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Autore: Darik    30/03/2009    1 recensioni
Il tempo comincia a scadere, e arriva il momento delle scelte. Nota: questo racconto si colloca dopo FMP The Second Raid.
Genere: Azione, Avventura, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: Spoiler!
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- Questa storia fa parte della serie 'Operazione Hunting'
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4° CAPITOLO

Mardukas controllò l’ora sul suo fido orologio.

“Ormai il summit sarà cominciato da almeno un quarto d’ora”.

“Si, e speriamo che non succede assolutamente nulla” aggiunse Teletha.

“In teoria non dovrebbe succedere nulla, abbiamo preso tutte le precauzioni possibili, ma si sa che il destino è imprevedibile, specialmente per noi militari. Basta pensare a cosa è successo poco più di una settimana fa. Eravamo prigionieri in una base nemica, a causa del tradimento di uno dei nostri elementi migliori”.

“Melissa Mao non è una persona cattiva, Mardukas, dovrebbe saperlo bene” replicò Teletha.

“Certo che lo so, anche se questa storia di lavaggi del cervello mi lascia quantomeno perplesso. Ai miei tempi non c’era niente del genere. Comunque, anche se è stata costretta, l’azione l’ha effettuata lei. Avevamo una serpe in seno, e cosa peggiore, lei stessa non sapeva di essere tale”.

“Si, è vero, comunque sono certa che questa situazione si risolverà per il meglio. Melissa Mao è una donna forte”.

“E’ quello che sperano tutti. Ma deve rendersi conto, colonnello, che forse la carriera del sergente maggiore Mao è bruciata. Anche se la recuperiamo, il rischio di rimasugli di quel lavaggio del cervello difficilmente le permetteranno di avere nuovi incarichi”.

“Per tagliare fuori Melissa, dovranno vedersela con me” rispose Teletha.

Il suo cervello sintetico, mentre parlava con Mardukas in una inutile conversazione che serviva solo a salvare le apparenze, stava calcolando quando sarebbe stato il momento esatto per avviare l’operazione.

E allo stesso tempo riceveva dati tramite particolari frequenze criptate provenienti dai suoi veri capi.

Cosi aveva appena saputo che il possibile intoppo costituito da Sagara e Yu Fan era stato eliminato.

Ormai era quasi tutto pronto: il summit era iniziato, il De Danaan era in posizione, gli AS sull’isola pure.

Solo una pedina doveva ancora posizionarsi.


Il caccia torpediniere Wilson della marina degli Stati Uniti, navigava solitario sulle acque dell’oceano, col compito di vigilare sui confini della zona rossa, ovvero l’aerea al cui interno si trovava l’isola del summit.

L’equipaggio non sapeva nulla di preciso sull’incontro che si stava svolgendo ad alcune centinaia di miglia.

Solo il capitano era stato avvertito, mediante un messaggio speciale proveniente dal Pentagono, che in quella zona si stava svolgendo un operazione segretissima in cui era implicata la misteriosa Mithril.

Un operazione dal cui esito potevano dipendere gli equilibri mondiali.

Quindi erano stati incaricati di svolgere con la massima diligenza possibile il loro lavoro.

Anche se l’attività di intercettazione in quella zona era molto semplice, in quanto era stata scelta perché poco battuta dalle rotte.

E i comandanti possedevano l’elenco di tutte le poche navi che avrebbero transitato lì vicino, quindi era facile capire se c’era qualcuno di troppo

Senza contare che sotto di loro si muoveva la misteriosa Toy Box, il sottomarino che ormai era diventato quasi una leggenda tra i marinai, e che godeva della fama di essere invincibile.

E sebbene fossero non pochi quelli nella marina statunitense che non si fidavano della Toy Box, il comandante Henry Pakula della Wilson non era tra di loro.

Avendo letto personalmente i rapporti sulle imprese di quel sottomarino, si era convinto che il suo equipaggio fosse composto da veri eroi.

Perciò si sentiva al sicuro sapendo che discretamente vigilavano sotto di loro.

Il capitano Pakula in quel momento si trovava in plancia, e si avvicinò all’addetto al radar.

“Guardiamarina, novità?”

“Nessuna, signore. Intorno a noi c’è solo un deserto d’acqua”.

