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Autore: Happy_Pumpkin    27/03/2009    3 recensioni
Sono passati nove anni dalla battaglia contro Artemisia; Seifer vive nel suo piccolo mondo accontentandosi della propria vita pacifica su di un'isola.
E se invece gli venisse offerta la possibilità di ritornare sui propri passi conlcudendo tutto ciò che aveva lasciato in sospeso?
II classificata alla 6^ Edizione del Contest "2Weeks" indetto da Kurenai88.
Genere: Malinconico, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Rinoa Heartilly, Seifer Almasy, Squall Leonheart, Zell Dincht
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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- Nick Autore: Happy_Pumpkin
- Titolo: Sand in a bottle
- Fandom Scelto: Final Fantasy VIII
- Personaggi/Pairing: Seifer, Rinoa, Squall. Presenza minore di Rajin, Fujin (entrambi comunque rilevanti ai fini della trama) e Zell.  
- Prompt: Sabbia
- Genere: Drammatico, Malinconico, Introspettivo
- Rating: Giallo
- Avvertimenti: One-Shot, What If...
- NdA:  Ipotetico svolgimento degli eventi dopo la fine del gioco. Sono passati nove anni da quando Artemisia è stata sconfitta ad opera dei Seed.
Squall è divenuto preside di Balamb mentre Seifer vive sull'isola più Vicina al Paradiso con Rajin e Fujin senza obiettivi da portare avanti.
E' un racconto incentrato sul personaggio di Seifer del quale ho cercato di analizzare i rapporti con gli altri e ciò che aveva comportato il fatto di non aver passato la prova per diventare Seed.
Consiglio l'ascolto di “Fragments of Memories” nel dialogo tra Rinoa e Seifer e nella parte finale.
- Betareader //



II classificata alla 6^ Edizione del Contest "2Weeks" indetto da Kurenai88




Sand in a bottle




La barca ondeggiava sospinta dalle leggere onde del mare.
Di quando in quando il legno, preso direttamente dagli alberi delle isolette attorno al territorio di Galbadia, scricchiolava in modo inquietante ma la copertura di bitume avrebbe dovuto assicurare un minimo di impermeabilità.
No, pensò Seifer ad occhi chiusi, intento a masticare di quando in quando una spiga di grano, non sarebbe affondato.
Almeno, non in quel giorno e non in quel modo.
Magari gli sarebbe bastato avere un sottomarino simile a quelli che, anni fa, erano stati usati da Galbadia: allora si sarebbe messo a capo di un esercito di soldati e avrebbe conquistato il mondo... così, tanto per fare.
E no, non avrebbe nemmeno dimenticato di radere al suolo il Garden di Balamb dove Squall tanto si divertiva a fare il Preside.
Alzò le spalle, contorcendo la bocca in una smorfia, per poi sospirare.
Chi glielo faceva fare alla fine?
Aveva la sua isola, i suoi fedeli sottoposti, la barca con la quale pescare preoccupandosi di mantenere perfetto il proprio piccolo mondo.
Lentamente si alzò in piedi e, dopo essersi guardato un istante attorno, si accorse di essere parecchio distante dalla riva, privo oltretutto del peso usato per ancorare la barca al soffice terreno sabbioso.
Con i freddi occhi azzurri scrutò l'isola e vide che Rajin e Fujin si sbracciavano... due puntini minuscoli nel nulla di sabbia e, dietro di loro, l'insieme di solide capanne in legno che costituivano le loro case.
“Merda...” mormorò Seifer passandosi una mano sui corti capelli biondi.
Poi alzò un braccio facendo cenno loro di venire: se doveva farsi tutto quel pezzo in barca tanto valeva che i suoi subordinati, in quanto tali, si sbrigassero a venirlo a recuperare.
Scorse Rajin gesticolare irritato fino a che poco dopo Fujin, senza troppe esitazioni, non gli affibbiò un calcio per farlo smettere.
Incrociando le braccia, senza dire una parola, Seifer attese che i due lo conducessero a riva.
Quando, annaspando, Rajin appoggiò un braccio sul bordo della barca prese a borbottare qualcosa per venire subito zittito dalla compagna di nuotate che, rivolgendosi infine al loro impavido comandante di marina, spiegò coincisa:
“Sono arrivati ospiti dal Garden.”
Seifer assottigliò gli occhi in quell'espressione furbesca e dalle sfumature crudeli che tanti avevano imparato a conoscere.
Infine sospirò chiedendo acidamente:
“E voi, imbecilli, li avete fatti entrare?”
Per un istante Rajin e Fujin si guardarono, finché lei non contrasse le labbra, lanciando un'occhiataccia al nerboruto ragazzo.
Questi si guardò un istante attorno per poi borbottare delle scuse che, probabilmente, comprendevano anche la parola solitudine e cortesia.
Parole che logicamente Seifer intendeva a modo proprio e sicuramente opposto rispetto a quello dei normali esseri umani... come molte altre cose d'altronde.
Sbuffando impaziente Almasy, non attendendo oltre, si tuffò in acqua e senza dire alcunché iniziò a nuotare a grandi bracciate diretto verso l'isola.
Rajin scosse la testa rassegnato al mutevole ed alquanto imprevedibile comportamento del loro capo, il quale era in grado di cambiare idea nel giro di pochi minuti o stravolgere completamente un progetto a cui aveva lavorato per mesi.
Ma d'altronde era fatto così: folle e con concezioni tutte sue della vita.
Solitario e allo stesso tempo sempre alla ricerca di qualcosa; animo irrequieto che non riusciva a capacitarsi di avere imparato troppo dalla vita.
Eppure a loro due Seifer piaceva esattamente com'era, anche quando li maltrattava buttando giù qualche parola graffiante... perché, in fondo, teneva a loro e avrebbe voluto che lo seguissero in qualsiasi impresa.
Non parlando Rajin si accomodò sulla barchetta imitando Fujin che si era posizionata, con il solito cipiglio severo, sull'asse anteriore afferrando uno dei remi.
Improvvisamente il robusto ragazzo, dando un'occhiata perplessa all'insieme di case distante da loro, scorgendo la testa bionda di Seifer chiese non senza una certa preoccupazione:
“Glielo abbiamo detto che tra gli ospiti in questione c'era anche Squall?”
Per tutta risposta ricevette un remo sul braccio da parte di Fujin che, schivando abilmente la questione, gli ordinò secca:
“Muoviti!”
Rajin si lamentò, massaggiandosi il muscoloso braccio abbronzato, per poi borbottare qualcos'altro e affrettarsi a pagaiare prima di essere ancora sollecitato in modo tanto gentile.

Arrivato presso la riva Seifer, con la canotta e i pantaloni alla pescatora fradici, camminò a grandi falcate sulla sabbia bollente.
Adorava farlo, affondando le caviglie fino a che non sparivano, sentendo quella morbida superficie bruciante per il sole che nell'arco della giornata l'aveva accarezzata con i suoi raggi.
Adorava un po' meno quando la sera sedendosi, mentre era intento a sorvegliare Rajin affinché arrostisse decentemente un pesce, la suddetta sabbia gli entrava nelle mutande.
Senza troppi complimenti aprì con un vago gesto teatrale la porta del soggiorno di casa propria, aspettandosi di trovare qualche pivello delle reclute Seed mandate da Squall nel vano tentativo di tenerlo d'occhio e assicurarsi che non desse qualche colpo di testa.
Digrignò però i denti quando, davanti a sé, si ritrovò nientemeno che Squall in persona, in compagnia di quell'irritante ragazzo petulante che rispondeva al nome di Zell Dincht.
Poco più in là, intenta a scrutare il panorama attraverso una finestra, vi era Rinoa, la quale si voltò sorridendogli con quel fare gentile che da sempre lo turbava parecchio.
“Che accidenti ci fate qui?” sibilò tenendo spalancata la porta di casa, ignorando l'acqua che ancora sgocciolava dalla pelle ambrata a causa della costante esposizione al sole.
