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Autore: Em_    08/03/2016    6 recensioni
«Mi chiamo Oliver comunque.» si presentò.
«Felicity.» risposi a mia volta.
«Sopporta bene il dolore, non ha battuto ciglio.» gli feci notare. Non lo avevo neanche sedato eppure non aveva mosso un dito mentre lo medicavo.
«Mi dia del tu, la prego.» esclamò facendomi arrossire, guardandolo bene era davvero un bell’uomo «È solo che ci sono abituato, tutto qua dottoressa.»
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È una storia AU in cui Felicity Smoak è un medico e Oliver Queen un agente speciale del FBI, si conosceranno proprio in ospedale in seguito ad un piccolo incidente.
Questo incontro comporterà qualcosa nelle vite dei due protagonisti?
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Felicity Smoak, Oliver Queen, Sarah Lance, Tommy Merlyn, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Chapter twenty-four - We have a whole life ahead 





Felicity
Me ne stavo lì col cellulare tra le mani, incapace di prendere una qualsiasi decisione, ero sconvolta. Perché mi cercava? Che voleva ancora da me? Oliver mi stringeva forte la mano e almeno questo un po’ mi rassicurava, lui era accanto a me, sempre e comunque, non dovevo temere nulla.
«Oliver, che devo fare?» chiesi guardandolo.
«Solo quello che ti senti di fare. Non devi niente a quel bastardo.» rispose lui dandomi un bacio sulla fronte.
«Penso… Penso di voler rispondere…» balbettai.
«Allora fallo. Potrai interrompere la telefonata in qualsiasi momento.» mi disse rimanendomi accanto.
Premetti il tasto numero 1 del mio cellulare e la voce automatica del penitenziario scomparve lasciando il posto ad un’altra voce: la sua. Ci fu un momento di iniziale silenzio, io di certo non avrei cominciato il discorso, era già tanto che avessi accettato.
«Ciao, Felicity.» disse dall’altra parte della cornetta.
«Che cosa vuoi?» chiesi io freddamente.
«Vederti. Un’ultima volta.» rispose l’uomo.
Vedere me? Era serio? Con che coraggio mi stava chiedendo di incontrarci? Sapevo bene che era un pazzo, psicopatico, sociopatico e chi più ne ha più ne metta, ma mai mi sarei aspettata che volesse vedermi ancora. Oliver ed io l’avevamo fatto arrestare e rinchiudere in una prigione federale di massima sicurezza, era davvero tanto entusiasta di rivedere chi l’aveva intrappolato?
«Come scusa?» domandai cercando di capire se fosse serio.
«Voglio incontrarti. Mi hanno condannato alla pena di morte, non ho molto tempo ormai.»
«E pensi che me ne importi qualcosa di quello che ha deciso la giuria? Beh, ti sbagli.» affermai.
«Lo so che non ti importa, ma tanto morirò, quindi non hai nulla da perdere.»
«Forse semplicemente non voglio rivedere la tua brutta faccia.» dichiarai sicura di me.
«D’accordo allora, come vuoi. Nonostante tutto so che ti presenterai, sei una cosiddetta brava persona e sei curiosa, lo sento.»
«Sì, magari hai ragione, ma sappi che se mi presenterò sarà solo per mandarti a fanculo.» risposi e poi chiusi la chiamata.