“Molto bene” commentò il capitano, che si avvicinò al timone e iniziò a scrutare il mare con un binocolo.

“Oggi mi sento molto tranquillo. Sono certo che andrà tutto per il meglio”.

Purtroppo il destino, e Amalgam, avevano dei progetti per la sua nave.


Quando realizzi un piano per incastrare qualcuno, hai bisogno di prove.

E non c’è niente di meglio della testimonianza di un intera nave.

Cameron si sentiva cosi eccitato, ed era talmente strabiliato per la precisione dell’operazione Hunting, che aveva ormai dimenticato la sua frustrazione per non poter essere sul campo di battaglia.

Ora stava osservando sulla mappa olografica il Wilson che si avvicinava sempre di più alla posizione del Tuatha De Danaan.

In teoria non sarebbe dovuto succedere, ma una piccola modifica effettuata ai meccanismi di regolazione della rotta, avrebbe permesso al Wilson di trovarsi alla distanza giusta per vedere il De Danaan, unico sottomarino nella zona, lanciare un missile contro l’isola del summit, spazzandola via completamente.

Quel colpo mortale, inflitto alla comunità internazionale proprio da chi si era finalmente decisa ad accettare, avrebbe fatto scattare la condanna a morte per la Mithril.

D’altronde Hunting significava caccia: la caccia che in tutto il mondo si sarebbe scatenata contro la Mithril in seguito a questo vile attentato a tradimento.

E grazie a questa caccia, Amalgam avrebbe anche avuto la strada libera per catturare tutti i Whispered del mondo.

Per questo USA e URSS non sarebbero state un problema, perché entrambe le superpotenze sapevano dei Whispered, ma erano ben lontane dal possedere l’elenco di tutti i candidati, come invece lo avevano la Mithril e Amalgam.

La Mithril garantiva un ottimo sistema di protezione, per questo Amalgam non aveva mai potuto fare man bassa, ma una volta tolti di mezzo quei paladini della giustizia, tutti i Whispered sarebbero caduti in mano loro.

“Generale Cameron, il Wilson sta raggiungendo la posizione del De Danaan”.

“Eccellente. Vi siete collegati con i meccanismi di trasmissione del nostro inconsapevole complice?”

“Si, signore”.

“E allora…”

Cameron rimase in silenzio e chiuse gli occhi.

L’operatore, perplesso, lo guardò: “Signore?”

Cameron gli fece cenno di tacere.

Un semplice uomo come lui non avrebbe mai potuto godere della cosiddetta quiete prima della tempesta.

In fondo, è tradizione che i grandi eventi siano preceduti da momenti di assoluto silenzio, come se tutto l’universo, il tempo stesso, si bloccassero in un attesa carica di tensione emotiva.

Passato almeno un minuto, in cui erano udibili solo i flebili ronzii delle svariate apparecchiature che li circondavano, Cameron si passò la lingua sulle labbra.

“Cominciamo!”


“TDD, qui Uruz 1! TDD, qui Uruz 1!”

“Ti sentiamo, Uruz 1. Cosa succede?”

“Dovete subito mandare rinforzi, qui abbiamo un codice 8-1-1! Ripeto, abbiamo un codice 8-1-1!”

L’operatore si rivolse allarmato ai suoi due superiori: “Comandante, rilevo un codice 8-1-1 provenire dall’isola S!”

Sentendo questo, tutti i presenti nella plancia del De Danaan si irrigidirono.

Perché quel codice significava che un attacco nemico si stava svolgendo sull’isola.

“Ma come può essere? Non abbiamo ricevuto alcun segnale sull’avvicinarsi di navi nemiche!” sbottò Mardukas.

“Sto cercando di capirlo, signore” rispose l’operatore addetto al radar.

“Le comunicazioni che arrivano dall’isola sono molto confuse, signore. Ma sembra che dal nulla siano atterrati sull’isola degli AS giganteschi, alti almeno dieci volte il normale. Hanno una corazza molto massiccia, sono di colore rosso…. E…”

L’operatore cercò di capire bene le parole che gli arrivavano attraverso una serie di scariche elettriche.

“… e sono muniti di mitragliatrici di grosso calibro installate sul volto”.

Teletha schioccò le dita: “Ho capito! Sono dei Behemoth! Come quello apparso a Tokyo molti mesi fa”.

