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Autore: Stella94    18/03/2016    6 recensioni
Dalla storia:
"È come se si portasse via tutto quanto, una parte di me, la più completa.
È come se neppure esistessi più ed è solo un involucro quello che sento al posto del corpo.
Lui, la cosa più preziosa che mi sia mai capitata. La cosa che più ho sentito mia e che per uno scherzo del destino non potrà mai appartenermi."
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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È proprio davanti a me, a pochi centimetri di distanza. Il suo viso è caldo sotto la luce del sole che penetra dalla finestra.
Parla, gesticola con le mani aggrottando la fronte, quando si concentra per tenere il passo dietro un pensiero complicato.
I suoi occhi sembrano assorbire ogni più piccolo bagliore, e così li vedo mutare dall’azzurro intenso al blu profondo, dall’argento all’oro pallido. Potrei osservarli per ore i suoi occhi, protetti da uno strato di ciglia lunghe e definite, sinceri quando sorride per darmi coraggio, sempre autentici, mai del tutto spenti o offuscati di amarezza.
Il mio tuffo nel conforto.
Mi chiama, aspetta una mia risposta. Mi sento un po’ patetica mentre scuoto la testa e riprendo contatto con la realtà. Ci sono cascata ancora, dopo essermi ripromessa che non avrei commesso più lo stesso errore.
Ci sto provando, ci provo sempre, di continuo, incessantemente. Ma eccomi qui, seduta davanti a lui, con il suo sguardo che mi comunica le cose che voglio sentire. È un inganno, forse, solo fantasie del tutto sbagliate.
Un errore per alcuni, motivo di vergogna per altri. Per me semplicemente un soffio che mi spinge verso il cielo dove lui mi aspetta. Mi aspetta sempre.
─Emily?
Mi chiama ancora, forse l’avrà già fatto tante volte. Annuisco con fare deciso. Anche la voce si è convinta ad abbandonarmi. Provo a fare un colpo di tosse, a bere dall’acqua, masticando poi una caramella. Il cuore mi batte troppo forte ma a lui ho imparato a non fare più caso.
Posso anche riuscire a controllare i miei pensieri ma il cuore decide per se. È autonomo, fragile. Sa di correre il rischio ma si butta lo stesso, prima che tu riesca ad afferrarlo.
─Ti senti bene?
È  sinceramente preoccupato mentre inclina leggermente il viso, mi scruta con sospetto avvicinandosi pericolosamente al mio naso. Prego affinché io non arrossisca troppo.
─Si! ─Rispondo improvvisando un sorriso ─ Ho solo un leggero mal di testa.
─Vuoi che ci fermiamo?
─Oh no! ─ Scuoto le braccia forse un po’ troppo freneticamente ─Avevamo detto che ci saremmo impegnati oggi nello studio delle battute. Voglio farlo, davvero. Sai quanto è importante per me riuscire a fare un buon lavoro.
Inarca le sopracciglia assumendo quell'espressione tremendamente eccitante e allo stesso tempo tenera.
─D’accordo.
Si allunga per afferrare i fogli che aveva appoggiato a terra accanto al divano. La mia roulotte è piccola, dal tetto basso, ma calda, confortevole e piena di ricordi.
Ogni cosa intorno sembra parlarmi, e come un vecchio nastro mostra istanti indimenticabili di gioia e spensieratezza, scherzi fatti nel cuore della notte ubriachi di euforia, risate, pomeriggi passati davanti alla tv. Carezze, parole, i suoi occhi su di me…
Osservo Stephen rigirarsi il copione tra le dita. La sua espressione è concentrata mentre mi porge i fogli. Uno spiraglio di luce gli accarezza il viso, sembra più luminoso adesso. Gli occhi continuano a mutare colore.
─Vedi questa parte? ─ indica con il dito alcune battute. È  quasi un peccato imperdonabile per me abbassare gli occhi sulla carta stampata ─C’è scritto semplicemente “e poi lui la bacia”, ma io credo dovrebbe essere molto di più di questo. Sai, sono stati distanti per molto tempo. Oliver era distrutto dal senso di colpa, le mancava disperatamente. Questo è il momento in cui si ricongiungono, penso che bisognerebbe renderlo più… passionale.
