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Autore: GlendaSinWrasprigrel    24/03/2016    3 recensioni
Sonic si liberò dalle macerie urlando dal dolore per lo sforzo e si piegò in due per riprendere fiato. Alzata la testa, spalancò gli occhi davanti a quell’orrore: le colline verdi erano ormai diventate nere come la pece e il fiume era diventato una pozza di fuoco. Tutto bruciava di uno spaventoso colore cremisi.
« Ma che… ahi!» Bastò un passo e Sonic si trovò a terra. Portatosi una mano alla caviglia la sentì gonfia. «Che cosa è successo?» si chiese il riccio preoccupato.
«Quello che vedi, topastro.»
Alzata la guardia Sonic squadrò una palma alla sua destra, dove una ragazza vestita da abiti orientali lo fissava con un sorrisetto compiaciuto.
«Tu…chi diavolo sei?!» le ringhiò Sonic.
«Calma, Sonic the Hedgehog.»
«Sei stata tu? Cos’hai fatto ai miei amici?!»
«Tranquillo. Li raggiungerai molto presto» la ragazza scese con un salto dall’albero e, cogliendo Sonic di sorpresa, gli si avvicinò e lo alzò da terra con facilità prendendolo per il collo. Il riccio sputò sangue, cercando di staccarsi da quella morsa.
«Questo pianeta è morto. Come te» dalla manica del prezioso vestito ricamato, la ragazza estrasse una lama, pronta a colpire il riccio ormai privo di forze. «Addio, topastro.»
Genere: Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro Personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Sonic si liberò dalle macerie urlando dal dolore per lo sforzo e si piegò in due per riprendere fiato. Alzata la testa, spalancò gli occhi  per l’orrore che aveva davanti a sé: le colline verdi dove al riccio blu piaceva correre erano ormai diventate nere come la pece e l’acqua cristallina del fiume era diventata una pozza di fuoco. Tutto attorno a lui bruciava di uno spaventoso colore cremisi.
« Ma che… ahi!» Con un solo passo Sonic si trovò a terra. Si portò una mano alla caviglia visibilmente gonfia e zoppicando andò a perlustrare la zona e a cercare i suoi amici, ma le uniche cose che incontrava erano i robot distrutti del dottor Eggman e l’aeroplano di Tails in cenere.
«Tails! Amy! Shadow! Knuckles! Dove siete?!» Sonic chiamò a perdifiato i suoi amici continuando a camminare senza una meta da raggiungere. «Che cosa è successo?» si domandò sforzandosi di ricordare.
«Quello che vedi, topastro.»
Alzata la guardia Sonic squadrò una palma alla sua destra, dove una ragazza vestita da abiti orientali lo fissava dall’lato in basso con un sorrisetto compiaciuto.
«Tu…chi sei! E che cosa vuoi?!» le ringhiò il riccio blu.
«Calma, Sonic the Hedgehog. A dirti la verità noi volevamo solo te,ma data la tua reazione non potevamo fare altro se non attaccare anche i tuoi amici. Persino quell’idiota di Eggman.»
«Dove sono?Rispondi?!»
«Stai buono. Li raggiungerai molto presto» la ragazza scese con un salto dall’albero e si avvicinò al riccio blu che non fece in tempo a controbattere per colpa delle ferite, mentre lei lo alzò da terra  con facilità prendendolo per il collo. Sonic urlò di nuovo dal dolore sputando sangue, cercando di staccarsi da quella morsa.
«Lo sai, è un vero peccato che questo mondo verrà distrutto.» disse la ragazza con falsa compassione. «Mi sarebbe piaciuto giocare ancora un po’ con te, ma… temo che ci dobbiamo salutare.» dalla manica del prezioso vestito ricamato, la misteriosa ragazza estrasse una lunga lama nascosta, pronta a colpire il Sonic ormai privo di forze «Addio, topastro.»

«NO!»
L’improvviso risveglio dell’ospite sorprese Veritas che, dallo spavento, fece cadere la bacinella piena d’acqua. «Oh no! Che disastro!» la ragazza prese dall’armadio uno straccio e asciugò il pavimento bagnato.
Sonic, ancora un po’ scosso, si alzò in fretta con una smorfia di dolore.
«Attento! Non puoi ancora muoverti, devi stare tranquillo e a riposo!» lo ammonì Veritas con dolcezza.
Gli occhi verdi smeraldo del riccio, non ancora abituati alla luce, erano piccole fessure che cercavano di mettere a fuoco la figura al suo fianco. Pian piano riuscì a distinguere due piccole luci turchesi fissi verso di lui, capelli lunghi e castani e i lineamenti del viso di una ragazza.
