Storie originali > Giallo
Segui la storia  |       
Autore: Emy Potter    24/03/2016    1 recensioni
Londra, 1862.
Nancy Phillips è una ragazza di venticinque anni dall'aspetto ingenuo e infantile, il quale è in netto contrasto con il suo passatempo preferito: rubare. Vivendo a Whitechapel, nella zona est di Londra, capita spesso di imbattersi in situazioni spiacevoli, ma questa volta assisterà ad un sanguinoso omicidio che la lascerà scossa.
E' a causa di questo che si ritroverà alla corte della regina Vittoria, la quale le chiederà di collaborare essendo stata testimone di un tale delitto. Sarà quindi compito di Nancy aiutare quelli che erano i suoi nemici per salvare vite innocenti, portandola anche a doversi allontanare dal suo amico di infanzia Thomas.
Ma quello che più la spaventa non è il rischio che corre, ma il poter perdere se stessa e quello che un tempo era. Sarà il destino a deciderlo, dopotutto, per lei, questo è solamente un altro gioco.
E' la mia prima storia originale, cercate di capirmi.
Spero vi piaccia!
Genere: Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Triangolo, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 4: intervento reale


"Sei proprio sicuro di aver sentito bene?"
La donna stava guardando fuori dalla finestra, appannata a causa della differenza di calore da dentro a fuori, lei avvolta nei suoi costosi abiti neri e gioielli.
"Sì, Vostra Maestà"
L'uomo si era inchinato dietro di lei e non aveva la benché minima intenzione di alzare il proprio sguardo da terra, troppo rispettoso nei confronti della sua sovrana per sentire di avere almeno il diritto di poter guardare quegli occhi tanto maestosi e regali. Solo se lei gli avesse dato il consenso avrebbe avuto il coraggio di guardarla in viso.
"Capisco"
Un istante di religioso silenzio aleggiò nella grande sala, quella che la donna usava come proprio studio. Era lei che dirigeva ora il suo adorato regno, da quando il suo amato marito era morto da un anno. Da quel giorno si era sempre vestita di nero e non si era presentata nuovamente in pubblico, troppo afflitta per quella cara perdita.
Si era ritirata definitivamente nella Osborne House, a Windsor, proprio dove lui aveva perso la vita ed ora, per questo, veniva chiamata "La vedova di Windsor". Non avrebbe mai accettato la sua morte, e lo sapeva. Ogni mattina faceva preparare ai domestici i suoi indumenti come se lui fosse ancora lì, affianco a lei, come era sempre stato.
"Sono a conoscenza di quanto solitamente non vogliate vedere volti a voi sconosciuti, ma credo che farla recare qui sia la scelta più appropriata. Ovviamente questo è solo un mio umile consiglio, Vostra Maestà, la decisione spetta a voi" si affrettò a precisare l'uomo.
"Sì, credo che tu abbia ragione" rispose lei, gli occhi fissi verso il grande giardino. "Prima di congedarti, ti chiedo se potresti chiamare Florance per me."
"Certo, Vostra Grazia" era a conoscenza di quanto quella bambina fosse importante per lei, e sperava in cuor suo che almeno lei sarebbe riuscita ad alleviare il dolore della sua signora. Fece un ultimo inchino, per poi uscire dalla stanza e recarsi negli appartementi della signorina Florance Trevelyan.
Quando la donna rimase sola, un sospiro stanco sfuggì dalle sue labbra sottili. Per qualche motivo, la regina Vittoria sentiva che quel caso sarebbe stato un altro duro colpo per il suo paese, e sperava che forse l'anima di Alberto le avrebbe consigliato qual'era la cosa giusta da fare.
 
