Capitolo
10: SAFE TRAVEL
Uscirono
da una specie di galleria che conduceva verso l’alto e si
ritrovarono in una strada nel cuore di quel quartiere storico, lontani
da quel
pazzo truccato da teschio messicano e vestito come se lo steampunk
andasse
ancora di moda.
A quanto
pare erano stati condotti nei sotterranei di una grossa
cattedrale, a giudicare dall’imponente costruzione antica che
si trovava alle
loro spalle. Le sue guglie e torri svettavano alte nel cielo e decine
di gargolla
li scrutavano dall’alto, sopra le loro postazioni realizzate
in coppi.
Il cielo
era di un colorito rossastro, con sfumature arancioni. L’alba
era giunta.
Cominciarono
a correre, trascinandosi dietro zaini e borsoni. Vollero
allontanarsi il più possibile da quel luogo, prima che
Dreamer si rimangiasse
la parola e sguinzagliasse tutti i suoi uomini. Ammesso che davvero
avesse
ordinato loro di non cercarli.
Rachel
continuò a far vagare lo sguardo attorno a sé,
alla ricerca di
qualsiasi possibile attentatore. Fu solo dopo aver percorso diversi
isolati che
si tranquillizzò. Non si vedeva ancora nessuno in giro, tra
i vicoli e le
costruzioni di mattoni e ciottoli. Né cittadini,
né Visionari. Per la prima
volta in assoluto, la corvina fu contenta di vedere quelle strade
così deserte.
Il
gruppetto non smise di correre per quello che le parve almeno un
chilometro. O forse era molto meno, ma non essendo affatto abituata a
simili
sforzi fisici, per lei fu proprio come se lo fosse.
Fu solo
quando si fermò Lucas, rimasto in testa per tutto il tempo,
che anche gli altri poterono concedersi di farlo.
«Cazzo!
E ora che diavolo si fa, Rosso?» domandò Amalia,
abbandonandosi contro una parete per riprendere fiato. «Come
lasciamo la città?
Siamo senza macchina! E non possiamo certo tornare...»
«Zitta
dannazione, sta zitta!» urlò Lucas,
interrompendola.
Corvina
sgranò gli occhi, udendo quella reazione. Perfino Amalia,
dopo
tanti battibecchi con lui, ammutolì.
«La
devi smettere...» cominciò il ragazzo, puntandole
contro un dito. «...
di rompermi le palle. Hai capito?! E anche voi!»
Si
voltò verso di Tara, Ryan e Rachel. I primi due trasalirono
quando
notarono la sua espressione furente. «Dovete piantarla di
rivolgermi a me come
se io avessi sempre la risposta pronta a tutto! Io non sono
onnisciente! E non
ho mai detto di essere il vostro capo, quello a cui chiedere aiuto per
ogni
dannata cosa! Avete un cazzo di cervello, no? Beh, usatelo! O devo
spiegarvi
anche come funziona quello?!»
«L-Lucas,
calmati...» mormorò Rachel, cercando di sfiorarlo
con una
mano, ma quello si ritrasse, ringhiando come un cane rabbioso.
«Non
toccarmi Roth. Non provarci mai più»
sibilò, con voce carica di
odio.
«Lucas...»
La
conduit non seppe cosa pensare. Perché si comportava
così, tutto ad
un tratto? Perché con loro? Perché con... con lei?
«Falla
finita, idiota» sbottò Amalia, separandosi dal
muro.
Rachel si
trasformò in una statua di marmo quando notò
l’espressione
che assunse Lucas udendo quelle parole.
«Come
mi hai chiamato?» domandò lui, sussurrando
minaccioso le parole,
parandosi di fronte a Komand’r.
La
ragazza non batté ciglio quando se lo ritrovò a
pochi centimetri da
lei. «Mi hai sentita. Finiscila di comportarti da moccioso
arrabbiato con il
mondo.»
«Adesso
sarei arrabbiato con il mondo?» Lucas piegò il
capo,
squadrandola da cima a fondo, pugni stretti e mascella contratta.
La mora
incrociò le braccia, avvicinando il volto al suo. Pochi
millimetri li separavano. «Stammi bene a sentire, demente.
