Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler
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Autore: adler_kudo    28/03/2016    3 recensioni
Il conte Phantomhive è invitato a celebrare la Pasqua alla residenza di Sua Maestà la Regina e come da tradizione non può mancare la caccia alle uova, ma qualcosa è sempre in agguato per turbare il fragile equilibrio che la vita del ragazzo ha ritrovato.
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Ciel Phantomhive, Elizabeth Middleford, Sebastian Michaelis
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eggs hunt

 

Una splendida domenica di sole era stata donata ai londinesi, tanto usi al cielo grigio. Era tempo di uscire, di divertirsi, di passeggiare, di riscoprire la primavera che ormai era nel pieno della sua fioritura. Il prato ben curato del parco del palazzo di Buckingham riecheggiava di urla e schiamazzi di bambini. Il giorno di Pasqua era sempre un giorno festoso per i piccoli nobili che erano ufficialmente invitati a partecipare alla caccia alle uova nell'ampio, ma protetto, giardino reale con le loro famiglie. La regina, però, non poteva dimenticare dei suoi giovani sudditi meno fortunati e così, in tutta la sua magnanimità, rendeva anche il Green Park, appena fuori dalle mura del palazzo, disponibile per i giochi. Nel cuore di Londra quindi si radunavano centinaia e centinaia di bambini di tutte le estrazioni sociali per vincere le gare organizzate e celebrare la Pasqua tra i divertimenti.

-Non è divertente.- dichiarò cupo uno tra i piccoli rampolli mentre cercava di nascondersi dietro ad un cespuglio.

-Ma, signorino, deve giocare!- protestò il suo servo andando a stanarlo -La regina se ne risentirà se non partecipa.-

-Lei sa che io non apprezzo queste cose. E non se ne accorgerà nemmeno.-

-Per piacere, non faccia il...- stava per dire “bambino”, ma si bloccò prima di farlo: era esattamente ciò che desiderava facesse per una volta. Ciel notò questo lapsus e lo sfruttò a suo vantaggio.

-Il bambino, vero? Vuoi che non faccia il bambino? Benissimo, allora sai dove trovarmi.- sentenziò soddisfatto e si riaccucciò tra l'erba dietro gli arbusti. Aveva scelto un buon posto per nascondersi: abbastanza vicino al rinfresco perché ci non fossero uova da trovare e abbastanza distante al contempo perché qualcuno si accorgesse di lui.

Il demone sospirò -Non le fa onore nascondersi dietro un cespuglio. Bastava dire di no...- gli fece notare, anche se conosceva già la risposta alla sua affermazione.

-Vai tu a dire di no alla regina e poi ne riparliamo!-

Sebastian si chinò verso di lui e, suadente, gli mormorò all'orecchio -Teme la reazione della regina di fronte ad un rifiuto?-

Il conte lo allontanò -No! Io non temo niente e nessuno! Vai via ora perché se continui a restare qui in piedi mi scopriranno!-

-Come desidera. Ah, cosa devo dire alla sua fidanzata?-

-Dille che si faccia aiutare da suo fratello a cercare le uova.-

-Intesi, mio signore.-

A passo leggero, il maggiordomo si allontanò non emettendo il minimo rumore mentre passeggiava sull'erba curatissima; Ciel si rese conto che se ne era andato solo quando udì i suoi passi sulla stradina di selciato che conduceva al banchetto, dove le nobili famiglie attendevano con gioia il ritorno dei loro piccoli.

Il conte si accucciò contro il tronco di un albero in modo tale da poter osservare ambo i lati e raccolse le ginocchia a sé; sapeva che non sarebbe dovuto venire, ma era difficile declinare un invito della regina, anche se questo era in merito ad una mera festicciola era pur sempre Sua Maestà che glielo chiedeva. Non mancava in effetti nessuno tra i nobili e le persone influenti, e la regina, per quanto non si facesse vedere in pubblico molto spesso da quando il principe reale Albert era morto, conversava amabilmente con tutti loro come l'etichetta imponeva ad una buona padrona di casa. Un altro motivo per allontanarsi da quella situazione per Ciel; che non parlasse con lei o che lo facesse era indifferente: agli occhi dei più sarebbe stato sempre il suo cane che o nascondeva il loro rapporto o sottolineava il suo ruolo, non era conveniente quindi per l'immagine della casata reale farsi vedere in pubblico alle prese con colui che controllava i loschi affari nell'Impero. 

