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Autore: fusion    01/04/2009    2 recensioni
Non sempre per realizzare i propri desideri sono necessarie sette magiche sfere
Genere: Generale, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bulma, Goku, Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ESPRIMI UN DESIDERIO

ESPRIMI UN DESIDERIO

 

“Voglio farmi un bagno al più presto!” si lamentò Bulma, piagnucolando tra sé, “Di questo passo mi toccherà chiedere al drago uno shampoo e un po’ d’acqua calda.” Il suo tono di voce si stava facendo decisamente più esasperato e isterico di minuto in minuto, e il ragazzino con la coda di scimmia finì per scrutarla attentamente, per qualche istante, con gli occhi di chi non comprendeva affatto quelle necessità, per giunta così impellenti. Restò a fissare la sua compagna di viaggio ancora un momento, come a voler sforzarsi di interpretare le parole di lei in un modo che potesse apparirgli sensato. Cosa ci trovasse Bulma, di tanto interessante, in quella cosa schiumosa che gli aveva mostrato qualche sera prima, sembrò rimanere un mistero per il piccolo Goku, che seguitò semplicemente a osservarla un po’ perplesso.

Più interessata alle sue rimostranze, tuttavia, lei non si avvide dell’espressione dubbiosa del compagno di viaggio. Si limitò a sbuffare, completamente immersa nei suoi pensieri. “Fragole! Una montagna di fragole!” esclamò all’improvviso, giungendo a una qualche conclusione. Aveva assunto, per di più, un’espressione improvvisamente sognante, che si tramutò ben presto in un sorriso pienamente soddisfatto. “Non manca molto ormai…” aggiunse in seguito. “Però…” Per un momento, tuttavia, si era fatta piuttosto titubante. “Forse dovrei chiedere un fidanzato… Sì, potrei chiedere un fidanzato” parlottò tra sé, immersa in bizzarre fantasie e concentrata su qualche strano ragionamento. “Vorrei tanto un fidanzato” concluse poi ad alta voce, in tono deciso. In realtà, non aveva potuto evitare di arrossire e di portarsi, istintivamente, entrambe le mani alle gote.

Per l’ennesima volta, l’espressione del ragazzino selvaggio si fece incerta, segno che non aveva ancora compreso appieno i pensieri della giovane. Palesemente confuso sul significato di quello che la ragazza aveva appena detto, si limitò ad accomodarsi sulla sabbia dell’assolato deserto, afferrando con le mani le caviglie e rannicchiandosi comodamente su se stesso. Volse per un momento lo sguardo verso il terzo membro di quella sgangherata combriccola, alle prese con un terrificante mal di pancia già da qualche minuto, e rise tra sé nel constatare divertito l’ennesima disavventura del maialino trasformista. Solo in un secondo tempo tornò a rivolgersi alla compagna e finì per reclinare leggermente il capo da un lato, nell’atto di scrutarla nuovamente nelle sue fantasticherie.

“A cosa ti serve un fidanzato?” le domandò ingenuo, chiaramente perplesso. Il giovane Goku riusciva a comprendere, in qualche modo, l’esigenza di chiedere qualcosa da mangiare, ma questo fantomatico fidanzato, che aveva tutta l’aria di non essere commestibile, non rientrava nelle probabili richieste che lui stesso avrebbe espresso al misterioso drago.

Nel sentirsi rivolgere quell’interrogativo, il sorriso sognante scomparve all’istante dal volto della ragazza. “Che razza di domande fai?!” sbottò in tono irritato, all’indirizzo dell’ignaro ragazzino, “Ovvio, che cosa puoi saperne?!”.

Osservò per un secondo di troppo il bimbo, con un’espressione bieca e un’evidente aria di superiorità. “Ma tu guarda con chi mi tocca avere a che fare!” commentò poi, sbuffando sonoramente, dopo essersi lasciata sfuggire un’occhiataccia altrettanto torva verso il terzo membro dello strano gruppetto. Al termine di un qualche pensiero, che pareva seguire l’ennesimo misterioso ragionamento, finì per sospirare rassegnata, ripiombando nello sconforto, “Chissà se esiste un uomo degno della mia bellezza e della mia geniale intelligenza?!” domandò a se stessa tornando a fantasticare.

Goku si trovò ad affrontare, senza volerlo, una domanda cui non era certamente preparato e che non riuscì ancora una volta a comprendere. Tuttavia, quasi come fosse guidato da un istinto, la sua attenzione si focalizzò sull’unica cosa che in quel momento sembrava suggerirgli una risposta lampante. I suoi occhi, infatti, scivolarono sul sacchettino che teneva saldamente agganciato alla cintura, contenente il solo e unico ricordo del suo defunto nonnino. Sempre seguendo un qualche impulso naturale, sfilò l’oggetto dal suo improvvisato recipiente e prese a contare mentalmente le piccole stelle incastonate in quella particolare sfera, pur non avendo alcun bisogno di ricordarlo.

“Mm” mugugnò tra sé.