Le sue labbra si baciano mentre pronuncia le ultime parole, e distrattamente mi perdo tra le loro pieghe ricordandone il sapore. Le mie mani cominciano a sudare, le sfrego sul tessuto della gonna mentre mi agito sul divano alla ricerca di un appiglio sicuro.
─Be’, hai perfettamente ragione.
Annuisco con una certa energia, vedendo una luce nuova comparire nei suoi occhi. La riconosco. È semplicemente inaspettata sorpresa, orgoglio, un abbaglio di temeraria accondiscendenza che lo rende così tremendamente avvincente. Ha la stessa  gioia di un bambino, dopo aver raccontato qualcosa di incredibilmente fantastico, surreale, che tu sorprendentemente hai capito.
─Cosa suggerisci di fare?
Chiedo sinceramente curiosa, mentre lo guardo alzarsi dal divano e porgermi una mano aiutandomi a raggiungerlo.
Ora sono davanti a lui e non saprei di per certo come dovrei sentirmi. Sollevata credo, tremendamente eccitata e allo stesso tempo spaventata. Stare così vicino a Stephen non è come stare davanti ad un ragazzo e basta. Lui è l’eccezione, quello sbaglio nella regola che la fa sembrare più perfetta.
Lo scruto dal basso immaginandoci in un’altra situazione. Lui sembra tranquillo, con le guance leggermente rosse fatte apposta per essere racchiuse in una carezza delicata.
In un attimo le sue mani sono su di me e mi rendo conto di essermi paralizzata e di trattenere il respiro. Le sento grandi, imponenti sopra i fianchi dove si allargano guadagnando spazio con le dita che sfregano contro il tessuto della maglietta di cotone.
Mi costringo a rimanere impassibile. Si tratta solo di un gioco, di quello che facciamo e che abbiamo reso parte di noi. Ma è inevitabile. Sotto la pelle il sangue scorre più velocemente ed è fuoco quello che comincia ad annebbiarmi la mente.
─Se io ti prendessi da dietro…
Sussurra soavemente e io non ho neppure il tempo di rendermene conto. Con un movimento fluido mi fa girare tra le sue braccia e adesso è il suo petto duro che preme contro la mia schiena.
Sono consapevole di essermi lasciata andare ad un sospiro troppo intenso, controverso, quasi un tentativo di assaporarlo sino in fondo.
E lo faccio, non voglio perdermelo. Ha un buon profumo questa mattina, penetrante, avvolgente. Sa di sole, dolcemente acre mi inebria fino a riempirmi di lui. È come essere premuta contro una superficie di granito, ma sorprendentemente confortevole, un rifugio. Quel posto che ho cercato, rubato nel momento in cui mi sono resa conto di quanto sia perfetto.
È un segreto sciocco che per paura non condivido. Non lo troverebbero ospitale quanto me, forse per loro sarebbe addirittura motivo di derisione.
Io mi sento bene, potrei restare così per sempre. Stringo gli occhi e immagino di poter fermare il tempo. Non avrei bisogno di altro, la mia vita riprende a scorrere nell’esatto momento in cui mi rendo conto che tra di noi non c’è confine.
─Com’era la battuta? ─ Bisbiglia pericolosamente vicino al mio orecchio ─”Non ho nessuna intenzione di vederti andare via adesso. Riuscirò a prenderti tutte le volte che mi volterai le spalle”. È così giusto?
─Si.
Rispondo debolmente con una voce che neppure mi sembra la mia. La realtà è che ho perso la consapevolezza del mio corpo già da molto tempo, e giurerei di volare addirittura se non fosse per le braccia di Stephen che mi tengono ferme contro di lui quasi a sfidarmi e a prendersi gioco di me.
Sto mentendo a me stessa e non c’è scusa che tenga.
Non sto giocando e non c’è nulla di Felicity in quello che sto facendo, né nel mio cuore che non smettere di battere, ne sulla mia pelle percossa da brividi.
Le sue mani si muovono lente, con studiata maestria. Apre un palmo sul mio stomaco, la maglietta gli si attorciglia contro i polpastrelli. Mi mordo un labro, sono consapevole di dover recitare la mia battuta che a questo punto mi sfugge.