Il giovane sbirciò verso il tavolo dove i marchesi Middford e lui avrebbero dovuto sedere insieme. Sebastian aveva appena comunicato qualcosa, probabilmente inerente alla sua assenza, ed Elisabeth aveva immediatamente reagito piagnucolando venendo però prontamente consolata dal fratello maggiore. In un lampo poi la giovane nobildonna parve scordarsi della notizia appena giunta perché afferrò il braccio di Edward e lo trascinò verso la linea di partenza sulla quale, in breve tempo, tutti i partecipanti ebbero l'autorizzazione di iniziare a cercare. Dopo aver guardato con aria di sufficienza quei ragazzini che si spintonavano per arrivare ad accaparrarsi le uova per primi, Ciel rivolse la sua attenzione di nuovo al tavolo degli adulti giusto in tempo per vedere sua zia, stranamente cortese, offrire una sedia vuota a Sebastian che elegantemente rifiutò. Poteva perfettamente immaginare cosa le avesse risposto: “non è decoroso per un servitore porsi al pari di coloro i quali serve” o qualcosa del genere. Ridacchiò fra sé a quel pensiero; per essere un demone ci aveva preso un po' troppo gusto nella parte del maggiordomo o vi si era calato anche troppo bene. Osservando i tavoli colmi di dolci e stuzzichini, non poté non avvertire un certo languore così mormorò -Sebastian, ho fame.-

In men che non si dica, il demone si presentò al suo fianco con un vassoietto sul quale vi erano una selezione dei suoi spuntini prediletti e una tazza di fumante Earl Grey, una delle essenze preferite del ragazzino.

-Manca il gelato.- notò acidamente Ciel addentando un biscotto.

-Se torna a sedersi glielo darò.-

Il giovane conte sollevò un sopracciglio scettico -Siamo al ricatto? Con me?-

Nessuno si era mai permesso di ricattarlo, tanto meno un servitore.

-Se serve...-

-Voglio il gelato, adesso.-

-Quando avrà finito il resto glielo porterò.-

Il maggiordomo sparì così com'era apparso, lasciandolo di nuovo solo. Ciel sospirò prendendo in mano la tazza di tè; si stava annoiando, ma avrebbe preferito la morte al rendersi ridicolo di fronte all'intera nobiltà inglese per una caccia alle uova, anche perché era convinto che l'avrebbe vinta se vi avesse preso parte, sapeva di essere estremamente competitivo e mediamente di intelletto superiore.

Sorbì un sorso della bevanda e abbandonò il capo contro il tronco ruvido al quale era appoggiato, ravvivò le pieghe del fin troppo allegro abito verde acido e si sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Quel semplice gesto lo portò con la mente a qualche ora prima, quando era ancora tra le mura della sua dimora e stava ancora contrattando sul partecipare o meno. La lettera era arrivata qualche settimana prima, ma per un motivo o per un altro era finita in un cassetto, dimenticata dal conte, ma non dal servo. La mattina infatti quando era stata ora di prepararsi per l'uscita, il ragazzino si era stupito della scelta dell'abito e si era infantilmente lamentato per quell'invito del quale non ricordava nemmeno l'esistenza o di aver acconsentito; sospettava fosse stata opera del demone comunque. Seduto alla scrivania, stava rileggendo il testo del messaggio che aveva ritrovato, mentre attendeva la colazione. Quando era entrato Sebastian, questi si era accorto che uno dei lacci delle scarpe del conte era sciolto e si era inginocchiato ai suoi piedi per rimediare. Ciel non sapeva cosa gli era preso, ma aveva sorriso e aveva allungato una mano per accarezzare la testa dell'altro tirandogli indietro i capelli corvini; ad unica giustificazione del gesto aveva detto “Ci sarà anche mia zia. Vedi di renderti presentabile”. Lo sguardo quasi attonito del demone e il sorriso di ringraziamento che gli aveva rivolto erano stati sufficienti al ragazzino per darsi dell'idiota un paio di volte e per continuare anche in quel momento tra gli alberi a farlo al solo ricordo. Scosse la testa e terminò il tè; rifiutava l'idea di aver concesso una qualsiasi forma di dolcezza a lui. Sostituì quel ricordo con un altro più lontano nel tempo, risalente alla serie di omicidi che si era tenuta alla sua villa per ordine della regina. Quasi scoppiò in lacrime dal ridere al pensiero di cosa fosse passato per la testa di Sebastian quando, ben in cinque persone, l'avevano totalmente denudato per cercare la chiave della sua stanza. La dignità del demone persa per suo capriccio, fin dove si sarebbe spinto per lui! Sbocconcellò un pezzo di tramezzino al salmone e sbadigliò vistosamente ancora con un sadico sorriso ad illuminargli il volto, ma d'un tratto spuntò dalla boscaglia un coniglio bianco e gli rubò il pezzettino che stava terminando.