Non sei di certo
l’unico che ci è rimasto di merda dopo quello che
è appena successo, e immagino
anche che le parole che ti ha detto Dreamer abbiano...»
«ZITTA!»
sbraitò il ragazzo, piantandole l’indice contro
l’addome. «Quello
che ha detto non c’entra un...»
«Ma
ciò non ti autorizza a prendertela con noi!»
gridò la ragazza, tirandogli
uno schiaffo alla mano. Poi fu il suo turno di puntare il dito, dritto
al collo
del ragazzo. «Noi non siamo il tuo sacco da boxe, hai
capito?! Sei incazzato?
Bene, prendi un muro a testate finché non ti calmi, non mi
interessa. Ma lascia
in pace noi altri.»
Lucas
ringhiò e scostò la mano della ragazza con un
gesto rabbioso. I
due si fissarono intensamente negli occhi, come due animali pronti a
lottare
per il loro territorio, e avvicinarono ulteriormente i loro volti.
Rachel li
osservò, interdetta. Come lei, anche Tara e Ryan sembravano
impossibilitati a
staccare loro gli occhi di dosso. Ma fu solo quando la corvina vide le
loro
fronti così vicine da sfiorarsi, che intuì che se
non avesse fatto qualcosa
alla svelta le cose si sarebbero messe male.
Fece per
muoversi, ma una voce la anticipò, facendole gelare il
sangue
nelle vene: «Problemi di coppia?»
Tutti si
voltarono di scatto, anche Lucas e Amalia, verso un vicolo
poco distante da loro, da dove le parole erano provenute. Un ragazzo
uscì fuori
dall’ombra, con indosso un berretto a visiera e una sigaretta
accesa in bocca. «Peccato,
sembravate così carini insieme...»
Rachel
rimase a bocca aperta quando lo vide. Non poteva essere vero.
Non di nuovo lui. Non lì. Non in quel momento.
«Chi
diavolo sei tu?» domandò Lucas, guardandolo di
traverso. «Ti
consiglio di lasciarci in pace, o non tornerai più a casa
sulle tue gambe.»
Il
ragazzino ridacchiò, per poi fare un tiro di sigaretta.
«Tranquillo
amico, non sono qui per infastidirvi. Voglio solo...
aiutarvi.»
«Definisci
aiutare» disse Amalia, estraendo la pistola con cui aveva
minacciato Dreamer e puntandogliela. «Perché dove
vivevo io, quando qualcuno
diceva di volerti aiutare si abbassava i pantaloni davanti a
te.»
«Non...
credo di avere certe intenzioni...» Il ragazzino sorrise,
quasi divertito, poi cominciò ad avvicinarsi al gruppetto.
«No, no, potete
stare tranquilli. Mi chiamo Kevin.» Porse una mano a Lucas.
Non appena notò che
il moro non era affatto intenzionato a stringergliela, la
ritirò, senza
smettere di sorridere. «Ecco, non ho potuto fare a meno di
notare che... siete
arrivati parecchio di corsa... dalla Old Sub.»
Indicò la via da dove erano
provenuti, per poi storcere la bocca in un’espressione quasi
di dolore. «Brutto
posto. Davvero brutto. Gira... certa gente...»
«Taglia
corto» lo interruppe Lucas. «Che diavolo
vuoi?»
«Sentite,
avremo circa la stessa età, voi forse siete un filino
più
giovani di me.» Kevin buttò fuori una nuvola di
fumo, prima di proseguire,
gesticolando con la mano. «Mi... spiacerebbe parecchio vedere
dei ragazzi come
voi finire nei guai, di nuovo.» Sollevò lo
sguardo, osservandoli serio in
volto. «C’è un magazzino abbandonato
nella zona industriale, apparteneva ad una
ditta di trasporti. Si chiamava Safe Travel, o una roba del genere.
Penso che
potrebbe essere un buon posto per rifugiarvi, se vi
interessa.»