L’abbiamo sempre fatto. Di tanto in tanto è così che ci prepariamo ad una scena intensa tra i nostri personaggi. Ne discutiamo insieme, facciamo delle prove, cambiamo le cose che non ci sembrano giuste e aggiungiamo piccoli dettagli alla sceneggiatura originale. Con il tempo entrambi ci siamo resi conto di quanto tutto questo rendesse il nostro lavoro agli occhi dei telespettatori, inusualmente naturale, ricco.
E’ la mia illusione. Il momento in cui l’idea che mi possa appartenere non mi fa male. Non mi fa sentire ingiusta.
─A questo punto tu tenti di liberarti di me ─ Ora la sua mano sale, arriva quasi a sfiorarmi il seno ─ Ma io comincio a baciarti ─ Un bacio casto dietro l’orecchio ─ A stringerti.
La sua presa diventa più insistente e sento che sto per svenire. Vorrei urlare, lasciarmi travolgere dal quel languore che al centro dello stomaco mi scoppia dentro facendomi dimenticare tutto questo.
È difficile, è doloroso, vorrei potergli dare tutta me stessa perché quello che provo è troppo grande da contenere ed esige di essere ascoltato.
Io lo so. Forse lo sanno tutti.
Amo Stephen, più di quanto abbia il coraggio di ammettere. Amo un uomo sposato. Amo un uomo che non mi appartiene. Amo una bugia, amo un sogno. Amo un’idea orribile e mi faccio scudo con il pretesto di una fantasia. Ma non la rende meno peccaminosa.
Sto provando piacere ad averlo dietro di me, le sue mani mi elettrizzano, la pelle mi formicola, freme.
─Non voglio farmi del male.
Sono sole parole scritte su un copione, fatte per un’altra donna, per un’altra storia. Eppure non posso fare a meno di pensare a quanto mi appartengono, consapevolezza che rende la mia voce maggiormente incerta.
Quasi non ho più fiato nel momento in cui mi fa girare tra le sue braccia, e io mi ritrovo con il viso vicinissimo al suo. Solo un respiro ci divide e rimango paralizzata, ferma sulle mie gambe mentre mi perdo nell’azzurro infinito dei suoi occhi, le labbra leggermente schiuse come un invito a riempire il vuoto con i miei baci.
Parla. Dì qualcosa.
Anche lui appare scosso, terribilmente serio nell’osservarmi con una certa insistenza. Sembrano passati interi minuti, racchiusi in un silenzio glaciale che fa rumore e non riusciamo ad azzittire.
Senti anche tu quello che sento io? Ti fa male il cuore? Quanti battiti speri di poter cancellare?
È bello sentirsi protetta dal suo abbraccio. Non è lo stesso quando lavoriamo sulle nostre scene, accecati dai riflettori, con l’occhio attento di una telecamera sempre puntata sul viso.
Ora ci siamo solo noi ed è perfetto. I nostri corpi stretti, incastrati, pezzi di uno schema indecifrabile che adesso trova un senso. Le mani di Stephen sono sopra i mie fianchi, mentre le mie dita si muovono da sole e raggiungono il suo petto, caldo, duro, imponente, mio.
─Non ti farò del male.
È Oliver? Quanto di te c’è in tutto questo?
Lo credo, so che non lo farà. So che non vuole farlo. Oppure tutto è così doloroso e gli occhi si stanno riempiendo di lacrime e io non potrò resistere ancora a lungo.
È assurdo, non avrei mai dovuto accettare di farlo venire nella mia roulotte. Credevo di potercela fare, ero sicura che non avrebbe significato nulla. Ma una parte di me sa che sto mentendo e non si è neppure pentita.
Lui è qui perché lo volevo, è qui perché alla fine mi aspettavo proprio questo. Ora lo sento, sento tutto di lui ed è questa la parte più dolorosa.
Sono il giudice della mia stessa pena eppure scontarla non mi pesa. Come potrebbe farlo? Proprio adesso che sono qui ferma nel suo abraccio? Proprio adesso che non vedo altro che lui e affogo nel suo sguardo di cielo e luce?
─Poi ci baciamo.
Il mio tono è un flebile sussurro. Stephen gonfia il petto e si fa più vicino.