Squall per un istante non rispose, limitandosi a fissarlo con l'aria fredda e quasi apatica che Seifer in tutta onestà detestava.
Zell, impulsivo come al suo solito, intervenne replicando stizzito:
“Se per questo nemmeno a me piace l'idea di metter piede dentro questa catapecchia! Faresti bene ad ascoltarci...”
Ma Seifer fece una risata dalle lievi sfumature malevole ironizzando:
“Sempre meglio che quel buco di casa tua, vero gallinaccio?”
Zell grugnì qualcosa per poi gesticolare sputando varie minacce di morte le quali, però, restarono inattuate perché Squall tagliò corto dicendo, avvicinandosi di qualche passo al padrone delle mura:
“Finiscila. Seifer siamo venuti fin da te perché ci servi per una missione. Nient'altro.”
Seifer lanciò un'occhiata di aperta superiorità a Zell commentando:
“Visto?”
Il Seed preso in causa dilatò le narici ma si trattenne dal picchiare quel tronfio arrogante di Seifer limitandosi ad affondare le mani nelle ampie tasche dei larghi pantaloni, borbottando:
“Un giorno o l'altro ti meno...”
Seifer fece un sorrisetto soddisfatto rivolgendosi infine a Squall:
“Per quale motivo dovresti aver bisogno di me? Non hai già i tuoi fedeli allievi ad aiutarti?”
Leonhart non disse nulla e, senza dar prova di essere irritato dalle continue provocazioni dell'ex compagno di corsi, spiegò:
“E' stata rilevata una base militare appartenente a Galbadia non ancora distrutta dove, con l'ultimo pianto lunare, sono caduti dei frammenti di Luna che attirano parecchi mostri nei dintorni. Tu hai lavorato a lungo per Galbadia, dunque più di tutti sei in grado di conoscere i sistemi e i codici d'accesso per dare il via alla sua autodistruzione.”
“Ci saresti davvero di grande aiuto, Seifer.” aggiunse ancora Rinoa con fare gentile, smorzando il tono quasi accademico usato dal proprio ragazzo.
Seifer chiese reclinando appena la testa in una smorfia di aperto dubbio:
“E dove si troverebbe questa pericolosissima base?”
“Nel deserto Kayukbahr nel territorio di Esthar, proprio a sud-est di Centra.” spiegò Squall.
Seifer corrugò le sopracciglia.
Girò un istante le spalle, osservando oltre la porta Rajin e Fujin che si affannavano per trascinare a riva la barca.
Infine domandò con fare quasi casuale:
“Ed è un posto nel quale si rischia parecchio? O è una delle vostre noiose gite per studentelli impauriti?”
Rinoa gli si affiancò, tenendo le mani incrociate dietro la schiena, dicendo con un sorriso complice:
“Estremamente pericoloso. Non solo per i mostri ma anche per il clima: siamo in pieno deserto.”
“Tanto ormai ci sei abituato!” ironizzò Zell incrociando le braccia.
Seifer non replicò, limitandosi a guardarlo con la faccia di chi si rivolgesse ad un bambino, ottenendo il soddisfacente risultato di far infuriare Dincht il quale però non ribatté, ricambiando con uno sguardo truce.
Infine Squall incalzò senza però mostrare aperta aspettativa:
“Allora?”
Seifer aprì le braccia nel suo solito modo di fare melodrammatico dicendo simulando una certa compassione:
“Se non ci fossi io ad aiutarti dove saresti Squall? Mi chiedo perché tu stia ancora dietro a quell'edificio di perdenti...”
“Piantala! – tagliò corto Squall – La questione è semplice: ci aiuti o meno?”
Seifer rimase un istante in silenzio, limitandosi a uscire di casa e strizzarsi i pantaloni mentre Zell impaziente tamburellava con il piede.
Infine il ragazzo alzò le spalle dicendo in un soffio:
“In cambio esigo avere piena libertà di fare ciò che voglio sull'Isola più Vicina al Paradiso. Questo comprende anche cacciare l'Archeosauro.... niente più tirapiedi che mi ronzano intorno, intesi?”
Squall, del tutto indifferente, nemmeno si prese il tempo per pensarci che rispose:
“D'accordo.”
“D'accordo?! - esclamò Zell impetuoso come al solito – Ma Squall! Lui...”
Seifer gli si avvicinò squadrandolo un istante per poi replicare:
“Preferisci veder morire qualche Archeosauro in più piuttosto che salvare il mondo?”
Dincht roteò gli occhi... c'era poco da fare: Seifer era il solito megalomane. Ogni volta che doveva compiere qualcosa il suo ego smisurato gli imponeva di romanzare il tutto allargando semplici missioni di ripulitura a qualcosa di vicino ad una corsa contro il tempo per sfuggire da un'eruzione vulcanica.
Gesticolò con le mani, evitando di perdere ancora il suo tempo per litigare contro uno che ragionava al di fuori della normale sfera umana, e si allontanò uscendo di casa, prendendo a calci la sabbia che, per contro, gli entrò nelle larghe scarpe imbottite.
Squall disse accingendosi a seguire il Seed biondo:
“Prendi ciò che ti serve. Ti aspettiamo sulla costa qualche metro più avanti a bordo del Red XIII.”
Rinoa sorrise: “Zell ha messo a punto alcuni vecchi macchinari del Garden per dare vita ad un mezzo di trasporto utile per affrontare terreni difficili e la superficie del mare. Vedrai, ti piacerà!”
“Certo, quando affonderemo saprò dirvi quanto mi piaccia.” osservò Seifer con un sorriso lezioso e malevolo mentre Squall si era già allontanato senza dire una parola.
Rinoa guardò un istante Seifer che, con le braccia lungo i fianchi, la fissava a sua volta. Infine la ragazza rispose corrucciando infantilmente la bocca:
“Puoi dire quello che vuoi ma, se ti conosco abbastanza, non vedi l'ora di partire... - gli puntò un dito sul petto aggiungendo fingendosi severa – mi raccomando, ti aspettiamo.”
“Credo che tu non mi conosca affatto.” replicò Seifer.
Rinoa, sulla soglia, si girò smuovendo appena i fini capelli neri e replicò con un sorriso allegro:
“Beh... Squall non lo da' a vedere ma vorrebbe davvero che tu venissi con noi: una squadra, proprio come ai vecchi tempi.”
Senza attendere oltre corse sulla sabbia, raggiungendo il Preside di Balamb.
Seifer sbuffò scuotendo la testa.
Guardò, appeso alla parete, il suo gunblade. Aveva la sensazione che, in quegli anni, da quando c'era stata l'epica battaglia contro Artemisia la spada avesse accumulato un po' troppa ruggine... per quanto si fosse impegnato ad usarla debitamente, beninteso.
Seifer detestava l'inattività.
Ma, più di ogni altra cosa, odiava il banale, la monotona vita di tutti i giorni.
Non capiva cosa ci fosse di così affascinante in quell'arma eppure se ne sentiva attratto, come un atleta che ammira il suo trofeo più prezioso, ricordo dei momenti di gloria passati.
Con quel gunblade aveva ferito Squall... il giorno in cui si era sentito invincibile: perché aveva dimostrato al suo eterno rivale di essere il migliore.
Aveva sempre vissuto ad un passo dalla morte, ignorando le regole eppure pretendendo che venissero rispettate: viveva di contraddizioni e aspirazioni inarrivabili.
Ma gli piaceva.
E gli sarebbe piaciuto, pur non volendo ammetterlo, anche tornare come un tempo a combattere affianco a Squall.
Perché amava sfidarlo e arrivare agli estremi consapevole che il suo freddo compagno lo avrebbe, suo malgrado, seguito. Erano entrambi troppo orgogliosi per resistere alla tentazione di primeggiare l'uno sull'altro.
E ora, dopo mesi di produttiva inattività su di un'isola, finalmente ecco l'occasione irresistibile di combattere per davvero, di sentire come un tempo il brivido della morte.