-Ehi, sparisci di qui!- lo scacciò il ragazzino, ma l'animale parve quasi non essere spaventato da lui.

-Cosa sei, il bianconiglio? Sparisci, su! Non ho nulla che puoi volere. I biscotti sono miei.-

Vedendo che non si muoveva Ciel non seppe se essere più inquietato del fatto che la storia pareva troppo simile ad Alice nel Paese delle Meraviglie o di stare parlando con un coniglio, anzi in realtà le due cose erano inquietanti allo stesso modo. 

-Cosa vuoi?- domandò scocciato; non voleva curarsi di un coniglio bianco che non sarebbe nemmeno dovuto esserci nel parco del palazzo e soprattutto non voleva ammettere che anche quel briciolo di compagnia animale non gli dispiaceva in assenza d'altro.

-Voglio che tu mi segua.-

Per poco il conte non cacciò un urlo. Il coniglio aveva risposto?! Si calmò con un respiro profondo; era chiaro che stesse facendo un sogno: i conigli non parlano e lui non era dentro un libro. Ciò di cui più si stupì però fu il modo in cui lui stesso rispose.

-Portami rispetto, coniglio. Io sono il conte Phantomhive, non uno qualunque.-

-Lo so chi sei, Lord. Per questo devi seguirmi.-

-E dove? Nella tua tana di coniglio per arrivare a Sottomondo?- ironizzò il ragazzo; la cosa cominciava a a farsi ridicola.

-Oh, no. Non sono parte di una favola.- ribatté il coniglio quasi sconvolto e disgustato da quel pensiero.

-Ah, giusto. I conigli parlano nella vita reale, certo... E non venirmi a dire che sei il coniglio pasquale.-

-Se mi seguirai scoprirai chi sono. Afferra la mia zampa.-

Ciel strizzò gli occhi un paio di volte per essere certo di vederci bene e di stare bene. C'era una sostanza allucinogena dentro il tè? Sperava proprio di sì, era l'unica spiegazione al vedere un coniglio bianco parlante che gli tendeva la zampa quasi fosse una mano. 

-Fai fatica a fidarti delle persone, vero?- domandò il coniglio con un espressione pensierosa. Il giovane si domandò come avesse fatto a capire che l'espressione era pensierosa, ma forse quello non era il primo dei suoi problemi. Divenne un problema quando il batuffolo bianco e soffice ai suoi piedi si alzò a dismisura e prese le sembianze di un maggiordomo nero che conosceva molto bene. 

-Sebastian?- domandò stranito a quella vista, ma aveva intuito che non era lui: gli occhi erano verdi, non rossi come al solito; ne ebbe la certezza quando questi prese parola: la voce era diversa; melliflua e dolce, almeno due ottave più alta di quella del suo servo.

-Così ti fidi di più a seguirmi?-

La risposta era no. Assolutamente no! Come poteva fidarsi di una creatura che si spacciava per il suo demone così apertamente?

-Mi prendi per idiota? So che non sei Sebastian. Non sono uno sprovveduto. Dimmi chi sei, ora. O lo chiamerò.- minacciò Ciel con un sibilo molto convincente.

-Non ti suggerisco di provarci. Non almeno prima di avermi seguito.-

C'era qualcosa nel tono di voce di quello che non prometteva nulla di buono; qualcosa di pericoloso si annunciava se non avesse fatto ciò che quella creatura gli chiedeva. Gettò un occhiata al di là dei cespugli, ma non riuscì a scorgere il tavolo che desiderava.

-Allora?- lo incalzò la creatura; sul volto aveva dipinto un sorriso talmente smielato da risultare stomachevole, soprattutto sul viso di Sebastian.

-Perché non dovrei chiamarlo?- chiese Ciel in tono arrogante.