«Tu… chi sei?» domandò perplesso.
«Ah.. ecco io… »
«Dove sono?»
«Ehi, una domanda alla volta, ok?» Veritas fece adagiare Sonic su letto e gli si avvicinò con una sedia un po’ nervosa. I suoi occhi erano fissi sul suo aspetto. I capelli e gli aculei sulla schiena ricordavano proprio quelli di un porcospino, ma vederlo così alla ragazza pareva quasi… umano e la cosa che l’affascinava maggiormente erano le sue scarpe rosse e i guanti bianchi. «Be’,ecco … Da dove posso cominciare… Cioè, voglio dire…»
Il riccio sbottò una risata, ormai abituato a quelle osservazioni. «Si , lo so. A molta gente faccio questo effetto. Ecco a voi un porcospino che parla. Ci sono abituato!»
Veritas rilassò i muscoli. «Ah, mi hai reso più facile il discorso!»
Entrambi risero all’unisono. Finalmente la tensione dentro Veritas scomparve e poté parlare senza problemi. «Ti giuro che quando ti ho visto sul mio giardino non potevo crederci! Io mi chiamo Veritas. Veritas True. E tu?»
«Io? Io mi chiamo Sonic. Sonic the Hedgehog.» disse Sonic puntandosi un pollice.
«Sonic? Che bel nome!»
«Anche il tuo! E ora potrei sapere che cosa mi è successo?»
Confuso, Sonic contemplò le innumerevoli bende sul suo corpo e iniziò a levarsele
«Ehi, non farlo! Sei ancora… Cosa?» Veritas spalancò gli occhi dallo stupore vedendo che sotto le garze e le bende non c’erano più quelle ferite profonde. Non rimasero neanche cicatrici o escoriazioni. «Wow… allora non sei un riccio normale…»
«Direi proprio di no. Ora posso sapere dove sono?»
«Aspetta, mi stai forse dicendo che non ricordi perché sei caduto dal cielo?»
Il riccio fece spallucce scuotendo la testa. «Non ricordo neanche che cosa ho fatto il giorno prima.»
«Be’, hai dormito.»
«Che cosa?!»
«Anzi, a dir la verità hai dormito per tre giorni di fila»
«Eh?!» Sonic scese dal letto e prima che Veritas se ne accorgesse era già giù in giardino a perlustrare il posto.
L’unica cosa che la ragazza riuscì a vedere dalla finestra era una scia blu sulle colline che andava alla velocità della luce o forse di più. «Pazzesco… Ma è velocissimo!»
D’un tratto una folata di vento entrò nella stanza di Veritas. Sonic era nuovamente sul letto.
«Ah, mi ci volevano quattro passi!» disse il riccio stiracchiandosi.
«Quattro pas-… ma tu eri nei campi cinque secondi fa!» gridò Veritas incredula.
«Cosa? Ah, mi sono dimenticato di dirti che io sono il porcospino più veloce del mondo!» annunciò fiero Sonic.
«Non dirlo come se fosse una cosa normale!»
Nel silenzio tra i due uno strano borbottio rimbombò nella stanza. Veritas inarcò un sopracciglio, mentre Sonic arrossì dalla vergogna.
«A quanto pare hai fame» ridacchiò la ragazza.
“Be’… forse.»
«Tenendo conto il fatto che tu non sia un riccio normale, ti vanno bene degli hamburger?»
Gli occhi di Sonic si illuminarono. «Mi chiedi se vanno bene? Sono perfetti!»
«Bene allora! Dammi cinque minuti e saranno pronti!»
 
Tra la nebbia un ragazzino teneva gelosamente stretto a sé una sacca di pelle. Era stanco di correre a vuoto nella selva, ma la sua missione gli impediva di fermarsi. Doveva portare quella sacca intatta a tutti costi, ne valeva della sua famiglia.
Nel vuoto di quella stessa forsta riecheggiava il suono metallico delle armature dei cavalieri che pericolosamente si avvicinavano a lui.
«Presto, fatti vedere…. Ormai sono al limite!» implorò con lo sguardo verso il cielo bianco. «Ti prego!»
«Sono sopra di te.»
Il ragazzo alzò la testa verso un ramo di un albero, dove una ragazza vestita con abiti dai colori sgargianti e orientali sedeva tranquilla. Sul viso del giovane si disegnò un largo sorriso. «Eccoti!»