─Poi ci baciamo.
Lo vedo stringere le labbra come a morderle per non dire altro. I suoi occhi hanno preso una nuova colorazione. Blu, profondi, pozzi scuri che non lasciano trasparire altro se non un’ingiustificata frustrazione.
Allunga il collo, si allontana, biascica qualcosa, non riesco a capire. Quando ritorna nuovamente da me la sua espressione mi appare sfuocata, supplicante.
Appoggia la fronte sulla mia, poi respira forte digrignando i denti.
Mi sembra ovvio, non sta più fingendo e forse entrambi non abbiamo mai cominciato a farlo per davvero.
Le sue mani mi circondando il viso e preme forte. Cominciamo a dondolarci, le mie dita ferme sul suo petto. Stringo il cotone della maglietta di Stephen quasi a strapparla. Lui respira, respira soltanto, e si muove avanti e indietro, indeciso, combattuto. Oliver, Stephen.
Ha gli occhi chiusi, mi è impossibile appropriarmi di quei pensieri che ogni tanto vedo sfrecciare in quelle iridi di ghiaccio. Devi essere brava a leggerli, perché sono solo una fugace scia di stelle cadenti.
Ma io ho imparato a essere più veloce delle stelle.
Parlami.
Io non sono più in grado di farlo. Ho la gola secca, sto tremando. Scossa da brividi serro maggiormente la pesa sulla sua t-shirt in un gesto di muta rabbia.
─Vuoi provarlo quel bacio?
Annaspo in un disperato tentativo di spezzare quel silenzio. Sono sporca, sono fango. Sono cose a cui non vorrò più pensare. Ma sono viva. Adesso.
─No.
Mi risponde soltanto, e il senso di delusione è catrame denso nelle vene. Avrei dovuto aspettarmelo ed è la giusta punizione. Non ci sarebbe stata nessuna finzione da parte mia, ma solo il disperato tentativo di raggiungerlo e di sentirlo più mio a dispetto dell’inganno.
Ho perso. Perderò sempre. Devo lasciarlo andare. Devo demolire quel castello di sogni costruito su un cumolo di fragili bugie.
Ma poi apre gli occhi e alza il viso. Adesso ho seguito la sua stella. Non è un rifiuto, non è un’accusa. Si accende di desiderio mentre raggiunge il mio viso.
─Niente più prove. Solo io. Solo Stephen.
E la sua bocca è sulla mia, e io non respiro. Mi sembra di aver vissuto una vita intera solo per arrivare a questo momento. So come bacia Stephen, conosco le pieghe delle sue labbra, il modo in cui gira la testa per arrivarmi sino in fondo. Ma ci siamo solo noi adesso, e non c’è nessun secondo fine nella sua piacevole irruenza, nella lingua che si fa spazio con forza dentro di me, pretendendo tutto, in fretta, quasi temesse di non avere più tempo.
Mi abbandono dentro quella stretta, e inaspettatamente ogni altro pensiero svanisce polverizzandosi.
Dio, è come un sogno.
Posso toccarlo, posso accarezzarlo. Posso ripetere mio, mio, mio, senza farlo sembrare una bugia, un indicibile peccato. Mi premo contro il suo petto, le dita tra i suoi capelli fini, il fiato corto.
Baciare Stephen è pura adrenalina, un dono. Mi ripeto che siamo due incoscienti, cerco di trovare la ragione perché è evidente quanto lui abbia perso la sua, nel momento mi costringe a stare al passo della sua irruenza allargandomi la bocca, una mano che mi stringe un fianco mandandomi i brividi.
È questo quello che si prova a stare con lui?
Le mie gambe tremano sotto la leggera gonna scura, il sangue è lava ardente nelle vene, sono fuoco sopra una distesa di brace.
Comincia a spingermi verso il divano. Con una mano fa pressione sul mio stomaco e mi lascia cadere contro i cuscini, rimanendo in piedi di fronte a me, con i pugni chiusi e un’espressione intensa.
Per un attimo temo che si sia pentito, che sia addirittura arrabbiato. La vista si annebbia, diventa sfuocata, vedo sagome e ombre, un ronzio che mi scoppia nei timpani.