Lanciai il telefono sul letto, ero innervosita in una maniera incredibile, quell’uomo era stato in grado di farmi incavolare nel giro di pochi minuti. Avrei tanto voluto prenderlo a calci in questo momento, la paura mi era completamente passata nell’istante in cui avevo capito quanto sfacciato fosse. 
«Che voleva?» mi domandò Oliver.
«Incontrarmi.» risposi stendendomi a letto.
«Cosa?!» urlò lui sfracellandomi un timpano.
«Mi chiedo con che faccia tosta me l’abbia chiesto.»
«Non ci andrai, vero?»
Non risposi. Infondo non avevo mai detto né sì né no. Okay, l’idea di rivedere mio padre, colui che mi aveva torturata e quasi uccisa, non era nella mia lista di cose da fare, ma tanto l’avrebbero ucciso quindi non avevo niente da perdere effettivamente. Non avrei mai dovuto vivere con l’idea che sarebbe potuto scappare, sarei stata al sicuro. Non ero mai stata d’accordo con la pena di morte, non la vedevo come una cosa “adatta”, solo che in questo caso semplicemente non mi interessava. Forse suonava egoista e cattivo, soprattutto visto che ero un medico, ma la cosa mi faceva assoluta indifferenza. Magari più avanti mi sarei pentita di questa presa di posizione, però ora come ora non mi toccava minimamente.
«Felicity, dimmi che non stai pensando di andare là.» esclamò Oliver fissandomi.
«Non lo so.» dissi sincera.
«Quell’uomo ti ha torturata! Come puoi solo pensarlo?» mi domandò sconvolto.
«Perché di lui non mi interessa niente, Oliver. Non andrei là perché è mio padre o perché provo compassione, ma solamente per una mia curiosità.»
«Non puoi parlare sul serio.»
«Che c’è di sbagliato? È in un carcere federale, in isolamento, è condannato a morire, che vuoi che mi faccia che non mi abbia già fatto?» 
«Non voglio vederti soffrire ancora.» affermò abbassando lo sguardo.
«Non soffrirò, Oliver. Ho accettato quello che mi è capitato, ho capito che non è stata colpa mia, che non ho fatto niente di male e lui non può più ferirmi. Qualsiasi cosa dirà o farà non potrà più colpirmi, capisci?»
«Sinceramente no.» esclamò stupendomi.
«Che vuol dire “sinceramente no”?» chiesi aggrottando le sopracciglia.
«Non capisco perché tu voglia dare la soddisfazione di vederti ad un uomo del genere.»
«Non centra niente il fatto di soddisfare lui, qui si tratta di me! Si tratta di chiudere definitivamente un capitolo della mia vita!»
«Okay, va bene.» disse infine.
«Perché ti comporti così? Ti prego, non permettergli di allontanarci.»
«Io non ho fatto niente, Felicity. Sei tu quella che sta scendendo a compromessi con un serial killer.»
«Compromessi? Ma quali compromessi? Mica gli ho promesso che sarei andata! È una mia scelta! E non ti sto chiedendo di accettarla.» gli dissi voltandomi dall’altra parte del letto.
«Infatti, perché non la accetto.» rispose lui con tono distaccato.
Non ribattei, decisi che il silenzio sarebbe stata la soluzione migliore a questa stupida discussione. Da un lato capivo che si stesse preoccupando per me e lo apprezzavo, ma dall’altro odiavo il fatto che non mi lasciasse prendere le mie decisioni. Magari la mia idea e il mio ragionamento erano completamente folli e sbagliati, però la scelta era comunque mia e se avessi voluto andare a Quantico ci sarei andata, con o senza Oliver.