Con la leggerezza di un gatto,la ragazza scese dall’albero senza fare il minimo rumore.«Come ti avevo promesso, sono qui.»
«Mi dispiace… mi hanno seguito però ho quello che sei venuta a prend-…» una freccia venne scoccata a pochi centimetri dal piede del ragazzo: i cavalieri erano riusciti a raggiungerlo. «Oh no, sono qui!»
Armati di lance, arco e frecce i cavalieri circondarono i due. Il ragazzo tremava dalla paura, mentre la straniera era calma e impassibile, anche davanti al cavaliere dal mantello rosso a capo della cattura. «Tu. Dacci la borsa e il ragazzo» le ordinò puntandole la lama della spada.
«Oh, ti riferisci a questa? Mi spiace, ma appartiene a me.»
«Tu menti!»
«Invece no.»
Prima ancora che il cavaliere brandisse la sua spada, la ragazza era già davanti a lui a pochi centimetri dal suo naso. «Ma tu… come diavolo…? Sei una strega?»
«Ora osserva» la presunta strega fece scivolare dalla manica una piccolo pendolo con incastonata una pietra azzurra e iniziò a farlo oscillare davanti agli occhi dell’uomo. Quest’ultimo, incantato dalla luce che emanava, lo seguì con lo sguardo ripetendo:« Osservo…»
«Questo ragazzo ha pagato la tassa.»
«Il ragazzo. Ha pagato. La tassa.»
«Non dovrete più chiedergli soldi per quindici anni.»
«Non più. Tasse. Per quindici anni.»
« Il suo nome è Christopher Miller. Ripeti tutto.»
«Christopher Miller. Ha pagato la tassa. Non dobbiamo chiedergli. Altro denaro per quindici anni.»
«Bravo. Questo vale anche per voi!» alzato il braccio, un forte bagliore azzurro accecò tutti i cavalieri incantandoli, che con lo sguardo perso nel vuoto ripercorsero la strada a ritroso, senza calcolare il piccolo Christopher.
«Ma… come hai fatto?» chiese il ragazzino impaurito, ma grato.
«È il mio mestiere.»
«Allora sei veramente una strega?»
«Chiamami come vuoi, a me non ha alcuna importanza.»
Con un sorriso la giovane donna si avvicinò a Christopher, che indietreggiò appena notò un sacchetto sospetto in una mano di lei. «Che cos’è?» domandò insicuro.
«Queste dovrebbero bastare per curare tua madre. Stai tranquillo, sono semplici erbe mediche che qui non crescono. Entro una settimana vedrai che starà bene.»
Con la mano tremolante, Christopher prese il sacchetto e si lasciò accarezzare le guance. Le sue dita erano così morbide e calde al tatto.
«Stai tranquillo e continua a vivere sereno.»
Il ragazzino le rispose con un sorriso e le lacrime agli occhi. «Grazie mille!»
«Grazie a te, per aver custodito la borsa.»
Il piccolo Christopher corse via salutando con una mando la sua salvatrice, quando scomparve nella nebbia anche lei fece lo stesso aprendo davanti a se un portale dimensionale. «Bene. Ora che ho tutto quello che mi serve, si va.»
 
Veritas osservava esterrefatta il riccio mentre mangiava. Una fila traballante di succosi hamburger rischiava di cadere man mano che se ne aggiungeva un altro. Il numero ammontava a undici.
«Wow. Avevi davvero fame. È una fortuna che abbia comprato tutte quelle confezioni.» commentò divertita la ragazza.
«Be’, non ho mangiato per tre giorni. È normale che abbia fame! Ok basta. Ora sono sazio!»
«Dalla tua pancia non mi sembra,sai?»
Sonic sogghignò all’osservazione della sua salvatrice e nuova amica.
«Ora che possiamo parlare tranquillamente, tu da dove vieni?»
«Vengo dal pianeta Mobius.» disse il riccio con fierezza.«Però non ti so dire come sia venuto qui. Ma forse…» Sonic si rattristò quando ripensò al suo sogno. Con forza strinse i pugni cercando di reprimere le immagini del suo mondo natale invaso dalle fiamme e sperare che i suoi amici stessero bene. «Devo tornare subito…»
«Come?»
«Voglio essere sicuro che i miei amici stiano bene e che naturalmente lo sia anche Mobius. E’ una distesa verde davvero stupenda, sai? Correre lì è semplicemente fantastico! Però…» I suoi occhi colmi di preoccupazione incontrarono quelli curiosi di Veritas. «Questa notte forse ho ricordato qualcosa. Qualcuno ha tentato di distruggere il mio pianeta e forse è la stessa persona che mi ha catapultato qui.»
