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Autore: hissrad    11/03/2016    3 recensioni
"Tutto bene?" chiese Stiles, infilando le mani nelle tasche con tranquillità mentre cercava di intavolare una conversazione, e mentre Cora stava per rispondere qualcosa a caso venne interrotta da Derek che ringhiò: "Eclissati, Stilinski.".
Il motivo del suo imbarazzo in presenza dell'altro ragazzo era noto a tutta la scuola: dopo la dichiarazione alquanto pubblica di Stiles e il rifiuto immediato di Hale, il figlio dello sceriffo aveva raccolto tutte le sue speranze e il suo Adderall e aveva continuato a provare, giorno dopo giorno, per tre anni.

La storia in cui Derek vuole stare da solo e un giorno trova una lettera anonima nel suo quaderno di inglese.
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Cora Hale, Derek Hale, Stiles Stilinski
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Quando Derek aggrottò le sopracciglia in una smorfia troppo lupesca anche per lui, a Cora venne spontaneo sporgersi per vedere quale fosse il motivo del suo disappunto: l'armadietto di suo fratello era ordinato e quasi vuoto, come al solito.
I soliti libri che troneggiavano al centro, una maglietta di ricambio piegata ed appoggiata di lato assieme ad una bottiglia d'acqua e un pacchetto di gomme da masticare. Un paio di foto, una della loro famiglia - sì, c'era anche Peter - e una di Paige, intenta a sorridere con aria introversa mentre suonava il violoncello, chiaramente consapevole e lusingata per lo scatto.
Eppure qualcosa in quel piccolo universo impreciso e desolato doveva aver contravvenuto ad una qualche imposizione di carattere supremo poiché Derek Hale, re dell'ordine e delle regole da rispettare ad ogni costo a prezzo della sua stessa vita, non era chiaramente rassicurato da ciò che aveva trovato nel suo spazio personale.
"C'è qualche problema?" si azzardò a chiedergli la sorella, dardeggiando con lo sguardo tra lui e il libro di biologia che sembrava essere diventato il catalizzatore di tutte le sue emozioni negative, unico colpevole di ciò che il mondo sembrava avergli riservato in qualità di scherzo crudele per quella mattinata scolastica.
"No, niente in particolare. Hai visto il mio quaderno di inglese per caso?"
"Uhm. Non mi pare. L'hai perso?"
Derek sbuffò, chiudendo l'armadietto con più forza di quanta ne fosse necessaria: "Già.".
Cora stava per ribattere qualcosa quando catturò un odore ormai familiare in avvicinamento.
BIsogna innanzitutto premettere che Derek e Cora Hale non erano persone sociali: non avevano amici (per scelta) e passavano tutto il tempo assieme, tenendo alla larga i compagni di scuola con occhiatacce e frasi gelide. Questo non vuol dire che entrambi non avessero il proprio fanclub composto da ragazze in calore e studenti in pubertà (e l'aspetto vagamente inquietante e riconducibile al gene Hale era il fatto che esponenti di entrambi i sessi militassero in entrambi i fanclub). Derek era un tipo piuttosto sulle sue: l'unica altra persona con cui parlava era Paige, la quale si era trasferita lasciandolo solo e arrabbiato, così da quel momento Derek aveva rifiutato di stringere amicizia con chiunque altro all'interno della scuola. Non che all'esterno le cose fossero differenti.
Cora invece, per quanto fosse cinica e selettiva, aveva provato il desiderio di fare conoscenza con almeno qualche persona, ma nessuno sembrava abbastanza coraggioso da affrontare le occhiatacce di disapprovazione di Derek non appena vedeva la sorella parlare con qualcuno.
Quindi, a differenza di gente come Vernon Boyd ed Erica Reyes, Derek e Cora Hale non erano etichettati come perdenti, quanto più come... gente solitaria che va rispettata e lasciata stare.
"Derek! Ho trovato il tuo quaderno e te l'ho riportato. L'hai dimenticato in classe, credo. O almeno, io l'ho trovato lì, quindi a meno che qualcuno non l'abbia portato..."
Se l'odore non fosse stato abbastanza per riconoscerlo, a Cora sarebbe bastato sentire uno dei suoi sproloqui per giurare che dietro di loro ci fosse Stiles Stilinski, e a giudicare dalla sua espressione seccata e dall'occhiataccia lanciata all'altro ragazzo, anche Derek l'aveva capito.