“Ma certo! Tanto, posso chiedere tutto quello che voglio!” esclamò all’improvviso Bulma, a cui non era sfuggito il gesto del compagno d’avventura, nuovamente eccitata e felice. “Un uomo affascinante, forte, che mi tratti come una principessa!” precisò arrossendo nuovamente, ancora una volta immersa in romantiche e imbarazzanti fantasie tutte sue. Senza alcun preavviso, tuttavia, lo sguardo della giovane mutò per l’ennesima volta espressione e si fece determinato e impaziente, “Insomma! Ma quanto ci mette quello sciocco?!” Iniziò a brontolare insofferente, incrociando le braccia al petto e mordicchiandosi un labbro con evidente nervosismo. “Uff! L’aria secca mi rovina i capelli!”

L’animalesco bimbetto sobbalzò, colto alla sprovvista dal ritrovato e improvviso entusiasmo della compagna di viaggio, nonché dal suo umore instabile e altalenante. Si ritrovò, ancora una volta, ad osservarla come se si stesse esprimendo in una lingua incomprensibile, “Che spreco” si lasciò sfuggire farfugliando tra sé, mentre tornava istintivamente a scrutare la sfera che reggeva tra le dita.

Bulma lo fissò per un momento decisamente accigliata; poi assunse un tono mellifluo e accondiscendente, sorridendo al ragazzino con aria affabile. “Tu non puoi capire, Goku. Sei solo un bambino” aggiunse, sforzandosi piuttosto maldestramente di sembrare comprensiva, “Tutte le ragazze sognano di innamorarsi e d’incontrare un principe azzurro”.

Goku si limitò ad alzare le spalle, evidentemente non interessato a capire fino in fondo ciò che Bulma gli stava spiegando o, meglio, stava tentando di spiegargli. Come se fosse giunto a una qualche conclusione personale, però, si rialzò nuovamente in piedi, tornando a riporre la sfera nel sacchetto e a legarsela alla cintola.

“Sarà, ma a me interessa solo vedere il drago” ammise con aria affabile, “E voglio combattere… tanto!” aggiunse in un secondo momento, osservando i granelli di sabbia ai suoi piedi, immerso a sua volta in qualche incomprensibile riflessione. Proprio in quell’istante, quasi ad enfatizzare le parole del bambino, la sua coda cominciò a dimenarsi e Bulma si ritrovò ad osservarla per un momento, quasi sovrappensiero. Poi sollevò gli occhi al cielo in un ennesimo modo d’esasperazione. “Beh, puoi combattere quanto ti pare, se è quello che t’interessa. Io sono una ragazza e voglio un fidanzato, bello e affascinante!” puntualizzò tornando a guardarlo in cagnesco, decisa a mettere la parola fine alla discussione, “Non sono affari tuoi, capitoooo?!”.

“Va bene, non ti arrabbiare” concluse Goku accondiscendente, seppur ancora non riuscisse a comprendere cosa le frullasse per la testa. In fin dei conti lei era davvero una persona strana… Oltre che pericolosa; poco ci mancava che quella stessa conversazione si sarebbe tramutata in una violenta battaglia.

“Accidenti a te! Potevi evitare di farmi venire il mal di pancia!”.

Sopraggiunse infine Olong, con un tempismo perfetto. Con una mano, sorreggeva ancora l’orlo dei suoi pantaloni, mentre l’altra era occupata dalla fedele e inseparabile carta igienica, rivelatasi un’ottima alleata per combattere gli attacchi e i trucchetti usati dalla petulante ragazzina.

La petulante ragazzina, in realtà, ormai indispettita dal frustrante tentativo di far valere le sue ragioni su un bambino che non sembrava interessato a darle soddisfazione alcuna, si rivolse prontamente al nuovo venuto, fulminandolo con uno sguardo. “Taci tu! O ti rispedisco ancora dietro quelle rocce!” gli gridò contro istericamente.

Nel frattempo, Goku, in apparenza definitivamente disinteressato ai discorsi della ragazza e all’arrivo dell’altro, si perse per un istante ad osservare con una certa concentrazione le strane strutture rocciose che sorgevano fra le dune del deserto, ignorando il battibecco appena cominciato.

“Sei la solita antipatica!” brontolò il maialino, mostrando alla ragazza un pugno ben serrato, “Possibile che hai sempre da ridir…”.

Un boato tuonò improvviso a pochi metri di distanza, interrompendolo in modo brusco e repentino. Il giovane Goku roteò su se stesso, atterrando un secondo dopo nei pressi di un cumulo di macerie; evidentemente, le rocce che lui stesso aveva appena disintegrato. Il suo bastone, causa principale di tutto quel trambusto, tornò alle dimensioni naturali un secondo dopo, e il ragazzino scoppiò in una fragorosa e genuina risata.

“Mi allenerò per battermi con avversari sempre più forti!” annunciò parlando da solo, in tono decisamente divertito.

