Ecco qui una minuscola
one-shot su Sesshomaru. La prima che faccio su di lui. Adoro
particolarmente
questo personaggio, non per il suo aspetto o altro (anche se non
è proprio
niente male, in verità. Eheh…), ma per la sua
storia che, alla fine, è più
triste di molte altre. E amo ancora di più i suoi incontri
con il gruppo di
InuYasha e i sentimenti che prova per lui. Perché alla fine
lui è solo e, per
quanto cerchi di dimostrare il contrario, ne soffre, secondo me. Forse
mi sono
inventata tutto di quello che ho scritto, ma io la penso
così. Fatemi sapere
cosa ve ne pare, ci tengo molto. In fondo stiamo parlando del grande
Principe
dei Demoni!
Questa storia è
dedicata alla
mia piccola Kohai Giuly_chan, a cui è piaciuta molto^^!!
Spero ti soddisfi e
anche che mi lasci uno dei tuoi commentino che mi riempiono di gioia!
Vi lascio alla shot, un
bacione! Mary-chan
Un
rapporto speciale.
Era difficile, per lui. Per
quanto potesse cercare di convincersi del fatto di essere perfetto,
sapeva
benissimo che la realtà era completamente diversa.
La sua vita era stata
complicata, come negarlo.
Suo padre, che aveva
abbandonato lui e sua madre, per andare da un stupida ningen con cui
aveva
concepito un figlio. Un mezzo demone.
Non aveva mai pensato che suo padre, potente demone maggiore, avrebbe
mai
potuto amare un’umana. Che poi, i demoni sapevano cosa fosse
l’amore? Come era
possibile?
Sua madre, che distrutta dal
dolore lo aveva lasciato crescere da solo, per rifugiarsi nel suo
castello. E
lui aveva viaggiato, solo, per
diverse e innumerevoli terre, per poi trovarsi, ogni volta, davanti a
quel
castello, da dove proveniva l’odore della donna che
l’aveva fatto nascere.
Kagura, l’unica donna per
cui
aveva provato qualcosa di diverso oltre all’odio e al
disprezzo, dopo la
piccola Rin. La donna che era morta, con il sorriso sulle labbra,
perché era
riuscita a vederlo un ultima volta, prima di trasformarsi nel suo amato
vento.
La donna che non era riuscito a salvare dalla grinfie di Naraku. La
donna che
aveva visto perire sotto i suoi occhi, per cui aveva
provato… simpatia.
Naraku, che l’aveva
ingannato
e si era preso gioco del suo orgoglio. Che aveva cercato di ucciderlo,
più e
più volte, utilizzando trucchi meschini per farlo cedere
alle sue grinfie.
E poi, infine, InuYasha, suo
fratello. Il suo fratellastro.
L’essere per cui suo padre era morto, l’essere per
cui l’aveva abbandonato.
L’essere che odiava più di ogni altra cosa al
mondo, perché, alla fine, era
migliore di lui, grande Principe dei Demoni. E lo detestava
perché
rappresentava tante cose, più o meno importanti.
Perché era colpa sua se era
solo. Perché lui aveva ricevuto Tessaiga, la spada che
credeva di meritare,
dopo tutte le sofferenze che aveva subito nella sua vita.
Perché credeva di
essere l’unico a soffrire per la sua natura, mentre anche lui
soffriva, per
altri motivi. Perché, al contrario di quanto diceva, non era
solo, ma aveva
degli amici. Perché aveva il dono di amare, dono che lui non
possedeva, essendo
uno youkai. Perché, dopo la scomparsa di Tenseiga, che era
tornata al suo
posto, insieme alla Tessaiga, era l’unico ricordo che gli
rimaneva di suo
padre. Perché, per quanto ci provasse, non riusciva ad
ucciderlo. Perché, anche
se cercava a tutti i costi di non provare quella sensazione, gli voleva
bene e
non poteva farci niente. Perché una piccola parte di lui
voleva chiamarlo
“fratello”, invece di
“fratellastro”. Ma soprattutto perché
era invidioso. Era
invidioso perché aveva lei.
Lei.
Lei era quella sciocca ningen
che l’hanyou si portava dietro, ogni volta, in tutti i suoi
viaggi. Lei che lo
aveva liberato dal sigillo e gli rimaneva accanto, mentre lui la
tradiva,
spesso e volentieri. Lei che non aveva paura del grande Sesshomaru,
come tutti.
Lei che aveva il coraggio di scagliarli contro una freccia. Lei che
riusciva a
mettersi tra il corpo del mezzo demone e le sue unghie avvelenate. Lei
che
veniva dal futuro ed era diversa da ogni altra donna che aveva
incontrato. Lei
che reggeva il suo sguardo di ghiaccio e gli leggeva l’anima,
ogni volta che si
incontravano. Lei che guardava oltre l’apparenza e sapeva che
dietro ad un
gesto, c’è un mondo da scoprire. Lei che lo
guardava dolcemente e gli chiedeva
di risparmiare la vita di suo fratello. Lei che si prendeva volentieri
cura
della piccola Rin. Lei che lo ringraziava con il cuore, ogni volta che
la
salvava, quando InuYasha non era presente. Lei che soffriva, ma non lo
mostrava
a nessuno, proprio come lui.
Era un
rapporto speciale.
Sesshomaru non era mai
arrivato a farle male veramente. Non aveva l’intenzione di
farlo. Era stato
subito catturato dal suo coraggio e dalla sua tenacia, che non aveva
mai visto
in una… bambina.
Ed era invidioso, perché
quell’essere poteva avere lei, mentre lui si limitava a
scambiarci pochi
sguardi.
Ma sapeva che quello che
c’era fra loro era un rapporto speciale.
Perché tutti e due
soffrivano
ed entrambi l’avevano capito.
Perché uno sguardo, una
parola con poco significato, li faceva sentire compresi.
Perché gli dava la forza
di
andare avanti.
Che provasse… amore?
Non sapeva neanche cosa
significasse, quella parola.
Quindi non poteva dargli quel
nome.
Però sapeva che quando
la
guardava, non si sentiva più solo.
Perché lei soffriva
insieme a
lui e lo aiutava ad andare avanti con la sua sola presenza.
Ed era felice per la prima
volta, perché il rapporto che avevano loro, suo fratello non
l’avrebbe mai
avuto.
Sulle sue labbra si
increspò
un piccolo sorriso di vittoria. Ripose la sua spada nel fodero e
sfidò con lo
sguardo il mezzo demone, di fronte a lui, gravemente ferito.
Si girò, per andarsene,
quando una soave voce lo fermò. “Perché
vai sempre via prima di dare il colpo
di grazia?” una domanda, esposta da quella piccola umana dai
capelli corvini e
gli occhi color cioccolato.
“Solamente questione
d’interesse, ningen.” e riprese a camminare,
incurante delle proteste del mezzo
demone, convinto di poterlo sconfiggere anche in quelle condizioni.
Poi, il suo
udito sviluppato, captò un piccolo sussurro, proveniente
dalla bambina con cui poco fa stava
parlando.
“Alla prossima,
Sesshomaru.”
Sorrise nuovamente,
rispondendo al saluto, cosciente del fatto che lei non
l’avrebbe sentito, come
ogni volta.
“Ci sarò,
Kagome. Ci sarò.”