Gli strappò il quaderno di mano con fluidità mentre Stiles gliel'aveva allungato con un sorriso disarmante e Cora rispose con altrettanta spontaneità quando Stiles sorrise anche a lei, ricordandosi del perché Stiles le piacesse tanto come umano: di tutta la scuola, le persone che si azzardavano a scambiare qualche parola con lei o Derek si potevano contare sulle dita di una mano, ma Stiles era l'unico che non si limitava a focalizzare le sue attenzioni solo su uno dei due. Per quanto il suo interesse per Derek fosse palese - Stiles si era dichiarato quando erano ancora al primo anno, e Derek gli aveva ringhiato addosso per tutto il corridoio - non c'era stata una singola volta in cui Stiles l'avesse ignorata per rivolgersi solo a suo fratello.
Anzi, qualche volta erano anche rimasti a chiacchierare mentre Cora aspettava che Derek finisse la lezione e Stiles... beh, anche.
"Tutto bene?" chiese Stiles, infilando le mani nelle tasche con tranquillità mentre cercava di intavolare una conversazione, e mentre Cora stava per rispondere qualcosa a caso venne interrotta da Derek che ringhiò: "Eclissati, Stilinski.".
Il motivo del suo imbarazzo in presenza dell'altro ragazzo era noto a tutta la scuola: dopo la dichiarazione alquanto pubblica di Stiles e il rifiuto immediato di Hale, il ragazzo aveva raccolto tutte le sue speranze e il suo Adderall e aveva continuato a provare, giorno dopo giorno, per tre anni.Si sedeva vicino a lui durante gli esperimenti di chimica, gli riservava i posti in caffetteria - sempre due, dato che la compagnia di Cora gli piaceva, o almeno gli sarebbe piaciuta se Derek si fosse degnato di accettare i suoi inviti a sedersi vicini, senza trascinare la sorella dall'altro lato della scuola -, gli mandava bigliettini durante le lezioni e lo fermava qualche volta nei corridoi.
E sempre, immancabilmente, con quel sorriso solare e la sicurezza di chi crede di essere troppo simpatico per ottenere rifiuti, gli chiedeva un appuntamento.
Derek non riusciva nemmeno più a trovare modi creativi per rifiutare, limitandosi ad annoiate risposte monosillabiche.
"A proposito di eclissi" lo ignorò Stiles ridacchiando e avvicinandosi di un passo. Comicamente, questo spinse Derek a indietreggiare con aria sospettosa, ritrovandosi con la schiena premuta contro gli armadietti e un rumore metallico a risuonare nel corridoio e frammentarsi tra le voci degli altri studenti, cosa che fece ridere nuovamente Stiles prima che continuasse: "Stasera c'è l'eclissi di luna. Assolutamente niente luna per un quarto d'ora circa. Tutta Beacon va a casa di Lydia per vederla, ti va di andarci insieme? Per il bene della luna?".
Cora represse a stento una risata nel vedere l'espressione nauseata di Derek, e prima che il fratello potesse rifiutare disse: "L'invito è esteso anche a me o si tratta di un appuntamento tra voi due?".
Che Cora Hale amasse provocare suo fratello, era noto.
O lo sarebbe stato se solo qualcuno li avesse conosciuti bene quanto li conosceva Stiles, che malgrado i tentativi di Derek era riuscito a diventare amico di Cora piuttosto in fretta, uniti dalla passione per lo sport e per i film sui supereroi. Stiles le aveva persino regalato una maglietta di Batman e in quel momento la stava guardando con un sogghigno: "Ma come, vuoi dirmi che Aiden non si è ancora fatto avanti?".
Cora gli lanciò un'occhiata perplessa, dato che quel nome non le faceva suonare alcun campanello: "Aiden chi?".
Stiles rise a lungo, prima di capire che la ragazza non stesse facendo una battuta, guardandola con un misto di incredulità e rispetto: "Aiden Duke? Fratello gemello di Ethan Duke? Giocatore di lacrosse con l'insolita abitudine di giocare solo con i pantaloncini? Non ti ricorda nulla?".
Derek sbuffò, evidentemente annoiato dalla conversazione, ma Cora parve annuire: "Sì, in effetti adesso ricordo, facciamo storia insieme. O letteratura americana. Ma non ci siamo mai parlati, ogni volta che una ragazza gli rivolge la parola poi si ritrova l'impronta del tacco di Lydia Martin sulla faccia.".
"Però vorresti parlargli." sottolineò Stiles.
Cora scrollò le spalle, rispondendo con onestà: "Mah, no, non credo. Non ha l'aria di uno che possa offrire grandi spunti di conversazione.".
"Nemmeno Derek, eppure è da tre anni che cerco di farne una." ribatté allegro Stiles, mentre Derek rispondeva con un suono gutturale di difficile interpretazione, lanciandogli un'occhiataccia prima di incrociare le braccia e supplicare con tono omicida: "Cora. Andiamo.".
La giovane Hale si limitò a dare una spinta giocosa a Stiles con la spalla prima di seguire il fratello, mentre l'altro ragazzo specificava a voce più alta: "Alle 20, siate puntuali!".