Rachel
sollevò un sopracciglio. Fino a quel momento Kevin non
sembrava
nemmeno averla notata, forse nemmeno si ricordava di averla vista
giusto la
sera prima. E ora che ci faceva caso, sembrava quasi un’altra
persona. Era
molto più... socievole. E inoltre, dove diavolo era
l’altro ragazzo? Dom, se
non ricordava male. Perché lui non c’era?
Volle
domandarglielo, ma poi si morse la lingua. Chiederglielo in quel
momento l’avrebbe portata a fornire non poche spiegazioni ai
suoi amici, e
proprio non le andava di rievocare il pessimo stato d’animo
che aveva avuto
durante quell’incontro alla stazione di servizio.
«Perché
ci stai dicendo queste cose?» domandò ancora
Lucas, scettico. «E
perché dovremmo fidarci di uno sconosciuto?»
Kevin
sollevò le mani, in segno di resa. «Ehi, io
cercavo solo di
aiutarvi. Siete nuovi di queste parti, è giusto che sappiate
le cose prima che
vi ritroviate svenuti in una vasca piena di ghiaccio e con quale organo
in
meno. Gli Underdog controllano la città ed uccidono tutti
quelli che infrangono
il coprifuoco. E voi lo state decisamente infrangendo. Ma alla fine,
fidarsi è
bene, non fidarsi è meglio. Potreste ascoltare il mio
consiglio, andare al
magazzino e ritrovarvi addosso un branco di maniaci. Oppure potrebbe
non
succedervi nulla e trovare un rifugio sicuro, per il momento. Scegliete
cosa vi
pare, ma ricordate che non vi resta molto tempo. Tra poco comincia
l’ultima
ronda.» Il ragazzo sorrise poi sollevò una mano.
«Buona fortuna.»
Buttò
via la sigaretta e diede loro le spalle, allontanandosi. Ma
prima di farlo, volse una rapida occhiata in direzione di Rachel. E non
appena
lo fece, un sorriso complice, come se volesse farle capire qualcosa, si
dipinse
sul suo volto. E a quel punto la corvina capì che lui non si
era affatto
dimenticato di lei. Poco dopo, Kevin svanì nel vicolo dal
quale era saltato
fuori.
La
compagnia rimase immobile, ad osservare quel punto come se da
lì
avessero appena visto sbucare un fantasma. Rachel cominciò a
credere che non
fosse totalmente errato pensarla in quel modo.
Solamente
dopo diversi istanti, Amalia si riscosse. «Bene. Ora
sappiamo cosa fare.»
«Che
intendi dire?» domandò Tara, ancora con la bocca
semiaperta per
lo stupore e gli occhi posati sul vicolo.
«Mi
sembra chiaro.» Komand’r scrollò le
spalle. «Abbiamo un magazzino
da controllare.»
«Che
cosa?!» Red X si voltò verso di lei di scatto.
«Vuoi davvero dare
retta a quel tossicomane?!»
«Abbiamo
altra scelta, Rosso?» domandò la mora, inarcando
un
sopracciglio. «E comunque aveva sicuramente un volto
più ben messo del tuo.»
Il
ragazzo si portò d’istinto una mano su uno dei
numerosi tagli
presenti sulla sua faccia, poi fece una smorfia e distolse lo sguardo
da lei.
Scese
nuovamente il silenzio. Rachel rimuginò per diversi istanti.
Kevin sembrava averla riconosciuta, e quel sorriso non le era affatto
piaciuto.
Eppure... malgrado tutto, quel ragazzino l’aveva
già aiutata una volta,
offrendole quella benzina. Forse potevano davvero fidarsi di lui.
C’era solo un
modo per scoprirlo.
«Amalia
ha ragione» fece, spostando lo sguardo sulla mora.
«Andiamo a
controllare questo posto.»
«Anche
tu, Rachel?» domandò Lucas, quasi esasperato.
«Ci
serve un posto per leccarci le ferite, prima che accadano altre
cose spiacevoli. Non so tu, ma io non vorrei essere nei paraggi quando
questi...
"Underdog", ci beccheranno ad infrangere il loro coprifuoco.»
«Infatti»
convenne Tara, annuendo. «Per oggi ne ho abbastanza di pazzi
psicotici.»
«Idem.»
Ryan si mise accanto alla sorella, stringendo forte la
tracolla del borsone.
