Ti svegli nel cuore della notte urlando un nome. Il suo nome. 
Tua moglie, ormai abituata alle tue grida, ti sussurra parole di conforto, cercando di donarti quella serenità che sai ormai essere perduta, forse per sempre.
Sono passati sei mesi, sei mesi dal momento in cui sei stato troppo distratto, troppo lento, sei mesi di dolorosa assenza.
Nei tuoi incubi notturni sono contenute tutte le cose che non sei stato in grado di esprimere a parole, il rimpiato, il senso di colpa, l'impotenza di fronte a un marito distrutto, a una sorella in pezzi, a un padre e una madre in ginocchio, ma soprattutto la sensazione di essere appena stato privato di una parte di te, quella migliore.
Mentre torni ad appoggiare la testa sul cuscino, riacquisti la sensibilità del tuo corpo che, in preda all'angoscia, avevi perso.
Ora la senti, fragile, labile e dolorosa.
Volti il viso per guardarla e solo la consapevolezza di ciò che vedrai ti fa mozzare il fiato per la sofferenza.
Ed eccola lì, ogni giorno un po' più chiara, un po' più labile, ma sempre più dolorosa.
La runa del legame parabatai.
E mentre la fissi e pensi a quel maledetto giorno di sei mesi prima qualcosa di caldo ti scivola lungo le guance.
"Perdonami Alec", sussurri.