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Autore: Inevitabilmente_Dea    16/03/2016    0 recensioni
{Sequel di The Maze Runner-Remember}
Il Labirinto e i viscidi Dolenti erano solo l'inizio di una serie di Test.
La Fase del Labirinto è ormai terminata. Solo pochi sono sopravvissuti.
Tuttavia tutti si ritrovano nelle mani della W.I.C.K.E.D.
I Radurai escogitano una fuga e si dirigono assieme ad Elena nella Zona Bruciata dando così inizio alla Fase Due.
Elena dovrà prendere il posto di Teresa e dovrà fare ciò che le è stato richiesto, anche a costo di tradire i suoi amici.
Lo scopo è di arrivare al Porto Sicuro. Un luogo che si trova a centocinquanta chilometri dalla struttura della W.I.C.K.E.D. e che deve essere raggiunto in due settimane.
I Radurai dovranno dare prova del loro coraggio e saranno richiesti calma e sangue freddo.
Il viaggio verso il luogo misterioso, in cui tutti potranno ottenere la cura che li salverà dall'Eruzione, sarà pieno di pericoli e ostacoli.
Un nuovo personaggio, che prima si credeva che fosse morto, riemergerà farà traballare il legame tra Newt ed Elena.
Saranno capaci di rimanere uniti nonostante tutto?
E' solo un viaggio di scoperta del limite oltre il quale è possibile spingere le proprie paure...
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Minho, Newt, Rat Man/Janson, Sorpresa, Thomas
Note: Missing Moments, Movieverse, OOC | Avvertimenti: Spoiler!
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Il mio sonno venne interrotto da dei rumori assordanti. Spalancai gli occhi e girai la testa, alla ricerca della fonte di quei suoni. Solo dopo alcuni secondi mi accorsi di essere ancora in quella bianca stanza dove poche ore prima Janson mi aveva spiegato cosa fare nella Fase Due.
Alla consapevolezza di dover fare tutte quelle orribili cose, sentii il petto schiacciarsi come sotto il peso di un macigno.
Mi guardai la spalla, per capire se durante il sonno la ferita era magicamente sparita, ma il sangue persisteva su ancora di essa, come l'inchiostro rosso sulla carta.
Provai ad alzare una mano per vedere se quella specie di liquido che non permetteva di muoversi aveva finito il suo effetto.

Come temevo, i miei muscoli non sembravano voler rispondere. Frances mi aveva detto che sarebbe durato a lungo, ma non un'eternità.
Sospirai e cercai di concentrarmi sui frastuoni provenienti da fuori la mia stanza. Cosa stava succedendo?
Era come se stesse avvenendo una vera e propria guerra tra i corridoi della W.I.C.K.E.D.
Come se fosse stato risvegliato dal mio pensiero, si sentì uno sparo partire e fendere l'aria.
Spalancai gli occhi non appena sentii il corpo di qualcuno accasciarsi a terra.
E ora cosa faccio? Pensai andando in panico. 
Se qualcuno ci stava attaccando allora io sarei stata spacciata. Dovevo riuscire a muovermi. Dovevo farlo e dovevo andarmene di lì.

La mia porta si spalancò all'improvviso con un tonfo. Un sorriso spontaneo mi attraversò il viso quando mi accorsi che i miei amici erano venuti a salvarmi.
Minho aveva in mano un fucile, che nei giorni precedenti avevo sempre visto in mano alle guardie, mentre Newt brandiva ancora il suo machete.
Mi chiesi come avesse fatto a recuperarlo. Quando eravamo arrivati alla W.I.C.K.E.D. ci avevano tolto ogni tipo di arma.
"Eli!" mi chiamò Newt, entrando velocemente nella stanza.
"Newt!" quasi urlai per la sorpresa.
"Caspio, ci hai fatto prendere un colpo!" esordì Minho avvicinandosi a me con un sorriso. "Non ti trovavamo più! Ti sei nascosta bene..."