Lucas
fece vagare lo sguardo su tutti loro, dal primo all’ultimo,
interdetto.
«Se
non vuoi venire nessuno ti costringe, Rosso»
incalzò ancora
Amalia, sfidandolo nuovamente con lo sguardo.
Anche la
corvina lo osservò dritto negli occhi, senza dire nulla. Non
si sarebbe certo dimenticata facilmente il modo con cui le aveva
risposto, poco
prima. Probabilmente le parole di Dreamer avevano aperto in lui qualche
cicatrice, ma come anche Amalia aveva detto, prendersela con loro non
era il
modo giusto di comportarsi. Tuttavia, avrebbe preferito che anche lui
decidesse
di dare un occhiata a questo magazzino. Arrabbiato o no, Red X era una
risorsa
preziosa per quel gruppetto di ragazzi.
L’ultima
persona su cui il moro si soffermò con lo sguardo fu proprio
lei. Il viola e il blu dei loro occhi si scontrarono. Rachel mantenne i
nervi
saldi, ma anche lui non sembrava intenzionato ad arrendersi facilmente.
Non fare lo
stupido, Lucas. Vieni anche tu.
Il
ragazzo la osservò ancora per un breve momento. Rachel
strinse i
pugni. Fece quasi per dirgli a voce ciò che aveva appena
pensato, quando lui
grugnì di disappunto, chiudendo le palpebre e scuotendo la
testa. «So già che
ci faremo ammazzare...»
La
conduit sentì i propri nervi sciogliersi non appena
udì quelle
parole. Solamente in quel momento realizzò quanto davvero
sperasse che lui
rimanesse insieme a loro.
Amalia,
accanto a lei, sorrise soddisfatta. E anche Tara sembrò
tranquillizzarsi.
E senza
perdersi in ulteriori indugi, proseguirono verso la loro nuova
meta, in quella città che con molto meno di quanto ci si
sarebbe aspettati,
aveva già fatto rimpiangere Empire a Rachel.
***
«Safe
Travel. Eccoci qua.»
Era ormai
mattino quando i ragazzi si pararono di fronte ad un grosso
cancello, con appiccicata sopra un’enorme insegna, che
recitava le parole
appena lette da Lucas.
Il cielo
era di un limpido azzurro, il sole quasi accarezzava con i suoi raggi i giovani
rifugiati di
Empire.
Rachel fu
costretta ad allungare il collo per riuscire a vedere quanto
enorme fosse quel posto. Non il magazzino in sé, quanto
più tutto il cortile
intorno ad esso. Doveva essere una compagnia davvero grande quella, per
possedere un tale stabilimento.
Scavalcarono
la recinzione ed entrarono. Per fortuna la zona
industriale non era molto lontana dal luogo in cui avevano incontrato
Kevin, e
grazie alle indicazioni stradali non era stato difficile giungere fino
a lì.
Erano stati fortunati, alla fine. Riuscire a trovare in così
poco tempo un
luogo in una città che non si conosceva non era cosa che
capitava sempre.
Rachel ricordava di essersi persa almeno un migliaio di volte nel Neon
e nel
Centro Storico.
Camminarono
sul cortile ricoperto da terriccio arancione. Era davvero
uno spazio enorme, dovevano starci almeno un centinaio di veicoli, tra
camion,
rimorchi e furgoni.
Il
magazzino era un lungo capannone, di almeno due o più piani,
con
un’alta torre con in cima una cisterna che svettava accanto
ad esso. L’enorme
portellone era chiuso con due giri di una spessa catena, ma a Rachel
bastò poco
per farla saltare via.
Quando
furono dentro rimasero senza parole. Visto dall’interno
l’edificio sembrava ancora più grande.
Un
immenso spazio si stagliava di fronte a loro, occupato da decine di
macchinari e scaffali. Alcuni avevano ancora della merce sui ripiani,
altri
erano deserti. Accatastati contro il muro si trovava un incalcolabile
numero di
scatoloni, diversi erano per terra, molti altri contenevano ancora
delle merci
imballate al loro interno.