Quando poi, quello stesso pomeriggio, Cora si trascinò fino al tavolo della cucina per studiare sotto l'influsso accademico irradiato solitamente da Derek, lo trovò intento a fissare con sgomento un foglio, leggendo avidamente le parole mentre il quaderno di inglese rimaneva aperto all'ultima pagina scritta.
"Cos'è, hai fatto un errore e sei sconvolto?" chiese sbadigliando la sorella, ma non si accorse della concentrazione di Derek fino a quando non sentì la sua risposta, o meglio, la mancanza di essa. E per quanto fosse improbabile che l'avesse ignorata, Derek sembrava non averla nemmeno sentita.
"Derek?" chiese allora, vagamente confusa.
Il ragazzo però ruotò lentamente la testa verso di lei e le passò il foglio: "Ce n'è un altro.".
 
Ciao. Sono un ragazzo del primo anno e ho trovato questo quaderno.
Nel leggere il tuo saggio sui videogiochi nella quinta pagina, non ho potuto fare a meno di pensare a quanto siamo simili: anche io adoro i videogiochi e il mio preferito è Titanfall.
La colonna sonora di Final Fantasy è spettacolare, proprio come dici tu, ma penso che quella di Mass Effect sia altrettanto valida: è incalzante, intensa e straziante proprio come quel gioco.
Per quanto riguarda il party invece, penso che...

Cora scorse velocemente con gli occhi il resto del foglio, sorridendo tra sé e sé. Il fatto che lei conoscesse il proprietario di quella calligrafia e Derek no rendeva tutto molto più divertente, soprattutto quando restituendogli il foglio disse: "Hai intenzione di rispondere?".
"Stai scherzando?" starnazzò lui "Mi basta già Stilinski come stalker, figurati se voglio accollarmene un altro."
"Però avete gli stessi gusti in fatto di videogiochi."
"Appunto. Perché dovrei parlare con qualcuno che la pensa come me? Se devo parlare per ascoltare le mie stesse opinioni, tanto vale che parli da solo."
"E se avesse anche opinioni diverse dalle tue ma non le avesse scritte perché vuole assolutamente conoscerti e aveva paura di non interessarti?"
"Se lui non pensa che valga la pena di difendere le sue opinioni, io non penso valga la pena di ascoltarle."
Cora alzò gli occhi al cielo, sbuffando: "Dovresti comunque rispondergli. Per educazione."
"Educazione? Mi ha rubato un quaderno per infilarci un messaggio inutile e tu parli a me di educazione?" sbottò Derek.
"Infatti, pensa a quanto ci teneva a conoscerti."
"Io lo trovo inquietante. Siamo lupi mannari, Cora, meno ci conoscono e meglio è."
"Ma non stasera. Stasera c'è l'eclissi e Stiles ti ha invitato."
"Tutto ciò che non serve a Stilinski è un incoraggiamento. Sta diventando imbarazzante."
"Digli chiaramente che la smetta di importunarti allora."
"Sto cercando di farlo da tre anni, Cora, ma o non sente o non vuole sentire e io sono stanco di trovarmelo sempre attorno. Non so come abbia fatto a non capire cosa siamo, dev'essere davvero ritardato."
"Non è stupido" lo difese semplicemente Cora "Ha solo un deficit d'attenzione, ADHD."
Derek smise di scrivere per guardarla con le sopracciglia corrugate: "Per quello prende sempre l'Adderall, giusto?".
Cora invece continuò a scrivere senza fare una piega, salvo il nascondere il proprio sogghigno abbassando appena il capo: "E tu come sai che lo prende?".
Il nervoso cambiamento di posizione di Derek la fece sogghignare ulteriormente mentre il fratello rispondeva con voce neutra dopo una breve pausa: "Perché puzza di quella roba quasi costantemente."
"Hai mai pensato che potrebbe assumere tutte quelle dosi per non fare figuracce davanti a te e dimostrarsi il più intelligente possibile quando ti parla, ossia sempre?" suggerì Cora.
"Il fatto che si droghi per attirare la mia attenzione non è così romantico come pensi tu." mugolò il fratello.
"Io non penso che sia romantico, penso che sia divertente." lo corresse lei.
"Perché?" chiese cautamente Derek, messo in guardia dal sorriso ferino della sorella.
"Perché ci è totalmente riuscito." rispose lei candidamente, rimettendosi a scrivere mentre Derek le lanciava un'occhiata contrariata e decideva di non ribattere, lasciando perdere quello scontro fallito in partenza e rimettendosi a studiare.