Prese l'arma, destreggiandosi qualche secondo valutando il peso della lama ancora affilata tendendo il braccio in avanti.
Senza indugiare oltre si mise delle scarpe da ginnastica ai piedi e, dando un'occhiata allo specchio del piccolo salotto, si passò una mano sui capelli non resistendo alla tentazione di sorridere euforico.
Rajin e Fujin gli si affiancarono mentre lui, a passo spedito, avanzava nella sabbia.
Fu Rajin a chiedere allegro:
“Allora Seifer, dove ci dirigiamo adesso?”
“Da nessuna parte.” rispose lui appoggiando la spada su di una spalla, continuando a camminare.
Il ragazzo dalla pelle scura si grattò il mento perplesso accennando:
“Ma allora...”
Seifer scorse in lontananza un trabiccolo rosso sangue e sorrise.
Distrattamente rispose:
“Intendo dire che voi non andrete da nessuna parte. Io ho da sbrigare un paio di faccende e, mentre sarò via, spetterà al Comitato Disciplinare sbattere fuori quei noiosi leccapiedi di Squall. Intesi?”
Rajin borbottò qualcosa tentando di opporsi ma ricevette un calcio negli stinchi da Fujin che batté accademicamente i tacchi, portandosi una mano alla fronte in gesto militare, esclamando:
“Ricevuto!”
Alzando le nerborute spalle, nonostante tutto, alla fine Rajin rispose:
“E va bene, Seifer. Mi raccomando...”
Questi non disse nulla, chinandosi un istante così da raccogliere in una boccetta di vetro della sabbia per poi richiuderla e infilarla nella pratica borsa a tracolla che era costretto a portarsi dietro e che, se Rajin lo conosceva abbastanza, non avrebbe esitato a mollare sul mezzo di trasporto una volta salito a bordo.
Il perché di quel gesto nessuno dei suoi due amici avrebbe mai saputo spiegarselo, non ancora almeno.
Seifer non era il tipo da affezionarsi alle cose, soprattutto se inutili: viveva senza pensare realmente al futuro e, qualora lo facesse, era per scopi puramente fuori di testa... nel pieno del suo stile insomma.
I due si fermarono scorgendo il loro compagno nonché capo avvicinarsi al gruppetto di Squall e gli altri i quali, vicino ad un orrendo macchinario con tanto di trivella, lo attendevano.
E, malgrado tutto, sembravano davvero felici.
“Seifer è contento.” osservò improvvisamente Rajin, massaggiandosi pensoso il collo.
Poi guardò spaventato Fujin, aspettandosi di ricevere un altro dei suoi micidiali colpi, ma lei invece rimase silenziosa a scrutare il ragazzo dai capelli biondi senza obiettare.
Lo vedeva ridere, provocando quell'insulso di Dincht, e tenere stretto la sua spada con un affetto e un entusiasmo che da tempo non aveva più scorto nei suoi occhi azzurri.
Sì, era davvero contento.

“Il Red XIII è frutto del mio ingenio migliore, modestamente. La trivella e le ruote cingolate sono il massimo per affrontare qualunque, e sottolineo qualunque, tipo di terreno dai più accidentati a quelli troppo instabili.
Però il top assoluto sono i gommoni gonfiabili che ho applicato lateralmente e, grazie un po' di magia Levita incrociata con il carburatore del T-Board, è stato possibile anche attraversare il mare... Non per vantarmi ma credo di essere davvero port...”
“Ma quanto parli?” chiese scocciato Seifer, facendo ondeggiare il piede della gamba tenuta incrociata.
Zell si zittì di botto.
Si grattò la testa accennando ad una risata, evidentemente troppo preso dalle sue modifiche tecniche per impegnarsi seriamente ad arrabbiarsi con Seifer.
Allora, per ingannare il tempo non parlando, si mise a tirare pugni a destra e a manca, suscitando l'ilarità di Rinoa che, in quei gesti semplici e quotidiani, rivedeva la missione della selezione Seed narrata in modo un po' sporadico da Squall.
“Visto Zell? Sei un comico nato, fai ridere anche la nostra signorina qui presente.” osservò malevolo Seifer con la solita faccia strafottente.
“Hai qualche problema? Impiego due minuti a rifilarti un pugno, sai?”
“Certo. Non vedo l'ora...” ironizzò Seifer lanciandogli un'occhiata di sbieco.
Il ragazzo dal vistoso tatuaggio tribale fece per ribattere ma Squall con un gesto della mano li zittì girandosi invece Rinoa, intenta a guidare, ridacchiava.
Il radar indicava la loro posizione mentre solcavano il mare per dirigersi verso le isole di Centra, sperando di non dover incontrare qualche spiacevole ostacolo lungo il cammino.
Seifer e Zell, seduti nei posti dietro, si fissarono un istante, il primo osteggiando aperta superiorità e il secondo limitandosi a grugnire.
“Una volta che arriveremo presso la base militare ho bisogno che seguiate attentamente le mie istruzioni...”
“Istruzioni...” sbottò Seifer guardando oltre il finestrino dai vetri rinforzati.
Squall lo fissò un istante, decidendo di passare oltre il malevolo sarcasmo del compagno di squadra, per continuare indicando una cartina:
“Questa è la locazione: si presume che, dopo tanti anni, sia parzialmente coperta di sabbia dunque l'avanzata non sarà facile. E' meglio equipaggiarsi con magie di ghiaccio o anche solo mettere in Junction Difesa quelle di fuoco. Non dovremmo aspettarci mostri molto potenti ma saranno sicuramente parecchio numerosi: nel caso Rinoa è provvista di magie curative e pozioni. Fin qui tutto chiaro?”
Zell sollevò il pollice in altro mentre Seifer replicò annoiato:
“Squall per chi mi hai preso?”
Il Preside di Balamb continuò dimostrando infinita pazienza:
“Il sistema energetico è ancora in funzione: i vari codici sono quelli diffusi da Galbadia anni fa ma ci serve la tua presenza Seifer per poter regolare i parametri che permettano di eliminare i resti di materiale lunare.”
Seifer accennò ad un sorriso seducente chiedendo con aperta provocazione: “Credi che riuscirò a ricordarmi ancora tutto dopo così tanti anni?”
Squall replicò freddamente: “Altrimenti non ti avrei chiamato.”
“No – ribatté Seifer con uno sguardo apparentemente folle – la verità è che senza di me ti annoiavi.”
Zell scosse la testa ma Squall non disse nulla, limitandosi a girarsi tornando a guardare davanti a sé il mare che, oltre lo spazioso parabrezza, appariva scintillante mentre la trivella, per via della forma particolarmente aerodinamica, tagliava l'acqua facendola infrangere in un'allegra schiuma marina.
In lontananza si vedevano le terre di Galbadia, le isole che le circondavano, i porti affollati di gente che dopo la guerra ad Artemisia aveva ripreso a vivere.
Un mondo intero che in quel momento loro quattro insieme potevano solcare.
Seifer, guardando oltre il finestrino tenendo un braccio appoggiato sul sedile, riusciva ancora ad avvertire quell'ebbrezza di conquista che tante volte aveva provato.
Sentiva la voglia di passare il limite, lo stimolo a superarsi... era una sfida e lui, come sempre, non avrebbe esitato ad accoglierla.

Sballottati più o meno con forza i quattro riuscirono a far avanzare Red XIII oltre l'ammasso roccioso prospiciente al mare, addentrandosi finalmente nel terreno arido di Centra.
Percorsero parecchi chilometri in silenzio, di tanto in tanto sbatacchiando le proprie martoriate spalle contro le pareti rinforzate del mezzo di trasporto multifunzione.
Videro passare al loro fianco immensi paesaggi brulli ed inospitali, accumuli di rocce e terra rossa che sotto i raggi del sole sembravano incandescenti.
Ben presto arrivarono nella zona del deserto e a quel punto il viaggio si fece molto più tranquillo, non fosse stato per la sabbia che di tanto in tanto andava ad accumularsi nella zona della trivella rendendo più difficile l'avanzata.