Una rampa
di scale conduceva al piano superiore e ad una fitta rete di
passerelle sopraelevate, e ancora più in
profondità si notavano alcuni piccoli
locali, probabilmente degli uffici.
Non
sembrava esserci nessuno in giro. Il rumore dei passi di Rachel e
dei suoi compagni era l’unico presente.
«Strano»
commentò Lucas, avvicinandosi ad uno degli scaffali ed
esaminandolo, mentre si slacciava lo zaino dalle spalle.
«Cosa?»
domandò Rachel portandosi accanto a lui, mentre gli altri
ragazzi davano un’occhiata per conto loro. Ryan e Tara
sembravano meravigliati
da ogni cosa che vedevano, mentre Amalia si guardava intorno con
più
diffidenza.
«Guarda
quanta roba c’è qui.» Lucas
sollevò una matassa di cavi ancora
chiusa dal ripiano e gliela mostrò.
«Perché non se la sono presa quando questo
posto ha chiuso i battenti?»
«Forse
per loro non era poi così importante»
replicò lei, posando una
mano sulle sue e costringendolo ad abbassare l’oggetto.
Sorrise e cercò il suo
sguardo, ma lui lo evitò come la peste. Il sorriso
svanì dal suo volto.
Per tutto
il viaggio il ragazzo aveva mantenuto quel comportamento.
Non aveva aperto bocca, se non per dire quelle tre o quattro cose. E
per tutto
il tempo aveva lasciato che fosse Amalia a guidare il gruppo.
All’inizio Rachel
un po’ con lui ce l’aveva ancora, ma dopo aver
notato il suo silenzio e anche
la sua aria afflitta aveva cominciato a dispiacersi. Era ovvio che si
stesse
rimproverando da solo per come si era comportato con loro quel mattino.
«Che
c’è, Lucas?» chiese a quel punto la
corvina, sospirando. «Pensi
ancora a quello che hai detto prima? Guarda che devi stare tranquillo,
non sono
arrabbiata con te...»
Il moro
posò la matassa, sempre senza guardarla. «Beh...
potevo
comunque evitare di trattarti in quel modo...»
«È
stato Dreamer, Lucas. È normale che dopo tu ti fossi
arrabbiato. Se
avesse detto le stesse cose a me, ma usando Richard o i miei genitori
come
soggetto, probabilmente nemmeno io l’avrei presa bene... a
proposito, come
faceva a sapere che...»
«Questo
è il punto. Non ne ho idea.» Lucas
sospirò. «Credo... che
l’abbia capito da solo che... il mio passato è
stato un tantino turbolento...
ma d’altronde, tu che penseresti guardandomi per la prima
volta? Con il muso da
criminale che mi ritrovo...»
«Certo,
ridotto come sei...» sospirò Rachel, per poi
posargli una mano
sulla guancia e farlo voltare verso di lei. Lo avevano conciato davvero
male,
in effetti, i Visionari. Aveva diversi lividi, ognuno dalle sfumature
violacee,
ed era ricoperto di sangue secco. Chiunque sarebbe stato scambiato per
un poco
di buono, così.
La mano
di Corvina si illuminò di nero, e cominciò
l’operazione di
guarigione sul volto del ragazzo. Dopo pochi istanti, il buon vecchio
Lucas era
come nuovo.
La sua
pelle dapprima pallida aveva riacquistato un po’ di colore,
ora
che ci faceva caso. Forse stare tutto quel tempo sotto il sole aveva
dato i
suoi frutti, almeno per lui. Rimase così concentrata su quel
dettaglio che non
si rese nemmeno conto di avere ancora la mano appoggiata alla sua
guancia.
Fu solo
quando lui la ringraziò che la ragazza sussultò e
la ritirò.
«Non...
non c’è di che...» Rachel distolse lo
sguardo da lui,
imbarazzata. «E comunque... non hai un volto da
criminale...»
Lo
sentì ridacchiare e ricevette un colpetto sul braccio.
«Grazie
Rachel.»
La
conduit sorrise, poi si voltò. «Meglio che mi
occupi anche gli
altri.»
«Buona
idea. Io invece vado a dare un’occhiata fuori. Voi cercate di
sistemarvi qui.»
