Te ne penti?

 

 

Distesi sul letto immobili, fissano entrambi il soffitto come se d’un tratto vi fosse comparso qualcosa di molto, molto interessante in grado di catturare tutta la loro attenzione e non osano incrociare i loro sguardi neanche per sbaglio.

Strano, penserebbe chiunque, considerando che questa notte, mentre facevan l’amore, non hanno potuto fare a meno di perdersi l’uno negli occhi dell’altro.

C’è un silenzio assordante nell’aria impregnata del loro sesso: l’imbarazzo ha incollato le loro labbra, le ha cucite con un filo invisibile che strangola i sentimenti in gola senza pietà, ma Goku sa che deve parlare, sa che deve chiederglielo o non avrà pace, o non riuscirà più a vivere.

“Te ne penti?” nella sua voce, per quanto si finga disinvolto, risuona netta una nota d’agitazione, d’apprensione che gli spezza il respiro nel petto, smorzando in lui ogni voglia di vivere.

E si sente morire.

Si sente morire perché la sua è una domanda stupida, perché conosce già la risposta e perché ne soffrirà, ne soffrirà terribilmente.

“No.” la sua risposta è poco più d’un sussurro, ma Vegeta è certo di quello che dice, sicuro di quello che sente e, per la prima volta nella sua vita, davvero vittorioso contro se stesso, contro il suo sconfinato orgoglio “No, non me ne pento, anche volendo non potrei riuscirci...” le parole escono a fatica dalla sua bocca, con non poca pena si separano dalle sue labbra e proprio per questo il sayan più giovane capisce che sono vere, che in loro non c’è ombra di menzogna “Era da tanto che volevo...” ed arrossisce senza ritegno, con il dorso della mano si copre il volto: non può sopportare di sentirsi così debole, così paradossalmente indifeso, a causa sua, ma non può farne a meno “Era da tanto che ti volevo.”

Adesso è Vegeta a sentirsi morire dal dolore, è lui a soffrire per qualcosa che non sa e che chiedere gli sembra più che doveroso.

“E tu invece?” ora il suo tono non è più placato dalla vergogna della confessione e si fa aspro, incrinato dal terrore di venir tradito nel momento in cui è più vulnerabile: s’è spogliato delle sue armi, del suo cinismo e della sua fredda indifferenza innanzi al proprio nemico, volontariamente è salito sull’altare del sacrificio ed altrettanto volontariamente ha offerto il collo morbido ai denti del carnefice, ma questo, in fondo, non significa necessariamente che non abbia paura.

Poi, d’un tratto, nel dolore soffocante di un rifiuto che ormai dà già per scontato, si accende violento il calore di un bacio.

Il rimpianto, lo sanno, non è cosa per loro.

 

 

Isi.