"Ragazzi, mi dispiace interrompere i vostri saluti mielosi, ma fareste meglio a muovervi oppure le guardie ci saranno addosso in pochi minuti." disse una voce calma fuori della porta.
Non riuscii a capire a chi appartenesse e la cosa mi turbò. Chi diamine era?
"Ele, Dio santo, cosa hai fatto alla spalla?" mi chiese Thomas scostando leggermente la camicia dal mio collo.
"Janson." spiegai con voce roca. "E' stato lui."
Per un attimo, la consapevolezza di ciò che dovevo fare ai miei amici mi inghiottì, facendomi diventare cupa e preoccupata.
"Dovete andarvene." ordinai con voce ferma.
"Ma che dici, Eli? Siamo appena arrivati e io non ti lascio di nuovo." spiegò Newt prendendomi la mano.

Ricambiai la stretta e gli sorrisi incoraggiante. Mi era mancato. Dio, se mi era mancato.
"Alzati e seguici, forza. Non voglio sentire cazzate, bambolina." esordì Minho con voce ferma.
Mi erano mancati tutti, ma dovevano abbandonarmi.
"Io non ci riesco. Mi hanno iniettato un siero che non mi farà muovere per... Be' non so per quanto." spiegai sbrigativa.
"E allora muoviti." spiegò mettendosi il fucile in spalla. "Ti prendo in braccio."
"Lo faccio io." si intromise Newt, facendo passare un braccio sotto le mie gambe.
"Senza offesa, Romeo, ma non credo che con la tua gamba monca riuscirai a correre con lei in braccio." esordì Minho. "Io sono un Velocista... O almeno lo ero. In ogni caso, posso farcela."
Newt mi fissò ancora per qualche secondo, poi acconsentì con un cenno del capo.
Minho senza esitare mi sollevò di peso e mi strinse a sé.
Un dolore mi trafisse la spalla, facendomi gemere, ma lo misi da parte. Dovevo riuscire a convincerli a lasciarmi lì.

"Vi prego, ascoltatemi. Dovete fare come dico. Lasciatemi qui." spiegai. "E' per il vostro bene. Fatelo oppure io..."
Una fitta al collo mi interruppe e sentii il mio corpo iniziare a tremare. Il dolore si diramò nella mia testa, come una scarica elettrica.
Era una scarica elettrica. 
"Cosa le sta succedendo?" sentivo la voce di Newt incrinata dalla preoccupazione. "Eli! Rispondi!"
Mi ricordai le parole di Janson e serrai gli occhi quando la sua voce rimbombò nella mia mente.
Non provare neanche a raccontare a tutti che questo è solo un esperimento. Se lo fai, lanceremo una scarica elettrica talmente alta che ti farà svenire nel giro di pochi secondi. Non ti preoccupare, nulla del tuo corpo verrà danneggiato. 
Mi concentrai al massimo e con tutta la forza che avevo riuscii a dire un'ultima frase.
"Lasciatemi... qui..."
Poi tutto divenne buio. Il dolore cessò e così anche tutti i pensieri che mi annebbiavano la mente.

 

 

 

Tutto quello che potevo sentire era il caldo. Un estenuante e persistente caldo. Uno di quelli che ti si infilano sotto la pelle e ti rimangono attaccati, lasciandoti secca e bruciante.
Aprii lentamente gli occhi e li sbattei più volte. Non riuscivo a vedere niente, se non un bianco tendente al giallo. 
La luce del sole era veramente forte.
Sentii il mio corpo oscillare a ritmo regolare. Era come se qualcuno mi tenesse in braccio.
Feci un respiro, per provare a parlare, ma appena aprii la bocca un soffio caldo mi scese in gola.
Era come se avessi ingoiato il fuoco. Mi sentivo la gola secca, come se ogni traccia di ossigeno e aria buona fosse stato bruciato. Cercai di obbligarmi a prendere dell'aria, nonostante aggravasse la situazione.
Avevo bisogno di acqua.
Tentai di nuovo di aprire gli occhi e solo dopo alcuni istanti riuscii a creare uno spiraglio tra le palpebre senza incenerirmi i bulbi oculari. Osservai attentamente e, nonostante la bianca luce accecante, riuscii a scorgere la sagoma di una persona sopra di me.