Così, suo malgrado, Rinoa fu costretta ad attivarla rendendo il tragitto molto più rapido... con il solo inconveniente di sollevare tonnellate di sabbia che si andava ad accumulare ai lati del percorso: aprire i finestrini in una circostanza come quella equivaleva alla morte per soffocamento.
Dopo un po' di tempo Zell, preoccupato, si passò una mano sul folto ciuffo di capelli scrutandosi attraverso il riflesso del vetro. Seifer immancabilmente lo notò e, tenendo le braccia incrociate, simulò un'aria professionale nel chiedergli:
“Hai mai notato come la tua presunta capigliatura assomigli in modo stupefacente a quella dei Chocobo? E' interesse naturalistico il tuo?”
Il tono velenoso della sua domanda non passò inosservato a Zell che esclamò sgranando gli occhi:
“Cosa?!”
Per un istante tornò a ricontrollarsi, come a cercare di capire se le insinuazioni del vicino corrispondessero a verità, infine ribatté acido:
“E tu hai mai notato uno dei miei pugni sul tuo viso del...”
“Siamo arrivati!” esclamò Rinoa sterzando abbastanza bruscamente in un tremolio dei cingolati che  si lamentarono stridendo.
Seifer non si esimette dal lanciare a Zell un sorriso trionfante per poi commentare alzando le spalle e afferrando la spada:
“Peccato...”
Il suo interlocutore sbatté un pugno sul sedile sbuffando.
Scendendo, Squall notò immediatamente emergere da oltre la coltre di sabbia un edificio dal metallo ossidato che, per via della colorazione, quasi si mimetizzava con l'ambiente del posto.
Incrociò le braccia perplesso, pensando e ripensando a ogni singolo passo che avrebbero dovuto compiere. Per quanto affascinante, l'idea di calcolare ogni singolo fattore di quella missione era impossibile: non solo per il numero indefinito di mostri che avrebbero incontrato ma anche per la presenza di Seifer che, seppur indubbiamente utile, spesso non si esimeva dal fare di testa sua compromettendo quindi ogni speranza di roseo e facile successo.
Squall scrutò un istante Seifer intento a tirare di spada, facendo ogni tanto delle parate rapide e precise.
Doveva ammetterlo: nel momento in cui si era manifestata la necessità di organizzare una spedizione a Centra la prima persona che aveva pensato di chiamare con sé era Seifer. Non sapeva spiegarsi il motivo esatto... fosse stato ancora l'orgoglioso e taciturno ragazzo di un tempo probabilmente avrebbe freddamente sostenuto che ogni suo atto era mirato unicamente a favorire la missione: le capacità di Seifer erano indispensabili in quel senso.
Ma ora, con ventisei anni d'età alle spalle, poteva mettere a tacere il suo indisponente senso di principio per rispondersi che, in fondo, l'aveva fatto semplicemente perché Seifer era un amico.
L'unico che, in tanti anni di gelida indifferenza, fosse riuscito a fargli provare l'ebbrezza della sfida, della rabbia, dell'adrenalina che montava a mille prima di un duello.
Alla fine però non disse nulla, limitandosi a sospirare avanzando tra la sabbia molto più fine rispetto a quella granulosa dell'Isola.
Seifer gli si affiancò dicendo con apparente aria annoiata:
“Basteremmo solo noi due a finire tutto il lavoro, come sempre d'altronde.”
Squall non rispose, estraendo il Lion Heart impugnandolo con la mano destra.
Giunti presso la recinzione d'entrata, parzialmente sommersa dalla sabbia, si arrestarono mentre Zell fischiando commentò qualcosa sulle dimensioni dell'intera base.
“Scavalchiamo e procediamo ad entrare.” ordinò Squall dopo qualche istante.
Eppure, mentre Zell si affrettò ad arrampicarsi oltre i cumuli di sabbia che facilitavano la risalita, Seifer si mostrò piuttosto contrario, non tanto per l'idea in sé di scavalcare, che era in effetti quanto di più logico si potesse fare in una situazione del genere, ma piuttosto per il semplice concetto di dover seguire dei comandi di Squall.
Avrebbe avuto la stessa reticenza anche anche successivamente, una volta che il gruppo si addentrò all'interno della struttura vera e propria, sino a che in un modo o nell'altro un po' tutti finalmente riuscirono ad adattarsi alle rispettive esigenze; nonostante questo Seifer pretendeva comunque di avanzare per primo, molte volte procedendo a ritmo serrato costringendo gli altri ad inseguirlo.
Non mancarono, ovviamente, le proteste sentite e furiose di Zell che cordialmente invitava gli altri a lasciarlo solo, facendo aleggiare nell'aria la neanche troppo velata speranza che il compagno di squadra rimanesse bloccato nella sabbia.
E la sabbia, in effetti, era una delle cose che non mancavano per i corridoi.
Era un po' ovunque ma non in eccesso, come se un colpo di vento l'avesse sparsa accuratamente in giro premunendosi comunque che gli accessi e le entrate fossero facilmente praticabili.
Combattere in quelle condizioni non fu difficile anche perché i mostri, tutti con l'elemento fuoco o tuono, erano piuttosto prevedibili e deboli, come Squall aveva giustamente previsto.
Facendosi strada oltre diverse porte automatizzate, le quali aprendosi a fatica riversavano altra sabbia, nel giro di diverso tempo i Seed arrivarono fino al nucleo dell'intera area operativa che comprendeva anche una plancia di comando.
Soddisfatto Seifer si tolse con un braccio il sudore sulla fronte.
Rideva euforico, esaltato, perché si era sentito davvero vivo: non riuscire a muovere un passo e venire attaccati alle spalle senza tregua... adorava sentirsi così, senza fiato, con le vene che pompavano sangue ai muscoli indolenziti, il caldo che faceva girare la testa e il tremito alla mano per la presa troppo salda con cui impugnava la spada.
Zell appoggiò le mani sulle ginocchia, piegando la schiena e prendendo grandi boccate d'aria per incamerare quanto più ossigeno possibile mentre Rinoa approfittò della momentanea tregua così da controllare le pozioni rimaste.
Finché non alzò gli occhi scorgendo Seifer con una ferita seppur lieve al braccio.
Scosse la testa sospirando: quel ragazzo era troppo impulsivo e smanioso di raggiungere i propri obiettivi... sicuramente per com'era fatto nemmeno si era conto di essere stato colpito.
Così gli si avvicinò tendendogli una pozione assumendo una certa posa severa, premunendosi di aggiungere:
“Bevila e rimettiti in forze.”
Seifer guardò la bottiglietta con un certo disprezzo ma, vedendo l'ostinata insistenza di Rinoa, alla fine cedette ingurgitando il liquido che, in meno di qualche secondo, agì risanandogli la ferita al braccio senza lasciare segni.
“Grazie.” borbottò per poi portarsi di fronte alla plancia di comando, affiancato da Squall.
I due osservarono un istante i vari schermi, avvolti dal silenzio, e con una mano Seifer sfiorò i tasti senza realmente toccarli.
Si umettò esaltato le labbra spiegando con una certa impazienza:
“Per prima cosa dovremo accendere il generatore ausiliario: quello di base non è sufficiente per permetterci di procedere con la distruzione del materiale lunare. Una volta fatto entreremo nella camera dove si è condensato il materiale con i frammenti e attiveremo i codici necessari.”
“E quindi?” chiese Zell incrociando perplesso le braccia.
Seifer con un sorriso sadico sul volto rispose, facendo ondeggiare la spada sulla spalla:
“E quindi... bum! Si fa esplodere tutto. Avremo diversi minuti per andarcene... o forse credi di non farcela?”
Portandosi un pugno davanti a sé Zell replicò tronfio:
“Figurati! Quando riuscirai ad uscire io sarò già fuori da parecchio tempo!”
“Oh, avanti ragazzi... - sbottò Rinoa – vediamo di portare a termine questa missione senza darci troppo contro, va bene?”