Olong, per tutta risposta, incapace di emettere una sillaba, contemplò per un momento il piccolo ma forzuto compagno di viaggio, prima di tornare istintivamente a rivolgersi a Bulma con uno sguardo sbigottito. L’aveva sentita appena, quando la ragazza aveva gridato per l’improvviso spavento, colto dallo stesso istintivo slancio di lei nel voltarsi in direzione dell’esplosione; ma anche Bulma, in quello stesso istante, aveva stampata sul viso la sua stessa espressione sgomenta e incredula. Stava osservando il sorriso felice del loro bizzarro compagno, ancora tremante ed evidentemente perplessa.

“Oh mamma” si lasciò sfuggire in un bisbiglio intimorito, evidentemente non ancora abituata alla forza dell’altro. Un secondo più tardi incrociò lo sguardo del maialino, “Quel ragazzino mi sembra un extraterrestre” commentò a mezza voce.

Olong annuì appena, concorde per la prima volta con la giovane, “Già, non è umano” considerò a bassa voce, in un brusio appena percettibile.

 

“Kakaroth, io ti detesto!” proruppe rabbioso il Principe dei Saiyan, squadrando il proprio avversario con aria di sfida. I pugni fremevano di collera, serrati con una forza che riusciva a malapena a trattenerli saldi; e i muscoli irrigiditi in uno spasmo apparivano ormai sul punto di guizzare contro l’altro, mettendo evidentemente alla prova il tessuto elastico della Battle Suit.

Goku scrutò il suo antagonista per un lungo istante, percependo perfettamente la tensione del momento. Non sarebbe indietreggiato di un millimetro di fronte a lui, questo era certo.  Solidamente fermo nella sua posizione, sollevò le mani in una posa difensiva. “Non l’ho fatto apposta, Vegeta” affermò nel tentativo di giustificarsi. I suoi occhi trasmettevano la sua immancabile sicurezza, nonostante l’indicibile rabbia che l’altro gli stava dimostrando; e quelle parole, pronunciate in modo così sereno, sembrarono acuire ancor di più l’ostilità del suo avversario, che assottigliò lo sguardo in un moto d’indignazione e si lasciò sfuggire un ringhio sommesso.

“Non l’hai fatto apposta?” sibilò Vegeta in un sospiro beffardo. “Sai che ti dico, Kakaroth? Ne ho abbastanza del tuo atteggiamento! Stai combattendo come un terrestre!” precisò con aria di scherno, quasi disgustato, dimostrando ormai tutta la sua collera.

Goku non riuscì a nascondere la sua perplessità, mentre scrutava attentamente il Saiyan, di fronte a lui. Un sopracciglio si arcuò confuso e piuttosto dubbioso. “Sto combattendo come un terrestre?” domandò disorientato, colto alla sprovvista da una frase che, da lui, non si sarebbe mai aspettato.

Per un istante, il Principe dei Saiyan parve esitare, come spiazzato da quella reazione, ma un nuovo slancio d’indignazione lo indusse a serrare la mascella in uno scatto nervoso, nemmeno un secondo dopo.

“Dannazione, Kakaroth!” sbottò frustrato. La sua animosità fu l’unica emozione ad avere il sopravvento. “Non hai fatto altro che trattenerti, vuoi prendermi in giro?!” Nel pronunciare quelle parole, tuttavia, il suo sguardo non riuscì a trattenere una certa delusione; segno inequivocabile che quello aveva tutta l’aria di essere il suo ennesimo fallimento, nel tentativo di provocare il suo avversario. “Guarda cos’hai combinato, quando ti sei deciso!”.

Goku non riuscì a fare a meno di lanciare, istintivamente, un’occhiata fugace alla stanza dalle mura metalliche dalla quale erano appena usciti. In modo altrettanto spontaneo, si soffermò vagamente pensieroso sulla centralina elettronica leggermente aperta.

“Aspetta un attimo, Vegeta, non è colpa mia se la Gravity Room si è spenta!” cercò di discolparsi. Il tono di voce era fermo e deciso, ma i suoi occhi sembrarono dubitare per un istante.  No, di certo non poteva essere stato lui a far saltare l’impianto… Oppure sì? In fin dei conti Vegeta aveva ragione se non altro su una cosa. Appena aveva incrementato i suoi poteri, la stanza gravitazionale aveva avuto un intoppo e aveva smesso improvvisamente di funzionare.

“Stai forse dicendo che è colpa mia?!” proruppe Vegeta, compiendo un passo in avanti e mostrando minaccioso un pugno ben serrato all’indirizzo del compagno di allenamenti.

Istintivamente, Goku si ritrovò invece a fare un passo indietro, cercando di mantenere le distanze con il già adirato Saiyan. “Ehm, no, certo che no” si affrettò a scusarsi, agitando le mani a minimizzare la questione, nella speranza di tranquillizzarlo definitivamente. Di tecnologia, d’altra parte, lui non ne sapeva proprio nulla; e davvero non riusciva a spiegarsi quel guasto. Colto da un istintivo senso di colpa, a quel punto cominciò a sentirsi lievemente a disagio. Il volto della padrona di casa e amica gli apparve improvvisamente davanti agli occhi e quell’espressione di tacito rimprovero, con cui lei lo aveva silenziosamente ammonito perché non combinasse qualche danno nella stanza, poco prima, gli tornò minacciosa alla mente. Tutto lasciava ad intendere che la situazione si stesse facendo davvero pericolosa, sotto ogni punto di vista.