Era un ragazzo che non avevo mai visto prima e sapevo per certo che non fosse un Raduraio.
Aveva i lineamenti del viso ben definiti, la pelle pallida con qualche arrossatura qua e là e un mento pronunciato. Le labbra leggermente carnose e le sopracciglia folte e nere.
Abbassai lo sguardo, stanca di combattere contro la luce accecante e mi ritrovai a fissare il suo petto.
Io avevo una mano sul suo petto.
Spalancai gli occhi. Cosa ci facevo io con una mano sul suo petto? Potevo sentire il suo cuore battere velocemente e i respiri veloci e brevi, come se stesse correndo da minuti.

Ritrassi il palmo dal suo corpo e cercai di scansarmi da lui. La cosa positiva era che almeno riuscivo a muovermi. Questo voleva dire che il siero era finito. Quanto tempo era passato?
Da quanto ero in braccio al ragazzo?
Non mi piaceva quel contatto. Non sapevo chi fosse e non potevo fidarmi.
Dove erano i miei amici? Dove era Newt?
Era tutto così confuso...
"Finalmente sei sveglia!" esclamò lui. Alzai lo sguardo velocemente. Dovevo andarmene lontano da lui prima che mi facesse del male. Gli diedi uno spintone all'altezza del petto e lo sentii traballare all'indietro.
Spalancò le braccia per ritrovare l'equilibrio ed io caddi a terra. Sentii immediatamente il contatto del suolo con la mia pelle. Bruciava. Era come se fossi caduta su dei carboni ardenti. Mugugnai e strisciai lontano dal ragazzo.

Alzai lo sguardo e subito me ne pentii: non riuscivo a vedere granché, solo sagome sfocate.
Una di queste mi si avvicinò correndo ed io scalciai sul suolo, cercando di indietreggiare.
"Calmati, Eli!" urlò una voce.
Eli? Solo una persona mi chiama così... Pensai sorridendo.
"Newt!" esclamai portandomi una mano sugli occhi, ma tutto quello che uscì dalla mia bocca fu un suono strozzato e gutturale. Non riuscivo neanche a parlare per colpa del caldo e della secchezza alla gola. Iniziai a tossire, nella speranza di riacquistare la voce. Newt armeggiò con un sacchetto che aveva in spalla e poi mi rivolse nuovamente la sua attenzione.
"Bevi." ordinò avvicinandomi alla bocca i suoi palmi.
Acqua. Fu l'unica cosa a cui pensai, mentre fiondavo letteralmente il mio viso tra le sue mani, per riuscire a bere.

Solo quando mi accorsi che l'acqua purtroppo era finita, mi leccai le labbra secche, cercando di preservare le gocce rimaste sul mio viso.
"Stai bene?" mi chiese con volto preoccupato.
Annuii e mi guardai attorno spaesata. Dove eravamo? Attorno a me si estendeva per chilometri infiniti una landa desolata e bollente, una superficie piatta di terra arida e senza vita. Non un albero o un cespuglio: solo un mare di polvere e rocce che si estendeva a perdita d'occhio.
Potevo addirittura vedere il calore salire tremolante dalle spaccature sulla terra.
Mi voltai lentamente e notai qualcosa di diverso.
Una catena di montagne frastagliate e sterili si innalzava in lontananza. C'erano anche alcuni cumuli di edifici accasciati gli uni sugli altri, come corpi esanimi.

