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Autore: edoardo811    18/03/2016    3 recensioni
Il mondo è finito. Come reagiresti se sentissi tu queste parole? Come reagiresti se potessi accertarti con i tuoi stessi occhi che queste parole sono vere?
Questo è ciò con cui Rachel è costretta a convivere ogni giorno. Quando vede la gente morire di fame per strada, quando vede l'ennesima banda di tagliagole generare il caos, quando è costretta a combattere fino allo stremo per la propria vita e per quella delle poche persone care che le sono rimaste.
Per quanto tempo può la volontà di una persona riuscire a resistere alle crudeltà che la vita riserva?
Si dice che l'ultima candela sia sempre quella che impiega più tempo a spegnersi, ma cosa potrebbe accadere quando anche la speranza cessa di esistere?
Rachel con i suoi poteri potrebbe distruggere l'intero creato. Che cosa se ne farà?
Li userà per aiutare il mondo... o per aiutare semplicemente sé stessa?
Genere: Angst, Azione, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Raven, Red X, Robin, Slade
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Incompiuta, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'InFAMOUS: The Series'
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Capitolo 10: SAFE TRAVEL

 

Uscirono da una specie di galleria che conduceva verso l’alto e si ritrovarono in una strada nel cuore di quel quartiere storico, lontani da quel pazzo truccato da teschio messicano e vestito come se lo steampunk andasse ancora di moda.

A quanto pare erano stati condotti nei sotterranei di una grossa cattedrale, a giudicare dall’imponente costruzione antica che si trovava alle loro spalle. Le sue guglie e torri svettavano alte nel cielo e decine di gargolla li scrutavano dall’alto, sopra le loro postazioni realizzate in coppi.

Il cielo era di un colorito rossastro, con sfumature arancioni. L’alba era giunta.

Cominciarono a correre, trascinandosi dietro zaini e borsoni. Vollero allontanarsi il più possibile da quel luogo, prima che Dreamer si rimangiasse la parola e sguinzagliasse tutti i suoi uomini. Ammesso che davvero avesse ordinato loro di non cercarli.

Rachel continuò a far vagare lo sguardo attorno a sé, alla ricerca di qualsiasi possibile attentatore. Fu solo dopo aver percorso diversi isolati che si tranquillizzò. Non si vedeva ancora nessuno in giro, tra i vicoli e le costruzioni di mattoni e ciottoli. Né cittadini, né Visionari. Per la prima volta in assoluto, la corvina fu contenta di vedere quelle strade così deserte.

Il gruppetto non smise di correre per quello che le parve almeno un chilometro. O forse era molto meno, ma non essendo affatto abituata a simili sforzi fisici, per lei fu proprio come se lo fosse.

Fu solo quando si fermò Lucas, rimasto in testa per tutto il tempo, che anche gli altri poterono concedersi di farlo.

«Cazzo! E ora che diavolo si fa, Rosso?» domandò Amalia, abbandonandosi contro una parete per riprendere fiato. «Come lasciamo la città? Siamo senza macchina! E non possiamo certo tornare...»

«Zitta dannazione, sta zitta!» urlò Lucas, interrompendola.

Corvina sgranò gli occhi, udendo quella reazione. Perfino Amalia, dopo tanti battibecchi con lui, ammutolì.

«La devi smettere...» cominciò il ragazzo, puntandole contro un dito. «... di rompermi le palle. Hai capito?! E anche voi!»

Si voltò verso di Tara, Ryan e Rachel. I primi due trasalirono quando notarono la sua espressione furente. «Dovete piantarla di rivolgermi a me come se io avessi sempre la risposta pronta a tutto! Io non sono onnisciente! E non ho mai detto di essere il vostro capo, quello a cui chiedere aiuto per ogni dannata cosa! Avete un cazzo di cervello, no? Beh, usatelo! O devo spiegarvi anche come funziona quello?!»

«L-Lucas, calmati...» mormorò Rachel, cercando di sfiorarlo con una mano, ma quello si ritrasse, ringhiando come un cane rabbioso.