«Wow. È una storia così incredibile che quasi fatico a crederci. » in effetti, pensò Veritas, dovrei credere a tutto questo?
«Ti giuro che questa è la pura verità. Parola di riccio!» disse facendosi una croce sul cuore con un indice.
 «Tranquillo ti credo. Semplicemente… mi sembra così assurdo. Oh, il telefono.»
Dopo tre squilli, Veritas lasciò la cucina per raggiungere il telefono all’ingresso. Sonic dalla porta del salotto vide la ragazza farfugliare alla madre con fare eccitato per un’uscita familiare del giorno dopo ( Mist Lake. Al riccio quasi faceva ridere. Gli sembrava un nome per una giostra del terrore), ma poi tutta quella felicità scomparve e venne rimpiazzata con un sorriso forzato e una finta risata. Con un triste allora ci sentiamo Veritas mise giù la cornetta del telefono, abbassando la testa.
«Ehi che cosa è successo?» Domandò l’amico blu.
«A loro non importa…» sussurrò lei.
«Ma di cosa.... Ehi!»
La ragazza scansò Sonic e corse sulle scale per andare nella sua stanza. Sonic la raggiunse in un attimo e la sorprese a singhiozzare vicino alla finestra.
Imbarazzato, Sonic si grattò la nuca. Non era mai riuscito a sostenere simili situazioni, neanche con Amy su Mobius, eppure qualcosa doveva pur dire, anche solo una parola. «Andiamo, che è successo?»
«Anche questa sera i miei genitori non ritornano. E la promessa di portarmi a fare un giro in città è saltata… Tutto per il loro lavoro.» disse Veritas indicando con gli occhi una foto sulla scrivania.
Sonic la prese in mano ed esaminò le tre figure raffigurate. Un uomo dai capelli scuri che indossava un paio di occhiali da sole quadrati, una donna bionda dagli occhi azzurri e una ragazzina castana che sorridevano mentre pescavano.
«Sono i tuoi genitori? Caspita! Assomigli molto a tua madre!» tentò Sonic.
«Lo dicono tutti, ma la verità è che non ci assomigliamo per niente.»
«Dai, non puoi dire così…»
»Io non sono la loro figlia naturale.»
«Oh… Ok. Questo cambia tutto. »
«Venni adottata a cinque anni. Non ricordo nulla dei miei veri genitori. Loro due appena mi videro si affezionarono.»
«E scusa dov’è il problema? »
«Be’, in effetti non dovrei lamentarmi… forse il problema è solo mio. Scusami.»
«E di cosa? Mi spiace solo di vederti così.»
Veritas prese a guardare il sole che tramontava, il cielo tinto di rosso che preannunciava l’arrivo della sera. Quella bellezza naturale pronta per essere ammirata venne deliberatamente ignorata dalla ragazza, in quanto preferì rimuginare sulla sua vita ormai cambiata per l’ennesima volta. «È sempre la stessa storia. I miei genitori sono stimati ricercatori di pietre preziose, ma non quei soliti avidi che cercano in tutti i modi di arricchirsi, loro sono stimati e ammirati da tutti perché lavorano duramente anche nelle miniere scavando. Sono delle persone oneste e grandi lavoratori, però…»
Sonic le si avvicinò e con un dito asciugò l’ultima lacrima sulla guancia di Veritas .«E allora smettila di preoccuparti! Vedrai che questa gita la farete. Non possono amare di più il loro lavoro che te, non pensi?»
Il sorriso deciso del riccio rincuorò la ragazza che lo ricambiò. «Grazie.»
«Figurati!»
Quel momento liete venne improvvisamente interrotto da uno scossone che in pochi secondi si trasformò in un terremoto.
«Che succede?!» chiese impaurita Veritas.
«Un terremoto!»
Aggrappata all’amico blu, i due si ripararono sotto la scrivania. Mensole e quadri caddero dalle pareti. Fortunatamente il tutto durò poco più di un paio di minuti.
«Mamma mia che paura.»
«È normale un terremoto da queste parti?»
Veritas alzò le mani innocente. «Non chiederlo a me. io sono qui da poco.»
Usciti dal loro nascondiglio, la ragazza si precipitò a raccogliere a malincuore tutti gli oggetti che in quei giorni era riuscita a sistemare, mentre Sonic spalancò la finestra e scrutò l’ambiente circostante. «Bene. Fuori sembra tutto a pos-… Ma cosa?»