Quell’aria vagamente colpevole non sfuggì a Vegeta, peraltro, ottenendo ancora una volta il risultato di irritarlo ulteriormente. “Pensi di essere tanto forte?!” ringhiò in tono sdegnato. “Credi che in questi mesi non mi sia allenato?” affermò, squadrandolo nuovamente con aria di sfida. L’idea che il suo avversario avesse così apertamente manifestato la sua forza, distruggendo spudoratamente la sua Gravity Room, sembrò balenargli concretamente alla mente, per un momento, come un pensiero a dir poco intollerabile e come una sfacciata presa in giro. I lineamenti del suo volto si contrassero nuovamente in uno spasmo. “Non riesci nemmeno a controllare la tua aura!” sentenziò beffardo, cercando visibilmente di trattenersi e lanciandogli l’ennesima provocazione.

Goku finì per sollevare gli occhi al soffitto e si lasciò andare ad un sospiro, quasi rassegnato. La sua espressione lasciava chiaramente trasparire che le parole dell’altro l’avevano costretto a constatare, ancora una volta, di trovarsi di fronte ad uno tra gli avversari più difficili di sempre. Per quanto s’impegnasse ad allenarsi e a combattere, con Vegeta non riusciva mai ad avere la meglio; finiva sempre, in una maniera o nell’altra, per fare qualcosa di sbagliato e per farlo arrabbiare. I suoi occhi si soffermarono nuovamente sull’avversario, l’amico-nemico per eccellenza. “Guarda che sei stato tu a chiedermi di impiegarmi sul serio” specificò, peccando di troppa ingenuità.

“Sta zitto! Combatti, invece di dire idiozie!” sbottò all’improvviso Vegeta. Qualcosa, nello sguardo del Principe dei Saiyan, sembrò sul punto di esplodere. Il tono che rivolse all’eterno rivale, furente e di sfida al tempo stesso, suonò a quel punto come un invito più che eloquente. “Usciamo di qui! Così ti chiudo quella boccaccia una volta per tutte!”.

Il Saiyan con la tuta arancione si limitò a sospirare nuovamente, sentendosi rivolgere per l’ennesima volta parole che riconosceva ormai da anni come il preludio ad un combattimento in grande stile.

“Accidenti, quanto baccano! Possibile che con voi Saiyan nei paraggi non si possa stare tranquilli un minuto?!” esordì Bulma, sopraggiungendo dal corridoio. “Non sono nemmeno riuscita a farmi un bagno in santa pace!” si lamentò in tono esasperato.

Goku sbirciò oltre la spalla del rivale e osservò l’amica, che si era soffermata a pochi passi da loro. Se ne stava con le mani appoggiate saldamente ai fianchi, in una postura inflessibile che non lasciava presagire nulla di buono, e li stava squadrando seccata con un’espressione decisamente severa.

Vegeta, dal canto suo, si era appena voltato, limitandosi a constatare la presenza della compagna con la coda dell’occhio. Un attimo dopo, quell’espressione di sfida, che non accennava a sparire dal suo volto, si posò nuovamente sull’altro Saiyan. “Quest’incapace ha distrutto la Gravity Room” sentenziò lapidario e visibilmente alterato.

La donna non sembrò per nulla felice di sentire quelle parole. Il suo amico d’infanzia, infatti, si vide rivolgere uno sguardo tutt’altro che rassicurante, come se un solo sguardo assassino puntato su di lui non bastasse. Vedendosi doppiamente accusare, il malcapitato Saiyan prese infatti a grattarsi la nuca con aria imbarazzata. “N… non è stata colpa mia, giuro” finì per giustificarsi nuovamente.

“Smettila, Kakaroth! Mi hai stufato!” sbottò ancora una volta Vegeta in un moto d’esasperazione e rabbia, scattando verso di lui e minacciandolo con un pugno.

Goku, questa volta, non fece in tempo ad aprire bocca, però, poiché il sonoro sbuffo di Bulma lo costrinse a riportare su di lei la propria attenzione. “Insomma, volete spiegarmi cos’è successo o avete intenzione di continuare a battervi?” domandò ad entrambi, evidentemente spazientita.

 

“Ok, adesso basta!” il tono di voce della padrona di casa incrementò notevolmente l’intensità in un lampo. La donna si piazzò tra i due litiganti con piglio deciso, assumendo una postura autorevole. “Possibile che ogni scusa è buona per battervi?!” Lo sguardo, che per un momento si era rivolto al soffitto, si posò successivamente prima su uno poi sull’altro. “Iscrivetevi a un torneo, se proprio dovete decidere a tutti i costi chi vince!” sbottò esasperata, “Oppure andatevene in qualche deserto!” Quelle parole, pronunciate con tanta decisione, suonarono in realtà come un chiaro invito a sparire all’istante dalla sua vista.