«Non toccarmi Roth. Non provarci mai più» sibilò, con voce carica di odio.

«Lucas...»

La conduit non seppe cosa pensare. Perché si comportava così, tutto ad un tratto? Perché con loro? Perché con... con lei?

«Falla finita, idiota» sbottò Amalia, separandosi dal muro.

Rachel si trasformò in una statua di marmo quando notò l’espressione che assunse Lucas udendo quelle parole.

«Come mi hai chiamato?» domandò lui, sussurrando minaccioso le parole, parandosi di fronte a Komand’r.

La ragazza non batté ciglio quando se lo ritrovò a pochi centimetri da lei. «Mi hai sentita. Finiscila di comportarti da moccioso arrabbiato con il mondo.»

«Adesso sarei arrabbiato con il mondo?» Lucas piegò il capo, squadrandola da cima a fondo, pugni stretti e mascella contratta.

La mora incrociò le braccia, avvicinando il volto al suo. Pochi millimetri li separavano. «Stammi bene a sentire, demente. Non sei di certo l’unico che ci è rimasto di merda dopo quello che è appena successo, e immagino anche che le parole che ti ha detto Dreamer abbiano...»

«ZITTA!» sbraitò il ragazzo, piantandole l’indice contro l’addome. «Quello che ha detto non c’entra un...»

«Ma ciò non ti autorizza a prendertela con noi!» gridò la ragazza, tirandogli uno schiaffo alla mano. Poi fu il suo turno di puntare il dito, dritto al collo del ragazzo. «Noi non siamo il tuo sacco da boxe, hai capito?! Sei incazzato? Bene, prendi un muro a testate finché non ti calmi, non mi interessa. Ma lascia in pace noi altri.»

Lucas ringhiò e scostò la mano della ragazza con un gesto rabbioso. I due si fissarono intensamente negli occhi, come due animali pronti a lottare per il loro territorio, e avvicinarono ulteriormente i loro volti. Rachel li osservò, interdetta. Come lei, anche Tara e Ryan sembravano impossibilitati a staccare loro gli occhi di dosso. Ma fu solo quando la corvina vide le loro fronti così vicine da sfiorarsi, che intuì che se non avesse fatto qualcosa alla svelta le cose si sarebbero messe male.

Fece per muoversi, ma una voce la anticipò, facendole gelare il sangue nelle vene: «Problemi di coppia?»

Tutti si voltarono di scatto, anche Lucas e Amalia, verso un vicolo poco distante da loro, da dove le parole erano provenute. Un ragazzo uscì fuori dall’ombra, con indosso un berretto a visiera e una sigaretta accesa in bocca. «Peccato, sembravate così carini insieme...»

Rachel rimase a bocca aperta quando lo vide. Non poteva essere vero. Non di nuovo lui. Non lì. Non in quel momento.

«Chi diavolo sei tu?» domandò Lucas, guardandolo di traverso. «Ti consiglio di lasciarci in pace, o non tornerai più a casa sulle tue gambe.»

Il ragazzino ridacchiò, per poi fare un tiro di sigaretta. «Tranquillo amico, non sono qui per infastidirvi. Voglio solo... aiutarvi.»

«Definisci aiutare» disse Amalia, estraendo la pistola con cui aveva minacciato Dreamer e puntandogliela. «Perché dove vivevo io, quando qualcuno diceva di volerti aiutare si abbassava i pantaloni davanti a te.»

«Non... credo di avere certe intenzioni...» Il ragazzino sorrise, quasi divertito, poi cominciò ad avvicinarsi al gruppetto. «No, no, potete stare tranquilli. Mi chiamo Kevin.» Porse una mano a Lucas. Non appena notò che il moro non era affatto intenzionato a stringergliela, la ritirò, senza smettere di sorridere. «Ecco, non ho potuto fare a meno di notare che... siete arrivati parecchio di corsa... dalla Old Sub.» Indicò la via da dove erano provenuti, per poi storcere la bocca in un’espressione quasi di dolore. «Brutto posto. Davvero brutto. Gira... certa gente...»

«Taglia corto» lo interruppe Lucas. «Che diavolo vuoi?»