«D’accordo.»
I due
ragazzi si divisero. La prima persona
da cui andò fu Amalia. La sorella di Ryan le
stava dando le spalle, ma si voltò di scatto non appena
Rachel fu a pochi passi
da lei. «Che cosa vuoi?»
La
corvina si fermò e notò immediatamente che sul
suo volto non erano
presenti grosse ferite, giusto un lieve ematoma sotto
l’occhio destro e qualche
graffio. «Nulla, volevo solo occuparmi delle tue
ferite...»
«Ah.
Ok. » La mora si voltò di profilo, mostrandole
prima l’occhio
nero. «Comincia da qui.»
«Ehm...
va bene.» Un tono un po’ più cordiale
non le sarebbe affatto
dispiaciuto.
Mentre la
curava osservò con attenzione i suoi lineamenti, e non
poté
non notare quanto fosse simile a Stella, per non dire uguale a lei. Il
suo
stomaco si ingarbugliò quando ebbe quel pensiero. Non sapeva
quanto ancora
sarebbe riuscita ad andare avanti, continuando ad avere sia Amalia che
Ryan nei
paraggi. Ogni volta che li guardava vedeva Stella al loro posto.
Avrebbe
sicuramente finito con l’impazzire continuando di quel passo,
ne era certa.
«Hai
finito?» domandò improvvisamente la ragazza di
fronte a lei,
facendola tornare alla realtà.
«Sì,
sì...» La conduit allontanò la mano e
si massaggiò una tempia,
sospirando. Il viso di Kom era di nuovo liscio, privo di graffi, ferite
ed
imperfezioni di qualsiasi tipo.
Era
proprio bella, ora che ci faceva caso. Nonostante le guancie
leggermente scavate, nonostante l’aria seria che possedeva in
continuazione,
nonostante i capelli spettinati. Nonostante qualsiasi cosa sembrasse
volerla
imbruttire, era comunque bella. Doveva proprio essere una cosa di
famiglia.
Chissà se anche lei, come Kori, ai
tempi
della scuola era corteggiata da tanti ragazzi. Certo, se con tutti loro
si era
sempre comportata come con Lucas, allora Rachel né dubitava.
«Perché
mi guardi?»
La
corvina trasalì e distolse lo sguardo da lei.
«Ehm... niente...»
«Mh.
Bene.»
Amalia
tirò fuori il pacchetto di sigarette dalla tasca e ne prese
una. Se la portò alla bocca e la accese. La sua punta si
tinse di un rosso
incandescente e la ragazza buttò fuori una nuvola di fumo,
poi le diede le
spalle, sospirando. «È incredibile,
vero?»
«Che
cosa?»
«Tutto
questo.» Amalia indicò il magazzino, per poi
voltarsi di nuovo
verso di lei. «Il fatto che... che abbiamo lasciato Empire
sperando di trovare
un posto migliore in cui vivere, e invece abbiamo trovato un altro
manicomio
travestito da città. Non... non è
giusto.»
Rachel si
mordicchiò l’interno della guancia. Quanta
verità in così
poche parole.
«Certo,
ora siamo al sicuro, ma quanto durerà? Anche in
quell’altra
casa ci credevamo al sicuro, e guarda com’è
finita. No, no...» La ragazza fece
un altro tiro di sigaretta, nervosa, per poi scuotere la testa.
«Questa storia
non può finire bene. Non se non ce ne andiamo al
più presto. Non è che tu puoi
portarci fuori città in volo? Uno per uno,
ovviamente.»
«Beh...
è un’idea. Ma ora come ora non credo che ce la
farei.
Cerchiamo di far passare qualche ora, il tempo di recuperare le forze e
magari
mangiare qualcosa. Dopo, tutti insieme, potremo decidere.»
Komand’r
annuì, con un’espressione così
pensierosa che Rachel dubitò
che l’avesse davvero sentita. «Ok.»
Corvina
abbassò lo sguardo, osservandosi le scarpe da ginnastica,
altrettanto pensierosa.
Empire
per tutti loro aveva rappresentato l’inferno, dopo essersene
andati da quel posto Rachel aveva creduto davvero di poter
ricominciare, e
invece era finita in quel modo. Aveva scelto i numeri sbagliati della
roulette,
di nuovo.
