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Autore: Ciulla    18/03/2016    5 recensioni
Torno con una nuova fanfiction su lord Beerus e Whis, in cui si scopriranno nuovi dettagli sul passato del bell'alieno azzurro.
Songfiction sulle note di Demons, degli Imagine Dragons.
"Voglio proteggerti, piccolo mio, lo desidero con tutto il mio cuore, ma il vero pericolo è dentro di me, e non c’è posto in cui possiamo nasconderci."
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Lord Bills, Whis
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Un maestro per sempre'
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DEMONS

 
When the days are cold,
and the cards all fold,
and the saints we see
are all made of gold...


Nell’indole dei personaggi più insospettabili si cela spesso la realtà più oscura. Una realtà fredda, crudele, che non traspare dai gesti o dalle parole, ma che attende, immobile, in un angolo della mente, fermentando silenziosa fino al punto di rottura. Cresce, paziente, soffocata dalle persone o dalle circostanze, per poi esplodere violenta in una risata folle che accompagna la più primordiale e istintiva sete di distruzione. Furente, trascina con sé in un baratro nero tutto quello che la circonda, i tuoi compagni, il tuo mondo, il tuo stesso raziocinio; diventi suo schiavo, senza possibilità di opporti. I tuoi occhi si iniettano di sangue, e altro sangue è ciò che anelano, ed è inutile cercare di capire; non puoi fare altro che abbandonarti inerme al tuo cieco desiderio. Spererai, per qualche istante, che finisca presto, perché in un angolo della tua mente sarai consapevole di quello che ti sta accadendo e di ciò a cui porterà; ma anche quel frammento di lucidità verrà risucchiato nel vortice di malvagità, e quell’ultima speranza che segnava la tua umanità sarà persa.
Poi la follia si spegne, silenziosa, riservata, e si nasconde nuovamente dietro alla tua logicità, attendendo il momento migliore per manifestarsi una seconda volta. Può aspettare per milioni, persino miliardi di anni, come un piccolo mostricciatolo che cresce nutrendosi del tuo odio e delle tue paure, oppure può non attendere che pochi mesi e rovinare nuovamente la vita che avevi appena ricominciato ad amare.
Non è facile essere nati per uccidere.

 
When your dreams all fail,
and the ones we hail
are the worst of all,
and the blood’s run stale...


Mi sono perso. Per un lungo periodo mi sono lanciato all’inseguimento di sogni ormai infranti, di idoli sbagliati, di passioni infami e sanguinarie. E la cosa peggiore è che ricordo tutto. Ogni vita che ho strappato, ogni pianeta che ho distrutto, ogni landa desolata che mi si stagliava davanti... E di cui io andavo fiero.
Ed ora tu mi guardi, con quei tuoi grandi occhioni gialli, ignaro di cosa mi passa per la testa, inconsapevole dei miei demoni e delle mie paure. I miei giorni da distruttore sono finiti, eppure ho sempre il terrore che tornino per privarmi di questa vita di cui, tutto sommato, sono ormai soddisfatto. 
E tu, mio piccolo mostricciattolo, sei l’ultimo arrivato in questa mia folle vita, e ti sei piazzato al primo posto in quanto a importanza. Forse perché sei così tenero e amabile nella tua pigrizia, forse anche perché mi ricordi lui... Lui, la radice del mio cambiamento, quell’essere puro di cui non ho mai saputo il nome e che mi perseguita, ogni istante, guardandomi con i tuoi medesimi occhi.

 
I want to hide the truth,
I want to shelter you,
but with the beast inside
there’s nowhere we can hide...


Scrollo la testa con decisione, e tu mi guardi con volto perplesso e divertito. Ti do una grattatina dietro le orecchie, dove adori sentire le mie unghie delicate. 
Non è ancora giunto il momento di abbandonarsi ai ricordi. Devo prendermi cura di te, sei la mia occasione di riscatto e nonostante il destino che ti ha colpito spero che tu, nella vita, possa essere felice. Farò il possibile perché ciò accada. Ti starò vicino finchè mi vorrai, non mi lascerò trascinare via dal mio odio verso il mio passato e dalla mia codardia. 
Eppure è difficile. Il mio compito è diventato quello di proteggerti da ogni cosa, ma cosa succederebbe se diventassi io ciò da cui bisogna essere protetti? Se ricadessi nell’antica colpa, se il mostro si risvegliasse? Voglio proteggerti, piccolo mio, lo desidero con tutto il mio cuore, ma il vero pericolo è dentro di me, e non c’è posto in cui possiamo nasconderci.

 
When you feel my heat
Look into my eyes
It’s where my demons hide
It’s where my demons hide
Don’t get too close
It’s dark inside
It’s where my demons hide
It’s where my demons hide.