Raccolti gli ultimi pezzi di vetro, Veritas si avvicinò alla finestra incuriosita. «Qualcosa non va?»
Il riccio ignorò la domanda per concentrarsi su ciò che aveva attirato la sua attenzione. Nei pressi della foresta al di là di due colline, delle scie rosse a lui familiari lo fecero sorridere.
« Ma quello è…»
«Sonic, che succede?» provò di nuovo la ragazza.
«Veritas, aggrappati a me!»
«Eh? Cosa? Perc-… Ah!»
E dopo l’ennesima domanda ignorata, il riccio prese sulle spalle Veritas e uscirono. Paura e freddo scesero subito in secondo piano, non appena la ragazza sentì l’adrenalina ribollire nel suo corpo al richiamo di quella velocità disumana.
«Oddio! Non ci posso credere!» urlò ad occhi chiusi Veritas.
«Ti ci abituerai» scherzò Sonic. «Forza! Sono lì!»
Arrivati alla foresta, la ragazza barcollò un paio di volte prima di seguire l’amico blu. Più andavano avanti, più sentivano dei rumori metallici assordanti.
«Adesso mi vuoi spiegare che cosa succede?» provò Veritas per la quarta volta.
«Tra poco lo scoprirai!» Sonic prese al volo la mano di Veritas e con un balzo evitarono un albero in procinto di cadere su di loro. Era un salto di almeno venti metri, da cui i due poterono vedere benissimo in mezzo alla selva un robot della loro stessa altezza, armato di tenaglie e occhi laser, che combatteva contro un riccio nero striato di rosso.
Scie rosse attirarono l’attenzione degli occhi di Veritas, rimasta impressionata dalla velocità con cui attaccava il nemico di metallo. «Ehi Sonic! Quel riccio lo conosci? Ti assomiglia!»
«Sì, è Shadow! Uno dei miei compagni!» Sonic si lasciò cadere con Veritas in preda al panico. Toccato terra disse alla ragazza, ancora sconvolta, di nascondersi dietro ad un albero e andò all’attacco, in aiuto dell’amico. «Vuoi per caso una mano? » Il riccio blu saltò addosso al robot disorientandolo con una serie di attacchi.
Shadow rimase sbalordito all’arrivo del rivale. «S-Sonic?! Tu che ci fai qui?! Levati!»
«Ehi datti una calmata! Ti sto dando una mano!»
«Non è questo il problema! Nasconditi, questo qui cerca proprio te! Ah!» Distratto, Shadow venne scaraventato sul tronco di un albero vicino.
«Shadow!»
«Ti ho detto di nascond-… attento!»
Una delle tenaglie venne sostituita da un cannone pronto a colpire. Un’aura violacea allarmò i due ricci.
«Oh, cavolo…»
«Spostati, Sonic!» Shadow allontanò Sonic dal mirino con uno spintone e venne colpito in pieno dal un bagliore viola al suo posto.
«Shadow!» urlò il blu in mezzo alla cortina di fumo. «Shadow, rispondimi! Dove sei?!»
Poiché impegnato a ritrovare l’amico, il robot ne approfittò per puntare nuovamente la pericolosa arma sul soggetto iniziale.
«No Sonic! Attento!» lo avvertì invano Veritas, che assistette all’attacco. «No!»
«Soggetto identificato» parlò la macchina. «Sonic the Hedgehog: neutralizzato.» Aggiornata la sua missione, il robot prese il volo allontanandosi  dalla foresta ricoperta da una spessa cortina di fumo.
Veritas tossicchiando andò alla ricerca dell’amico blu e del suo compagno. «Sonic! Dove sei! Rispondi!»
«Maledetto!E’ colpa tua!»
«Ehi, vacci piano! Dai Shadow! Ti ho detto che mi dispiace!»
«No, invece! Ma tu guarda cosa mi è toccato fare per te! Invece di startene lì dovevi scappare, idiota!»
Sorpresa e sollevata,Veritas captò due voci incredibilmente somiglianti davanti a lei. Riconobbe Sonic dalla risata. «Eccoli!»
Avvistate due figure in controluce bisticciare,Veritas capì che dovevano essere loro. Man mano che il fumo si disperdeva, riuscì a distinguere la testa blu di Sonic e quella bicolore del nuovo arrivato Shadow, ma non appena si ritrovò davanti ai due, la ragazza spalancò gli occhi dallo stupore. «Sonic?» chiamò lei insicura e sconvolta nel ritrovarsi due ragazzi della sua età fare wrestling invece di due porcospini.
  
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