-O-

Era passata circa una settimana dalla notte infernale e Nancy stava mandando avanti la sua vita nel modo più normale possibile. Raramente pensava ancora a quelle scene cruente, le quali ora la facevano rabbrividire, ma nulla di più.
Ed ora si ritrovava di nuovo nelle strade di Whitechapel, a rubare fazzoletti e portafogli, entrambi di ottima fattura. Ogni oggetto che rubava, qualsiasi cosa, lo rivendeva al banco dei pegni, dove il signor Hughes e sua moglie Martha aspettavano ogni tipo di gingillo.
Inutile dire che avevano un occhio di riguardo per lei, probabilmente dato che portava sempre cose di buona qualità.
Se c'era una cosa che conoscevano di Nancy era la sua ambiziosità: non si era mai accontentata di un furto di qualche spicciolo, spesso si era ritrovata anche a cambiare quartiere solo per avere qualcosa di più. Rischioso, vero, ma faceva parte del mestiere e rendeva tutto più divertente, più gustoso, come aggiungere un po' di sale a un piatto insipido.
Anche se erano solo le cinque del pomeriggio, le ombre cominciavano già a inghiottire tutto quello che trovavano, dando un'impressone ancora più tetra e inquietante. Fu un attimo e le strade si svuotarono, lasciandola sola tra i suoi pensieri.
L'intera città era rimasta sconvolta per quel caso di omicidio. Non che accadesse raramente, spesso era a causa di qualche debito non ripagato o di una zuffa tra due ubriachi che si era spinta troppo oltre. Ma quelli non erano colpi inflitti per un debito, né per un'occhiata maliziosa fatta ad una donna sposata. Era qualcosa di molto più violento, più malato.
Le persone tenevano gli occhi aperti, raccomandavano la famiglia di stare a casa e non si fidavano più di nessuno. Lei non era da meno. Anche lei aveva deciso di proteggere l'unica persona a cui teneva, ovvero Thomas. Gli aveva esplicitamente raccomandato di rimanere a casa per qualsiasi cosa, mentre gli assicurava che sarebbe tornata prima che il buio prendesse possesso di Londra.
Era infatti sul ritorno di casa e ormai mancava giusto qualche isolato per arrivare al suo appartamento, ma si dovette fermare quando avvertì qualcuno afferrarla per il braccio.
Fischi acuti risuanarono nel vuoto delle strade, mentre due uomini le bloccavano le braccia. D'istinto, Nancy cominciò a divincolarsi, a scalciare, ma le loro prese ferree non volevano saperne di allentarsi. Non era mai stata molto forte, per questo aveva sempre contato sulla sua intelligenza e furbizia per fare qualsiasi cosa.
Vide con la coda dell'occhio, le persone che si affacciavano alla finestra per vedere cosa stesse succedendo, fosse speranzosi del fatto che avessero preso l'assassino che stava terrorizzando la città.
"Lasciatemi, schifosi bastardi!" gridò Nancy mentre continuava a ribellarsi. Per un momento pensò che magari avevano scoperto dei suoi furti, ma poi anche lei credette che magari avessero pensato che lei fosse il colpevole. Che qualcuno l'avesse vista fuggire di corsa nella notte quel giorno? Un nodo le si formò nello stomaco, mentre il respiro le si bloccò in gola. Se davvero fosse stato così, sapeva qual'era la condanna per aver commesso un omicidio.
Al pensiero di lei appesa per il collo ad una corda, prese a divincolarsi con più forza, il corpo si riempì di adrenalina, gli urli si fecero più acuti e disperati.
"Lasciatemi, pezzi di merda! Non ho fatto nulla di male, idioti!" continuò a gridare, ma questi la ammanettarono e la spinsero in una carrozza.
"Muoviti, non abbiamo tempo da perdere!" le urlò uno degli uomini. Era alto circa un metro e ottanta, forse anche di più, il corpo muscoloso, il viso dai lineamenti duri e marcati, ma allo stesso tempo giovani, i quali si sposavano alla perfezione con i suoi occhi color ghiaccio, ma che a loro volta sembravano stonare con i folti capelli neri, i quali scendevano in dolci e morbide onde e si fermavano poco sotto la nuca.
Per un attimo, Nancy era rimasta a fissarlo, suggestionata da quel fisico tanto perfetto, ma poi riprese a ribellarsi. Si sarebbe data mentalmente della stupida per essere rimasta imbambolata in quel breve lasso di tempo davanti a uno sconosciuto, ma quella non era la situazione adatta.
"State prendendo la persona sbagliata!" urlò.
L'ultima cosa che sentì fu la voce disperata di Thomas che chiamava il suo nome, poi furono solo schiocchi di zoccoli sulla pietra della strada.
 