«Sentite, avremo circa la stessa età, voi forse siete un filino più giovani di me.» Kevin buttò fuori una nuvola di fumo, prima di proseguire, gesticolando con la mano. «Mi... spiacerebbe parecchio vedere dei ragazzi come voi finire nei guai, di nuovo.» Sollevò lo sguardo, osservandoli serio in volto. «C’è un magazzino abbandonato nella zona industriale, apparteneva ad una ditta di trasporti. Si chiamava Safe Travel, o una roba del genere. Penso che potrebbe essere un buon posto per rifugiarvi, se vi interessa.»

Rachel sollevò un sopracciglio. Fino a quel momento Kevin non sembrava nemmeno averla notata, forse nemmeno si ricordava di averla vista giusto la sera prima. E ora che ci faceva caso, sembrava quasi un’altra persona. Era molto più... socievole. E inoltre, dove diavolo era l’altro ragazzo? Dom, se non ricordava male. Perché lui non c’era?

Volle domandarglielo, ma poi si morse la lingua. Chiederglielo in quel momento l’avrebbe portata a fornire non poche spiegazioni ai suoi amici, e proprio non le andava di rievocare il pessimo stato d’animo che aveva avuto durante quell’incontro alla stazione di servizio.

«Perché ci stai dicendo queste cose?» domandò ancora Lucas, scettico. «E perché dovremmo fidarci di uno sconosciuto?»

Kevin sollevò le mani, in segno di resa. «Ehi, io cercavo solo di aiutarvi. Siete nuovi di queste parti, è giusto che sappiate le cose prima che vi ritroviate svenuti in una vasca piena di ghiaccio e con quale organo in meno. Gli Underdog controllano la città ed uccidono tutti quelli che infrangono il coprifuoco. E voi lo state decisamente infrangendo. Ma alla fine, fidarsi è bene, non fidarsi è meglio. Potreste ascoltare il mio consiglio, andare al magazzino e ritrovarvi addosso un branco di maniaci. Oppure potrebbe non succedervi nulla e trovare un rifugio sicuro, per il momento. Scegliete cosa vi pare, ma ricordate che non vi resta molto tempo. Tra poco comincia l’ultima ronda.» Il ragazzo sorrise poi sollevò una mano. «Buona fortuna.»

Buttò via la sigaretta e diede loro le spalle, allontanandosi. Ma prima di farlo, volse una rapida occhiata in direzione di Rachel. E non appena lo fece, un sorriso complice, come se volesse farle capire qualcosa, si dipinse sul suo volto. E a quel punto la corvina capì che lui non si era affatto dimenticato di lei. Poco dopo, Kevin svanì nel vicolo dal quale era saltato fuori.

La compagnia rimase immobile, ad osservare quel punto come se da lì avessero appena visto sbucare un fantasma. Rachel cominciò a credere che non fosse totalmente errato pensarla in quel modo.

Solamente dopo diversi istanti, Amalia si riscosse. «Bene. Ora sappiamo cosa fare.»

«Che intendi dire?» domandò Tara, ancora con la bocca semiaperta per lo stupore e gli occhi posati sul vicolo.

«Mi sembra chiaro.» Komand’r scrollò le spalle. «Abbiamo un magazzino da controllare.»

«Che cosa?!» Red X si voltò verso di lei di scatto. «Vuoi davvero dare retta a quel tossicomane?!»

«Abbiamo altra scelta, Rosso?» domandò la mora, inarcando un sopracciglio. «E comunque aveva sicuramente un volto più ben messo del tuo.»

Il ragazzo si portò d’istinto una mano su uno dei numerosi tagli presenti sulla sua faccia, poi fece una smorfia e distolse lo sguardo da lei.

Scese nuovamente il silenzio. Rachel rimuginò per diversi istanti. Kevin sembrava averla riconosciuta, e quel sorriso non le era affatto piaciuto. Eppure... malgrado tutto, quel ragazzino l’aveva già aiutata una volta, offrendole quella benzina. Forse potevano davvero fidarsi di lui. C’era solo un modo per scoprirlo.