Una volta doveva essere stata una città, ma ora mi rimaneva difficile ricostruirne le forme e gli aspetti che doveva aver avuto.
"Mi spieghi cosa ti è preso?" chiese una voce scocciata alle mie spalle. Mi voltai di scatto, sorpresa di quanto quella voce fosse chiara e sconosciuta.
Il ragazzo che prima mi teneva tra le sue braccia, ora si era avvicinato di qualche passo, con le braccia incrociate sul petto. Vederlo più da lontano mi permetteva di raccogliere altri dati su di lui: era alto e magro; i muscoli delle braccia erano tesi sul petto e il volto contratto in un'espressione di fatica.
"Pronto? Mi senti?" chiese acido. "Senti, bambina... Io non ho voglia di perdere tempo con te, quindi rispondimi. Cosa credevi di fare, prima? Huh?"
"Ehi vacci piano, testa di caspio." si intromise Newt, serrando i pugni.

"L'ho portata in braccio per ore senza neanche conoscerla. Ho fatto chilometri con lei addosso. Ho sgobbato come un mulo solo per portare il suo culo fino a qui. Ed è così che mi ringrazia? Non lo accetto..." sputò scocciato e arrabbiato.
"Be' sai, vedere la tua faccia di sploff come prima cosa dopo aver aperto gli occhi, mi ha un po' scossa." risposi alzandomi in piedi. "E non in senso buono." aggiunsi poi, scrollandomi di dosso la polvere.
Sentii la risata fragorosa e roca di Minho e mi voltai. Thomas e l'asiatico mi stavano fissando stanchi e con un sorrisetto divertito sulle labbra. Dietro di loro c'erano alcuni Radurai.
"Cavoli, bambolina. Non perderai mai questo bel caratterino, vero?" chiese l'ex-Velocista avvicinandosi.

"Se lo perdessi poi non potrei più insultarti, testa puzzona." risposi sorridendogli.
"Ora che è sveglia sarà più semplice raggiungere la città." esordì Thomas riprendendo a camminare.
"Cosa?" chiesi. "Quale città?"
Thomas mi indicò gli agglomerati di edifici alle mie spalle, fece per aprire la bocca e spiegare, ma il nuovo arrivato lo anticipò: "Abbiamo percorso chilometri mentre eri svenuta." specificò il ragazzo antipatico. "Ci siamo tutti alternati per portarti in braccio. Almeno sei leggera."
Gli feci un falso sorriso e mi rivolsi a Minho. "Quanto ci impiegheremo per arrivare alla città?" 
Lui fece spallucce poi rispose: "Non so... Forse saremo lì in un paio di notti."
"Prima di partire devo dirvi una cosa." annunciai schiarendomi la gola. "Janson vi ha già spiegato cosa era successo al mondo, giusto? Le Eruzioni, gli Spaccati, il Virus. Ma non vi ha detto la cosa fondamentale."

Tutti mi guardarono confusi e Minho mi disse di sputare il rospo, incitandomi a continuare. 
"Ognuno di noi ha già contratto il Virus." dissi secca. Un brusio si accese tra i Radurai e ci impiegai diversi secondi per ricevere di nuovo la loro attenzione. "Calma, calma! Non dovete preoccuparvi, l'Eruzione impiega del tempo prima di svilupparsi e mostrare i sintomi. Ma Janson mi ha detto che c'è una cura all'Eruzione. Se solo riuscissimo ad arrivare al Porto Sicuro in tempo, la riceveremo come ricompensa. Se prendiamo la cura non conosceremo gli... effetti debilitanti. Non sono in molti a potersela permettere."
"Frena, bambolina..." esordì Minho grattandosi la fronte. "Porto Sicuro? Ma di che stai parlando?"
"Non so che posto sia, ma dobbiamo raggiungerlo entro due settimane." spiegai.
"E sentiamo..." si intromise il ragazzo con i capelli bianchi. "Quanto è distante?"
Inghiottii il groppo di saliva, poi dissi: "Centocinquanta chilometri."
Ancora brusio.

