Storie originali > Romantico
Ricorda la storia  |      
Autore: Xokaylerie    08/03/2016    0 recensioni
“Per quel che vale, mi sono innamorato di te” dicesti, senza nessuna esitazione, la voce dura, priva di dubbio.
Non vale niente il tuo amore fasullo, avrei voluto sputare, ma riuscì a fermarmi prima di cedere. Non avrei mai potuto permettere che la mia dignità venisse meno. Volevo che ti smascherassi da solo.
“Ma l'amore non cambia le persone. Se mi guardi, lo vedi. Se fossi giusto questa sarebbe una vera favola e come tutte avrebbe il suo lieto fine.”
“Avevo detto: come se tu non fossi tu, come se io non fossi io” protestai, mentre un brivido mi attraversava il braccio.
“Lo so che avevi detto. Ma nonostante ti piaccia sognare, con quella testa sempre tra le nuvole, oggi devi guardare in faccia la realtà. E la realtà non mi basta.”
Ovvero: non mi bastI.
Genere: Introspettivo, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 




Non bastarsi, bastarsi

 

Mi sento forte quando sento dirti: “Sarah, domenica c’è anche Noel.” 
Cosa me ne importa?, vorrei chiederti, ma non è corretto risponderti così, quindi annuisco in silenzio, sorridendo sfacciata. Non sento l’ansia, né il nodo allo stomaco che solitamente venivano a crearsi con insistenza. 
Mi guardi cercando di capire l’effetto che le tue parole hanno avuto su di me, tasti il terreno con qualche altra parola e il mio silenzio ti fa pensare che sono turbata. Lo leggo dalla preoccupazione sul tuo volto, ma la mia unica risposta sono le mie ciglia che sbattono impercettibilmente, scacciando un ricordo.





I tuoi capelli neri seguivano il vento. Ne sentivo il rumore sommesso mentre tenevo gli occhi sul mare, un mare impassibile a te, a me, a un noi sperato. “Ho scelto lei.”
L’unica consolazione che avevo era passare le mani su quelle pietre dure, ma non quanto te. Era come se ti toccassi in un certo senso, come se toccassi le tue interiora, il tuo cuore. 
Non ti risposi, non serviva. 
“Non dici niente?” Strano che io stessi zitta, vero? Ti aspettavi che io urlassi? Che io mi dimenassi indispettita? Che ne facessi una questione di orgoglio personale? 
“Raccontami della prima volta che mi hai visto, come se fosse una favola, come se tu non fossi tu e io non fossi io.”
Eri sicuramente scettico al riguardo, ma lo nascondesti dietro le parole, tante parole.
“Penso che io debba raccontarti prima di quel giorno che non ti vidi. Sono stato proprio un coglione. Giravo in tondo attorno a quello stadio, avanti e dietro, rifugiandomi nei posti più isolati. Come ho fatto a non vederti in mezzo a tutta quella gente?”
E lo chiedi a me, Noel? 
“Mi sono dato dello stupido fattone quando ti ho visto per la prima volta. Dovevo per forza essere andato per non aver notato il tuo sorriso luminoso in mezzo a tutti quell’estate. Eri seduta al tavolo e ridevi, senza accorgerti che quello che ti stava accanto pendeva dalle tue labbra. 
Non mi presentai, non ti presentasti. Che bisogno c'è di farlo quando due paia di occhi si riconoscono all’istante?”
Adesso le stringevo quelle pietre, ed era un po’ come stringere il tuo cuore, era un po’ come ucciderti.
Sospirasti, come se ti stessi davvero facendo male.
“Quel bar faceva da sfondo alla nostra curiosità e ritrovarti lì il giorno dopo, sebbene mi avessero detto che lo frequentavi di rado, mi diede la certezza di aver vinto.
Combattere contro le mie insicurezze non deve essere stato facile per te, ma mentre io adesso mi sento sconfitto tu torni a casa con la tua di vittoria. Per qualche attimo mi sono davvero sentito giusto, adatto, compreso.”
Non respiro, mentre sento di non trovare più nemmeno consolazione nella superficie dura delle pietre, nella forza di un onda che sbatte, nel vento che trasporta il tuo odore. 
“Per quel che vale, mi sono innamorato di te” dicesti, senza nessuna esitazione, la voce dura, priva di dubbio.
Non vale niente il tuo amore fasullo, avrei voluto sputare, ma riuscì a fermarmi prima di cedere. Non avrei mai potuto permettere che la mia dignità venisse meno. Volevo che ti smascherassi da solo. 
“Ma l'amore non cambia le persone. Se mi guardi, lo vedi. Se fossi giusto questa sarebbe una vera favola e come tutte avrebbe il suo lieto fine.”
“Avevo detto: come se tu non fossi tu, come se io non fossi io” protestai, mentre un brivido mi attraversava il braccio. 
“Lo so che avevi detto. Ma nonostante ti piaccia sognare, con quella testa sempre tra le nuvole, oggi devi guardare in faccia la realtà. E la realtà non mi basta.”
Ovvero: non mi bastI.