«Amalia ha ragione» fece, spostando lo sguardo sulla mora. «Andiamo a controllare questo posto.»

«Anche tu, Rachel?» domandò Lucas, quasi esasperato.

«Ci serve un posto per leccarci le ferite, prima che accadano altre cose spiacevoli. Non so tu, ma io non vorrei essere nei paraggi quando questi... "Underdog", ci beccheranno ad infrangere il loro coprifuoco.»

«Infatti» convenne Tara, annuendo. «Per oggi ne ho abbastanza di pazzi psicotici.»

«Idem.» Ryan si mise accanto alla sorella, stringendo forte la tracolla del borsone.

Lucas fece vagare lo sguardo su tutti loro, dal primo all’ultimo, interdetto.

«Se non vuoi venire nessuno ti costringe, Rosso» incalzò ancora Amalia, sfidandolo nuovamente con lo sguardo.

Anche la corvina lo osservò dritto negli occhi, senza dire nulla. Non si sarebbe certo dimenticata facilmente il modo con cui le aveva risposto, poco prima. Probabilmente le parole di Dreamer avevano aperto in lui qualche cicatrice, ma come anche Amalia aveva detto, prendersela con loro non era il modo giusto di comportarsi. Tuttavia, avrebbe preferito che anche lui decidesse di dare un occhiata a questo magazzino. Arrabbiato o no, Red X era una risorsa preziosa per quel gruppetto di ragazzi.

L’ultima persona su cui il moro si soffermò con lo sguardo fu proprio lei. Il viola e il blu dei loro occhi si scontrarono. Rachel mantenne i nervi saldi, ma anche lui non sembrava intenzionato ad arrendersi facilmente.

Non fare lo stupido, Lucas. Vieni anche tu.

Il ragazzo la osservò ancora per un breve momento. Rachel strinse i pugni. Fece quasi per dirgli a voce ciò che aveva appena pensato, quando lui grugnì di disappunto, chiudendo le palpebre e scuotendo la testa. «So già che ci faremo ammazzare...»

La conduit sentì i propri nervi sciogliersi non appena udì quelle parole. Solamente in quel momento realizzò quanto davvero sperasse che lui rimanesse insieme a loro.

Amalia, accanto a lei, sorrise soddisfatta. E anche Tara sembrò tranquillizzarsi.

E senza perdersi in ulteriori indugi, proseguirono verso la loro nuova meta, in quella città che con molto meno di quanto ci si sarebbe aspettati, aveva già fatto rimpiangere Empire a Rachel.

 

***

 

«Safe Travel. Eccoci qua.»

Era ormai mattino quando i ragazzi si pararono di fronte ad un grosso cancello, con appiccicata sopra un’enorme insegna, che recitava le parole appena lette da Lucas.

Il cielo era di un limpido azzurro, il sole quasi accarezzava con i suoi raggi i giovani rifugiati di Empire.

Rachel fu costretta ad allungare il collo per riuscire a vedere quanto enorme fosse quel posto. Non il magazzino in sé, quanto più tutto il cortile intorno ad esso. Doveva essere una compagnia davvero grande quella, per possedere un tale stabilimento.

Scavalcarono la recinzione ed entrarono. Per fortuna la zona industriale non era molto lontana dal luogo in cui avevano incontrato Kevin, e grazie alle indicazioni stradali non era stato difficile giungere fino a lì. Erano stati fortunati, alla fine. Riuscire a trovare in così poco tempo un luogo in una città che non si conosceva non era cosa che capitava sempre. Rachel ricordava di essersi persa almeno un migliaio di volte nel Neon e nel Centro Storico.

Camminarono sul cortile ricoperto da terriccio arancione. Era davvero uno spazio enorme, dovevano starci almeno un centinaio di veicoli, tra camion, rimorchi e furgoni.

Il magazzino era un lungo capannone, di almeno due o più piani, con un’alta torre con in cima una cisterna che svettava accanto ad esso. L’enorme portellone era chiuso con due giri di una spessa catena, ma a Rachel bastò poco per farla saltare via.

