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Autore: Pauline MillerEunaNotte    21/03/2016    2 recensioni
“Lo sai che per me è troppo amaro questo tipo di caffè.”
“E mettici lo zucchero.”
“Con lo zucchero diventa dolce, ma resta lo stesso amaro.”
Come la nostra amicizia, riflettè Mai.
“Vuoi un bacio?”, chiese Kanami.
Ma che...? Non sto sbarrando gli occhi, vero? Non li sto sbarrando? la professoressa quasi si strozzò con la sua stessa saliva, che non riusciva a deglutire, prima di accorgersi che...
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yuri, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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 (Per alcune spiegazioni linguistiche di termini giapponesi utilizzati nel capitolo, vedere a fondo pagina

 

 

PROLOGO

 

 

 

"Lo sai cosa c'è più di più piatto del piattume piatto che più piatto non si può?”, stava dicendo Sae, mentre, semisdraiata sul banco, coi lunghi capelli ramati che ne inondavano tutta la superficie, riemergeva da un sonoro sbadiglio. La domanda era rivolta al suo vicino di banco, nonchè migliore amico dai tempi dell'asilo, Soichiro Nakata, al quale questa frase non era certo nuova: a seconda del periodo la sentiva dalle due alle venti volte a settimana, da otto o nove anni a questa parte ormai.

“Dunque, vediamo.... più piatto del piattume piatto che più piatto non si può....? ....il seno della Professoressa di inglese, senza alcun dubbio....” replicò illuminandosi Soichiro, che si dilettava, nel tempo libero, a cercare nuove risposte a questa domanda, alternative a quella ufficiale e possibilmente divertenti (visto che quella "ufficiale" di Sae non lo era molto)

“Questa è veramente buona, Naka-kun!” Si complimentò il ragazzo del banco dietro a Soichiro, dandogli un amichevole pugno in mezzo alla schiena, tra gli sghignazzi diffusi degli altri compagni limitrofi: tutta la classe era ormai familiare a quel "gioco" che durava ormai da mesi, ripetendosi ogni mattina con le varianti del caso.

"Sì, riderei anche io, se non fossi troppo sconsolata dal fatto che... Solo l'istituto Makarekawa è più piatto di cotanto piattume..." La seconda parte della frase era stata quasi pronunciata in coro, con fare canzonatorio, da vari compagni di classe, che tanto l'avevano sentita ripetere da saperla a memoria.

"Si, si, bravi, prendetemi pure per il cu...", si indispettì Sae.

"..per il custode della classe!" Finì la frase la professoressa di inglese, che era tanto arcigna quanto piatta, e stava facendo il suo ingresso nella classe proprio in quel momento. "Ovviamente, è così che volevi finire la frase, vero Nishimura Sae? Immagino che tu volessi offrirti volontaria per le pulizie della classe per tutto il mese, al posto dei responsabili di turno. Ho interpretato bene il tuo pensiero?"

"... be... benissimo, Ojiwara-sensei..." si rassegnò Sae, che aveva abbassato a terra gli occhi verdi di solito tanto spavaldi, e giocherellava nervosa con l'orlo della gonna bordeaux.

Tutti sapevano già da tempo che il credo della professoressa Ojiwara era quello di "ripulire" le espressioni volgari o i comportamenti inappropriati degli studenti mediante punizioni che avessero a che fare con l'igiene. "Mente pulita in ambiente pulito", questo era il suo motto, parafrasando il noto brocardo latino.

Archiviato questo piccolo incidente, la lezione proseguì nel modo più normale possibile, o usando l'espressione preferita da Sae, nel modo "più piatto possibile". Raramente, infatti, il “present perfect" ha causato nelle scuole giapponesi (o nel resto del mondo) scompiglio, eccitazione o scalpore.

Ma, pochi minuti prima della fine della lezione, Ojiwara-sensei, ricordando la punizione assegnata a Sae, le rivolse di nuovo la parola.

"Nishimura, vorrei parlare con il professore responsabile del tuo club per spiegargli il motivo per cui farai tardi alle attività per un intero mese... Mi potresti dire quale club è onorato della tua iscrizione?"

"Ehm.. Sensei, io veramente non faccio parte di alcun club..."