“Se le cose stanno cosi, allora le difese dell’isola non hanno scampo. Possono resistere agli attacchi di soldati, mezzi corazzati, elicotteri e AS, ma non di simili bestioni” commentò Mardukas.

“Concordo. Se solo potessimo usare l’Arbalest come l’altra volta” disse con amarezza Teletha.

“Purtroppo il sergente Sagara è a Tokyo, e non abbiamo certo il tempo di farlo venire qui. Vorrei sapere però come quei mezzi giganteschi siano arrivati su quell’isola”.

“Avranno usato l’ECS, per potersi avvicinare indisturbati. Come poi siano riusciti ad atterrare, lo ignoro. Ma adesso non è importante. Ora dobbiamo salvare tutte le personalità presenti sull’isola”.

“Giusto. Cerchiamo di avere un quadro della situazione. Attivate lo schermo satellitare, urge un quadro della situazione” ordinò Mardukas.

Subito dopo sullo schermo principale apparve una mappa vista dall’alto dell’isola.

Verso il centro c’era un quadrato bianco che indicava la sede del summit.

Tutto intorno e sui bordi dell’isola si trovavano dei puntini bianchi che convergevano contro tre punti rossi.

Le forze di difesa dell’isola che attaccavano i Behemoth.

E più questi ultimi si avvicinavano alla sede del summit, più i puntini bianchi scomparivano.

“Uruz 1 comunica che più della metà della forze di difesa è già stata annientata” comunicò accigliato l’addetto alla radio.

“Sono in tre. Ma valgono quanto un esercito” commentò duramente Mardukas.

“Mandare altri AS o altri mezzi sarebbe solo un suicidio” disse accigliata Teletha “Solo l’Arbalest avrebbe qualche possibilità, e non possiamo usarlo. Ordinate ai nostri di dare la priorità all’evacuazione dell’isola. Poi contattate il quartier generale per avere istruzioni ad evacuazione effettuata”.

“Signorsì!”

****

Kurz, seduto nella cabina del suo M9, si stava decisamente annoiando.

Ma la preoccupazione per la sorte della sua sorellina Mao gli impediva di esibirsi in sbadigli e nel suo solito sbuffare.

“Accidenti, sorellina, non pensavo l’avrei mai detto, ma quanto mi mancano i tuoi pugni e le tue reprimende con in bocca la tua immancabile sigaretta”.

“Uruz 6, non distrarti e fa il tuo lavoro”

La voce via radio di Clouzot, alias Uruz 1, lo fece sobbalzare.

Evidentemente Kurz aveva parlato soprapensiero senza accorgersene.

Facendosi purtroppo sentire da quel insopportabile di Clouzot, che per quanto in gamba, proprio non andava giù al giovane tedesco.

Kurz allora continuò il suo giro di pattuglia, incrociando intanto gli altri AS impegnati nella stessa attività.

Nonostante la consapevolezza della posta in gioco, un senso di sicurezza cominciava a diffondersi tra gli uomini della sicurezza, anche se ovviamente nessuno di loro avrebbe abbassato la guardia perché sarebbe stato troppo prematuro.

Il summit era cominciato da quasi mezz’ora e non era successo assolutamente nulla.

****

La situazione sull’isola si faceva sempre più disperata.

Ormai i puntini bianchi che simboleggiavano le forze di difesa erano stati quasi del tutto cancellati, e i Behemoth si avvicinavano lenti ma implacabili al loro obbiettivo.

La tensione era palpabile, e le uniche buone notizie provenivano da Uruz 1.

“Qui c’è un grande caos, ma siamo riusciti a far uscire dal edificio i responsabili del summit. Li stiamo trasferendo alla spiaggia X-3, in attesa di due elicotteri provenienti da una delle navi” comunicò il soldato della Mithril.

L’addetto alla radio riferì le notizie, e allora un certo senso di speranza nacque nella plancia.

Bastava che i mezzi per il rientro raggiungesse la spiaggia prima dei Behemoth, che certamente non si sarebbero limitati a distruggere l’edificio principale.

Mentre i minuti trascorrevano con una lentezza quasi insopportabile, i Behemoth raggiunsero il quadrato bianco e quest’ultimo dopo pochi secondi scomparve, distrutto.