Lo sguardo del Principe dei Saiyan, notevolmente contrariato, si rivolse per tutta risposta al rivale per pochi istanti. “Al diavolo! Mi starei già allenando se non fosse per questo idiota!” sbraitò adirato additando l’altro Saiyan.

Sentendosi preso tra due fuochi, Goku esitò per qualche istante, chiaramente indeciso sul da farsi, abbozzando un’espressione vagamente colpevole. Rispondere, in quel preciso momento, poteva rivelarsi un’iniziativa decisamente rischiosa, conoscendo le due persone che si trovava di fronte. Optò velocemente per quella che gli sembrava la soluzione migliore, ovvero tentare di arginare perlomeno l’irritazione dell’amica. Secondo una rapida valutazione, infatti, gli era apparsa certamente la più pericolosa dei due. “Dai, Bulma, non ti arrabbiare” cercò di minimizzare, facendo sfoggio dello sguardo più innocente che era capace di esprimere. Tuttavia, non riuscì a nascondere una certa preoccupazione per l’evolversi della conversazione.

Bulma, dal canto suo, gli riservò un’occhiata appena, prima di rivolgersi al compagno. “Insomma, si può sapere cosa è successo? O posso tornare a farmi il bagno in santa pace?!” chiese indispettita, approfittando della tregua momentanea.

Vegeta non risparmiò all’altro un ennesimo sguardo bieco, dopo di che intersecò le braccia al petto osservando la donna altrettanto malamente. “Kakaroth non sa trattenersi, ecco cosa. Ha distrutto la mia Gravity Room” brontolò indispettito.

Bulma non mancò di voltarsi a scrutare Goku con fare sospettoso, inducendolo ad ingoiare a sua volta un groppo di saliva, in evidente apprensione. Il Saiyan si affrettò a rispondere, agitando una mano in una debole protesta “Ma… veramente io non ho fatto nulla, non sapevo…”

“Come può averla distrutta?” lo interruppe bruscamente la scienziata.

Quella domanda, dal tono improvvisamente assorto e appena dubbioso, suonò quasi come se l’avesse rivolta a se stessa. Bulma, infatti, sembrava già intenta a studiare la centralina elettronica, semiaperta di fronte a lei, con un’espressione concentrata e pensierosa.

“Ha usato troppa energia!” le rispose scorbutico il compagno, per poi tornare a rivolgersi verso il povero Goku. “Possibile che tu non sappia dosare la tua forza? Eh, Kakaroth?!” inveì nuovamente il Principe, accusando l’altro Saiyan di essere l’unico colpevole.

“Ma, Vegeta…” Ancora una volta, letteralmente allibito di fronte alla collera insistente dell’amico-nemico, l’altro finì per protestare, sollevando gli occhi al soffitto. “Mi hai detto tu di combattere al massimo della forza.”

Lo sguardo di Bulma, come se improvvisamente quello scambio di battute avesse suscitato il suo interesse, si posò nuovamente sul Principe dei Saiyan, questa volta palesemente circospetto e diffidente, in un’espressione sospesa. La donna sembrava particolarmente interessata alla sua reazione, come se si aspettasse che Vegeta fosse sul punto di confessare qualcosa.

“Io ho solo incrementato la mia aura” ammise Goku, insistendo nelle sue argomentazioni. In realtà, le sue conoscenze in fatto di tecnologie, non gli permettevano di perorare appieno la sua difesa e quelle parole suonarono vagamente titubanti, ma l’espressione scettica della scienziata, che non aveva distolto lo sguardo dal compagno, cominciò a quel punto ad apparire infastidita. Era ovvio che Vegeta non gliela stesse raccontando giusta; ogni volta che c’era di mezzo un combattimento con Goku, finiva immancabilmente per dimenticarsi di tutto il resto. Lo sguardo seccato che sollevò al soffitto, come a chiosare quel pensiero, non sembrò che confermare la sua insofferenza di fronte a una scena già vista un milione di volte.

“Sta zitto tu! Ti avevo detto di combattere seriamente, non di distruggere il controller!” sbottò nuovamente Vegeta, serrando i pugni con estremo nervosismo. In un secondo tempo, il suo sguardo ancora incollerito si posò sulla compagna. “Cosa stai aspettando, Bulma? Aggiusta quel coso!” ordinò, sbraitando in direzione della donna.

L’ennesima giustificazione di Goku fu a quel punto interrotta sul nascere dall’amica, il cui tono isterico si mostrò ormai decisamente irritato, “Sai, tesoro…” Quel grazioso epiteto suonò tutt’altro che affettuoso, infatti, costringendo Goku ad indietreggiare istintivamente di un passo. “Da come insisti, sembra che sia stato proprio tu a far saltare il computer della centralina!”.

L’espressione allusiva e palesemente provocatoria, nonché la posa sostenuta della donna, che aveva appoggiato le mani ai fianchi irrigidendosi e fronteggiando l’altro con fare minaccioso, avevano tutta l’aria di voler presagire un combattimento non meno cruento di quello precedente.