"Ahhh, ho capito, in effetti ora mi spiego come mai ti annoi tanto. Mi è giunta voce, da un po' di tempo, che sei stata udita da più docenti a lamentarti di quanto è monotona la vita in questa scuola. Ed io", aggiunse Ojiwara-sensei, guardando Sae in un certo qual modo inceneritore, da sopra gli occhiali, "non voglio certo che una ragazza giovane e vitale come te passi le giornate nel tedio. Dunque, ho pensato una cosa."

"Nishimura Sae!" scandì la professoressa, ergendosi in piedi all'improvviso.

"Hai!" rispose Sae, scattando automaticamente in piedi e sull'attenti a sua volta, e quasi rovesciando il banco e/o la sedia dalla foga.

"La tua punizione è convertita con effetto immediato! Anzichè pulire la classe per un mese, decreto che dovrai partecipare per un mese ad club che io stessa sceglierò per te. Non sono ammessi ritardi o assenze, e mi informerò personalmente presso il referente per controllare la tua condotta! Intesi?"

"Sissignora!" assentì con decisione, benchè con riluttanza, Sae.

"Ora non ci resta che stabilire chi dovrà sopportarti per tutto questo tempo. Vediamo un po'... ecco, ho trovato! Ti iscriverai allo stesso club al quale è iscritta Kanbayashi. Qualunque esso sia."

Tutta la classe (Sae compresa) girò gli occhi su di me.

Su di me che di solito vengo completamente ignorata.

Su di me che potrei fare, di secondo nome, “Trasparente”.

Mi sentivo addosso gli sguardi di tutti i miei compagni, tranne un paio che evidentemente non sapevano nemmeno da che parte girarsi per trovare la ragazza che corrispondeva al cognome di "Kanbayashi".

Improvvisamente al centro dell'attenzione, non sapevo più da che parte guardare e quindi abbassai, nell'imbarazzo, lo sguardo sul banco, proseguendo a scrivere sul blocco degli appunti, come avevo fatto fino a pochi secondi prima. Proseguendo a scrivere sul blocco, dove avevo appena finito di comporre (per la centesima o duecentesima volta quella mattina) la frase: "I love Sae".

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Al prossimo capitolo!

Venite a trovarmi sul mio blog: http://circoloyuri.blogspot.it/

 

In Giappone raramente il nome o il cognome viene usato da solo, ma viene quasi sempre usato con un suffisso onorifico (l'utilizzo del nome senza suffisso è riservato a chi ha un'elevato grado di confidenza)
Titoli onorifici (vengono aggiunti dopo il nome o il cognome)
San - è il titolo onorifico usato sia in contesti formali che informali sia per uomini che per donne. 
Kun è un suffisso utilizzato tra ragazzi e amici. Più usato per rivolgersi ai ragazzi, meno frequentemente a ragazze.
Chan: utilizzato verso i bambini, è molto diffuso l'uso fra persone adolescenti o adulte indicando amicizia. Più usato fra ragazze, o dai ragazzi verso ragazze con cui hanno un particolare legame (es. amiche d'infanzia, fidanzate)  
Sensei: significa "professore", "maestro" 
Senpai: è utilizzato a scuola per indicare un alunno di una classe maggiore o al lavoro per indicare un collega più "anziano". 
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Hai: vuol dire "sì"

Note linguistiche

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Hai: vuol dire "sì"

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Suffissi onorifici

In Giappone raramente il nome o il cognome viene usato da solo, ma viene quasi sempre usato con un suffisso onorifico (l'utilizzo del nome senza suffisso è riservato a chi ha un elevato grado di confidenza)
Titoli onorifici (vengono aggiunti dopo il nome o il cognome)
San - è il titolo onorifico usato sia in contesti formali che informali sia per uomini che per donne. Il titolo più comune

Kun è un suffisso utilizzato tra ragazzi e amici. Più usato per rivolgersi ai ragazzi, meno frequentemente a ragazze.

Chan: utilizzato verso i bambini, è molto diffuso l'uso fra persone adolescenti o adulte indicando amicizia. Più usato fra ragazze, o dai ragazzi verso ragazze con cui hanno un particolare legame (es. amiche d'infanzia, fidanzate)  

Sensei: significa "professore", "maestro" 

Senpai: è utilizzato a scuola per indicare un alunno di una classe maggiore o al lavoro per indicare un collega più "anziano". 

 

   
 
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