I Behemoth rimasero fermi.

E allora giunse la comunicazione che finalmente gli elicotteri erano giunti alla spiaggia e avevano cominciato rapidamente a raccogliere tutti i delegati.

I Behemoth cominciarono a muoversi verso la spiaggia, ma data la loro lentezza non sarebbero mai arrivati in tempo.

A quel tempo la speranza divenne sollievo.

“Molto bene. Chiamate il quartier generale per sapere cosa fare adesso di quei bestioni” ordinò Teletha.

Dopo pochi secondi giunse la comunicazione dal quartier generale di Sydney.

“Ordinano di lanciare due missili a lunga gittata contro i nemici” disse l’operatore della radio.

“Mi chiedo se sarà sufficiente” commentò Mardukas.

“Gli ordini sono ordini. Ordinate ai soldati sopravvissuti di abbandonare l’isola e preparatevi per il lancio”.

In quello stesso momento Clouzot comunicò che tutti i delegati avevano lasciato l’isola diretti verso una nave americana.

E subito dopo iniziò la smobilitazione delle poche forze di difesa superstiti.


“Ah, perfetto! Perfetto!” esclamò tutto contento Cameron, appena ricevuta la risposta affermativa del sottomarino per il lancio dei missili contro l’isola.

Quegli stupidi del De Danaan erano caduti in pieno nella trappola, e ora avrebbero lanciato due missili contro la sede del summit, con quest’ultimo in pieno svolgimento, distruggendola e credendo di colpire degli inesistenti Behemoth.

Ormai l’operazione Hunting era giunta al suo culmine, e tutta quella lunga preparazione, l’invio di false informazioni satellitari al De Danaan, i sintetizzatori vocali per simulare la voce del loro ufficiale sull’isola, Clouzot, e il totale isolamento radio dai suoi alleati in cui era stato avvolto, avrebbero finalmente dato i suoi frutti.

E per la Mithril sarebbe stata la fine.


“La traiettoria è stata stabilita. Non è rilevato alcun ostacolo lungo il tragitto. Obbiettivo individuato”.

“Grazie all’apporto della marina statunitense, tutti i superstiti delle forze di difesa sono stati evacuati”.

“Bene, prepararsi al lancio” disse infine Teletha.

Sulla parte superiore del Tuatha De Danaan si aprirono due boccaporti blindati.

E due grossi missili di colore bianco cominciarono lentamente ad affiorare.

Nella plancia iniziò il conto alla rovescia.

L’androide osservava impassibile i numeri che a partire da venti scendevano inesorabilmente.

Ogni secondo corrispondeva ad un passo verso la fine della Mithril, cosi come volevano i suoi padroni.

E ritenne che la fase principale della sua missione fosse ormai conclusa.

Ma neppure gli androidi potevano permettersi di cantare vittoria troppo presto, come dimostrò una piccola e improvvisa esplosione nella sala macchina del Tuatha De Danaan, abbastanza potente da far tremare tutto lo scafo del gigante subacqueo.


“Signore, ricevo qualcosa” disse uno degli uomini della Wilson.

Pakula, che contemplava l’orizzonte sconfinato dell’oceano, si avvicinò: “Che cosa?”

“Non ne sono sicuro, signore. Ho rilevato un leggero rombo, simile a quello di un esplosione”.

“E dove?”

“A circa otto chilometri ad est. Il punto di emissione è sott’acqua, ad almeno venti metri di profondità”.

“Un sottomarino dunque”.

“Sembra proprio di si”.

Pakula trovò sospetta la cosa, in quella zona doveva esserci solo la Toy Box.

Forse aveva avuto un incidente a bordo.

Ordinò allora di usare la speciale frequenza criptata fornita dalla Mithril per comunicare col suo sottomarino.

Dall’altra parte giunse la risposta, fornita opportunamente da Amalgam, che a bordo del De Danaan c’era stato un incidente..

Pakula rifletté sulle varie possibilità, infine ordinò di passare dallo stato di allerta di secondo grado a quello di primo grado.

Si fidava della Toy Box, ma non degli incidenti che avvenivano durante le operazioni delicate.

E se c’era una cosa che l’esperienza gli aveva insegnato, era che in qualunque situazione non bisognava mai farsi trovare impreparati.

 

  
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