-Non ti ho detto di non farlo. Ti ho detto che non te lo suggerisco. Sei libero di provarci.-

La minaccia che quelle parole celavano lo dissuase dal raccogliere la sfida. Prima voleva vederci chiaro in quella faccenda e se era necessario che stesse da solo, allora lo avrebbe fatto.

-Dove dovrei seguirti?-

-Dammi la mano.-

Quando Ciel si sporse verso la mano tesa della creatura e la afferrò, gridò nel trovarsi catapultato sul tetto del palazzo in un istante. La testa gli girava vorticosamente e si ritrovò disteso sul pergolato quando si riebbe e mise a fuoco di nuovo. 

-Il tetto?- bofonchiò tra sé cercando di mettersi in piedi.

-Il tetto, sì.- rispose la creatura poco distante. Ciel alzò lo sguardo e spalancò la bocca allibito nel vedere un angelo davanti a sé.

-Un... Angelo?-

-Sì, tesorino. Un angelo. Gioisci, figliolo, perché ti ho scelto per la salvezza.- annunciò l'angelo con voce dolce; sembrava totalmente un altro rispetto a colui che aveva parlato nelle vesti di Sebastian poco prima. I lunghi capelli scuri ondeggiavano liberi nel vento con la corta tunica candida e i pantaloni di eterea stoffa, le ali chiuse dietro la schiena rilucevano alla luce del sole del primo pomeriggio.

Ciel gettò uno sguardo in basso; nessuno, nemmeno Sebastian, pareva essersi accorto della cosa e non andava affatto bene.

-Per la salvezza?- domandò il ragazzino, superato il primo attimo di stupore.

-Sì. Oggi è il giorno della resurrezione del Signore, un giorno di tripudio e festa! Ma non tutti ne possono godere! Il male, la serpe, continua a insidiare i cuori di molti! Così io vago per cercare coloro che si sono lasciati ammaliare dal Demonio e per riportarli sulla retta via. Rinuncia quindi a Satana e alle sue malignità e torna ad essere figlio della Luce.-

Il conte ascoltò con attenzione ciò che disse l'angelo, ma alla fine scoppiò in una fragorosa risata che lasciò perplesso l'altro.

-Tu...- iniziò tra le risa -Tu lo credi davvero? Tu credi che io... Abbia lasciato la luce perché mi sono fatto ammaliare? …Povero stolto angelo!- 

Rise, rise ancora più forte e poi si arrestò di colpo. Respirava affannosamente, lo sguardo carico di risentimento e di divertite lacrime era basso; lo sollevò fulmineo portandolo sull'angelo, attonito per il suo comportamento, e annunciò -Io ho scelto il Demonio, non mi sono fatto ammaliare! Ho scelto io di abbandonare la luce, per me stesso!-

L'angelo sospirò e sollevò una mano verso il giardino.

-Ti farò vedere che non è come credi.-

Ciel non fece in tempo neanche a voltarsi che già tutti erano caduti addormentati, eccetto il demone che finalmente si era accorto di loro due.

-Signorino!- gridò Sebastian vedendolo sul tetto con l'angelo. Stava già per prendere lo slancio per saltare dal padrone quando una spada vibrò di fronte al suo volto e riuscì a evitarla per un soffio. Il conte Grey lo stava attaccando inspiegabilmente; i suoi occhi erano vuoti: era manovrato dall'angelo. Al nuovo attacco dell’incaricato della regina si aggiunse il precisissimo affondo della marchesa Middford e un colpo secco del marito.

-Vediamo, ora, se sceglierai di nuovo il buio quando il demone verrà distrutto.- annunciò l'angelo tuonando.

-Sebastian!- strillò il bambino sporgendosi dalla balaustra.

-Calmo, Lord.- fece suadente l'angelo afferrandolo da dietro e cominciando a parlargli all'orecchio -È solo un demone, un tuo servitore, e il tuo carnefice. Credi davvero che ti servirebbe così se non fosse per la tua anima? Senza neanche un grazie da parte tua? Aspetta solo la fine per averti. Non preferiresti che morisse? Non sarebbe meglio per tutti se sparisse? Potresti vivere di nuovo la tua vecchia vita, essere felice, stare con la tua fidanzata. Lei, che è così premurosa con te e tu che la allontani sempre per celare il tuo sporco segreto. Vuole vincere la gara per te, non è dolce forse? Ti vuole bene, è la tua famiglia. Vuoi rinunciare a questo per... Quello?-

Con lo sguardo accennò al giardino dove il demone si destreggiava tra i tavoli schivando i colpi e parandoli con le posate, senza poter attaccare perché era disdicevole per un servo colpire un nobile. In quell'istante un colpo ben assestato del conte Grey lo trapassò per un fianco, ma il demone non poté far altro che allontanarsi senza contrattaccare; la situazione era piuttosto di inferiorità.