-O-

In un primo momento, non si era chiesta il perché della carrozza a causa del panico che le aveva annebbiato la mente, ma ora tutto quello le sembrava molto strano. Era perfettamente consapevole che ci fosse un ufficio di polizia non tanto distante dal luogo in cui era prima, prendere la carrozza sarebbe stato solo uno spreco di tempo e forse anche più rischioso. Dopotutto, avrebbe potuto buttarsi e scappare, non l'avrebbero mai presa dato che la carrozza doveva avere anche il tempo di rallentare.
Dopo poco, si rese conto che non stavano prendendo la direzione che pensava. La carrozza, infatti, aveva preso una strada totalmente diversa. Cercò di calmarsi e a studiare gli imbocchi che il mezzo stava prendendo fino a che si allontanarono dalla città e le venne in mente solo un luogo possibile: la stazione.
Perché mi stanno portando lì?; si chiese la ragazza, il panico che riprese a montarle dentro a causa del futuro sconosciuto che stava affrontando. Non era abituata a tutto questo, solitamente aveva dei progetti perfetti e precisi, voleva essere pronta in ogni occasione, mostrare quanto era forte in ogni momento, ma non poteva prevedere tutto quello. La sua mente continuava a saltare tra le varie soluzioni possibili, ma nessuna di queste sembrava possibile.
Inizialmente, l'unica che le sembrava davvero possibile era che c'era la sua famiglia a tutto quello, che magari avevano deciso di riportarla a casa, che l'avevano cercata in tutti quegli anni. Ma poi le parve la più inverosimile tra tutte le altre.
Cominciò a fare lunghi respiri, mentre una maschera fredda e calma le scendeva sul volto, tutto il contrario dell'uragano di pensieri ed emozioni che si stava scatenando dentro di lei.
"Tutto bene?" fu la voce profonda e maschile della persona seduta affianco a lei che le permise di distrarsi un attimo, appigliandosi a quella come se da essa dipendesse la propria vita.
Si voltò per incontrare nuovamente gli occhi ghiacciati del poliziotto. Si stupì di quella domanda dato il trattamento che le aveva riservato poco prima. "Dove stiamo andando?" chiese evitando di rispondere alla domanda precedente. Non voleva sembrare troppo sicura, poiché poteva sembrare in qualche modo una minaccia e l'avrebbe forse resa ancora più sospetta, ma nemmeno troppo impaurita, perché anche quello non le avrebbe giovato.
"A Windsor".
"Windsor?!" Nancy sapeva perfettamente chi viveva in quel luogo, e questo la rese ancora più irrequieta. "Dalla regina?"
"Sì. Sua Maestà vuole vederla" rispose ancora l'uomo. "Riguarda l'omicidio avvenuto una settimana fa".
Il cuore della ragazza perse inevitabilmente un battito e pensieri terrificanti le attraversarono la mente, tanto veloci quanto agonizzanti.
"Sentite, io non ho niente a che fare con tutto questo! Non sono io l'assassina!" si difese prontamente, anche se sapeva che la prima parte fosse in un certo senso una bugia.
"Sua Maestà le spiegherà tutto a tempo debito" rispose ancora lui.
Per un attimo le parve di vederlo attaccato a fili invisibili, i quali gli permettervano di essere di essere controllato direttamente dalla famosa e potente "vedova di Windsor".
La carrozza si fermò proprio davanti alla stazione, dove già si poteva udire lo stridio dei treni.
"Scendi" disse l'altro uomo, freddo e serio, mentre la strattonava da un braccio. Non ebbe nemmeno il tempo di studiarne il viso, vide solo i corti capelli rossi nascosti sotto il cappello.
"Mi lasci, so camminare senza sostegno!" ribatté irritata Nancy.
