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Autore: Elaine Doyel    21/03/2016    7 recensioni
Dal Testo:
È strano come a distanza di anni non si sa ancora come sia iniziato tutto. La maggior parte crede che fu quella “scampagnata” nelle pianure che i mortali chiameranno Enna, ma io so per certo che non fu quello il motivo. Bisognerebbe guardare più indietro in cerca della vera ragione.
Genere: Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ade, Persefone
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Canti di Antiche Leggende (Raccolta)'
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*** SERVONO A SEGNARE I PoV DI ADE E PERSEFONE

 

È strano come a distanza di anni non si sa ancora come sia iniziato tutto. La maggior parte crede che fu quella "scampagnata" nelle pianure che i mortali chiameranno Enna, ma io so per certo che non fu quello il motivo. Bisognerebbe guardare più indietro in cerca della vera ragione.

 

«Persefone guardi cosa ho trovato!»
È una calda giornata e come sempre mi trovo in compagnia delle ninfe. Non che la cosa mi dispiaccia, solo che mi piacerebbe passare un po' di tempo con mia madre, che ovviamente come tutti gli dei è piena di impegni.
«Fa' vedere.» prendo il fiore che Ciane mi porge. «Che strano. È cresciuto fuori stagione.» lo rigiro nelle mani prima di restituirlo a Ciane.
«Oh no, tenetevelo.» dice con un sorriso «Potete donarlo alla nostra signora.»
Lo poggio delicatamente all'interno del cesto di vimini pieno di fiori di stagione e insieme a Ciane e le altre ninfe risaliamo i prati dell'Olimpo, seguite da qualche fauno che - attratto dalla bellezza delle mie accompagnatrici - suona qualche melodia con il suo strumento di legno. Siamo arrivati al sentiero di pietra che spunta innaturale dalla distesa erbosa quando Pluto sbuca fuori dal nulla. Mi fa uno dei suoi sorrisi sarcastici, prima di andarsene, mentre io mi dirigo verso casa.
Sto camminando a testa bassa, immersa nei miei pensieri, e senza rendermene conto vado addosso a qualcuno. Quando alzo lo sguardo vedo un dio dalla pelle diafana, una ribelle chioma nera e dei caldi occhi scuri paragonabili ad un pozzo profondo, con indosso una toga dal colore della notte.
«Scusatemi.» dico con un po' di imbarazzo prima di dirigermi velocemente verso casa, seguita da Ciane che mi chiama per farmi rallentare.

* * * *

Erano anni che non salivo sull'Olimpo, e se adesso mi trovo qui è per un motivo ben preciso - anzi un piccolo capriccio personale. Mentre mi avvio nel luogo dove Zeus è solito tenere le sue riunioni con gli dei che qui risiedono la giovane dea che ammiravo dalla mia residenza sbuca fuori dal nulla. Ha i lunghi capelli ondulati - di colore castano scuro – trasformati in una massa disordinata contornati da una corona di fiori colorati. I suoi occhi sono delle stesso colore delle foglie secche, mentre la sua carnagione baciata dal sole risalta a pieno la sua bellezza, valorizzata anche da una lunga toga color lavanda.
«Scusatemi.» dice con un lieve imbarazzo prima di andare via, seguita a ruota da una ninfa la cui bellezza però non riesce ad arrivare ai livelli della fanciulla.
«Persefone! Aspettate!» Ecco qua è il suo nome! 
La seguo andarsene con lo sguardo prima di continuare la salita verso Zeus.

«Ade. Fratello!» Zeus ha un tono stanco mentre si avvicina a salutarmi con un grande sorriso sulle labbra.
«Salve Zeus.»
«Come si sta nell'oltretomba?» dice con l'ombra di un sorriso nel volto.
«Non sarebbe male, se non fossi così sommerso di lavoro!» Zeus scoppia in una fragorosa risata, dandomi una pacca sulla spalla.
«Allora.» dice tornando serio «Di cosa volevi parlarmi?»
«Ecco, l'Ade è un posto alquanto tranquillo, ma solitario. Un po' di compagnia non mi dispiacerebbe.»
Gli occhi azzurri di mio fratello sono puntati su di me e sembra quasi sbalordito.«Mi stai chiedendo di trovarti moglie?» oltre a sbalordito sembra anche stordito.
«Sì. Cosa c'è di male?» chiedo con noncuranza.
«Niente, niente.» dice mentre mi fa cenno di sedermi vicino al suo trono pensieroso. «È solo che non me lo aspettavo. Hai qualche preferenze?» sto per rispondere, quando vengo bloccato da un gesto della sua mano «Prima che tu parli voglio avvisarti che Afrodite è già sposata con mio figlio Efesto. Non accetterò il suo nome come risposta.»
«Sai fratello.» dico trattenendo una risata. «Per quanto la sua "bellezza" possa essere mozzafiato io avrei già in mente qualcuno.» e mentre continuo faccio uno dei miei rari sorrisi. Ripenso alla giovane dea e alle volte che la guardavo dall'oltretomba – in uno dei miei rari momenti di riposo – raccogliere fiori in compagnia delle ninfe nelle distese erbose dei mortali. Se non fosse stato per quella ninfa ora non saprei il suo nome.
«Persefone.» dico, ed è in questo momento che la preoccupazione che leggo nel volto di mio fratello diventa concreto.
«Cosa?!»