Vegeta schiuse le labbra con il chiaro intento di replicare, ma si ritrovò ad esitare per un momento. In realtà, erano state proprio le parole di lei ad indurlo a riflettere solo un secondo di più, ma il tempo degli indugi si concluse appena un istante più tardi. “Non dire idiozie! So come funziona quella stanza!” urlò, avvicinandosi minaccioso alla compagna e puntando a sua volta i piedi, allo scopo di far valere le sue autorevoli opinioni.

“Ne sei sicuro? A me non sembra proprio!” replicò lei, non meno minacciosa. “Vorrà dire che finché è guasta interromperai i tuoi allenamenti. Almeno per un po’ non sentirò esplosioni in tutta la casa!” pontificò un attimo dopo, sfoggiando un’espressione sostenuta e di sfida. La graziosa scenetta, intanto, proseguiva imperterrita sotto lo sguardo perplesso e lievemente preoccupato di Goku, indeciso se intervenire o se darsela a gambe senza farsi notare, approfittando della loro distrazione.

“Cos… te lo puoi scordare! Aggiusta subito quella stanza!” insistette Vegeta, non ammettendo repliche. Benché fosse inconsciamente consapevole che lei avrebbe continuato a sbraitare come un’isterica, pareva più che mai intenzionato a far valere le sue ragioni.

“La aggiusterò quando ne avrò voglia!” sbottò lei, con una tonalità di voce improvvisamente stridula. Goku, in disparte, si allontanò istintivamente di un altro passo. “Sai la novità, caro il mio Principe dei Saiyan?” puntualizzò la scienziata, in tono beffardo e provocatorio, sottolineando volutamente la parola ‘principe’ in maniera eccessivamente canzonatoria. “Non sono la tua schiava!”.

Vegeta le sventolò un pugno sotto il naso, irritato ormai oltremisura. “Quando ne avrai voglia?! Stammi a sentire, non permetterò a Kakaroth di interrompere i miei allenamenti, quindi aggiusta subito quella dannata macchina!” replicò, additando l’altro Saiyan di cui non si era ancora completamente dimenticato.

Sentendosi chiamare nuovamente in causa all’improvviso, peraltro in modo non troppo gentile, il terzo e ormai trascurato membro del litigioso gruppetto si ritrovò quasi a scattare sull’attenti. Senza nemmeno pensarci, finì per intervenire in modo spontaneo, anticipando di un soffio l’ennesima replica piccata della donna, che pareva sul punto, in realtà, di ribattere ancora più agguerrita.

“E dai, non litigate” li incoraggiò candidamente, grattandosi al contempo la nuca in un gesto di notevole imbarazzo. “Sarà un guasto da niente” suggerì, forse un po’ troppo ottimista.

La prima occhiata che si calamitò su di lui, per nulla rassicurante, fu quella del Principe dei Saiyan. Vegeta, infatti, gli rivolse lo sguardo più assassino del suo repertorio. “Se tu non avessi distrutto la Gravity Room, non ci sarebbe nessun guasto! Razza di…”.

“Mi dispiace” lo interruppe in un ennesimo sospiro esasperato il compagno d’allenamenti, sollevando per la millesima volta gli occhi al soffitto e cercando di essere il più convincente possibile. “Ti ho già detto che non l’ho fatto apposta” ripeté accondiscendente, nel tentativo di placare la sua ira.

Ancora una volta, letteralmente tra i due litiganti e impossibilitata a intervenire, Bulma si lasciò sfuggire un sonoro sbuffo rassegnato. Suo malgrado, la situazione sembrava tornata al punto di partenza, come se nulla fosse, e si ritrovò ad assistere impotente alla riapertura delle ostilità.

“Non è il caso di prendersela tanto…” proseguì Son Goku, trattenendo a stento una risata piuttosto imbarazzata.  “In fondo è solo una macchina” appianò in tono pacato, convinto delle sue argomentazioni.

Che cosa impedì a Vegeta di saltargli al collo, in quel preciso momento, nessuno avrebbe potuto dirlo con certezza. Il Principe si limitò ad aggrottare le sopracciglia a un livello inimmaginabile. “Io… ti detesto!” sbottò furioso, a dispetto di un evidente quanto inutile tentativo di fermarsi. “Non ho intenzione di restare indietro per colpa tua! Mi hai sentito Kakaroth?!” abbaiò afferrandolo per la tunica e scuotendolo con rabbia.