Quando furono dentro rimasero senza parole. Visto dall’interno l’edificio sembrava ancora più grande.

Un immenso spazio si stagliava di fronte a loro, occupato da decine di macchinari e scaffali. Alcuni avevano ancora della merce sui ripiani, altri erano deserti. Accatastati contro il muro si trovava un incalcolabile numero di scatoloni, diversi erano per terra, molti altri contenevano ancora delle merci imballate al loro interno.

Una rampa di scale conduceva al piano superiore e ad una fitta rete di passerelle sopraelevate, e ancora più in profondità si notavano alcuni piccoli locali, probabilmente degli uffici.

Non sembrava esserci nessuno in giro. Il rumore dei passi di Rachel e dei suoi compagni era l’unico presente.

«Strano» commentò Lucas, avvicinandosi ad uno degli scaffali ed esaminandolo, mentre si slacciava lo zaino dalle spalle.

«Cosa?» domandò Rachel portandosi accanto a lui, mentre gli altri ragazzi davano un’occhiata per conto loro. Ryan e Tara sembravano meravigliati da ogni cosa che vedevano, mentre Amalia si guardava intorno con più diffidenza.

«Guarda quanta roba c’è qui.» Lucas sollevò una matassa di cavi ancora chiusa dal ripiano e gliela mostrò. «Perché non se la sono presa quando questo posto ha chiuso i battenti?»

«Forse per loro non era poi così importante» replicò lei, posando una mano sulle sue e costringendolo ad abbassare l’oggetto. Sorrise e cercò il suo sguardo, ma lui lo evitò come la peste. Il sorriso svanì dal suo volto.

Per tutto il viaggio il ragazzo aveva mantenuto quel comportamento. Non aveva aperto bocca, se non per dire quelle tre o quattro cose. E per tutto il tempo aveva lasciato che fosse Amalia a guidare il gruppo. All’inizio Rachel un po’ con lui ce l’aveva ancora, ma dopo aver notato il suo silenzio e anche la sua aria afflitta aveva cominciato a dispiacersi. Era ovvio che si stesse rimproverando da solo per come si era comportato con loro quel mattino.

«Che c’è, Lucas?» chiese a quel punto la corvina, sospirando. «Pensi ancora a quello che hai detto prima? Guarda che devi stare tranquillo, non sono arrabbiata con te...»

Il moro posò la matassa, sempre senza guardarla. «Beh... potevo comunque evitare di trattarti in quel modo...»

«È stato Dreamer, Lucas. È normale che dopo tu ti fossi arrabbiato. Se avesse detto le stesse cose a me, ma usando Richard o i miei genitori come soggetto, probabilmente nemmeno io l’avrei presa bene... a proposito, come faceva a sapere che...»

«Questo è il punto. Non ne ho idea.» Lucas sospirò. «Credo... che l’abbia capito da solo che... il mio passato è stato un tantino turbolento... ma d’altronde, tu che penseresti guardandomi per la prima volta? Con il muso da criminale che mi ritrovo...»

«Certo, ridotto come sei...» sospirò Rachel, per poi posargli una mano sulla guancia e farlo voltare verso di lei. Lo avevano conciato davvero male, in effetti, i Visionari. Aveva diversi lividi, ognuno dalle sfumature violacee, ed era ricoperto di sangue secco. Chiunque sarebbe stato scambiato per un poco di buono, così.

La mano di Corvina si illuminò di nero, e cominciò l’operazione di guarigione sul volto del ragazzo. Dopo pochi istanti, il buon vecchio Lucas era come nuovo.

La sua pelle dapprima pallida aveva riacquistato un po’ di colore, ora che ci faceva caso. Forse stare tutto quel tempo sotto il sole aveva dato i suoi frutti, almeno per lui. Rimase così concentrata su quel dettaglio che non si rese nemmeno conto di avere ancora la mano appoggiata alla sua guancia.

Fu solo quando lui la ringraziò che la ragazza sussultò e la ritirò.

«Non... non c’è di che...» Rachel distolse lo sguardo da lui, imbarazzata. «E comunque... non hai un volto da criminale...»