Mi rendo conto che posso sembrare certamente patetica distesa come un sacco vuoto sul divano, i capelli in disordine che mi incorniciavano il viso, la gonna arricciata sopra i fianchi e le braccia aperte, come in attesa di un abbraccio.
Deglutisco mentre lo vedo meglio. Mi sta solo osservando, curiosamente rapito, quasi non mi avesse mai vista prima.
Ha la fronte leggermente aggrottata, le labbra rosse di baci strette in una smorfia concentrata.
È bello, terribilmente bello.
Percepisco l’insaziabile voglia di averlo nuovamente vicino e sentirlo muoversi contro di me, mentre ogni suo respiro dipende dal mio.
─Mia.
Afferma come una verità assoluta, una sfida. Il modo in cui lo pronuncia è una scarica elettrica lungo la spina dorsale. Non è irritato e non sembra neppure pentito quando mi raggiunge in un unico movimento fluido, facendosi spazio tra le mie gambe, mentre resta in equilibrio appoggiando il peso sulle braccia ai lati del mio viso.
─Mia. Mia soltanto.
Ripete ancora quasi in un ringhio.
In questo momento lo capisco. Dev’essere un concetto che è stato costretto a ribadire spesso nel silenzio dei suoi sguardi impenetrabili. Vuole che sia sua nello stesso modo in cui io desidero che mi appartenga. Ma come concederci e darci tutto senza sentirci così irrimediabilmente distanti, sbagliati? Senza farci del male e mandare a pezzi il cuore?
Non lo vede quanta disgrazia ci trasciniamo dietro? Persino questa stretta non mi sembra pulita. Ma è abbastanza confortante da spingermi a premere le cosce contro i suoi fianchi e sussurrare lievemente:
─Non lo sono sempre stata?
Abbozza un sorriso, sembra una cascata di stelle. Cala su di me e ritorniamo a baciarci, con più foga adesso. Vogliamo divorarci.
Ripenso a tutte le volte che mi sono ritrovata a fantasticare su come ci si sentisse a rimanere senza fiato con la bocca incollata su quella di Stephen, mentre i nostri corpi si confondevano e io non sentivo più niente. In quei momenti le idee non erano nient’altro che sogni, sprazzi di nebbia intorno ai miei occhi che si dissolvevano al tatto. Non mi sembrava possibile.
Mi costringo ad aprire gli occhi e la realtà è perfettamente nitida sotto la luce calda e tenue del sole mattutino. È su di me. Davvero su di me.
Una mano è ferma sulla coscia che stringe e accarezza a ritmi irregolari, la bocca incollata sul mio orecchio dove tra un bacio e l’altro rilascia gemiti che mi eccitano fino a farmi perdere il controllo.
Sono una persona orribile. Cosa sto facendo?
Dovrei allontanarlo, spingerlo a lasciarmi andare. Dovrei urlargli contro, fargli notare quanto sia sbagliato. Dovrei ricordargli il suo nome, la validità delle sue scelte. Dovrei imprecare, fuggire, scalciare, dimenarmi fino a liberarmi dalla sua presa.
Ma non c’è nessuna ragione quando gli afferro il viso tra le mani e ricomincio a baciarlo, il suo sapore che mi entra in bocca e la lingua già al contatto con la mia.
Te ne pentirai.
So che non c’è scampo. È inevitabile, come lo schiantarsi nell’acqua gelida dopo aver provato il senso di libertà che ti investe quanto ti tuffi da una scogliera e sei in volo.
Io volo. Dimeno i fianchi, lo sento duro contro di me. Stephen ringhia con più forza, si preme dentro le mie gambe.
Mi vuole. È eccitato. Desidera entrarmi dentro. Brama ogni parte di ciò che sono.
Lo rifaccio, mi muovo. Sfrego le mie mutandine umide contro il suo cavallo teso e il nostro bacio si interrompe in uno strascico di gemiti e sospiri mal trattenuti. Stephen abbassa la testa e si ferma a guardare il movimento circolare della mia femminilità sul suo sesso. Digrigna i denti, mormora qualcosa che non riesco a capire.
─Cazzo, Emily!
Impreca con più chiarezza, ed ogni mio nervo si tende fino allo spasmo.