Alla fine Derek, quasi sotto dettatura, si era trovato a rispondere alla lettera del ragazzino misterioso. Cora l'aveva messo di fronte ad una scelta: o andare al party di Lydia con Stiles, o rispondere alla lettera. In nome della vita sociale, aveva detto lei, e per quanto Derek non fosse convinto, aveva ceduto davanti alle minacce della sorella minore di divulgare materiale estremamente privato ad occhi estremamente ingordi della sua figura.
La lettera recitava più o meno così:
 
Non so chi tu sia. Non mi interessa. Il quaderno di una persona è materiale privato e non eri autorizzato a rubarlo e infilarci fogli dentro. Comunque sono d'accordo sulla colonna sonora di Mass Effect e sul party di Dragon Age. Hai preferito quello del II? Io penso che i compangni di Origins siano più carismatici, a parte Anders, che però preferisco su Awakening. Mi fa piacere sapere che qualcuno condivida la mia avversione verso gli fps, anche se si tratta di un anonimo ragazzino come te, e nemmeno gli mmo mi piacciono.

"Tutto qui?" si lamentò Cora.
"Non so cos'altro dire." rispose semplicemente Derek, e fu il suo tono arrendevole e calmo a impedirle di sbuffargli contro con irritazione, facendola invece sedere vicino a lui e prendergli la penna di mano per aggiungere qualcosa.
 
Se vuoi parlare ancora, che ne dici di scambiarci i numeri di telefono?
Non voglio lasciare il mio numero in giro, quindi lasciami nell'armadietto un foglio con scritto il tuo numero e ti manderò un messaggio io.

"Cora!" sbraitò Derek dopo aver letto l'aggiunta, ma la sorella tagliò corto: "Stai buono, è penna quindi non si può cancellare, non lamentarti.".
"Io non voglio parlare ancora con questo tipo." brontolò lui, ma Cora lo conosceva.
"Sì che vuoi. Le mie opinioni ormai le conoscevi a memoria e hai bisogno di parlare con qualcuno di cose che ti interessano. Solo perché Paige..." cercò di dire Cora, ma Derek la interruppe alzandosi e stringendo le labbra in una linea di disappunto.
"Derek, lascia perdere. Sono quattro anni, ormai." insisté Cora, ma lui le lanciò un'occhiataccia - cosa inusuale - e le voltò le spalle, dirigendosi verso le scale e ringhiando: "Non ti riguarda.".