Lo sentì ridacchiare e ricevette un colpetto sul braccio. «Grazie Rachel.»

La conduit sorrise, poi si voltò. «Meglio che mi occupi anche gli altri.»

«Buona idea. Io invece vado a dare un’occhiata fuori. Voi cercate di sistemarvi qui.»

«D’accordo.»

I due ragazzi si divisero. La prima persona  da cui andò fu Amalia. La sorella di Ryan le stava dando le spalle, ma si voltò di scatto non appena Rachel fu a pochi passi da lei. «Che cosa vuoi?»

La corvina si fermò e notò immediatamente che sul suo volto non erano presenti grosse ferite, giusto un lieve ematoma sotto l’occhio destro e qualche graffio. «Nulla, volevo solo occuparmi delle tue ferite...»

«Ah. Ok. » La mora si voltò di profilo, mostrandole prima l’occhio nero. «Comincia da qui.»

«Ehm... va bene.» Un tono un po’ più cordiale non le sarebbe affatto dispiaciuto.

Mentre la curava osservò con attenzione i suoi lineamenti, e non poté non notare quanto fosse simile a Stella, per non dire uguale a lei. Il suo stomaco si ingarbugliò quando ebbe quel pensiero. Non sapeva quanto ancora sarebbe riuscita ad andare avanti, continuando ad avere sia Amalia che Ryan nei paraggi. Ogni volta che li guardava vedeva Stella al loro posto. Avrebbe sicuramente finito con l’impazzire continuando di quel passo, ne era certa.

«Hai finito?» domandò improvvisamente la ragazza di fronte a lei, facendola tornare alla realtà.

«Sì, sì...» La conduit allontanò la mano e si massaggiò una tempia, sospirando. Il viso di Kom era di nuovo liscio, privo di graffi, ferite ed imperfezioni di qualsiasi tipo.

Era proprio bella, ora che ci faceva caso. Nonostante le guancie leggermente scavate, nonostante l’aria seria che possedeva in continuazione, nonostante i capelli spettinati. Nonostante qualsiasi cosa sembrasse volerla imbruttire, era comunque bella. Doveva proprio essere una cosa di famiglia. Chissà se anche lei, come Kori,  ai tempi della scuola era corteggiata da tanti ragazzi. Certo, se con tutti loro si era sempre comportata come con Lucas, allora Rachel né dubitava.

«Perché mi guardi?»

La corvina trasalì e distolse lo sguardo da lei. «Ehm... niente...»

«Mh. Bene.»

Amalia tirò fuori il pacchetto di sigarette dalla tasca e ne prese una. Se la portò alla bocca e la accese. La sua punta si tinse di un rosso incandescente e la ragazza buttò fuori una nuvola di fumo, poi le diede le spalle, sospirando. «È incredibile, vero?»

«Che cosa?»

«Tutto questo.» Amalia indicò il magazzino, per poi voltarsi di nuovo verso di lei. «Il fatto che... che abbiamo lasciato Empire sperando di trovare un posto migliore in cui vivere, e invece abbiamo trovato un altro manicomio travestito da città. Non... non è giusto.»

Rachel si mordicchiò l’interno della guancia. Quanta verità in così poche parole.

«Certo, ora siamo al sicuro, ma quanto durerà? Anche in quell’altra casa ci credevamo al sicuro, e guarda com’è finita. No, no...» La ragazza fece un altro tiro di sigaretta, nervosa, per poi scuotere la testa. «Questa storia non può finire bene. Non se non ce ne andiamo al più presto. Non è che tu puoi portarci fuori città in volo? Uno per uno, ovviamente.»

«Beh... è un’idea. Ma ora come ora non credo che ce la farei. Cerchiamo di far passare qualche ora, il tempo di recuperare le forze e magari mangiare qualcosa. Dopo, tutti insieme, potremo decidere.»

Komand’r annuì, con un’espressione così pensierosa che Rachel dubitò che l’avesse davvero sentita. «Ok.»

Corvina abbassò lo sguardo, osservandosi le scarpe da ginnastica, altrettanto pensierosa.