È indescrivibile il piacere che mi provoca un simile contatto. Mi aggrappo alle sue braccia, continuo a sfregargli contro cercando di raggiungere une meta che sembra quasi per dispetto sfuggirmi, ogni qual volta tanto di afferrarla.
Distinguere  i contorni sta diventando sempre più complicato. Vedo Stephen, so che mi sta fissando, percepisco le sue mani infilarsi sotto la maglietta, le dita che si stringono intorno al mio seno facendomi annaspare alla ricerca d’aria.
Sto precipitando verso un abisso senza fondo.
Quella briciola di lucidità che avevo cercato di conservare tanto ardentemente, mi ha abbandonato del tutto, e sono una furia mentre lo afferro per la nuca e lo bacio con forza, come se la mia vita stessa dipendesse dal suo coinvolgimento in una follia tanto disperata.
Forse anche Stephen sta cadendo in una voragine di tenebre, perché la sua bocca non ha premure nel divorarmi, la mano sul petto stringe con più insistenza sopra il reggiseno.
─Non te ne andare ─ Gli bacio una guancia, il mento ispido di barba ─Non te ne andare. Resta questa volta.
Lo imploro tra la commozione e una sconsiderata follia, che mi fa tremare a voce, mancare il respiro.
─Non ho voluto mai andare via. Io non volevo mai andare via.
Mi passa la lingua sul collo, io continuo a muovermi contro di lui sentendolo sempre più duro, gonfio, dentro i jeans che sembrano stiano per esplodere. La mano che teneva fermo sul seno scende lentamente, dal costato fino allo stomaco. Blocca il mio forsennato oscillare spingendomi a stare ferma sul divano.
Non mi resta che obbedire e restare ad osservarlo, mentre scosta l’orlo delle mie mutandine per infilarci le sue dita che prendono a muoversi su e giù, in un tocco delicato, appena percettibile. Una carezza crudelmente dolce che mi fa urlare, gridare il suo nome fino a non avere più aria nei polmoni.
─Sei così bagnata ─ Mormora mentre mi accarezza con una disinvoltura sempre crescente ─Tu non sai quanto ti voglio. Non lo sai.
I suoi movimenti si bloccano. La mano che teneva su di me scivola via lasciandomi solo il senso di vuoto, e quello più lacerante della frustrazione.
Lo osservo confusa distaccarsi da me, puntellarsi sulle braccia e scrutarmi con un’espressione che per la prima volta non so decifrare. Ha le guance rossissime, gli occhi lucidi dallo sforzo di stare fermo e le labbra gonfie di baci.
Mi sento spaesata, quasi abbandonata. Rimango inerme sotto di lui, con il mio sesso che indignato per un orgasmo negato. Si ribella pulsando, mandandomi scariche elettriche che mi impongono di muovermi alla ricerca di qualcosa su cui aggrapparsi.
Ma non oso fargli notare quanto desidererei percepirlo scorrere ancora sopra di me. Lo capisco, l’ombra di un lieve tormento ha spento quel luccichio argentato dei suoi occhi in cui mi ci ero riflessa per tutto il tempo.
Siamo arrivati al fondo e abbiamo scoperto che erano proprio tutti lì ad aspettarci. Quei visi che speravamo di non vedere e che adesso ci stanno puntando un dito contro.
─Ti voglio in maniera pulita, Emily. Tu meriti questo. Non posso farlo.
E va in pezzi tutto quanto, schegge di cristallo che frantumano il mio sogno fatto di peccato.
Come ho potuto essere tanto incosciente? L’amore può trasformarti in quella che non sei?
Cerco di ricompormi abbassandomi l’orlo della gonna. Sfuggo dalla sua presa, mi abbasso la maglietta sino allo stomaco.
─Mi dispiace, Stephen.
─No è colpa mia. ─ Conviene mettendosi seduto sul divano. Si passa le mani sul viso stropicciandosi gli occhi, sembra un disperato tentativo di trattenere le lacrime ─Per un attimo mi sono illuso che le cose potessero essere più semplici. ─ Abbassa la testa, le braccia appoggiate sulle ginocchia ─Ma questo non cambia nulla. Io ti voglio e ti vorrò ancora, e fino a quanto avrò respiro cercherò sempre di prenderti.