Il giorno dopo, Derek era di pessimo umore.
"Cosa c'è?" chiese Cora, controvoglia.
"Il quaderno di inglese è sparito." rispose lui.
"Sì, lo sapevamo che sarebbe successo, per quello ci abbiamo lasciato dentro il biglietto."
"Mi dà fastidio che qualcuno riesca  a rubare le mie cose." ammise Derek, irritato.
Cora rise, impaziente di vedere la faccia di suo fratello una volta scoperta l'identità dell'autore del biglietto.
Venne poi a sapere, qualche giorno dopo, che Derek aveva effettivamente trovato nel proprio armadietto un biglietto con un numero di telefono, ma che l'aveva contattato esclusivamente per mettersi d'accordo su un posto in cui potersi scambiare le lettere senza dover far ricorso al suo quaderno di inglese.
Conoscendo Derek, il fatto che preferisse le lettere ai cellulari non era così insolito, dato che non sembrava assolutamente andare d'accordo con la tecnologia, e giorno dopo giorno Cora iniziò a notare delle cose: Derek sembrava meno cupo - non esattamente allegro, ma quantomeno sereno - e pieno di aspettative quando andava a frugare dietro la macchinetta del caffé guasta vicino alla palestra. Aveva una strana luce negli occhi mentre leggeva quelle lettere e spesso si ritrovava a ridere da solo e farle leggere qualche battuta particolarmente sarcastica, commentandola assieme a lei.
Un paio di volte Stiles si era venuto a sedere al loro tavolo, ignorando del tutto le occhiatacce di Derek, incuriosito dai fogli che lo vedeva leggere continuamente.
"Si può sapere di cosa si tratta?" aveva chiesto a Derek un giorno, girandosi verso Cora quando Derek prevedibilmente non lo degnò di una risposta.
Lei gli aveva descritto con dovizia di particolari l'accaduto, al che Stiles si era girato con un sopracciglio inarcato verso Derek e aveva commentato senza sorridere: "Ehi, anche io gioco ai videogiochi se è per questo.".
Derek alzò gli occhi al cielo: "Non mi interessa, Stilinski. Torna a fare lacrosse, stai appestando l'aria con la tua petulanza.".
Stiles gli lanciò un'occhiata indecifrabile, alzandosi e radunando il vassoio e lo zaino per tornare a sedersi tra Scott, Jackson e gli altri atleti, con la schiena ostinatamente rivolta verso Derek.
Cora era abbastanza dispiaciuta per il modo in cui stavano andando le cose: Derek non riusciva a trovare delle priorità tra l'amicizia con uno sconosciuto qualsiasi che non aveva mai visto in faccia e Stiles, che negli ultimi tre anni era stata l'unica persona a comportarsi in modo amichevole con loro e che era rimasto piuttosto deluso dall'improvvisa mancanza di reazione di Derek: Cora aveva il sospetto che anche se prima il loro rapporto si basasse su minacce di dolore fisico e litigi più o meno sarcastici, a Stiles andassero bene quelle attenzioni, consapevole del fatto che Derek non avrebbe riservato più nulla a nessuno dopo Paige.
Eppure il fatto che invece un misero foglio di carta riuscisse addirittura a far sorridere un ragazzo apparentemente incapace di farlo sembrava averlo ferito, come se avesse fallito la sua missione personale di portare un po' di allegria nella vita di Derek.