-Sebastian! Ti do il permesso! Puoi colpire Grey!- gridò infuriato Ciel dal tetto, ignorando le parole dell'angelo, ma non ricevette alcuna risposta tanto il demone era concentrato nel evitare gli affondi, e per fortuna che erano solo tre i suoi avversari.

L'angelo proseguì con il suo intento -Rifletti, Ciel. Vuoi davvero che ferisca chi ti è vicino? Vuoi davvero che ferisca la sorella di tuo padre? Se morisse anche lei saresti solo al mondo.-

-Mio... padre?-

-Sì. Vuoi che la tua famiglia venga distrutta da un demone? Puoi fermare tutto questo. Lascia che lo distrugga. Devi solo volerlo.-

Ad un nuovo gesto dell'angelo, altri si alzarono dal loro sonno catatonico e presero ad attaccare il demone che ormai si trovava alle strette circondato com'era.

-Vedi, è come un topo in trappola. È una tigre in gabbia. Tra poco esploderà per salvarsi, la sua vera forma avvolgerà ogni cosa, la tua preziosa regina verrà distrutta, ogni cosa verrà distrutta. Permettimi di porre fine a questa faccenda e ti prometto che tornerai libero come un tempo. Tutto sarà come prima.-

A quelle parole Ciel si irrigidì. Chiuse gli occhi. L'ultima frase dell'angelo riecheggiava nella sua testa. Sorprendendo il messaggero di Dio, ridacchiò; il suo sguardo era divento di ghiaccio.

-Tutto come prima, eh? No, nulla potrà essere come prima. Non puoi ridarmi indietro ciò che ho perso in quel mese. Ciò che è perduto non tornerà mai più indietro.-

Con fare comprensivo l'angelo gli mise le mani sulle spalle e sussurrò dolcemente -Puoi ricominciare.-

Il giovane, con un gesto imperioso, si allontanò dalla sua presa e gridò -No! Io ho già ricominciato! E ho ricominciato con lui!- indicò fermamente il demone in basso.

-Hai sbagliato! È il male! Non si può ricominciare da lì!-

-Ho scelto così! L'ho scelto io! Dov'era il tuo dio quando imploravo aiuto? Dov'eri tu? Lui c'era! Ogni volta che chiamo, lui c'è! Vincerà per me! Quindi...- si sfilò la benda quasi in atto di sfida e comandò -Sebastian! Distruggi l'angelo!-

In pochi attimi il demone si presentò lì davanti a lui. C'era silenzio giù in giardino; tutti parevano essere tornati nel sonno iniziale.

-Cosa..?-

-Mi sono venuti in mente il signor Agni e le sue prese sui nervi. È stato facile.- spiegò Sebastian con un sorriso. Aveva qualche graffio qua e là e la ferita inferta da Grey era ancora aperta, ma non era affatto indebolito per quella.

-Un angelo che tenta di portarmi via il padrone? Che cosa disdicevole...- commentò poi voltandosi verso l'interessato, ormai era sfigurato dalla rabbia.

-Tu! Perché non li hai uccisi!- gridò l'angelo -Hai preferito farti colpire piuttosto che ucciderli! Che razza di demone sei!-

-Io sono un diavolo di maggiordomo. E la mia prima e unica preoccupazione è che il mio signore sia soddisfatto.-

-Non ho mai visto un demone comportarsi così per uno stupido mero umano!-

A quelle parole Sebastian parve irrigidirsi e ripeté -Stupido mero umano? Oh, non sai di cosa parli... Non una singola parte di lui è “mera”. Dalla più infantile alla più matura, ogni singolo spaccato del suo intero essere è tutt'altro che elementare e… Nient’affatto stupido.-

-Basta parlare, Sebastian. Uccidilo.-

-Yes, my lord.-

L'angelo indietreggiò inconsciamente quando il demone cominciò ad avanzare.