Nessuno dei due si degnò di rispondere, limitandosi a distanziarsi sbottando. Seifer si avvicinò alla pulsantiera, studiando ancora in silenzio i comandi, per poi limitarsi ad alzare le spalle:
“Qui è tutto schifosamente rovinato! Tanto vale dare un colpo netto.”
Senza troppi complimenti e prima che qualcuno dei presenti potesse fermarlo Seifer sbatté con forza la mano sui tasti facendo sussultare all'intera struttura, la quale tremolò incerta scuotendo la sabbia che scivolò dai cumuli.
Per un istante non accadde nulla e tutto, dopo un ronzio sommesso, tornò al silenzio.
Gli astanti si guardarono attorno infine Squall borbottò posandosi una mano sugli occhi chiusi:
“Cretino...”
Seifer però sorrideva. Con quel ghigno compiaciuto che sempre aveva quando era consapevole di essere ad un passo dalla vittoria.
In effetti qualche secondo dopo ci fu un sibilo proveniente dai macchinari e un fiotto di vapore fuoriuscì da alcune tubature posizionate sul soffitto dalle grate metalliche.
In breve, in seguito ad un sussulto agonizzante, le porte automatiche della sala adiacente si aprirono mentre le luci tornarono ad illuminare le sale e i corridoi riportando alla vita quel luogo morto da tempo.
Nessuno riuscì a nascondere l'espressione di aperta sorpresa, persino Squall abbandonò la sua proverbiale impassibilità per sgranare gli occhi nel vedere rianimarsi marchingegni sepolti sotto coltri di sabbia e silenzio.
“Come accidenti...” commentò Zell incredulo facendo per avvicinarsi alla porta, con la chiara intenzione di proseguire verso il fulcro contenente il materiale lunare, ma prima che potesse compiere un ulteriore passo le ante automatiche, dopo una scarica di elettricità, tornarono rapidamente a chiudersi.
Nonostante le proteste del ragazzo, che tentò di spalancare le pareti metalliche, queste non accennarono a spostarsi di un solo millimetro.
Squall scosse la testa commentando:
“Ci deve essere qualche problema al generatore centrale. Zell, tu e io andremo a controllare mentre Seifer rimarrà con Rinoa.”
Seifer tese la spada in avanti ribattendo in un soffio velenoso:
“Intendi dire che io e te andremo a controllare il generatore.”
“No – spiegò lui senza alterarsi – è necessario che tu stia qui. Se riuscissimo a far funzionare il generatore è necessario che tu vada immediatamente ad attivare i codici: non possiamo permetterci di sprecare tempo rischiando di mandare tutto a monte.”
Seifer fece per dire qualcosa ma Rinoa gli appoggiò una mano sulla spalla, guardandolo con quei suoi occhi accusatori e sinceri. Occhi che, ogni volta, senza che capisse il motivo lo facevano star male.
Così, infuriato, si limitò a tirare un calcio ad un inutile pezzo di ferraglia sbottando:
“Arrangiati allora. Spero solo che tu e il gallinaccio non crepiate troppo in fretta o non usciremo più vivi da qui.”
Zell corse incontro a Squall esortandolo ad andare:
“Lascialo perdere quello, è il solito schizzato.”
Insieme scomparvero per i corridoi con in mano una mappa che li avrebbe guidati fino alla stanza del generatore.
Seifer, contraendo la mascella, si mise a passeggiare avanti e indietro per la grande stanza così che il rumore dei suoi passi sul pavimento metallico rimbombò ad un ritmo regolare.
Rinoa, seduta su uno degli ampi banconi accanto alla plancia, con le gambe ciondolanti e le mani in grembo, lo osservava.
Passarono diversi minuti finché Seifer non si appoggiò sul bordo, accanto a lei, tenendo come al suo solito il gunblade su di una spalla.
“Detesto aspettare.” sibilò.
“Lo so – rispose Rinoa guardandolo con un sorriso – così come detesti che Squall faccia la parte dell'eroe e tu rimanga in disparte.”
Seifer la squadrò un istante, inarcando appena un sopracciglio biondo, per poi ribattere freddamente:
“Io ho scelto un'altra strada. Tutto qui.”
Rinoa non disse nulla, limitandosi a guardare le proprie gambe sfiorare di tanto in tanto l'acciaio del ripiano su cui era seduta.
Anche Seifer rimase silenzioso, chiuso nei suoi pensieri che in quel momento apparivano completamente insondabili.
Infine, dopo qualche tempo, Rinoa chiese fingendosi ingenua:
“Seifer... avresti voluto essere un Seed?”
Questi non disse nulla sulle prime.
Scrutò corrucciato il pavimento, battendo appena il piede sul terreno senza produrre rumore, ma dentro di sé non sapeva realmente cosa rispondere. Perché in fondo sentiva che quella domanda gli bruciava ancora dopo tanto tempo: lui, più di chiunque altro, avrebbe avuto diritto ad indossare la divisa che tanto detestava.
Sapeva di avere tutti i requisiti e le capacità di farlo... invece, inseguendo le sue aspirazioni, la sua ricerca di un mondo diverso da quello che conosceva, aveva abbandonato tutto.
Si era lasciato alle spalle la possibilità di essere qualcuno, per una volta inseguendo la normalità anziché le sue solite esaltazioni visionarie.
Quante notti, nella solitudine della spiaggia, con i piedi bagnati dal mare, aveva ripensato al giorno in cui aveva gettato tutto all'aria.
La missione... quella stupida missione nella quale aveva voluto fare tutto di testa propria: alla fine  in un certo senso aveva funzionato ma non gli era stato perdonato il fatto di aver messo impropriamente in pericolo la squadra di cui era al comando.
Pericolo.
Quella parola aveva l'insana conseguenza di farlo ridere. Trovava ridicola una simile motivazione: i Seed erano guerrieri e in quanto tali erano addestrati a combattere e perciò, come logica conseguenza, anche a morire.
In quel periodo però, nella sua rabbia, nella sua frustrazione, non si era ancora reso conto di una cosa: che i Seed, prima di tutto, erano anche esseri umani... e lui non aveva alcun diritto di portarli incontro al massacro per un'infantile soddisfazione personale.
Era stato immaturo.
Così Seifer la sera, in completa solitudine, si ritrovava scioccamente a pensare a come sarebbe stato il ballo con la divisa da Seed, alle facce di quelli che lo detestavano, all'orgoglio di entrare in quell'enorme sala da vincente a tutti gli effetti e non come un reietto quale, alla fine dei conti, era sempre stato e aveva voluto essere.
Guardò Rinoa che era tornata ad abbassare lo sguardo pensosa, convinta di avergli posto una domanda non gradita, infine rispose:
“Non mi ci vedo con la divisa da Seed. Avrei dovuto rinunciare al cappotto.”
Lei, sorpresa, alzò la testa sorridendo.
“Hai ragione, la divisa non fa per te – si tirò dietro l'orecchio una ciocca di capelli per poi aggiungere – se però tornassi al Balamb potresti provare ad indossarla.”
In quella missione avrebbe dovuto essere Seed.
Avrebbe dovuto vincere.
Perché quell'occasione?
“Tu credi?” chiese lui scettico, lasciando trapelare una cinica ironia.
“Certo. Te lo meriteresti e poi... farebbe piacere a tutti averti di nuovo con noi.” accennò lei.
“Immagino – commentò lanciandole un'occhiata gelida – Sicuramente anche la maestrina non vedrà l'ora...”
“Quistis? - dopo una breve pausa Rinoa scoppiò a ridere aggiungendo – Parla sempre di te ai suoi studenti: dice che sei una testa calda ma, in fondo, anche un bravo ragazzo... da prendere ad esempio.”
Disse quelle ultime parole con un affetto profondo e sincero in modo sconvolgente.
Seifer la fissò.
Rivide quella ragazza della quale, tempo fa, era invaghito.