La solita vecchia storia. Due piedi in una scarpa, una scelta richiesta a gran voce, la confusione, la delusione che ricade su una delle due spasimanti. 
Pensavo di essere una che sceglie, che non aspetta di essere scelta, che se ha tra i piedi un uomo indeciso sul da farsi, allora decide lei per lui. Un bel baio di scarpe comode per voltare le spalle e non farsi vedere mai più. 
Ma come tutte le donne mi illusi che ne sarebbe valsa la pena, che un eccezione poteva farsi, che le emozioni che provavo mi bastassero per mettere a tacere l'orgoglio che scalpitava. 
Oggi mentre salgo sulla tua auto con un sorriso sincero, mi sento leggera. 
“Ciao Noel” ti dico.
E quando ti volti verso di me, la leggerezza aumenta in me ma diminuisce in te. Me ne accorgo, perché nonostante tu stia tentando di nasconderlo, i tuoi sforzi sono vanificati dal tuo sguardo velato.
“Ehi.” 
Vorrei essere educata e chiederti come stai, perché tanto non costa niente, ma preferisco che tu mi veda sorridere, come se fossi intoccabile. 
“Come stai?” mi chiedi, nonostante il tuo orgoglio ti urlasse di non farlo. 
“Come sta tua nonna, Noel?” preferisco controbattere. Non ti devo nessuna risposta. 
Soffi aria dal naso, mentre con una mano cambi la marcia e con l'altra tieni stretto il volante. 
“É morta.” 
Non mi scompongo, preferendo nascondere il prurito alle mani, quello che mi viene ogni volta che qualcosa mi fa male, male nel profondo. 
“E tuo fratello?” ti domando, stupendoti. Lo vedo sul tuo volto che sei rimasto sorpreso dalla mia indifferenza. 
“Sei diversa.” accenna, guardandomi. 
“Tuo fratello sta ancora in Germania?” 
“Guardami.” 
Mi volto, sorridendo in modo sfacciato. Un sorriso largo e genuino. Ti guardo negli occhi, senza nessuna preoccupazione, con la sicurezza di chi ce l'ha fatta, di chi non porta rancore, di chi è rivestita d’indifferenza. “C'è qualche problema?” mi accerto. 
Ti prendi del tempo per rispondermi, ma non mi accorgo nemmeno dei minuti che passano, trovando tranquillità nel silenzio, che un tempo mi faceva paura. Non ho bisogno di parlare per dire qualcosa.
Con il tempo ho capito di non essere incomprensibile, che pensando di essere una persona complicata ho dato modo solo a persone complicate di vedere un po’ di me.
Nello schianto ho capito che non c'è cosa più semplice dell’imperfezione, perché è un punto di partenza, è una cosa che accomuna tutti, è il punto che tiene ferme le persone, è la gravità. 
Parcheggi davanti al portone di Grace, stringendo i pugni sulle ginocchia.
“Io…” tenti.
Durante la tua esitazione mi squilla il telefono, ma preferisco rifiutare con un messaggio per dire che siamo sotto. 
“Perché non hai risposto?”
E mi viene un po’ da ridere. “Ci deve essere un motivo? Ho semplicemente mandato un messaggio. Era Grace.”
“Quindi non..” tenti di nuovo. “Tu non…”
“Oh cielo. Ma chi sei tu e cosa ne hai fatto del saccente Noel?” sbuffo, cominciando a stufarmi. E con enorme dispiacere noto che la cosa ti manda nel panico. 
“Sei diverso” dico.