E
probabilmente anche gli altri stavano pensando lo stesso. Dopo tanti
problemi l’unica cosa che desideravano era un po’
di pace, invece avevano
ottenuto l’opposto.
L’aveva quasi
sorpresa il
comportamento di Amalia, tuttavia, quando le aveva detto quelle parole.
Credeva
che l’avrebbe presa molto peggio.
Per
quanto si sforzasse, ancora non riusciva a capire cosa frullasse
nella mente della sorella di Ryan. Il suo umore oscillava costantemente
da un
estremo all’altro. Ma ormai credeva di avere capito il
perché. Komand’r aveva
sofferto molto più di quanto ci si sarebbe potuti aspettare.
Aveva perso i
genitori, la sorella, l’amico di famiglia che si era preso
cura di lei ad
Empire e ora temeva che anche al fratellino accadesse qualcosa. Era
molto più
sotto stress di quanto dava a vedere. Chiunque ad un tale punto avrebbe
perso
la testa almeno in parte.
Tra loro
scese un breve attimo di silenzio. Rachel fece per andarsene,
ma poi le tornò in mente una cosa. Le venne da sorridere.
«Davvero nel Dedalo
quelli che dicevano di volerti aiutare si abbassavano i
pantaloni?» domandò,
sperando anche di riuscire a sdrammatizzare un po’ la
situazione.
Amalia
spostò lo sguardo su di lei. All’inizio parve
sorpresa da
quella domanda, ma poco dopo sorrise anche lei. «O quello, o
cercavano di
rapinarti. O tutte e due le cose se non avevi un soldo con
te.»
«Cavolo...
non deve essere stato molto bello...»
La mora
scrollò le spalle, mentre faceva cadere la cenere dalla
punta
della sigaretta. «Se non altro era molto più
facile colpirli alle palle.»
Rachel
ridacchiò. «Giusto. Però è
strano, Lucas non mi aveva mai
raccontato di questa cosa...»
«Sì,
beh, non è proprio una cosa di cui essere fieri di
raccontare...»
«Immagino
tu abbia ragione...» replicò la corvina, ridendo
nuovamente.
Amalia la
imitò, per poi buttare a terra la sigaretta.
Ritornò seria
quasi all’improvviso, prima di guardarla di nuovo.
«A proposito... ti ho vista
parlare con lui poco fa’. Era ancora arrabbiato?»
«No,
no, anzi, era piuttosto dispiaciuto. Immagino che prima o poi ti
farà le sue scuse.»
«Non
vedo l’ora.» Un sorriso sadico si dipinse sul volto
della
ragazza. «Lo farò strisciare ai miei piedi mentre
implorerà la mia pietà!»
«Dubito
fortemente che ciò accadrà...» disse
Rachel, anche se il
pensiero di quella scena la fece sorridere divertita.
«Fidati,
tu non mi conosci ancora...» rispose Amalia, con aria
compiaciuta. «... prima di trasferirmi qui ho castigato
così tanti ragazzi che
ormai ho perso il conto...»
«Li...
li hai castigati? In che senso, scusa?» domandò la
conduit,
imporporando all’idea della possibile risposta.
Risposta
che tuttavia non giunse. Komand’r si limitò a
distendere il
suo sorrisetto diabolico, per poi distogliere lo sguardo da lei. A quel
punto,
si fece nuovamente seria. «Ehi, ma la biondina e Ryan dove
sono finiti?»
«Cosa?»
Rachel si voltò, guardandosi intorno. Non notò la
presenza né
di Ryan, né di Tara. E ora che ci pensava, anche Lucas era
sparito da un po’.
Impallidì
all’improvviso. «Pensi... pensi che...»
Si
interruppe di colpo, quando un potente tonfo provenne dal fondo del
magazzino. Entrambe trasalirono, poi si guardarono di nuovo tra loro.
La
corvina intuì che i suoi stessi pensieri stessero frullando
anche nella mente
di Amalia.
Senza
dire altro cominciarono a correre verso il luogo d’origine di
quel rumore.