Oliver
Passai la notte praticamente in bianco, continuavo a ripensare alle parole di Felicity e non ne capivo il senso. Non le importava, va bene, ma vedere l’uomo che le aveva fatto così male non era una cosa da niente. Era forse la prima vera discussione che avevamo avuto e non mi piaceva per niente litigare con lei, non per un pazzo maniaco. Era una donna forte e sicura di sé, aveva certamente il coraggio di affrontare una discussione con Ford, ma in cuor mio non volevo che andasse al penitenziario.
Mi alzai dal letto verso le sei e trenta del mattino e coprii con il lenzuolo le spalle a Felicity, nonostante tutto non volevo si ammalasse. Scesi in cucina e iniziai a cucinare dei pancake e dei waffle, magari così mi sarei distratto. Circa mezz’ora dopo avvertii dei passi avvicinarsi, mi voltai e vidi Felicity ancora con il pigiama addosso. Era assonnata e non portava gli occhiali, ed anche se avevamo litigato non potevo non pensare a quanto fosse bella stamattina.
«Mi dispiace.» la sentii dire.
Posai la padella e spensi il gas «Dispiace anche a me.» risposi.
Lei fece il giro dell’isola e mi raggiunse vicino ai fornelli «È stato orribile addormentarsi senza aver risolto niente.»
«Lo so, non ho dormito quasi nulla.» affermai.
«Forse è stupida l’idea di andare laggiù e vederlo, non so neanche perché ne fossi attirata.»
«È comunque una tua scelta, e hai ragione a dire che io non devo approvarla. Quindi, qualunque cosa vorrai fare, sappi che ti sosterrò.»
«Grazie davvero, ma… Ci ho riflettuto tantissimo stanotte e ho deciso di lasciar perdere.»
«Felicity, non devi farlo solo per accontentarmi.»
«No, no, non lo faccio per te, bensì per me. Infondo il capitolo “papà” è già chiuso da tutta una vita, quindi lascerò stare. E tu hai ragione a dire che non gli devo niente.»
«Ne sei davvero certa?» le domandai prendendole il viso tra le mani.
«Sì. Di lui non m’importa e nonostante sia curiosa di sapere che cavolo vuole, tu vieni prima e se devo litigare con te per lui, allora non mi sta bene.»
«Anche se verrà giustiziato?»
«Sì. Non dico di essere a favore, ma se l’è cercata, Oliver. Se solo avesse lasciato perdere tutto ora sarebbe libero, ha scelto lui di uccidere. Ed io ora scelgo di non incontrarlo.»
«Ti amo, Felicity Smoak.» le dissi con un sorriso.
«Tu… Tu cosa?» balbettò lei incredula.
«Ti amo. Ti amo come non ho mai amato nessun’altra donna. Ti amo perché sei forte, determinata e non ti lasci abbattere da niente. Ti amo perché sei simpatica, divertente e anche un po’ fuori di testa. Ti amo perché mi hai salvato in tutti i modi in cui una persona può essere salvata. Ti amo perché con te riesco sempre ad essere me stesso…»
«Okay, ti prego, basta. Sto per piangere e… Non voglio piangere. Dio, Oliver… Ecco, mi stai facendo piangere.»
«Sei adorabile.» le dissi spostandole una ciocca di capelli.
«Anch’io ti amo. Avevo paura a dirtelo, avevo paura di essere affrettata e di farti scappare, ma… Ti amo. Hai aperto il mio cuore in un modo che non credevo neanche possibile.» rispose lei con le lacrime che le rigavano le guance.
Le rivolsi un grosso sorriso e la baciai tenendole il viso tra le mani. Ero convinto di aver trovato la donna della mia vita, ero convinto che avremmo potuto superare tutto, ero convinto che nessuno sarebbe stato in grado di separarci.
«Tutta questa roba è anche per me?» mi domandò poi osservando il cibo sui fornelli e sull’isola.
«Puoi mangiare tutto quello che vuoi.» le risposi ridacchiando.
«Mi vorrai anche se sarò grassa?»
«Ti vorrò sempre, Felicity. Grassa, magra, obesa, incinta, non mi interessa.»
«Che?» mi chiese con una faccia da cadavere. Oh dio, che avevo detto adesso? Giusto… Incinta.
«Niente, non spaventarti. Ne parleremo a tempo debito, mi è solo scappato.» la rassicurai.
«Grazie al cielo.» si rilassò «Sai che ti amo, te l’ho detto, ma… Non sono pronta per i bambini.»
«Felicity, respira. Nemmeno io sono pronto.» affermai riempiendole la bocca con un pezzo di pancake alla marmellata.
Non ero pronto, era vero, per ora. Avevo sempre sognato una famiglia e mia madre erano ormai anni che mi stressava per avere un nipotino. Thea era troppo piccola, e avrei ucciso chiunque avesse osato toccarla prima dei trent’anni, ma io ero abbastanza cresciuto. Ero sicuro che anche Felicity la pensasse come me, l’aveva persino detto in un momento di follia. Ci avremmo pensato, magari tra sei mesi, o tra un anno, che fretta c’era? Avevamo tutta la vita davanti.










Angolo autrice
Avevo detto (nell'altra storia) che avrei pubblicato domani ma.. Sono a casa annoiata, piena di tosse e raffreddore quindi mi consolo così xD
Inizio subito dicendo: spero di non aver offeso nessuno trattando la tematica della pena di morte, insomma non vorrei scatenare polemiche ecco :) oltretutto nelle note della FF c'è l'avvertenza: tematiche delicate quindi io mi sento apposto. Tutto qua.
Tornando al capitolo, Oliver e Felicity hanno la prima vera discussione da quando stanno insieme e diciamo che nessuno dei due ha ragione o torto, infatti la mattina seguente si scusano.
Ed è arrivato il tanto atteso "ti amo" :D spero vi sia piciuto il modo in cui l'hanno detto e... Sì, c'è la frase della 3x20 di Arrow nel discorso di Fel.
Cos'altro posso dire? È ufficialmente l'ultimo capitolo! .-. Ho iniziato stamattina a scrivere l'epilogo e spero di concluderlo a breve :)

I ringraziamenti ufficiali li farò nel prossimo, ma ormai sapete che vi adoro tutti quanti!
Mi sono appena accorta di aver scritto un papiro, quindi la smetto lol.

A presto cari,
Anna
   
 
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