E il fatto che tu provi a spiegare il perché in modo impacciato, mi da un ulteriore conferma di quello che penso. 
In passato non lo avresti mai fatto. La vita ti ha trasformato in una pecorella. Sei debole.
“Sarah..”
Il bussare animato del tuo migliore amico al finestrino ti interrompe. Ci salutiamo tutti e lascio che Set si sieda davanti con te, mentre io prendo posto nel sedile posteriore con Grace, che mi sorride rassicurante, cercando di farmi capire che lei c'è. 
“Stasera ci sarà un sacco di gente nuova. Non vedo l'ora!” batte le mani la mia amica, contenta. 
Anche io lo sono, ma non voglio darlo a vedere, sennò qualcuno potrebbe insospettirsi. Guardo distrattamente lo specchietto retrovisore e incontro i tuoi occhi scuri che mi fissano. 
Ci guardiamo mentre la conversazione decolla sull’abitacolo. Io guardo i segni sul tuo volto, la bocca all’in giù, il naso grande ma definito, le ciglia folte, il collo alto e snello. Quel collo in cui incastravo la testa, in cui trovavo la serenità. 
Sono davvero felice. 
Quando arriviamo mi offri il braccio ma non ne ho bisogno. “Cominciate ad entrare” vi incoraggio. “Io vi raggiungo tra poco.”
“Posso aspettarti” mi proponi, facendomi sorridere. Anche io ti dissi una cosa simile, una volta. 
Rifiuto. “Ho solo bisogno di prendere un po’ d’aria” mento. 
Mi guardi in modo strano e mi sembra di scorgere una lucina farsi spazio nei tuoi occhi. Mi rivolgi il primo sorriso della giornata, poi volti le spalle ed entri, lasciando dietro di te il tuo odore di sempre. 
Aspetto. 
Poi ti vedo.
Mi vieni incontro con passo veloce, gli occhi sicuri e il sorriso sfacciato che è gemello del mio. Come ho fatto a resistere senza di te? Perché ti sei fatto aspettare così tanto?
“Sarah!” gridi. “Ti ricordi quando ti vidi la prima volta?” mi chiedi raggiungendomi. Quando pochi centimetri ci separano mi posi le mani sul viso, stringendo possessivamente, come se non avessi mai smesso di farlo. E io mi sento persa.
“Come ho fatto a non vederti, Jason?”
Ti bacio sulla bocca. 
“Sei pronto?”
“Sono innamorato di te” confessi. E faccio finta che la cosa non mi abbia colpito, ma tu mi ridi in faccia, accarezzando una guancia rosso fuoco.
Quando entriamo nella stanza il silenzio cala su tutti i nostri amici. Sembra che sia riuscita a zittirli tutti per una volta. 
Inaspettatamente il primo a rompere il silenzio è Noel che distratto riesce a far cadere due o tre bottiglie di birre sul pavimento. Lo schianto riesce a riscuotere tutti e fa scoppiare a ridere me e Jason. 
“Sarah e Jason, Jason e Sarah..” borbotta Grace, cercando di ricordarsi quale passaggio si sia persa.
È evidente dalle nostre mani legate che anche i nostri cuori lo sono. 
Il post shock è esilarante. Rido delle reazioni dei nostri amici e non mi curo di nient’altro. 
Solo a metà serata mi si accomoda accanto Noel. “Qui iniziò tutto, qui tutto finisce?”
“Jason è la mia realtà e la mia realtà mi basta.”
  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Xokaylerie