"Stai zitta e cammina" continuò lui tirandola verso la stazione. La ragazza continuò inutilmente a tentare di scrollarsi quella mano di dosso, la quale le dava un enorme senso di fastidio. Odiava davvero il contatto fisico, specialmente da parte di uno sconosciuto.
La scortarono fino ai binari, dove stazionava un treno completamente nero e quell'aspetto le fece immaginare che dovesse portarla in un luogo infernale. Doveva però ammettere che quel mezzo l'affascinava. Non aveva mai preso un treno e una parte di lei era sinceramente curiosa di scoprire a quale velocità riusciva ad andare, sapere com'erano i suoi interni e come riuscisse a muoversi.
Per un attimo studiò le grandi ruote poggiate sulla ferrovia, accarezzandone i raggi con lo sguardo e salendo fino a quella che doveva essere cabina del guidatore. Una volta un uomo le aveva raccontato che, per farlo partire, riempivano una caldaia con il carbone e per un attimo teorizzò che forse era proprio la sua combustione a metterlo in moto.
Presa tanto dai suoi pensieri, non aveva nemmeno sentito la sua scorta dirle di salire, fin quando non le diede una spinta.
"Sei sorda?" le chiese retoricamente il rosso. Nancy provò il forte desiderio di voltarsi e tirargli un pungo dritto nello stomaco. Avrebbe provato sicuramente un'immensa soddisfazione nel vederlo piegato in due con una smorfia di dolore sul volto, magari imprecando sommessamente.
Fu però il corvino a intervenire. "Jonathan, basta" disse, il tono così duro e autoritario che fece rabbrividire la ragazza.
Il poliziotto dai capelli rossi sputò a terra e salì su una delle carrozze, seguito da Nancy e l'altro uomo. Quest'ultimo non la toccò, ma le stette dietro, pronto a scattare se lei avesse tentato di scappare.
Rimase leggermente delusa quando vide solo due lunghe file di panchine di legno, molte già piene, una ad ogni lato. Poi però si chiese lei stessa quali erano le sue aspettative, ma non vi fu risposta.
Presero posto, lei affianco al finestrino. Vicino sedeva quello che sembrava il poliziotto più "gentile" dei due, mentre Jonathan si trovava davanti a lei.  Il treno partì subito dopo un forte suono, un po' per avvisare che stava per allontanarsi. Dedusse che forse era a causa del motore e della pressione del vapore.
Fatto stava che il treno prese a muoversi e in un attimo si ritrovarono in viaggio, andando così spediti che Nancy rimase affascinata nel vedere il paesaggio passarle così velocemente davanti agli occhi.
"Non hai mai preso il treno?" chiese uno dei due uomini, ma lei non rispose, poiché quel movimento la stava quasi cullando e le palpebre si fecero pesanti.
In poco tempo, Nancy sprofondo in un sonno senza sogni.
 
-O-

NOTA AUTRICE: Ciao a tutti, sono tornata!
Allora, innazitutto voglio spiegarvi il perché di così tanto ritardo: per prima cosa ho avuto la febbre nella prima settimana, proprio quella piena zeppa di verifiche. Nella seconda sono andata in Austria per una gita scolastica, esperienza a dir poco meravigliosa. Nella terza, invece, ho dovuto recuperare le verifiche che dovevano essere nella prima. Vi lascio immaginare il macello.
Perciò, mi scuso del ritardo e dei possibili orrori commessi in questo capitolo, sono a dir poco mortificata.
Ma ciancio alle bande, voglio davvero ringraziare tutti coloro che stanno seguendo questa storia, ci sto mettendo davvero tutta me stessa per scriverla. Spero che i miei sforzi possano aver dato frutto.
Spero anche che questo capitolo vi sia comunque piaciuto. Se è così fatemelo sapere con una recensione e magari ditemi se ci sono degli errori in giro, provvederò a correggerli.
Alla prossima!
Kisses, Emy.
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Giallo / Vai alla pagina dell'autore: Emy Potter