Nel bel mezzo del combattimento, Bulma dovette scostarsi di scatto, per evitare lo slancio del compagno. Dopo aver dato prova di una provvidenziale prontezza di riflessi, di fatto, le ennesime iridi che rotearono spazientite verso il soffitto, furono proprio quelle azzurre di lei che, ormai sorda agli insulti di Vegeta e alle repliche imbronciate dell’altro, finì per rivolgere istintivamente lo sguardo alla centralina elettronica della Gravity Room, cercando di ignorare lo scontro, verbale e non, che proseguiva alle sue spalle. Una serie di proteste e ingiurie incomprensibili si perse in un borbottio nervoso, sovrastata dal contenzioso in atto a pochi passi da lei, che risuonava nel corridoio della Capsule a volume ben più alto. Soltanto gettando un’ultima occhiata in tralice ai due contendenti, come a volersene congedare definitivamente, il tono di lei si fece per un momento stridulo e un più che comprensibile ‘Ma tu guarda con chi mi tocca avere a che fare!’, seguito da uno sbuffo esasperato, sancirono definitivamente il suo abbandono del campo di battaglia.

Nel ritrovare la concentrazione sulla centralina una volta per tutte, tuttavia, la scienziata non poté fare a meno di notare un movimento in fondo al corridoio, con la coda dell’occhio, che finì per attirare la sua attenzione.

Con movenze guardinghe e un po’ sospette, il piccolo di casa Brief strisciò contro la parete; senza un apparente scopo. Trunks si limitò a guardarsi attorno, facendo furtivamente cenno a una seconda figura di seguirlo. “Sei pronto Goten?” sussurrò all’immancabile amico.

“Mm” annuì il giovane Son, con un’espressione estremamente seria, restando letteralmente incollato al compagno di giochi, in una posa non meno guardinga. “Ehilà, ragazzi!” li salutò all’improvviso Bulma con fare allegro, “Cosa fate nascosti là dietro?”.

Trunks sobbalzò all’improvviso, quasi come se avesse appena poggiato un piede scalzo su una superficie acuminata. Con gesti lenti e impacciati si voltò poi verso la madre, facendole un leggero cenno con la mano. “Ehm… c… ciao mamma” la salutò, scoppiando successivamente in una risata evidentemente nervosa.

“Ciao, tesoro.” Replicò lei, che non era riuscita a nascondere una certa perplessità, di fronte allo strano atteggiamento del ragazzino. Anche Goten, peraltro, sembrava allo stesso modo notevolmente in imbarazzo. Non staccava gli occhi da terra e continuava a disegnare cerchi immaginari sul pavimento, roteando un piede visibilmente impacciato.

Il combattimento, intanto, pareva essere giunto a una tregua, complice, presumibilmente, l’apparizione inaspettata dei due nuovi arrivati. Questi ultimi, infatti, finirono per trovarsi tre paia d’occhi, dalle svariate espressioni e in evidente attesa, puntati su di loro; mentre Bulma registrava, senza particolare interesse, il silenzio tra i due uomini alle sue spalle, assorta in qualche pensiero. Le ci volle poco più di un istante, tuttavia, per ritrovare un’espressione sorridente, intuendo in apparenza il motivo dello strano comportamento dei bambini. “Giusto!” affermò divertita, “Come procede la ricerca delle Sfere del Drago?” s’informò con tono complice, strizzando loro un occhiolino.

Il figlio della scienziata sembrò rabbrividire a quella domanda, ma, più di ogni altra cosa, manifestò apertamente un notevole disagio, nel momento in cui si accorse che gli occhi del padre e dell’altro Saiyan erano inesorabilmente puntati su di lui. Percependo una discreta pressione, il bambino compì un passo indietro, sventolando una mano nel tentativo di tranquillizzare, senza motivo, la madre. “Benissimo mamma” le rispose titubante, cambiando improvvisamente la direzione dei suoi passi. “Andiamo, Goten!” ordinò all’amico, prima di fuggire nella direzione dalla quale era appena sopraggiunto.

L’altro non si fece ripetere l’invito una seconda volta e lo seguì di corsa. Scomparve in un istante dietro di lui, accompagnato dallo sguardo divertito della padrona di casa, che si lasciò sfuggire un sorriso. Anche suo padre lo osservò dileguarsi alle calcagna del compagno, ma al contrario dell’amica sembrò non afferrare in pieno la situazione e finì per inarcare un sopracciglio, piuttosto perplesso, come fosse sul punto di farsi qualche domanda.

Vegeta, dal canto suo, ancora alle prese con uno stato emotivo alquanto alterato, nel constatare l’eccessiva fretta con cui i due bambini si erano congedati, non sembrò intenzionato a porsi, invece, alcun interrogativo. Si limitò a fissare lo sguardo nel punto in cui erano spariti, per poi rivolgere nuovamente le iridi scure sull’avversario.

Qualcosa, nell’espressione del suo volto, sembrò manifestare apertamente le sue decisioni. Indubbiamente non aveva più voglia di stare a sentire futili giustificazioni, pertanto stabilì che avrebbe cambiato definitivamente aria.

“Mi sono stancato di voi” decretò risoluto, lasciando la presa sull’indumento dell’altro Saiyan e girando a sua volta i tacchi. Il tempo di terminare quella frase e aveva già imboccato uno degli svariati corridoi dell’immensa casa.

“Aspetta un attimo, Vegeta!” lo seguì di slancio la padrona di casa, senza troppo curarsi che lui si fermasse ad aspettarla e apostrofandolo con tono allegro e gentile, all’improvviso.