Bella, solare, intelligente eppure strana, in grado di uscire con frasi totalmente inaspettate. La sera del ballo l'aveva vista, nel suo scintillante abito color crema, avvicinarsi a Squall e chiedergli un ballo.
Impacciati da far rabbia avevano danzato e lui... si rodeva perché tutto ciò a cui teneva gli scivolava dalle mani.
Improvvisamente scattò in piedi per poi estrarre dalla borsa, che pur intralciandolo era stato costretto a portarsi dietro, la boccetta contenente la sabbia dell'Isola più Vicina al Paradiso.
Senza dire nulla la lanciò improvvisamente a Rinoa.
Quest'ultima stupita la afferrò rigirandola tra le mani per poi accennare:
“Seifer...”
“Tu collezioni queste stupidaggini, no? Tientela, mi ingombra.”
Per un attimo Rinoa non disse nulla finché non mormorò stringendo l'oggetto tra le mani:
“Allora... te ne sei ricordato. Oggi sono dieci anni.”
Da quando si erano conosciuti parlandosi per la prima volta. Lui scostante ed insopportabile, lei a volte petulante, altre persa in irritanti slanci affettuosi.
Eppure erano diventati amici anche se, negli anni, le cose si erano evolute prendendo strade totalmente diverse.
Rinoa aveva finito per amare Squall mentre Seifer... credeva di tenere soltanto a sé stesso.
Almeno fino a che non sia era reso conto di poter seriamente amare la sua Principessa, la quale però era già stata conquistata da un Cavaliere migliore di lui.
“Mi dovrai un ballo, uno di questi giorni.”
Commentò infine Almasy.
Un ultimo ballo nella Sala del Garden, circondati da centinaia di studenti festanti. Questa volta non sarebbe rimasto in ombra a odiare il mondo, estraniandosi, ma avrebbe indossato la divisa da stupidi. Rubando la scena a Squall, sfidandolo ancora una volta e vincendo.
Sì... avrebbe vinto, lo studente rinnegato del Garden, ritornando dopo nove anni tra quelle mura, finalmente riprendendo la strada da dove l'aveva interrotta.
Non perché fosse un percorso più giusto degli altri... Seifer non era tipo da rimpiangere le proprie scelte. Solo per orgoglio e... sì, per quell'inutile e irritante sentimento che era la felicità.
“Contaci! - esclamò Rinoa entusiasta per poi aggiungere portandosi una mano davanti alla bocca cercando di non scoppiare a ridere – Non è che realtà vorresti ballare con Squall?”
Come risposta Seifer si limitò a dire: “Quello è un incapace...”
Poi, improvvisamente, le porte automatiche che davano sull'area dei frammenti lunari si spalancarono e Seifer non trattenne un sorriso compiaciuto.
Si sentì una voce gracchiare dagli altoparlanti:
“Abbiamo aggiustato alcuni collegamenti saltati. Rinoa procedi verso l'uscita mentre Seifer penserà ad attivare i codici. Io lo raggiungerò.”
“Squall...” fece per dire lei ma la comunicazione, con un fischio acuto, era già stata interrotta.
Seifer avanzò di un passo per poi dire secco:
“Vattene.”
“No – ribatté lei decisa – io vengo con te.”
La mano sinistra teneva stretta la boccetta di sabbia regalatale, mentre quella destra impugnava il boomerang.
Seifer, senza esitare, tirò fuori la spada puntandogliela al collo:
“Muoviti Rinoa. Non ho tempo da perdere per starti dietro.”
Il suo volto, di una serietà spaventosa, quasi omicida, non ammetteva repliche. Senza scomporsi la ragazza guardò la lama lucente della spada per poi chiedere con voce fioca:
“Cosa vuoi fare?”
Seifer non rispose, limitandosi a guardare quegli occhi scuri scrutarlo.
Finché non arrivò Squall correndo. Si bloccò un istante presso l'entrata, fissando apparentemente impassibile la scena, infine controllando il tono della voce disse:
“Rinoa ora ci penso io. Zell ti aspetta lungo il corridoio: dovete aprirci la strada per quando torneremo. Insieme.
Aveva il suo solito fare sicuro, convinto, come in tutto quello che faceva d'altronde. Seifer guardò Squall con un certo malcelato divertimento e la ragazza, dopo aver tirato un sospiro, si limitò ad annuire con una certa frustrazione.
Prima di andarsene però ribadì:
“Ricordatevi.”
Non aggiunse altro. Corse via, sentendo il vetro che proteggeva la sabbia freddo al contatto con le mani sudate per la tensione.
“Non so quanto a lungo reggerà: dobbiamo muoverci.” disse Squall.
Seifer annuì ed insieme si diressero verso la sala successiva che conteneva non solo i comandi per innescare l'autodistruzione ma anche i frammenti lunari che, anni fa, erano precipitati sfondando le coperture rinforzate causando l'improvviso abbandono della base.
La grande stanza era ricca di schermi e tecnologie d'avanguardia per quanto la maggior parte di esse, nonostante la corrente, fossero fuori uso.
Sul lato opposto si vedeva una gigantesca vetrata sfondata, oltre essa nella semioscurità brillava una luce rossastra attorno alla quale si erano radunati svariati mostri a contemplarla.
Solo un debole raggio di sole, soffocato dalla sabbia che si era compattata, illuminava malamente quel luogo colpito dalla disgrazia spaziale.
Squall impugnò più saldamente il Lion Heart mormorando:
“Sbrigati a far funzionare il pannello e i codici. Quelle creature potrebbero attaccarci da un momento all'altro.”
Seifer fece una risata, avvicinandosi allo schermo scrutandone i vari pulsanti al di sotto, infine chiese provocatorio:
“Hai paura Squall?”
“No – disse lui senza esitazione – ma non voglio che né tu né gli altri moriate.”
Seifer sollevò un labbro in una smorfia all'apparenza sprezzante e, posando il fedele gunblade al suo fianco, iniziò a lavorare con il computer che accendendosi richiese le svariate procedure per poter attivare la manovra di autodistruzione.
Ovviamente i mostri ben presto si accorsero della loro presenza e, cedendo al loro istinto, iniziarono ad attaccare venendo loro incontro emettendo versi per richiamare altri simili.
Seifer finì in fretta, affiancandosi ben presto a Squall nel combattimento spiegandogli sbrigativo:
“Bisogna aspettare diversi minuti per inizializzare l'operazione. Dopodiché basterà dare conferma e il gioco sarà fatto.”
Squall lo guardò un istante, prima di schivare l'attacco di un Geezard, notando che era particolarmente pallido. Ma non disse nulla: gli era ancora difficile poter parlare spontaneamente con gli altri, soprattutto se si trattava di Seifer, il quale sembrava sapere sempre un po' troppo.
Così, in silenzio, si limitarono a combattere l'uno al fianco dell'altro, proteggendosi a vicenda, guardandosi le spalle con un'affinità ben maggiore di quella dimostrata a Dollet.
Probabilmente tutto questo era dovuto all'esaltazione del combattimento, delle magie che si scaturivano dalla pelle fremente, o forse più semplicemente dalla consapevolezza di star lottando questa volta non per un banale titolo quanto per sopravvivere insieme.
Non come semplici compagni di squadra bensì come amici.
Orgogliosi, distanti e competitivi eppure da sempre legati, anche in quella malsana rivalità che li portava inevitabilmente a farsi reciprocamente male.
Infine una sirena avvisò che l'operazione richiedeva la conferma definitiva.
Squall non smise di lottare, sembrando quasi ignorarne il suono fastidioso, mentre Seifer all'improvviso si arrestò girandosi di scatto verso l'apparecchiatura.
Portò un dito a pochi millimetri dal tasto d'innesco, per poi voltarsi a guardare Squall che attaccava imperterrito.
Scosse la testa, accennando ad un sorriso, ed infine premette il pulsante.
In pochi secondi le immagini sui vari schermi si resettarono mostrando un conto alla rovescia in cifre verde acido che risaltarono sullo sfondo nero.