Empire per tutti loro aveva rappresentato l’inferno, dopo essersene andati da quel posto Rachel aveva creduto davvero di poter ricominciare, e invece era finita in quel modo. Aveva scelto i numeri sbagliati della roulette, di nuovo.

E probabilmente anche gli altri stavano pensando lo stesso. Dopo tanti problemi l’unica cosa che desideravano era un po’ di pace, invece avevano ottenuto l’opposto.

 L’aveva quasi sorpresa il comportamento di Amalia, tuttavia, quando le aveva detto quelle parole. Credeva che l’avrebbe presa molto peggio.

Per quanto si sforzasse, ancora non riusciva a capire cosa frullasse nella mente della sorella di Ryan. Il suo umore oscillava costantemente da un estremo all’altro. Ma ormai credeva di avere capito il perché. Komand’r aveva sofferto molto più di quanto ci si sarebbe potuti aspettare. Aveva perso i genitori, la sorella, l’amico di famiglia che si era preso cura di lei ad Empire e ora temeva che anche al fratellino accadesse qualcosa. Era molto più sotto stress di quanto dava a vedere. Chiunque ad un tale punto avrebbe perso la testa almeno in parte.

Tra loro scese un breve attimo di silenzio. Rachel fece per andarsene, ma poi le tornò in mente una cosa. Le venne da sorridere. «Davvero nel Dedalo quelli che dicevano di volerti aiutare si abbassavano i pantaloni?» domandò, sperando anche di riuscire a sdrammatizzare un po’ la situazione.

Amalia spostò lo sguardo su di lei. All’inizio parve sorpresa da quella domanda, ma poco dopo sorrise anche lei. «O quello, o cercavano di rapinarti. O tutte e due le cose se non avevi un soldo con te.»

«Cavolo... non deve essere stato molto bello...»

La mora scrollò le spalle, mentre faceva cadere la cenere dalla punta della sigaretta. «Se non altro era molto più facile colpirli alle palle.»

Rachel ridacchiò. «Giusto. Però è strano, Lucas non mi aveva mai raccontato di questa cosa...»

«Sì, beh, non è proprio una cosa di cui essere fieri di raccontare...»

«Immagino tu abbia ragione...» replicò la corvina, ridendo nuovamente.

Amalia la imitò, per poi buttare a terra la sigaretta. Ritornò seria quasi all’improvviso, prima di guardarla di nuovo. «A proposito... ti ho vista parlare con lui poco fa’. Era ancora arrabbiato?»

«No, no, anzi, era piuttosto dispiaciuto. Immagino che prima o poi ti farà le sue scuse.»

«Non vedo l’ora.» Un sorriso sadico si dipinse sul volto della ragazza. «Lo farò strisciare ai miei piedi mentre implorerà la mia pietà!»

«Dubito fortemente che ciò accadrà...» disse Rachel, anche se il pensiero di quella scena la fece sorridere divertita.

«Fidati, tu non mi conosci ancora...» rispose Amalia, con aria compiaciuta. «... prima di trasferirmi qui ho castigato così tanti ragazzi che ormai ho perso il conto...»

«Li... li hai castigati? In che senso, scusa?» domandò la conduit, imporporando all’idea della possibile risposta.

Risposta che tuttavia non giunse. Komand’r si limitò a distendere il suo sorrisetto diabolico, per poi distogliere lo sguardo da lei. A quel punto, si fece nuovamente seria. «Ehi, ma la biondina e Ryan dove sono finiti?»

«Cosa?» Rachel si voltò, guardandosi intorno. Non notò la presenza né di Ryan, né di Tara. E ora che ci pensava, anche Lucas era sparito da un po’.

Impallidì all’improvviso. «Pensi... pensi che...»

Si interruppe di colpo, quando un potente tonfo provenne dal fondo del magazzino. Entrambe trasalirono, poi si guardarono di nuovo tra loro. La corvina intuì che i suoi stessi pensieri stessero frullando anche nella mente di Amalia.

Senza dire altro cominciarono a correre verso il luogo d’origine di quel rumore.


   
 
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