* * * *

Tento di rimettere a posto i capelli, che per colpa di quei giochi nei campi sono diventati una massa informe, ma senza successo. Ecco perché Pluto si è messo a ghignare. 
«Tesoro cosa ti è successo?» mi chiede mia madre non appena mi vede.
«Oh niente. Non preoccupatevi.» dico dandole un bacio nella guancia prima di allontanarmi per prendere il fiore. «Guardate cosa ha trovato Ciane. Ha deciso di donarlo a voi.»
«Che pensiero carino.» mi fa una carezza sulla guancia. «Ringrazia Ciane da parte mia.» dice mentre posa delicatamente il fiore dentro un vaso insieme a quelli che ho raccolto.
«Ehm, madre?» dico un po' titubante.
«Sì cara?»
«Ecco... volevo dirvi che domani andrò nel mondo mortale... nei prati della Sicilia con le ninfe. Non vi dispiace vero?» chiedo nervosamente.
Sembra pensarci su, per poi farmi un sorriso raggiante paragonabile a una di quelle giornate calde.
«Certo! Vai pure.»
Le vado incontro, gettandole le braccia al collo, ringraziandola felicissima. Dopo averle raccontato cosa abbiamo fatto esco con una corona di fiori in mano. Afrodite mi aveva detto che mi avrebbe aspettato al lago, così decido di non farla aspettare più di tanto.
Quando arrivo nei pressi del lago la trovo immersa nell'acqua fresca che le arrivava alle caviglie. I suoi lisci capelli biondi le ricadevano delicati lungo la sua veste porpora che faceva sembrare la sua carnagione chiara quasi color del latte. Mi siedo vicino al lago e quando si accorge che sono arrivata si avvicina.
«Cos'hai combinato ai capelli?» mi chiede mentre arriccia il naso. Sorrido alla sua espressione. Per lei una dea deve sempre essere in ordine, e trovarsi con capelli pieni di foglie dopo aver rotolato nel prato è indecente.
«Ho solo giocato un po' con le mie accompagnatrici.» dico con noncuranza. Sta per ribattere quando io le porgo una corona di rose e papaveri che avevo intrecciato. Dopo che si è placata iniziamo a parlare del più e del meno, proponendo anche di venire con me nei campi mortali.
«Mi dispiace, ma rotolarsi nell'erba e fare corone di fiori non fa per me.»
Ridacchio alla sua affermazione, e quando guardo oltre la sua spalla vedo Zeus con il dio sconosciuto che camminano tranquillamente nel prato.

* * * *

Sono tornato presto nel mio regno, dato che i morti non aspettano. Le parole di mio fratello sono rimaste impresse nella mia mente, come se fossero marchiate a fuoco; ho avuto il suo consenso, ma so che è preoccupato della reazione di Demetra se scoprisse qualcosa. Sappiamo entrambi che nostra sorella non consentirebbe mai di portarla con me nell'Ade, così Zeus ha pensato ad un modo per accontentare la mia richiesta. L'unica cosa che mi resta da fare è aspettare domani.
Cerbero mi vede camminare un po' distante da lui e inizia a piangere. Mi sorprendo sempre quando un cane a tre teste, il mio cane a tre teste, a guardia degli inferi si comporta come un comune cane. Allungo la mano verso di lui e subito poggia il suo muso su di essa.
«Da domani avremo compagnia.»dico in tono calmo e pacato, ma a quanto pare non ho il tempo per godermi un attimo di tranquillità che subito arriva la barca di Caronte con- altre anime.
Sospiro rassegnato, ritornando ai miei doveri.

