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Autore: Elektrabit    13/03/2016    0 recensioni
"Non sono brava con le parole, non lo sono mai stata. Le persone mi evitano perchè non parlo, per loro sono strana, diversa. All'inizio fa male, poi ci si abitua e diventa quasi fastidioso avere gente attorno. Me la sono sempre cavata restando invisibile, mi piaceva essere un fantasma e ci riuscivo bene.. beh finchè non sei arrivato tu"
Genere: Comico, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La corrente ghiacciata mi pungeva le guance facendole arrossare, gli occhi lacrimavano colpiti dal vento e mi fischiavano le orecchie, mi attaccai ancora di più a Mike cercando di proteggermi il viso. Che situazione irritante, perché ho accettato di appiccicarmi a questo marshmallow montato? Potevo andare a piedi. Arrivati alla via in cui avevo perso l’autobus la mattina stessa decelerammo piano fino a fermarci, il motore produceva dei rumori sommessi, come quelli di una grande bestia addormentata. Il sole scaldava nuovamente la mia pelle e sentii il sangue sciogliersi e riprendere a scorrere nel mio corpo, “ok, da che parte è casa tua ?” chiese capelli blu, lo guardai storto “lascia stare, vado a piedi” saltai giù dalla moto e mi tolsi il casco, i capelli mi si erano appiattiti sulla fronte, scrollai la testa con violenza fino a riportarli al loro caos originale, lui sgranò un poco gli occhi, “ho detto qualcosa di male?” sembrava sconsolato ma non volevo sapesse dove abitavo, mai che gli venisse la malsana idea di chiamarmi sotto casa. Mi sforzai di sorridere almeno un po’ “no..no tranquillo, ho delle commissioni da fare prima di andare a casa” ed in effetti dovevo ancora comprare da mangiare, non sembrò esserne troppo convinto, “davvero” dissi sorridendo in maniera più convincente, “Leo, se non mi vuoi fra i piedi dillo e basta, è inutile che ti sforzi di tirare gli angoli della bocca all’insù, non equivale a sorridere” lo guardai storto e tornai impassibile come al solito, lui sorrise “ora va meglio” girò le chiavi nel cruscotto e alzò la mano in segno di saluto prima di allontanarsi. Lo guardai finchè non scomparì fra i cunicoli delle case, mi voltai un po’ intontita, la mente che ancora visualizzava il suo sorriso esageratamente dolce, arrossii per poi scuotere la testa, “bleah..” mormorai, possibile che mi lascio fregare così da un puffo cresciuto. Voltai gli occhi in cerca del market più vicino, ne notai uno vicino alla stazione degli autobus, raccolsi lo zaino che avevo lasciato cadere saltando giù dalla moto e mi diressi verso il piccolo edificio arancione sbiadito incastrato fra un parcheggio e le case civili. Quando entrai la porta produsse un fastidioso scampanellio e subito la commessa del negozio si girò sorridente nella mia direzione, era una ragazza alta con i capelli rossicci legati in una coda troppo perfetta, non era particolarmente bella in viso ma aveva un fisico slanciato ed un aria benevola, “buona sera” disse tutta allegra, la fissai vitrea per qualche secondo ma lei non distolse lo sguardo, anzi si avvicinò mentre continuava a sorridermi , alzai gli occhi al cielo scazzata “salve” dissi secca, “posso aiutarla?”domandò gentilmente, nemmeno il mio tono di voce sembrava averle fatto capire di spiccicarsi di dosso e lasciarmi in pace “no grazie” dissi irritata, mi infilai in fretta fra gli scaffali alla ricerca di cibo economico, quella ragazza mi innervosiva era troppo dolce, troppo simile a lui. Le mie mani afferrarono automaticamente qualche barattolo di robaccia sottovuoto ed un pacchetto di patatine, non sapevo cucinare e non avevo orari fissi per i pasti, semplicemente quando avevo fame ingurgitavo cose a caso finche non mi sentivo sazia. Andai alla cassa, fortunatamente il market era semivuoto e non c’era fila così feci in fretta, mi mette ansia stare in piedi davanti agli altri, passai in fretta la spesa alla ragazza, “Susan” lessi mentalmente la targhetta attaccata alla divisa gialla, ha un bel nome però, “ecco a lei sono 7, 80$ ” le porsi i soldi mentre recuperavo la borsa di plastica, “grazie mille e arrivederci” mi fece un sorriso davvero dolce, scossi appena la testa in segno di saluto e uscii.
  
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