Per trenta secondi, Eijun è sul punto di scoppiare. Prova il terribile vibrante desiderio di assestargli una gomitata o un calcio sugli stinchi, perché non è possibile, non sono neanche le tre del pomeriggio, e per quanto il boss ha segnalato mezzora di pausa per permettere a tutti di reidratarsi dal solleone di fine agosto, questa non è una scusa per andare ad appisolarsi all’ombra della club house e non, per dire, dedicarsi a qualche esercizio di defaticamento.
Sono trenta secondi soltanto. Poi sospira, esasperato. Si scola il resto della bottiglia, lasciando che buona parte dell’acqua gli scivoli sul viso fin nei capelli, per refrigerarlo un po’, e poi abbassa lo sguardo su Furuya, meditabondo.
Satoru ha le guance di un bel rosso acceso. La sua carnagione non pare aver molto risentito del sole estivo, perché è rimasta nivea e compatta come lo era d’inverno, ma oggi i suoi zigomi sono accesi da una sfumatura rosea che li fanno assomigliare a piccole ciliegie mature.
D’improvviso, Eijun ha fame.
Si china sul suo rivale e compagno di squadra. Passa il dorso della mano, umido, sulla sua fronte, per sentirne la temperatura, e quasi distrattamente gli ravvia un paio di ciuffi dispettosi che gli erano ricaduti sugli occhi chiusi e sulle lunghe ciglia scure. Furuya emette un piccolo sbuffo, la testa che ciondola appena per sistemarsi meglio nel suo palmo calloso, e Sawamura non riesce più a trovare il desiderio di sottrarla, indugiando per secondi che paiono ore a carezzargli la pelle liscia.
Quando riesce a sfilarla dai crini neri, Furuya respira appena più a fondo, e Eijun si morde le labbra.
Dannazione a lui, e a quel volto che pare di porcellana cesellata.
Sbuffa, di nuovo. Si accomoda accanto a lui, lasciando ciondolare un paio di volte i piedi nell’aria. Per quanto la cappa di caldo renda l’aria irrespirabile e gli appiccichi maglia e pantaloni alla pelle, non riesce a trattenersi dallo scivolargli vicino, il più vicino possibile, e poggiargli il capo sulla spalla, ascoltando quieto il lieve cadenzare del suo respiro.
Hanno ancora almeno venti minuti, può anche star lì con lui un secondo…
Un minuto dopo, le palpebre gli si fanno così pesanti che proprio non gli riesce, di tenerle aperte.
 
Furuya dal canto suo gli si stringe inconsciamente addosso, il viso che affonda nella curva morbida del collo. Perso nel suo mondo di sogni, si sente sereno, al caldo e al sicuro. Respira.

Miyuki li trova due ore dopo, dopo che l’intero club è andato nel panico e si è messo disperatamente a cercarli, chiamandoli a gran voce (Kuramochi ha avuto una crisi di panico che non ammetterà mai ad alta voce).
Li fissa, un po’ perplesso, un po’ furioso, un po’… imbarazzato. Quasi fosse incappato in un qualcosa di privato cui ha il diritto di assistere.
(A svegliarli e a strigliarli come  tappeti ci pensa Haruichi, ma questa è un’altra storia).