Forse un giorno te ne parlerò, quando sarai abbastanza grande da guardarmi come un adulto e da darmi la buonanotte senza quel tenero rivolo di bava che ti asciughi col pigiamino. Ti racconterò del mio passato, e ti dirò di fare attenzione ai miei occhi. Di scappare da me, se mai questi diventeranno di fiamma. Perché è lì che si nascondono i mostri, è lì che è possibile vedere il loro guizzo vitale nel momento precedente alla loro comparsa. È l’unico spiraglio di salvezza, l’unica anticipazione, e la fuga è l’unica speranza. 
Temo il giorno in cui dovrai fuggire da me. 
Eppure, abbassandomi per rispondere alle tue coccole, mi chiedo se questi mostri avrebbero mai il coraggio di manifestarsi di fronte a te. Anche loro si acquietano, tra le tue braccia. Chiudo gli occhi e mi lascio andare, mentre tu cominci a mordermi e tirarmi i capelli.
Non crescere mai, piccolo mio. Voi bambini siete così speciali.

 
When the curtain’s call
is the last of all,
when the lights fade out
all the sinners crawl...

 

Whis, potente distruttore, giaceva in mezzo alla sua ultima manifestazione di forza: un grande cratere vuoto, frutto della leggera pressione di un mignolo, formatosi al posto di un ridente e popoloso villaggio. Con la polvere negli occhi, rideva senza contenersi, felice, inebriato dalla propria potenza, sentendosi al di sopra di un dio. I suoi occhi luccicavano nella follia e nell’orgoglio, mentre il suo petto si alzava e si abbassava velocemente, non per la fatica, ma per l’eccitazione che tale visione gli procurava. Le sue mani si chiudevano frenetiche su manciate di sabbia, residuo irriconoscibile delle persone e degli edifici che fino a poco tempo prima riempivano quella landa spoglia. La afferrava a grandi manciate e la lanciava in aria, beandosi della sensazione che questa gli dava ricadendo sulla sua pelle, riempiendogli gli occhi, le narici, ricoprendogli l’intero corpo. 
Quella sabbia era il frutto del proprio potere. Quelle persone altro non erano che pedine messe lì per farlo divertire, che avevano giocato a vivere la propria vita finché il sipario non era calato su di loro, strappandoli dai propri ruoli, gettandoli nella realtà più infima, realtà in cui i peccatori strisciano vili e li trascinano con sé nella propria rovina.
Inalando l’aria che lo circondava, i polmoni del giovane Whis si riempirono di sabbia. L’alieno si rizzò a sedere, esplodendo in violenti colpi di tosse intervallati da accessi di risa sempre più folli. Quando si fu ripreso si sdraiò nuovamente a terra, gli occhi serrati, un sorriso malvagio che indugiava imperterrito sulle sue labbra.
Ad un tratto, sentì una lievissima pressione sul braccio. Aprì un occhio con pigrizia, osservando al buffo spettacolo di un bambino che tentava di picchiarlo con tutte le sue forze, producendo un effetto simile a quello di una puntura di zanzara... Ma senza il relativo prurito.
Con un pigro gesto della mano, Whis scagliò il piccolo lontano, ma questi imperterrito tornò da lui e riprese a picchiarlo, le lacrime agli occhi. Sospirando, Whis si tirò a sedere, sistemandosi i capelli e prestandogli finalmente attenzione.
Era evidentemente un cucciolo della razza predominante su quel pianeta. Il suo apetto fisico era uguale a quello delle centinaia di persone che aveva appena ucciso: una coda corta e dritta, due orecchie modeste, un volto magro e scavato sulle guance. La sua pelle, argentata, brillava leggermente alla luce del sole che tramontava, ma furono i suoi occhi a colpirlo maggiormente. Erano così grandi e così... Meravigliosamente gialli. Whis rimase a contemplarli estasiato, poi si riscosse e il suo volto si accigliò. Afferrando il bambino per il collo, lo sollevò in aria e lo strinse piano, attendendo che smettesse di dimenarsi e di scalciare. Non lo uccise, preferendo invece lasciarlo incosciente tra le rovine di quello che, evidentemente, era il suo villaggio, da cui si era momentaneamente allontanato per un caso fortuito.
Lo lasciò cadere al suolo, e poi si preparò a partire; stava per picchiare il bastone per terra, però, quando una manina dalla presa debole ma decisa gli afferrò la caviglia, cercando di impedirgli di andarsene.
Il piccolo alzò la testa verso di lui, gli occhi gialli che brillavano inquieti. “Perché l’hai fatto?” Chiese piano, timoroso.
“Mi andava”, rispose Whis con fare altero.
“Sei malvagio. Noi non ti abbiamo fatto nulla”, gemette il bambino. “Gli dei non dovrebbero permettere ad un essere come te di esistere”.
Whis si lasciò andare ad una risata sentita, ricordando i Kaioshin, esseri deboli e patetici al suo confronto. “Cosa ne sai tu degli dei, microbo?”
“So che sono tanto potenti, e che hanno imparato ad usare il loro potere per il bene”, rispose il piccolo. “E che sono felici e ci rendono tutti felici”.
“Non farti affascinare da cose effimere e patetiche come la felicità, bambino”, commentò Whis amaramente. “La felicità non esiste. Esiste il potere, e quelli che sono abbastanza forti da poterlo usare come vogliono. Sono felici per qualche istante, dopo averlo fatto, ma poi anche quel vago sentimento si spegne”.
Il bambino scosse la testa, lasciando andare la caviglia di Whis. “Dici così perché le persone cattive non possono provare felicità. La mamma dice sempre che si è felici quando si vede gente felice. Se togli la felicità alla gente, la togli anche a te stesso”.
Whis cominciava a non poterne più di quella conversazione, nè di quegli stupidi occhi gialli che brillavano insistentemente, quasi a volerlo perdonare dopo quello che aveva fatto, perché lui, in fondo, era misero e non poteva essere felice. 
In procinto di andarsene, l’alieno azzurro si voltò un’ultima volta. “Cosa farai, adesso?” Chiese al bambino.
Quello, sedendosi, scrollò le spalle. “Non ho più niente”, rispose. “Aspetterò”.
Whis guardò il suo bastone. Forse avrebbe potuto fare qualcosa... Riportare indietro il tempo...
Vergognandosi del suo stesso pensiero, scosse la testa. 
Lui non era una femminuccia, non era debole, e soprattutto non era pentito.
“Aspettare è inutile”, affermò. 
Con un solo, potente raggio, anche l’ultimo abitante di quel villaggio aveva raggiunto i suoi cari.
I suoi occhi gialli non brillavano più.