* * * *

I campi della Sikelía sono coloratissimi, pieni di fiori di tutti i tipi. Sedute nel campo, io e le ninfe intrecciamo i fiori più belli e colorati per farne corone.
«Oh. Siete davvero abile Persefone.» mi dice con un sorriso una ninfa d'acqua. Ricambio il sorriso continuando ad intrecciare i fiori, quando mi viene un'idea.
«Che ne dite di fare una gara?» dico mettendomi in piedi e indossando la corona finita. Lo sguardo di tutte le presenti è rivolto su di me, in attesa che riveli di che tipo di gara si tratti. «Una gara a chi raccoglie più fiori.»
Sembrano tutte entusiaste della gara che ho proposto, seppure infantile.
Quando inizia prendiamo tutte delle direzioni differenti, ma senza allontanarci troppo, raccogliendo solo i fiori che catturano la nostra attenzione. Mentre sono intenta a raccogliere papaveri la mia attenzione viene catturata da un narciso, unico fiore diverso. Mi chino per raccoglierlo, ma una volta strappato la terra sotto i miei piedi trema, prima di aprirsi in una voragine proprio sotto i miei occhi. Torno indietro terrorizzata, quasi correndo, quando sento dietro di me il suono degli zoccoli di cavalli e il rumore della biga.
Cerco di correre più veloce, ma la mia veste color avana è troppo lunga e mi rallenta. Vengo raggiunta da quattro cavalli dal manto nero come la notte, che trainano una biga dello stesso colore. Non riesco a vedere chi la guida perché un braccio forte mi afferra dai fianchi e mi carica all'interno di essa.
«Lasciatemi!» urlo mentre picchio con un pugno la schiena dell'auriga. Sono quasi del tutto sopra la sua spalla, verso i campi, e non riesco a vedere il volto del mio rapitore, dato che indossa un elmo anch'esso nero come la sua armatura. Discendiamo la voragine e, tra le mie lacrime, urla e preghiere rivolte a Zeus, vedo lo squarcio chiudersi sopra di me facendomi entrare nell'oscurità. Durante la breve discesa i miei occhi si sono abituati al buio, anche se riesco a distinguere solo le sagome.
Quando la biga si ferma su un terreno roccioso l'auriga mi poggia delicatamente al suolo e, quando le sue fredde mani non toccano più i miei fianchi, cerco di correre il più lontano da lui.
«Fermatevi.» dice mentre mi afferra il polso. La sua voce è calma, anche se riesco a notare quasi una supplica celata.
«Ti prego...»la frase muore sulle mie labbra. La mia voce, invece, è quasi un sussurro mentre le lacrime continuano a rigarmi il volto. Lui non dice una parola mentre mi asciuga le lacrime col pollice. Ci incamminiamo lungo la piana, illuminata da torce con una fiamma blu, fino ad arrivare ad una porta immensa di legno scuro. Quando si aprano mi ritrovo in un lungo corridoio, illuminato anch'esso da torce con fiamme blu.
«Ti porto nelle tue stanze.» dice mentre si toglie l'elmo con una mano. Ne approfitto per vedere il volto del mio rapitore, ma con la strana luce riesco a vedere una massa di capelli scuri e la parte superiore del viso coperta da un panno.
«Dove mi trovo?»
«Siete nell'Ade.» dice con naturalezza.
Cosa? Oh per gli dei! «Quindi voi siete Ade.» tento di restare calma, ma nella mia voce si sente ancora una nota di disperazione.
La figura davanti a me non risponde, camminando nei corridoio tenendomi ancora per il polso delicatamente, senza farmi male.
«Cosa volete da me?» tento di fargli un'altra domanda senza aspettarmi una risposta, che però arriva.
«Voglio che tu diventi la mia sposa.»dice con il suo tono calmo. Cosa?!
Ci fermiamo davanti ad una porta e quando la apre capisco che sono le stanze di cui aveva parlato.
«Ritorno ai miei doveri.» dice facendomi entrare «Tu riposati.»
Mentre chiude la porta riesco a intravedere lo scintillio dei suoi occhi, ma solo per un breve istante. Mi dirigo in quello che, per colpa di queste fiammelle (che a quanto pare illuminano tutto il palazzo di Ade), sembra la forma di un inquietante letto. Mi metto a sedere su di esso, affondando il viso nelle ginocchia che ho portato al petto.

 