Passò un altro mese di scambi di lettere, che oramai erano spaziate da qualunque argomento e non solo videogiochi: Derek si ritrovava a parlare con il ragazzo misterioso quasi di ogni cosa e aveva deciso che era giunto il momento di incontrarsi, per poter parlare faccia a faccia, incurante del fatto che fosse più piccolo.
Si misero d'accordo per trovarsi negli spogliatoi subito dopo la fine dell'orario delle lezioni e Derek si fece trovare puntuale, compiaciuto dal fatto che l'altro ragazzo fosse arrivato addirittura prima di lui, o almeno supponendo che fosse lui la figura incappucciata seduta sulla panchina.
Hale si schiarì la voce, realizzando solo in quel momento che non aveva idea di quale fosse il nome dell'altro, dato che nelle lettere non aveva mai dato informazioni precise su di sé, fatta eccezione che per l'anno frequentato.
Quando il ragazzo si voltò, attirato dal rumore, una campanella suonò nella mente di Derek: quelle spalle, quella postura, quel corpo già visto ma collegabile ad un volto solo quando il cappuccio venne calato per mostrare un viso che Derek aveva già visto anche troppe volte nella sua vita. Sbuffò, contrariato e deluso.
"Stilinski, fuori."
"Perché?" domandò Stiles curioso, avvicinandosi.
"Devo incontrarmi con una persona. Da soli." chiarì Derek.
Stiles annuì: "Lo so, sono qui."
"Sono serio."
"Anche io." rimarcò l'altro con ostinazione.
Derek lo fissò infastidito, ma non fece in tempo a dire nulla poiché Stiles lo anticipò con una confessione tutt'altro che gradita: "Ho scritto io quelle lettere. E non puoi negare che ti siano piaciute dato che mi rispondevi subito.".
Derek aprì la bocca un paio di volte senza riuscire a dir nulla. Se lo sarebbe dovuto aspettare, dato che Stiles era-
 "Uno stalker. Sei un fottutissimo stalker!" gridò Hale, lanciando all'altro un'occhiata sconvolta. Non riusciva a collegare le due personalità, quella carismatica e piacevole del ragazzo delle lettere con quella irritante e insistente di Stiles.
"Però non ti è mai dispiaciuto leggere quello che ti ho scritto. Le hai apprezzate solo fino a che non hai saputo che ero io?" indagò Stiles, con aria vagamente ferita.
"Ovvio, tu sei... onnipresente" soffiò Derek.
"Ma sono sempre io. Parlare faccia a faccia o parlare per lettera, sono sempre io. Certo, a voce divago un po' perché sono nervoso, mentre per lettera riesco a concentrarmi meglio, ma..."
Derek realizzò in quel momento due punti fondamentali della questione: la sproporzionata quantità di Adderall che Stiles doveva aver preso per essere in grado di scrivergli lettere così lunghe e frequenti, e il fatto che avesse mentito sull'età solo per fargli leggere quelle stupide lettere, ingannandolo e facendogli perdere tempo.
Decise di concentrarsi su quell'ultimo dettaglio, perché si trovava spaesato nel doversi confrontare con il primo, senza sapere bene se essere preoccupato o impietosito.
"Quindi hai pensato che il miglior modo per diventare amici fosse spacciarti per un ragazzino del primo anno." puntualizzò Hale.
"Avresti mai letto le mie lettere se le avessi firmate?" domandò con determinazione Stiles, e Derek dovette ammettere che, in effetti, non le avrebbe nemmeno aperte.
"Però poi le hai trovate interessanti. E le leggevi spesso. E mi rispondevi con costanza, rapidamente, e la cosa faceva tanto piacere a me quanta ne faceva a te. Questa è la prova che come amici potremmo funzionare benissimo, Derek." cercò di convincerlo Stiles.
Derek però scosse il capo: "No. Il tuo modo di interagire con le persone è sbagliato e preoccupante. Io devo andare a studiare storia adesso. Ci vediamo.".
E Stiles avrebbe voluto dirgli che lui aveva una vita sociale piena e soddisfacente e non era lui quello che stava tutto il tempo con sua sorella o a scrivere lettere, ma era rimasto troppo ferito dalle parole di Derek per rispondere qualcosa prima che l'altro si chiudesse con forza la porta degli spogliatoi alle spalle.