-Come puoi... Come puoi preferire lui alla vita che ti ho offerto io! Come puoi preferire lui all'amore di una famiglia!- strillò inciampando sulle sue ali.

-Perché se non fosse per lui io non sarei qui. E preferisco lui a ciò che mi hai offerto perché la felicità di quella vita è compensata più che ampiamente in questa.-

Ormai l'angelo era steso a terra, pareva rattrappirsi avvolto lentamente dalle spire color pece che Sebastian emanava; era una creatura celeste piuttosto debole in effetti, la sola presenza di un umano che non credesse diminuiva il suo potere.

-Cosa può darti un demone che io non possa!-

Fu il maggiordomo a rispondere stavolta -Non è così difficile da capire, suvvia.-

-Non è un demone, è Sebastian.- precisò Ciel con un tono glaciale, regalmente ritto pochi passi indietro al servo.

-Oh, non dirmi... Non dirmi che ti sei... Stupido umano! Sei uno solo stupido umano! Non potrà mai provare nulla! È un demone!-

-È il mio demone!- 

Con imperioso gesto, il bambino fece cenno al servo di porre fine all'esistenza dell'angelo e lui eseguì obbediente. Una luce fortissima li investì, ma scomparve in breve tempo. Il vociare degli invitati alla festa della regina e di quelli fuori dal palazzo riprese in un lampo, come se nulla fosse stato. Non rimaneva nulla dello scontro, nemmeno i muscoli indolenziti di chi era stato addormentato dai sapienti tocchi del maggiordomo demoniaco. 

-Vogliamo scendere prima che ci vedano?-

La calda voce di Sebastian riscosse Ciel dallo stato di ipnosi nel quale pareva essere caduto. Scrollò la testa per riaversi e puntò gli occhi verso l'altro che, sorridente, lo accolse volentieri tra le sue braccia quando gli si gettò contro esausto.

-È stato molto bravo...- gli disse il maggiordomo carezzandogli la testa lentamente.

-Non ho fatto nulla.-

-Non è facile resistere alle tentazioni di un angelo.-

Ciel lo guardò scettico -Un demone dice di un angelo che è tentatore?-

-Dipende dai punti di vista.- rise l'altro.

Scesero dal tetto ad una velocità tale che nessuno li vide ed andarono ad accomodarsi al loro tavolo, accanto ai marchesi. La caccia alle uova era appena terminata ed Elisabeth era riuscita a vincerla grazie all'aiuto indispensabile del fratello.

-Tieni, è per te!- annunciò la marchesina, porgendo al fidanzato l'uovo d'oro, ambito premio di quella competizione.

Ciel lo accolse tra le mani con un timido “grazie” e le parole dell'angelo non poterono che tornargli alla mente. “Non è dolce forse?” Sì, di sicuro lo era e molto anche. “Vuoi rinunciare a questo per... Quello?” Certo che sì, lei sarebbe rimasta la sua famiglia per sempre, ma c’era troppo che lo legava al suo servitore, troppo per potervi rinunciare, troppe parole non dette, troppi sguardi fugaci, troppi tocchi ammalianti. Gli lanciò furtivamente uno sguardo prima di riporre l'uovo sul tavolo e finalmente godersi quel poco che rimaneva del brunch.

-Ah, Ciel! A proposito, come stai? Sebastian ha detto che ti eri sentito male.- esordì d'un tratto Elisabeth.

-Cosa? Ah, sì...-

-Ha detto che avevi mal di pancia.- ridacchiò lei quasi arrossendo nel dirlo mentre il fratello scherniva il conte per il suo cagionevole equilibrio intestinale.

-Mal di pancia, eh?- sussurrò in tono di rimprovero il ragazzino al suo servo che se la rideva poco più indietro -Una scusa migliore no?-

Sebastian ridacchiò -Mi perdoni. Non mi è venuto in mente nulla di più credibile.-

Ciel assottigliò lo sguardo. Il loro rapporto poteva pure essere pieno di parole non dette, ma la prossima volta si sarebbe ricordato di dirne qualcuna in più, a cominciare dalle scuse da usare quando voleva stare da solo.


Angolo Autrice:
Una OS veloce e leggera solo per avvertire di non fare indigestione di uova e lasciare stare i conigli (in ritardo come al solito. ^^'') xD
Spero sia stata gradita.
Grazie.
-AK

  
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