Dovrebbero essere passati otto o nove giorni, non so dirlo con sicurezza. Qui le giornate sono sempre uguali e ho perso il conto.
La porta si apre, ma io rimango sdraiata con le spalle rivolte all'ingresso, giocherellando con la corona di fiori.
«Non volete mangiare? È da quando sei arrivata che non tocchi cibo.» mi chiede Ade.
«Non ho fame. E poi non sono venuta di mia spontanea volontà! Siete stato voi a rapirmi.» dietro di me sento Ade entrare all'interno della stanza. 
«È vero. Vi ho rapito dal mondo di sopra, ma se fosse stato un vero rapimento non vi avrei lasciato libera di andare dove volevate. Voi avete preferito rimanere segregata qui dentro.» la sua voce è calma come sempre, ad un passo da me. Rimane alzato, in silenzio, e sento il suo sguardo su di me come se fosse bollente.
«Mio signore.» dice una voce gracchiante «Mi dispiace interrompervi, ma deve tornare ai suoi doveri.»
«Arrivo subito. »
La voce gracchiante se ne va, mentre Ade resta qualche secondo nella stanza, esitante, per poi andarsene borbottando tra se e se qualcosa del tipo "Quanto lavoro." chiudendo la porta. Vorrei piangere, ma ormai sono a corto di lacrime. Dopo quelle che per me sembrano ore mi metto a sedere, cercando di trovare un modo per tornare da mia madre, quando le parole sussurrate di Ade mi risuonano in testa.
«Troppo lavoro eh?»
Mi dirigo verso una delle due porte, aprendo nel modo più silenzioso possibile. Il corridoio è illuminato da fiamme blu – come il primo giorno – ed è completamente vuoto. Lo percorro per tutta la sua lunghezza, ma quando sento dei passi entro dentro la prima stanza alla mia sinistra, chiudendo gli occhi e ascoltando i rumori provenienti dall'altro lato. Sento i passi diventare flebili quando il suono di una cesoia mi fa accapponare la pelle. Nella stanza, insieme a me, ci sono tre vecchiette; una lucida un paio di cesoie d'oro, mentre le altre due filano. Ricordo di aver sentito parlare di loro tre.
«Voi siete...»
«Sì, le Moire.» mi interrompe la vecchia con le cesoie precedendo la mia domanda.
«È sappiamo cosa stai cercando.» dice una che fila.
«Esci da questa stanza e percorri il corridoio fino alla fine, ti troverai fuori da questo palazzo.» continua l'altra.
Esco velocemente dalla stanza, senza chiedermi come fanno a saperlo, correndo per il corridoio e trovandomi in un attimo fuori dal palazzo.

* * * *

«Mio signore.» vicino al mio trono compare Megera, una delle tre Erinni.
«Cosa c'è?» sono un po' seccato per l'interruzione. D'altronde se non giudico io le anime chi lo fa?
«Le Moire vogliono parlare con voi. Questione di vita o di morte.»
Cos'è questa storia? Mi alzo dal mio trono e mi dirigo verso la stanza delle Moire, vicina alla sala del trono.
«Mi avete fatto chiamare, signore?» vedo Atropo alzare lo sguardo dalle cesoie che costantemente lucida.
«Sappiamo che avete deciso di prendere Persefone come sposa.»
«E che l'avete lasciata libera di girare per il palazzo.» proseguì Cloto, mentre continua a filare lo stemma della vita.
«E con questo?» chiedo, non capendo dove vogliono arrivare.
«Sei sicuro che lasciarla libera senza qualcuno che la sorvegli sia un bene?» questa volta è Lachesi a parlare, mentre avvolge il filo nel fuso.
«Siate più chiare. Cosa sapete che io non so?»
«Vai da Cerebro, prima che scateni ulteriormente l'ira di Demetra.»
Le ultime parole di Atropo mi fecero uscire di corsa dalla stanza e dal palazzo, cercando di raggiungere Cerbero.

Quando arrivo vicino al suo enorme corpo riesco a vedere la sagoma di Persefone – come pietrificata –  e la testa di un serpente, che costituisce il manto del cane a tre teste, morderle il polso
«Istemi!» ordino alla testa. Il serpente si stacca dal polso, ma anche se sono stati in contatto per un benissimo istante il veleno sembra esserle entrata in circolo, facendola accasciare al suolo.
Mi avvicino e la prendo tra le braccia per riportarla nelle sue stanze e, per la prima volta dopo che l'ho condotta nel mio regno, vedo i suoi occhi scrutare i miei prima che perdesse i sensi.

 


NOTE

Ciane
 era una ninfa reagì al rapimento di Persefone aggrappandosi al cocchio di Ade nel tentativo disperato di trattenerlo. Il dio incollerito, la percosse col suo scettro trasformandola in una doppia sorgente dalle acque color turchino. Il giovane Anapo, innamorato della ninfa Ciane vistosi liquefare la fidanzata, si fece mutare anch'egli nel fiume che ancor oggi, al termine del suo percorso unisce le sue acque a quelle del fiume Ciane, prima di sfociare insieme nel Porto Grande di Siracusa.

Pluto: Dio della ricchezza, il cui culto, di carattere agrario, aveva come sede principale l'isola di Samotracia. Era figlio di Demetra e Iasione (o Giasone), nipote di Dardano fondatore di Troia.

Σικελία (Sikelía) era il nome dato dai greci alla Sicilia.

Ἵστημι (istemi): fermo, fermarsi


 
Angolo Autrice:

Salve! Spero che questo primo atto vi sia piaciuto. Ci ho lavorato molto cercando di curarla in ogni piccolo dettaglio. Ade e Persefone sono la mia coppia mitologica preferita e mi auguro di aver ricreato bene un mito che mi appassiona.
Mi piacerebbe avere un vostro commento per poter migliorare i prossimi atti qualora ci fosse qualche errore. Grazie per aver letto 




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