Nei giorni successivi, Derek dovette ammettere di sentire la mancanza delle lettere e persino Cora, che cercava di non schierarsi dalla parte di nessuno, qualche volta tentò di far ragionare entrambi.
"Stavate andando così d'accordo!" oppure "Cosa cambia adesso che sai chi è?" o ancora "Derek è fatto così, prova a parlarci, cambierà idea." ma né Stiles né Derek sembravano intenzionati a parlarsi, uno perché troppo imbarazzato e l'altro perché convinto fosse la decisione migliore.
Però la vita sembrava molto più vuota adesso, senza battute scadenti da leggere, squallidi giochi di parole e considerazioni casuali e personalissime su ogni cosa.
Fino a che un giorno Cora non trovò una lettera nel proprio armadietto.
"Cos'è quella?" chiese Derek corrugando le sopracciglia, e quando la sorella gliela sventolò sotto il naso con ovvietà fu costretto a precisare: "E' di Stiles?".
Cora scrollò le spalle: "Non lo so, devo ancora aprirla.".
"Aprila adesso." la incoraggiò lui, avvicinandosi per leggerne il contenuto, e Cora lo lasciò fare.
Non era particolarmente lunga, ma Derek assaporò ogni lettera con sollievo: battute stupide, frasi importanti scritte quasi casualmente, pensieri e opinioni così singolari da essere a volte incomprensibili. Gli era mancato tutto.
"Da quand'è che scrive lettere a te?" chiese, con tono a metà tra l'indignato e il trasognato.
"Da prima che le scrivesse a te, in realtà. Ci eravamo solo presi una pausa letteraria perché due corrispondenze diverse contemporanemante non riusciva a gestirle." e ciò che Cora lasciò non detto fu perché concentrarsi così a lungo sarebbe difficile per chiunque, figuriamoci Stiles, ma Derek lo capì comunque.
Lo capì e si sentì in colpa per aver rubato, pur inconsapevolmente, l'unico amico di sua sorella, così come si sentì in colpa di aver fatto perdere così tanto tempo a Stiles, che si era addirittura ingengato per trovare un modo per comunicare con lui che non lo mettesse a disagio.
Si passò una mano sulla faccia, mormorando con aria sconfitta: "Mi dispiace di aver interrotto la vostra corrispondenza.".
Cora scrollò le spalle: "A lui dispiace che tu abbia interrotto la vostra, in realtà. Non eri l'unico a sorridere come un idiota per ogni nuova lettera, solo che Stiles aveva la decenza di leggerle in privato.".
Derek a quel punto arrossì assieme a tutto quel poco di dignità che gli era rimasta e trascorse il resto del pomeriggio a pensare a come poter aggiustare le cose con Stiles. Dovettero passare quattro giorni prima che le parole adatte gli piombassero in testa durante una comune lezione di matematica, e non appena la campanella squillò si alzò per catapultarsi dall'altro lato della scuola dove, con ogni probabilità, avrebbe intercettato Stiles tra l'aula di storia e quella di economia.
Quando Stiles lo notò dall'altra parte del corridoio abbassò la testa e strinse una bretella dello zaino con più forza, sforzandosi di ignorare l'altro ragazzo, consapevole del fatto che si trovasse lì del tutto per caso. Da quando avevano avuto quella specie di litigio, Stiles aveva evitato Derek il più possibile, arrivando addirittura a cambiare corridoio ed arrivare in ritardo a lezione pur di non dovergli passare affianco, tanto era il timore di disturbarlo.
Quel giorno, invece, si limitò ad abbassare la testa e sperare di confondersi con il pavimento, cosa che Derek ringraziò in quanto rincorrerlo per la scuola non sarebbe stato né facile né piacevole.
"Stiles?" chiamò Derek, giunto davanti a lui senza che il ragazzo alzasse lo sguardo per incontrare il suo. Quando lo fece, Derek non riuscì a leggere altro che incertezza.
"Grazie per aver ricominciato a scrivere a Cora. E scusa per averti urlato contro negli spogliatoi, non te lo meritavi." mormorò Hale, a disagio.
Stiles scrollò una spalla, rispondendo con tono piatto: "Non c'è problema, Cora è divertente. Mi fa piacere parlare con lei.".
Derek non seppe se quella fosse una velata critica a lui o meno, e decise di non indagare.
"C'è un motivo se ho continuato a rifiutare di uscire con te per tre anni." disse invece Derek, deglutendo a vuoto saliva che non aveva per mandare giù un inesistente nodo alla gola.
Stiles alzò lo sguardo con aria dubbiosa: "Sarebbe?".
"Ti ho sentito parlare con Scott a proposito di me e Cora. Dire che pensavi che fossimo come personaggi di una serie televisiva, con l'atteggiamento freddo e la storia tragica alle spalle. Io non sono un nome, Stiles, né una storia. Sono un uomo. Se vuoi conoscermi perché vuoi sapere com'è stata la notte dell'incendio della mia famiglia, o perché pensi che essere un Hale voglia dire essere freddi e scontrosi e tu vuoi vantarti di essere stato l'unico a vincere la mia amicizia, non farlo.".
Stiles lo guardava con gli occhi spalancati, senza trovare una sola parola da dire e senza riuscire a concentrarsi. Non aveva mai sentito Derek parlare così a lungo, e mai con lui.
Hale malinterpretò il suo silenzio attonito con ostinata indignazione e continuò: "Ma se vuoi essere amici per continuare a dire battute scadenti e parlare di videogiochi, allora va bene, perché è quello che voglio anche io.".
Stiles a quel punto si limitò a sorridergli raggiante, iniziando a mettere insieme parole a caso solo per fargli capire che andava bene essere amici, più che bene, che non ce l'aveva con lui.
Era indubbiamente diverso dalle lettere che scrivevano, dove Stiles riusciva sia a trasmettere le proprie emozioni, sia a sintetizzarsi e togliere tutte le cose non necessarie al discorso, mentre di persona si trovava a divagare e portare avanti cinque o sei discorsi contemporaneamente, ma Derek scoprì che gli andava bene lo stesso. Che le sue battute lo divertivano comunque e che quello che diceva riusciva ad essere comunque interessante.
Rimase interessante quando cenarono da soli la prima volta e quando dormirono per la prima volta nello stesso letto. E rimase interessante anche dopo.
   
 
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