I secondi, inesorabili, scorrevano via veloci ingoiando i minuti, divorandoli poco a poco come l'ossigeno viene bruciato dal fuoco di una candela.
E poi, lentamente, le porte automatiche iniziarono a chiudersi.
Sia lui che Squall se ne accorsero e per qualche istante rimasero a fissare quelle sbarre d'acciaio muoversi neanche troppo lentamente, create con il solo scopo di bloccare qualunque presenza inopportuna o potenzialmente pericolosa.
Pochi minuti: se fossero rimasti chiusi dentro sarebbero inevitabilmente saltati in aria con il resto dell'edificio.
Seifer digrignò i denti furibondo facendo per dirigersi verso la porta così da bloccarne l'avanzata ma vide che uno dei mostri, approfittando della momentanea distrazione di Squall, stava per attaccare.
“Dannazione!”
Esclamò e con rabbia si scagliò contro i nemici scansando Squall così da evitare che venisse colpito in pieno.
Traballando appena per lo spintone Squall si rese conto di quel gesto istintivo da parte dell'ultima persona al mondo che avrebbe creduto in grado di compierlo.
Seifer, con una spinta brutale e poco amichevole, gli aveva appena salvato la vita.
Squall senza perdere ulteriore tempo afferrò una sedia infilandola al pelo nell'apertura la quale in un clangore sordo si bloccò momentaneamente per poi, quasi avesse trovato forza rinnovata, iniziare a piegare il mobile come volendolo accartocciare:
“Muoviti! Non c'è più tempo!”
Ma i mostri, evidentemente attratti dal maggiore accumulo di energia, non facevano che aumentare infiltrandosi nei numerosi stretti passaggi che si erano venuti a creare con il tempo.
Seifer indietreggiò difendendosi come meglio poteva con la spada, lanciando provocazioni rabbiose, consapevole però che nel momento in cui si fosse voltato per fuggire sarebbe stato spacciato.
Il sudore gli rendeva difficoltoso vedere e ormai, a forza di menare fendenti, il braccio gli faceva male provocandogli delle fitte ogni volta che lo muoveva contro i suoi nemici.
Annaspò, cercando di trovare una forza inesistente, mentre Squall tentava in tutti i modi di impedire che il passaggio si chiudesse.
Infine, senza che nemmeno lui riuscisse a spiegarsi il motivo, il biondo spadaccino ansimò:
“Non ci riesco.”
Mai, in tutti quegli anni, nemmeno quando da bambini si erano ritrovati all'Orfanotrofio, Squall aveva sentito pronunciare da Seifer parole simili.
Seifer che voleva sempre rivaleggiare con lui, Seifer che si credeva superiore, che detestava le cose banali e andava ogni volta in cerca di sfide sempre nuove.
Non era il tipo da arrendersi o da provare né tantomeno cercare compassione.
La sedia, incrinandosi, ormai era ridotta ad un ammasso confuso di lamiere ma lo spazio rimasto  sarebbe stato sufficiente ai due per passare, sebbene a fatica.
Scuotendo la testa Squall esclamò:
“Dammi la mano maledizione!”
Seifer aprì appena la bocca, come a cercare di voler parlare.
Ma, all'improvviso, tutto attorno a sé si era fatto silenzioso: nessun clangore di spade, ronzii di macchinari, grugniti di mostri o allarmi.
Solo lui. E Squall, alle sue spalle, che voleva aiutarlo.
Squall al quale, da stupido, aveva salvato la vita...
Il mondo doveva davvero girare al contrario.
Improvvisamente Seifer in uno scatto si girò, guardando come terrorizzato quella mano tesa verso di lui mentre l'altra era impegnata nel vano tentativo di bloccare le porte.
Vide gli occhi dell'amico, chiari e freddi come i propri, fissarlo con un indefinito insieme di sentimenti, di paure, di dubbi.
E poi, senza dire nulla, tese a sua volta la mano sfiorando appena le dita del ragazzo.
Squall, per qualche breve istante, credette di poterlo afferrare e trarlo in un gesto disperato a sé verso la fuga.
Ma Seifer, in un ghigno crudele, spostò più avanti la mano e, con una mossa decisa, spinse via l'amico che venne gettato oltre la porta finendo a terra.
Squall lo vide in quei secondi, cercando di rialzarsi.
Vide il suo sguardo folle eppure, dietro quegli occhi privi di paura, scorse anche un'ombra di tristezza.
“Scusa.”
Accennò Seifer così che Squall si ritrovò a fissare ancora quel volto sprezzante e di aperta superiorità... almeno fino a che non venne oscurato dalle porte metalliche le quali, richiudendosi bruscamente prive di ostacoli, divennero una barriera insormontabile.
Seifer rimase un istante immobile a contemplare la porta chiusa che gli precludeva ogni via di fuga, inconsapevole che, dall'altra parte, Squall stava facendo lo stesso.
Infine, mostrando un sorriso e gli occhi velati da un'esaltazione folle, si voltò tenendo la spada in mano avventandosi contro i mostri con la disperazione di chi era in punto di morte.
Perché Seifer Almasy fino all'ultimo avrebbe combattuto facendo appello alla propria dignità, senza riuscire a seppellire il suo incrollabile orgoglio.
Pazzo, suicida, insensato... avrebbe avuto tanti originali aggettivi con cui essere ricordato ma mai sarebbe potuto passare per un codardo.
Squall sbatté i pugni sulla porta sentendo il suo impassibile autocontrollo infrangersi.
Provava rabbia e frustrazione perché lui, un Preside, un Seed che aveva sconfitto la potente Artemisia, aveva un amico che stava morendo davanti ai suoi occhi e non riusciva fare nulla.
“Non puoi Seifer, non puoi!” esclamò con tono di voce duro.
E poi, improvvisamente, sentì da oltre gli strati metallici la voce di Seifer stranamente senza traccia di superbia o ironia:
“Vattene Squall... questa volta non sarai tu a rubarmi la scena. Io... sarò un eroe.”
Da quel momento in poi Seifer non si interessò a nulla.
Non voleva sentire la voce del pentimento arrivare a farlo rabbrividire né il tremore della paura che, guardando la mano, si illudeva fosse solo dovuto alla stanchezza.
Combatteva continuando a padroneggiare quella perfetta tecnica di spada che possedeva senza cedere, almeno finché non si sentì crollare.
Esausto boccheggiò consapevole che ormai oltre quella porta non c'era più niente da proteggere.
Andava bene ugualmente, ogni cosa procedeva come aveva sempre desiderato: morire combattendo fino a che non avesse esalato l'ultimo respiro, vincendo e non lasciandosi vincere.
La sua vita era sempre stata così, illudersi di cambiarla solo per ottenere un inutile riconoscimento, per quanto segretamente agognato, sarebbe stato solo uno spreco di tempo.
Alzò lo sguardo e vide quello spiraglio di luce che illuminava a malapena l'anfratto buio dove la materia lunare risplendeva.
Lo guardò e inaspettatamente sorrise.

Squall rimase immobile, le labbra contratte, il volto pallido e sudato.
A malapena sentì Zell trascinarlo via mentre Rinoa, in un ultimo disperato tentativo, cercava di aprire le porte.
Finché Squall, senza dire una parola, ancora stretto nella presa dell'amico non tese una mano prendendo quella di Rinoa che, in lacrime, si voltò verso di lui.
Si guardarono sentendo le rispettive dita toccarsi.
E poi insieme si allontanarono correndo con un peso troppo grande a trascinarli.
Ignorarono il tremore che scuoteva l'intero edificio, la sabbia che scendeva dalle varie fessurazioni rendendo più difficile la corsa, sentendo a malapena il rumore fastidioso degli allarmi e del metallo che iniziava a cedere cigolando.
I loro passi rimbombarono tra i corridoi, unico suono che nel caos della fuga riuscirono a percepire.
Infine avvistarono l'uscita... lì, a pochi metri da loro.
Squall trattenne il fiato per poi stringere con più forza la sua mano a quella di Rinoa e si lanciò oltre l'enorme portone.
