ChImErA.
02 / CaGe Of FoOlS.
Aveva
sette anni quando conobbe il sapore del metallo. Cinque e tre quarti
quando un uomo ne fissò languido il basso ventre leccandosi le
labbra. Tre quando imparò
a scandire il suo nome: Chimera. Già
allora, il suono di quel semplice appellativo era in grado di disagiarlo da
capo a collo per le miriadi di cattive allusioni epiteti che sbocciavano. Abominio, eretico, mostro, diverso. Da
essi aveva trovato il materiale adatto per forgiare la sua prima maschera di
risolutezza, con il solo fine di respingere ogni altro attaccamento che potesse
comprometterlo. La freddezza degli sguardi altrui pronunciava più giudizi di
quanto un discorso riuscisse a esprimere e ai suoi occhi il loro peso doveva
essere rigorosamente inesistente.
L’odio e l’invidia degli umani nascono dal
loro essere avviluppati dalla paura. Ci temono perché sanno di non poter nulla
contro di noi.
Suo
padre non era stato capace di impartirgli null’altro di vagamente costruttivo e
nel glorificare un ardore discinto dal loro presente, si era convinto di fare
solo il bene per tutti quelli che erano rimasti. Non aveva mai potuto dirsi amore,
ciò che Rasiel aveva nutrito per lui: il compatimento era la forma che più si
avvicinava a tale sentimento, fuso a una nota di imperterrito risentimento che
delineava ogni vigliaccata e la intrecciava perfetto all’assiduo annaspare in
acque torbide. La continua e insensata ricerca di una qualche miracolosa
resurrezione.
Se sono loro ad avere paura, perché siamo
noi a fuggire?
I
suoni gutturali che fluirono fuori dalle labbra pallide spiegarono
un’indicibile matassa di orgoglio armato dell’intenzione di perseverare nella
cruenta lotta contro quella parte di se stesso sovraccaricata dalle incertezza
di tutta una vita, i difetti, i timori e le emozioni scombinate della loro
naturale logica.
Dover
salvaguardare la propria incolumità ed essere pronto all’eventualità di
continuare a sopravvivere nella più totale delle solitudini ora non lo
spaventava quanto l’incapacità di reagire che grattava sotto i muscoli man mano
che l’evolversi della serata si avvicinava al suo punto critico. L’incenso gli
stava dando alla testa, ne ammucchiava i ricordi miscelandone l’ordine con sensazioni
altrettanto deliranti. Il dondolio sui talloni era tenuto a freno da due mani
che ne artigliavano le spalle, mentre l’eco di una voce poco più lontana
rimbombava con parole incomprensibili. Distinse appena il morbido fruscio del
sipario rosso in mezzo a tutta quella confusione di sibili amplificati e
l’unica nota positiva era il non sentirsi più addosso la puzza della paglia
bagnata. La sua pelle profumava d’acqua bollente e oli profumati dentro cui era
stato immerso per ore, la seta dei vestiti la scopriva in punti strategici,
carezzandolo blandamente come i capelli acconciati in perline e soffici
boccoli. Il vapore scaturito dalla tinozza gli si era conficcato a viva forza
nelle vie polmonari, una fragranza dolciastra dai bianchi riccioli che gli
svolazzavano sotto il naso anche in quel momento. Droga. Un lampo di lucidità gli aveva suggerito quell’unica soluzione
al continuo scombussolamento del suo respiro. Dovevano essere sicuri che non
reagisse ai tocchi lascivi che lo avrebbero mosso come una bambola da esibire
agli spettatori, ma nel suo sguardo fisso, dalla bocca fragile e di innocente
voluttuosità, seppe che a nessuno dei presenti sarebbe toccato l’onore di
prendersi cura di lui. Al suo padrone non
piaceva condividere i propri piaceri.
- Ammirate,
signori! Ammirate queste deliziosa perlina…! -
Avrebbe anche emesso un gemito di dolore nel venire
strattonato per il cuoio capelluto, così da permettere a tutti quanti di
constatare se valesse la pena lo sfilare il portafoglio dalla giacca, ma la
previdenza degli aguzzini non aveva lasciato nulla al caso. Udiva a tal punto
che perfino lo scricchiolare delle assi di legno si piegava in uno strazio
d’insopportabilità inferiore soltanto alle mani scure che ne accarezzavano la
pelle contorcendone lo stomaco di disgusto. Fu quando i prezzi
iniziarono a salire senza troppi indugi che la pazzia incalzò con la stessa
velocità per trarlo a sé, alternando un boccone
della sua carne con uno della sua anima. Lo
stava guardando. Anche se non poteva mettere a fuoco il profilo del
vescovo, era lì, per lui. Quell’uomo allineato dall’oro e dalla corruzione, la
cui perseveranza gli aveva concesso di insinuare nel suo animo un continuo
disequilibrio di ira e paura ascendenti l’impotenza.
- Quattrocento!
Il prezzo sale a quattrocento!-
La voce stridula dello speaker fluì in un crescendo
pari al vorticare che lo sballottava a destra e a sinistra senza che potesse
porvi freno.
L’odio e l’invidia degli umani nascono dal
loro essere avviluppati dalla paura. Ci temono perché sanno di non poter nulla
contro di noi. Tu sei il più forte, il più potente; se qualcuno vuole
fronteggiarti, tu calpestalo prima ancora che pensi di poterlo fare.
Sta zitto…
Immaginò di prendere quelle assurde parole e di
strapparle. Il loro senso si beava di un egocentrismo che non aveva voce nella vera realtà. Era
finzione, un fluttuo ancor più astratto del miasma dolciastro che gli danzava
attorno in tanti cerchi fumanti. Si stava svolgendo tutto in fretta, troppo per fargli
sopportare il peso di certi ricordi, ma non abbastanza da evitargli la
sensazione di assoluta sottomissione a quella morsa di irrazionale smarrimento
che fluiva in un crescendo pari al vociare dello speaker. Non c’era alcun germoglio di odio e di invidia
nell’animo che voleva rivolgergli attenzioni indesiderate, solo un lato oscuro
e malsano che scopriva con dolce crudeltà imperfezioni mai ritenute reali,
scartandone le difese per lasciare scoperte le impercettibili pulsazioni
nascoste la sua maschera di risolutezza.
- Quattrocento,
signore e signori! Nessuno offre di più per questo giovane fanciullo? - Incalzò il presentatore.
Calò un tenue brusio e, trepidante, l’annunciatore fece
scorrere gli occhi lungo tutta la platea, cogliendo con grande gioia un numero
elevato di sospiri rassegnati al fatto di non poter avanzare una cifra maggiore
di quella attuale. Tutto come previsto.
- Quattrocento e uno, quattrocento e due... -
- Cinquecento! -
Nuovo aggiornamento! Devo dire che scrivere questo
piccolo spin-off mi sta eccitando, nonostante impieghi molto per completarli a
dovere; forse è per il fatto che i capitoli non sono lunghi come quelli di Hell’s
Road oppure perché sto cimentandomi in una scrittura più elaborata di quella
che sono solita produrre, comunque la cosa mi soddisfa abbastanza. L’unico
piccolissimo spoiler che posso darvi è che nel prossimo capitolo entrerà in
scena finalmente la bella Amèlie (anche se, in realtà, fa già qui la sua
comparsa ^^). Un saluto a tutti quanti!