Don’t want to let you down
but I am hell bound,
though this is all for you
don’t want to hide the truth.
No matter what we breed,
we still are made of greed...

 

Con un sussulto mi riprendo dai miei ricordi. Quelle stesse iridi gialle che da allora mi perseguitano ogni volta che chiudo gli occhi, ora mi fissano da un altro volto, un volto più sereno e amabile, che risveglia in me quell’emozione che allora credevo non fosse possibile provare. La felicità.
Da quella conversazione, la mia vita è cambiata. Sono andato a consegnarmi agli dei, alla ricerca di quello che avevo sottratto a quel bambino e a migliaia di altre persone.
Non nego che il mio primo pensiero non fosse stato il pentimento, ma l’avidità. Se davvero la felicità era possibile, allora io dovevo averla. E l’ho inseguita, per secoli, senza capire come trovarla, finché non l’ho trovata in te, nei tuoi occhi così stupendi e così maledetti allo stesso tempo, nel tuo sorriso così saggio e ingenuo, nelle tue parole così belle e dispettose. 
Eppure lo so che sono condannato, che i miei mostri non sono stati sconfitti, che potrei ricadere negli antichi errori da un momento all’altro. Che tu, con me, potresti essere in pericolo. Non vorrei nasconderti la verità, piccolo mio, ma come te lo racconto quello che ho fatto? Mi guarderesti ancora con i tuoi occhi pieni di amore disinteressato, mi chiederesti ancora le coccole prima di dormire? O mi eviteresti, fuggiresti da me, mi odieresti?
Non potrei mai sopportarlo.
They say it’s what you make,
I say it’s up to fate.
It’s woven in my soul.
I need to let you go.

 

Le tue manine si posizionano ai lati della mia faccia, mentre mi tiri e mi schiacci le guance per modellarla. Io rido e tu, contagiato dalla mia risata, mi segui. Ed è difficile, perché questa felicità non può che essere accompagnata da un pesante alone di tristezza al pensiero che se mai saprai tutto questo potresti non rispettarmi più, potresti andartene, e io dovrei lasciarti andare.
Cancellerei il mio passato, se fosse possibile, pur di evitare una simile disgrazia. Ti amo, Beerus, nel più puro e nel più ingenuo dei modi, e non voglio andarmene. Ma non dipende da me; per quanto io non voglia, ho paura di rovinare tutto. Perché è vero, ho scelto di smettere, ma non ho il pieno controllo dei miei mostri, non ho il pieno controllo della mia vita. La distruzione era il mio destino, ho scelto di barare e di sfuggirgli, ma il destino trova sempre il modo di catturarti di nuovo. Ed eccomi qua; ho sfuggito la distruzione per affidare a te lo stesso fardello, col costante pericolo di ricaderci e rovinare tutto ciò che di bello la vita mi ha finalmente dato.


 
Your eyes, they shine so bright,
I wanna save their light.
I can’t escape this now,
unless you show me how.

 

Anche ora, mentre scruti perplesso la mia aria pensierosa, i tuoi occhi gialli brillano riempiendomi di dolore e di gioia. E mi viene il dubbio che forse, ma solo forse, scappare sia possibile. Scappare dai demoni, sconfiggerli per sempre... Con l’aiuto di qualcuno.
Io e te, insieme... Forse questo era destino.
È tardi. Vedo i tuoi occhi chiudersi, piano, e soffoco un’istintiva fitta di ricordi dolorosi nella consapevolezza che domattina si riapriranno, pronti di nuovo a vivere.
Pronti ad insegnarmi come sfuggire ai miei demoni.
   
 
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