─Non voglio essere un tuo capriccio, Stephen.
Alza lo sguardo, un cielo puro fisso su di me.
─Non lo sei. Io non desidero solo il tuo corpo, desidero tutto di te. Ma non voglio che gli altri abbiano una ragione per sporcarti. Ho fatto delle scelte, non si può tornare indietro. Non senza ferire qualcuno.
Avrei voluto che le lacrime rimanessero ferme nei miei occhi, ma le sento scorrere lungo le guance ed è troppo tardi per trattenerle. Lui le ha viste, e non c’è modo di ritornare indietro.
Il loro gusto salato è acido sulle labbra. Hanno già scacciato via il sapore dei suoi baci e mi chiedo quanto tempo passerà prima di risentirlo ancora. Mi stringo con le braccia, vorrei sembrare più forte, dimostrargli che posso esserlo. Ma tutto ciò che faccio è lasciarmi trasportare dai singhiozzi, spiazzata via dal dolore e dalla certezza di una speranza perdutamente infranta.
─Stai scegliendo di far soffrire me.
Gli faccio notare nella speranza quasi di ferirlo. Voglio che percepisca il mio stesso dolore, voglio che si senta in colpa e scaraventargli addosso il peso delle sue parole
Stephen si alza dal divano, le mani a stringersi i fianchi.
Come ci siamo arrivati a questo punto? Solo pochi minuti prima i nostri corpi si muovevano una
o sopra l’altro alla ricerca di un contatto sempre più profondo. Ora c’è solo un incolmabile abisso tra di noi e neppure ci riconosco, tra le lacrime e i tremiti, che rendono la mia vista sfuocata, un insieme di macchie indistinte.
─Scelgo di proteggerti da me. È l’unica cosa giusta che posso fare per te. Tutto deve rimanere così com’è. Scusami per quel bacio e scusami per averti…toccata. Non si ripeterà più te l’ho prometto.
Non mi resta che annuire con l’amaro in bocca e un senso di vertigine. Lo vedo uscire a testa bassa.
È come se si portasse via tutto quanto, una parte di me, la più completa.
È come se neppure esistessi più ed è solo un involucro quello che sento al posto del corpo.
Lui, la cosa più preziosa che mi sia mai capitata. La cosa che più ho sentito mia e che per uno scherzo del destino non potrà mai appartenermi.
Stephen si fa sempre più lontano, dal finestrino è solo una linea di colori alla luce del sole accecante. Ha lasciato il suo profumo sui cuscini del divano. E lì che le mie lacrime si infrangono, nell’illusione che sia ancora lui a stringermi come a volermi proteggere dal mondo.  

 
                                                                                                                                                         FINE.
 
 




Eccomi qui, dopo tanto tempo sono tornata con una stemily. Forse vi ho lasciato con l’amaro in bocca, ma vi prego di leggere tutto ciò che sto per scrivere. Forse vi piacerà.
Quando ho pensato a questa storia, l’ho ideata esattamente così, all’inizio forse addirittura meno diretta. Poi mi sono lasciata prendere la mano e ho aggiunto qualcosa di più piccante. Ma il senso era quello. Descrivere uno spaccato di vita quotidiana, improbabile forse. Si tratta di fantasia.
Nel bel mezzo della stesura mi sono resa conto che avevo altre idee e che potevo unirle creando qualcosa di diverso, che ognuno poteva vedere a modo suo. Cosi ho pensato di rendere questa storia parte di una trilogia di one shot che possono essere lette singolarmente, o possono essere considerate anche l’una il continuo dell’altra.
Per cui ho cambiato il titolo della storia e ho diviso le altre idee in due nuove one shot. Questa era la piccola sorpresa di cui vi parlavo.
Quindi non vi preoccupate, c’è ancora molto da dire. Tuttavia spero che questa prima parte/one shot vi sia piaciuta. Scriverla è stato divertente, immergermi nelle vite di queste due persone che amo da morire è stato molto stimolante. Aspetto e conto nelle vostre recensioni. Grazie a chiunque abbia deciso di leggerla!
Tornerò presto!
Un bacio! E Buona Pasqua!
 

 
 
   
 
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