso, evitando il mio sguardo.
"Devo ricordarti il lavoro che faccio?"alzai un sopracciglio e mi avvicinai ancora. Ogni passo che facevo, il mio cuore accelerava.
"Conosco fin troppo bene il tuo lavoro, Justin.." le scappò un sorriso, un sorriso che fece sorridere anche me.

Vederla, dopo un anno, in tutto il suo splendore era stranissimo. Aveva cambiato colore di capelli, era decisamente più sensuale. Il rosso faceva perfetto contrasto con i suoi occhi azzurri e la sua pelle chiara. Mi sarebbe tanto piaciuto accarezzarle i capelli e riaffermare la loro morbidezza, di cui andavo pazzo. Feci per tendere la mano, ma mi bloccai a mezz'aria quando sentii la sua voce.
"Cosa stai facendo?" mi chiese, facendo un passo indietro. "Justin, non voglio avere niente a che fare con te.." sussurrò, spezzandomi il cuore.
"Non so cosa sto facendo, Abigail" confessai, sospirando frustrato. "E' solo che..quando ti vedo piangere, scatta qualcosa dentro di me. Lo sai cosa provo, lo sai cosa penso"
"Ma so pure che un anno fa mi hai lasciata, per cui non vedo il motivo di questa frase" commentò, fissando i suoi occhi nei miei. E come sempre, venni penetrato dal suo sguardo.
"Non smetto di pensare a te" ammisi, attirando la sua attenzione. Mi girai verso il mare, guardando in lontananza la luna. "Non smetto mai di pensarti, e mi manchi tantissimo"
"Dopo un anno te lo fai venire a mente, Justin? Solo un anno dopo?!" sbottò, alzando la voce e piazzandosi davanti a me.
"Sì, un anno dopo. E vuoi sapere pure il perché? Perché sono un codardo, uno stupido codardo che non sa riprenderci ciò che è suo, che ha timore di parlarti per paura di una risposta negativa. Justin Bieber ha paura, paura di ricevere un no. Perché so che ti ho fatto soffrire e so che  non mi perdonerai mai" abbassai lo sguardo, sentendomi piccolo piccolo. "Sarà la tua foto che porto sempre con me, i ricordi, la stanza.. tutto mi ricorda te. E solo adesso, mi rendo conto di quanto ho perso"

Mi sedetti sulla sabbia, ormai convinto di non riuscire più a continuare, altrimenti sarei scoppiato in lacrime. Ebbene sì, signore e signori, paparazzi e giornalisti. Justin Bieber, sta per piangere perché ama ancora la sua ex fidanzata ma sa di non poterla più riavere. Pronti per scrivere lo scoop?

"E chi te lo dice che mi hai perso?" la sua voce, così fine, mi risvegliò dal mio stato di momentanea trance.
"Cosa?" chiesi, guardandola sedersi al mio fianco. "Non sei arrabbiata con me per l'averti lasciata senza un motivo?"
"Sì, lo sono" portò le ginocchia al petto.
"Non sei delusa dal mio comportamento?"
"Sì, lo sono" ripeté, poggiando il mento sulle ginocchia.
"E cosa ti spinge a dirmi che non ti ho persa?" le chiesi, guardandola. Quant'era bella..
"Il fatto che ti amo" sentii la sua voce affievolirsi, ma il mio cuore le aveva capite forti a chiare quelle due paroline."Ti amo e l'amore, sopporta qualsiasi cosa"
"Quindi, torneresti con me?" guardi il suo viso girarsi verso il mio, speranzoso aspettavo una sua risposta.

I nostri sguardi erano saldi l'uno nell'altro, l'attesa sembrava interminabile.

"Sì, Justin" chiuse gli occhi, sorridendo piano. "Tornerei con te"
Preso dall'euforia, mi gettai sul suo viso e lo presi tra le mani, toccando quelle labbra che da 365 giorni non toccavo.
365 giorni senza i suoi baci.
365 giorni senza le sue battute.
365 giorni senza i suoi complessi.
365 giorni senza le sue ramanzine.
365 giorni senza di lei.
365 giorni senza un apparente motivo per andare avanti.

"Mi sei mancato anche tu" sussurrò Abby, a contatto col mio copro.
"Ti giuro, tesoro mio, che non ti lascerò più, non ti lascerò mai andare" sussurrai, stringendola al mio corpo. "Stasera ti va di restare da me?"
"Non so dove alloggi" ridacchiò, stringendosi al mio corpo.
"Stanza 3.6.5." sorrisi, sui suoi capelli che sapevano ancora di shampoo.
"Come i giorni in cui siamo stati separati"
"O i giorni, in cui ci siamo aspettati" le accarezzai il viso "Allora, verrai?"

Le accarezzai il viso, al chiaro di luna era ancora più bello. Fece combaciare le nostre labbra, aprendo le gabbie di tutti gli animali presenti nello zoo della mia pancia. Sentivo il cuore battere forte e le mani sudare, anche se eravamo stati insieme per sette anni non avevo mai smesso di provare emozioni diverse ogni qual volta le nostre labbra combaciavano. Erano un perfetto ingranaggio, e solo allora capii come mai l'orologio del mio cuore aveva smesso di funzionare. Strinsi le mie dita tra le sue, le nostre mani ben salde erano proprio come il nostro amore. Nonostante tutto, era ancora vivo e niente e nessuno ci avrebbe mai separato.
Fu quando approfondì il bacio, stringendosi al mio corpo e inalando il mio profumo, che realizzai quanto mi era mancata.
E quanto l'amavo. Oh sì, l'amavo più della mia stessa vita.

Vieni da me, la mia stanza d'hotel è la numero 3.6.5.
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Buonasera ragazzuole belle.c:
Non riesco a cambiare colore alle parole, caspituccia.
Be', che dirvi.
Non mi dilungo molto perché sono dal mio boyfriend, amore mi presta il wiifii. *-*
Vi consiglio tanto di ascoltare Stanza 365 di Fred de Palma, come avrete capito mi sono ispirata a questa canzone per scrivere la OS. c:
E' troppo bella, credetemi.
Devo scappare, adesso tesori miei.
Ci vediamo presto con una nuova storia!
Much love.
-Sharon.

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E se volete leggere la mia prima FF, ecco 'Do you believe in love?'

   
 
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