Tutti e tre si gettarono a terra rotolando sulla sabbia, sotto il cielo azzurro di Centra, quando l'intero edificio esplose, saltando in tanti pezzi minuscoli che come una polvere luminosa si alzarono in cielo lambiti dal fuoco e dalle fiamme.
Una nube di fumo si levò ad oscurare il sole, stendendo un velo d'ombra sul deserto di Centra soffocato dai gas dell'esplosione.
Coperti di tagli e lividi i ragazzi, ancora a terra, si voltarono guardando increduli i resti dell'edificio bruciare contorcendosi fino a non crollare.
Rinoa si nascose il volto tra le mani cercando in tutti i modi di ricacciare indietro le lacrime che, mischiate con il sudore e il sangue, andavano a bagnarle il volto.
Zell batté furibondo un pugno sulla sabbia, sollevando una polvere fine di granelli, mordendosi un labbro scuotendo la tesa.
Mentre Squall guardava un punto indefinito del terreno, passandosi poi una mano tra i capelli sporchi senza riuscire a dire una parola, faticando persino a trarre il respiro successivo.
Qualche istante dopo Rinoa scorse a terra la bottiglietta che le aveva dato Seifer ma, quando tese un dito per sfiorarla, si accorse che si era rotta a causa dell'urto provocato dall'esplosione: la sabbia contenuta al suo interno si era inesorabilmente mischiata con quella di Kayukbahr.
Sospirò, non sbattendo ciglio.
Allora chiuse gli occhi lasciandosi cadere con la schiena a terra, guardando il cielo nuvolo e ignorando le guance arrossate dal caldo dell'incendio.
Alla fine Seifer e il suo mondo si erano ricongiunti con quella terra brulla... d'altra parte lei non era nessuno per avere il diritto di rinchiuderlo in una misera bottiglietta; la sabbia sarebbe tornata con la sabbia, da qualunque posto essa provenisse.
Sentendosi sciocca ed infelice sorrise, mentre il labbro le tremava: no, non ci sarebbe stato alcun ballo per Seifer, né divisa stupida anche se, forse in modo ingiusto, era morto da Seed quale sarebbe dovuto essere.
O meglio, da eroe megalomane e indisponente, proprio come lui aveva desiderato.


*°*°*°*


Rinoa quella mattinata era intenta a controllare diversi libri destinati alla biblioteca eppure ogni tanto le capitava di perdersi nei suoi pensieri e dimenticarsi completamente di quello che doveva portare a termine.
La sua mente vagava a tutti i ricordi belli della sua vita quindi, inevitabilmente, andava anche a Seifer che, un anno fa, era morto da solo per una missione e lei, come una stupida, aveva perso la sua bottiglietta di sabbia.
Ne aveva però raccolto i frammenti e ancora adesso li custodiva in una scatola celata in uno dei cassetti della scrivania.
Paradossalmente, dopo tanti anni di conoscenza, era l'unico ricordo materiale che aveva di lui.
Squall, dal giorno dell'incidente, non aveva più detto nulla riguardo quello che era accaduto: come al suo solito si chiudeva in un silenzio rigido, tenendosi tutto dentro macinando il dolore con quell'impassibile aria gelida che tanto riusciva a simulare bene.
Ma, improvvisamente, qualcosa colpì il vetro della finestra al pianterreno.
Rinoa si riscosse affrettandosi ad aprirla per affacciarsi ma non vi era nulla oltre il verde giardino del grande edificio scolastico.
Scosse la testa, facendo per chiudere le ante, quando sul davanzale vide, rilucente alla luce del sole, una flacone in vetro contenente della sabbia; quella sabbia un po' granulosa e ruvida ma che scivolava tra le mani senza riuscire ad intrappolarla, proveniente dall'Isola più Vicina al Paradiso.
Rinoa per un istante non disse nulla finché, dopo un'esitazione iniziale, non prese il contenitore appoggiandoselo in petto inspirando profondamente.
Si affacciò un istante, ansiosa, senza riuscire a vedere nessuno... era come se, per frutto di qualche strana magia non ancora assimilata, quell'oggetto fosse giunto fino a lei.
Scosse la testa, sorridendo, per poi richiudere la finestra dietro di sé.
Le piacque pensare che magari, lontano da lì, o forse addirittura in un'altra vita, Seifer avesse la sua occasione di essere l'Eroe di quelle favole come lui aveva sempre sognato: era diventato un cavaliere, un salvatore, una vittima di tanti avvenimenti incrociati.
Oppure, nel suo mondo non più fatto di sogni e deliri, Seifer avrebbe continuato a pescare, trovando il tempo di raccogliere altra sabbia per darla a Rinoa così che, pur non avendogli regalato un ballo, lei non potesse più perderla.


In lontananza Rajin passò un piede sull'erba commentando un po' perplesso:
“Avremo fatto bene a lasciarle quell'affare?”
Fujin gli lanciò un'occhiataccia inquietante anche per via del suo occhio bendato e avanzò con la sua solita camminata rigida per poi aggiungere, mitigando il tono:
“Seifer avrebbe voluto così.”
“E avrebbe anche voluto che ci trasferissimo al Garden per aiutare Squall?” insistette con le mani sui fianchi, corrugando la bocca in una smorfia pensosa.
Fujin si arrestò, incrociando le braccia, inspirando profondamente una boccata d'aria.
“Sì. Perché, dopotutto, noi siamo sempre il Comitato Disciplinare.”
Quella spiegazione secca bastò a Rajin che, con al fianco la ragazza, si avviò verso l'entrata finché, improvvisamente, non scorsero una matricola mangiare camminando nel corridoio interno.
I due si guardarono un istante e, poco dopo, Fujin esclamò rivolgendosi al colpevole che aveva infranto le regole:
“Ehi tu! Non si mangia per strada!”
Si misero quindi a rincorrere la povera matricola che, terrorizzata, aveva pensato bene di scappare a gambe levate con ancora il panino incriminato in mano.
Così, in un modo o nell'altro, la vita nel Garden di Balamb continuava trascinandosi stancamente dietro tutti i suoi dolori.
Già... il tempo, inesorabile, come un vecchio signore indifferente proseguiva il suo cammino lasciando dietro di sé migliaia di vite spezzate che non avevano retto il passo.
Vite che affollavano le strade da Lui percorse senza che qualcuno, ancora intento a camminare nel disperato tentativo di inseguire l'instancabile Crono, fosse disposto a raccoglierle.





Sproloqui di una zucca


Inizio col fare tutti i miei complimenti a Kurenai88 per la rapidità e la professionalità che ha messo nel giudizio e poi perché i bannerini sono davvero belli. Io ne ho uno tutto mio con Seifer * *
Ehm, se non si è capito è uno dei miei personaggi preferiti... assieme ai Chocobo, ovvio!
La trama di questa storia, per quanto abbia avuto seri dubbi sullo stile, mi è davvero uscita di getto: non sono abituata a scrivere su cose particolarmente romantiche e melense ma, ahimé, questa volta credo di essermi tradita in pieno.
Vorrei però che l'attenzione si concentrasse su Seifer che secondo mia modesta opinione nel videogioco non è stato sfruttato come dovrebbe: la sua follia, i suoi ideali, la rivalità, persino il concetto del "Comitato Disciplinare"... ci sono tanti spunti da sviluppare su di lui che lo spazio sarebbe davvero troppo poco.
E io, essendo afflitta da grafomania acuta, ho infatti scritto un mattone di quindici pagine che però... ecco, mi ha lasciato qualcosa dentro, non saprei, era come giocare ancora a Final Fantasy in un finale alternativo.
Questa è la prima volta che scrivo sulla saga, mi stupisco di non averlo fatto prima...

Tengo a ribadire che eravamo tre partecipanti, tutti validissimi, coi quali mi complimento ancora:
DefenderX e Erenwen.
Leggete anche le loro storie!
We, che tono minaccioso... XD
   
 
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