"Per favore! Prestate attenzione..." esclamai frustrata. "Dobbiamo dirigerci verso nord per centocinquanta chilometri. Una volta arrivati dobbiamo passare attraverso un Pass Verticale e solo allora riceveremo la cura. Questo è tutto quello che so. Non ho idea di cosa sia un Pass Verticale, né tanto meno di come sia fatto questo Porto Sicuro. Ma una cosa è certa: dobbiamo raggiungerlo in fretta."
"Se non riusciamo ad arrivarci in tempo?" chiese Fypan, facendosi avanti.
"Moriremo." dissi secca.
Pensai che le discussioni si sarebbero riaccese all'istante, ma mi sbagliavo. Da quel momento un silenzio straziante calò su di noi come un velo nero.
"Allora muoviamoci." ordinò Newt, con un tono che non accettava repliche. 
Mi affiancai a lui e iniziammo a camminare. Finalmente sapevo dove ci trovavamo. Eravamo nella Zona Bruciata.
"Come hai detto che si chiama il nostro nuovo amico simpatico?" chiesi a Newt.
"Non l'ho detto." rispose lui. "Si chiama Stephen."
Stephen... Ripetei nella mente.

 

 

 

Passarono delle ore che mi sembrarono infinite. A volte correvamo, altre volte camminavamo, ma sempre sotto il sole cocente. Ogni tanto ci fermavamo a riposare e poi si ripartiva.
Corri. Cammina. Bevi. Riposo. 
Continuammo a marciare come gruppo abbastanza compatto. Minho era in testa a tutti e ci guidava.
Più volte mi chiesi come facesse a sapere dove stessimo andando e come facesse ad orientarsi in un posto in cui, personalmente, mi sembrava tutto uguale. Probabilmente era merito delle sue doti da Velocista o magari per lui era semplice perchè era solo questione di andare dritti fino a quando non avessimo raggiunto la città.
Era estenuante e faticoso. Sapevo che avrei dovuto risparmiare tutte le mie energie e concentrarle nel muovermi, ma tante domande mi affollavano la mente e avevo bisogno di ricevere delle risposte.

Io e Newt avevamo percorso ogni centimetro di quella landa desolata mano nella mano, ignorando il continuo e fastidioso sudore dei nostri palmi.
Nessuno dei due aveva detto una parola per tutto il tragitto. Solo a volte lui mi chiedeva se stessi bene o se avessi bisogno di fermarmi, anche se avrei dovuto preoccuparmi io di questo.
Pensavo che il suo zoppicare lo avrebbe in qualche modo rallentato in quel luogo e in quella situazione, tuttavia non aveva mostrato un segno di dolore durante tutto il tragitto e non si era lamentato.
La mia spalla aveva finalmente cessato di farmi male, ma il peso che mi opprimeva il petto non mi aveva dato tregua neanche un secondo.
"Newt?" lo chiamai con il fiatone.
Lui mi rivolse un cenno del capo, ansimando e poi instaurò un contatto visivo.

"Chi è quel ragazzo che sta parlando con Tom?" chiesi curiosa, indicando con un cenno del capo i due ragazzi che sembravano essersi un po' distaccati dagli altri, forse per avere un po' di privacy.
"Aris." spiegò, poi prese un profondo respiro e continuò. "Ci siamo imbattuti in lui quando siamo venuti a cercarti."
Osservai il ragazzo per altri istanti. Il cosiddetto Aris aveva una carnagione olivastra e i capelli scuri, sorprendentemente corti. Camminava a passo spedito e il suo viso non sembrava essere marcato dalla fatica, ma solo da una strana tristezza.
Nel frattempo notai che Stephen si era avvicinato a noi, ma continuava a guardare avanti, probabilmente non se ne era neanche accorto.
"A proposito... Come avete fatto a trovarmi?" chiesi tornando con l'attenzione su Newt.
Lui ridacchiò, poi si passò una mano sui capelli che sotto quella luce sembravano essere ancora più biondi. "Abbiamo perlustrato ogni dannato centimetro di quei corridoi, ma alla fine è stato Stephen ad aiutarci." 

Sbarrai gli occhi. Li aveva veramente aiutati? Con che scopo?
"Perchè?" chiesi dando voce ai miei pensieri. "Insomma è stato un bel gesto, ma... Perchè vi ha aiutato?"
"Be' lui aveva già progettato di fuggire – anche un bel piano di fuga, direi – e noi ci siamo semplicemente uniti a lui. Poi ha detto di sapere dove ti trovavi, perciò ci siamo fidati e ti abbiamo trovata." spiegò con calma.
"C-Come faceva a saperlo?" chiesi sbalordita.
"Non lo so... Ha detto di aver origliato una conversazione tra due scienziati della W.I.C.K.E.D."
Mh... Sarà, ma a me c'è qualcosa che non torna... Pensai arricciando il naso.
In ogni caso non mi interessava sapere come mi avevano trovata, l'importante era che ora eravamo tutti assieme. Salvi e insieme.

 

 

 

Solo quando ormai fu notte inoltrata, Minho ci fece la grazia di farci accampare per la notte.
Nessuno si oppose quando il Velocista ci ordinò di andare a dormire.
Ognuno si trovò un posto sulla terra arida e in pochi secondi tutti caddero in un sonno profondo.
Io mi ero accoccolata sul petto di Newt e lui mi aveva cinto la vita con le sue braccia, stringendomi a sé come per paura che sparissi di nuovo.
Continuai ad ascoltare il suo respiro passare attraverso la gabbia toracica. Era così rilassante.
Mi era mancato quel contatto. Da quando avevamo pianificato la fuga dal Labirinto non avevamo avuto molti momenti per stare assieme.
Il sonno scivolò lentamente attraverso tutto il mio corpo e sentii la stanchezza piombare su di me come un'ombra. Iniziai a perdere coscienza dei miei pensieri e proprio quando stavo per prendere sonno, Newt parlò.

"Mi dispiace..." sussurrò nel buio.
Inizialmente pensai che stesse sognando, così lo strinsi di più a me. Magari stava facendo un incubo.
"Veramente, sono un idiota. Mi dispiace..." ripeté accarezzandomi la testa.
"Per cosa?" bisbigliai poco prima di sbadigliare.
"Ti avevo promesso che non avrei permesso a nessuno di portarti via da me. Soprattutto la W.I.C.K.E.D., ma ho fallito miseramente." sussurrò lui.
"Perchè dici così, Newt? Non devi sentirti in colpa. Non potevi fare niente." spiegai continuando a tenere gli occhi chiusi.
"No, invece. Non cercare di difendermi, perchè ho torto. Potevo oppormi, lottare fino a sanguinare, urlare e ribellarmi fino alla pazzia. Ma non ho fatto niente." disse infine, assumendo un tono quasi disgustato.

Mi sistemai meglio sul suo petto e gli circondai il busto con le braccia, poi iniziai ad accarezzargli un fianco, nella speranza di tranquillizzarlo.
"Sai, quando ero con loro, non ho mai perso la speranza e ho sempre creduto che un giorno saresti venuto a portarmi via da lì, con tutti gli altri." spiegai con calma e sottovoce. "Poi però ho iniziato a sperare il contrario."
"Perchè?" chiese lui sorpreso.
Caspio, caspio, caspio, caspio. Sei una grandissima testa di caspio. Complimenti, genio... Pensai mordendomi il labbro.
"Niente, lascia stare. Sono troppo stanca per continuare a parlare." mormorai sbadigliando per la milionesima volta. "Non pensarci più, okay? Non è colpa tua."

"Semplice da dire, ma sicuramente questa notte non chiuderò occhio e continuerò a pensare a quanto io sia idiota." bisbigliò lui sospirando frustrato.
"Allora se questo dovesse accadere, pensa che ora siamo tutti insieme. Che ci sono io qui con te e non mi è successo nulla." mormorai. "Se accade che non riesci a dormire, apri gli occhi e guardami finché non ti convinci che va tutto bene. Stringimi a te, svegliami se vuoi, parlami, baciami. Fai qualsiasi cosa necessaria per tranquillizzarti, va bene?"
Dopo alcuni attimi di silenzio, rispose: "Va bene. Grazie, mammina."
Sorrisi consapevole che non potesse vedermi. "Buonanotte, pive."
"'Notte, fagio."

 

   
 
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