Le perplessità di Goku sembrarono accrescersi ulteriormente nell’assistere alla scena. Esitò per un momento, infatti, osservando i due amici che scomparivano uno alla volta in fondo al corridoio, senza avere il tempo di proferire parola. Rimasto solo, si voltò per un momento nella direzione opposta, dove aveva visto eclissarsi altrettanto in fretta i due bambini e, ancora piuttosto esitante, tornò di nuovo a osservare l’altro lato del corridoio. Gettò istintivamente un’occhiata alla centralina, ancora semi aperta, per poi ripercorrere ancora una volta i passi dell’amica.

“Quella Bulma è proprio strana” commentò a mezza voce tra sé. Poi parve riflettere, “Quei due…” puntualizzò a se stesso, “Sono decisamente strani”.

 

“Vegeta! Ti vuoi fermare?! Aspetta!” Lo rincorse Bulma, sperando di raggiungerlo prima che riuscisse a sparire tra i vari corridoi dell’immensa casa.

Vegeta, in realtà, non diede segno apparente di averla neppure sentita. Proseguì lungo il corridoio senza rallentare, scomparendo dietro un angolo come se avesse tutt’altre cose, ben più importanti, a cui pensare. Con la stessa solerzia, infatti, aveva intanto iniziato a sfilarsi il sopratuta, costretto suo malgrado a frenare per un istante il suo ripiegamento strategico, impegnato nel compiere quell’operazione.

L’attimo risultò sufficiente, tuttavia, affinché la scienziata potesse raggiungerlo una volta svoltato il medesimo angolo. “Insomma, Vegeta, quanta fretta!” protestò in un borbottio, senza scomporsi troppo. Si soffermò di fronte a lui, fissandolo negli occhi con decisione.

“Che altro c’è?” sbuffò infastidito l’altro, riuscendo finalmente a togliersi l’indumento, mentre la sua espressione si faceva vagamente scocciata.

Con apparente disinteresse, la compagna osservò i suoi movimenti, tornando a fissarlo negli occhi scuri in un secondo momento. “Non dovrebbe essere un guasto molto grave, mi basterà dare un’occhiata alla centralina” spiegò vaga.

Il tono deciso e sereno di lei rivelò chiaramente che, benché al meccanismo principale della centralina avesse riservato poco più che uno sguardo distratto, la scienziata fosse molto sicura delle sue parole e l’espressione irritata del Saiyan tornò, infatti, a farsi impassibile; unico segno visibile che in qualche modo quel tono, o meglio quella notizia, avesse destato in lui un certo interesse. Apparentemente senza alcuna fretta, continuò a fare ciò che aveva iniziato e cominciò a sfilarsi la parte superiore della tuta. “Fai come ti pare”, rispose lapidario, fingendosi tutt’altro che interessato. Non accennò tuttavia ad andarsene.

Bulma intersecò le braccia, senza troppo badare al tono distaccato del compagno. “Ci vorranno un paio d’ore al massimo. Tu e Goku potrete presto tornare ad allenarvi” aggiunse, focalizzando nuovamente l’attenzione sui gesti del Principe.

Il tessuto elastico della tuta scivolò con una certa indolenza sul torace dell’uomo, arrotolandosi morbidamente sui suoi fianchi fino a fermarsi all’altezza della vita. I movimenti del Saiyan, di fatto, che non aveva distolto lo sguardo dalla compagna, suggerivano una calma che pareva andare al di là della consuetudine a ripetere meccanicamente un gesto familiare.

“Mh, bene” sentenziò con una tonalità di voce assolutamente piatta, passandosi una mano sul ventre allo scopo di asciugare alcune gocce di sudore. Senza aggiungere altro, poi, le diede le spalle e proseguì il suo tragitto lungo il corridoio.

Gli occhi azzurri della scienziata, in realtà, non erano stati capaci di rivolgersi altrove, durante quel breve scambio di battute. Come se fosse letteralmente ipnotizzata dai gesti del compagno, tanto naturali quanto sensuali, restò per qualche secondo a fissarlo, persa in qualche pensiero che pareva vedere ben oltre quelle movenze flemmatiche, anche quando lui si allontanò. Senza aggiungere nulla, infatti, si limitò in silenzio a seguirlo con lo sguardo, pietrificandosi in una totale immobilità e percorrendo con occhi imbambolati le linee della sua schiena. Come seguendo la traiettoria di quello sguardo, peraltro, mentre Vegeta continuava ad allontanarsi in tutta tranquillità e ad asciugarsi distrattamente il sudore, l’Under Suit finì per allentarsi e si abbassò di un paio di centimetri, lasciando appena intravedere la cicatrice di quella che un tempo era stata una coda.  Bulma si ritrovò ad arrossire impercettibilmente, assalita in una maniera quasi tangibile da un pensiero che pareva avere tutta l’aria di essere inesprimibile ad alta voce. Le ci volle un secondo di troppo per decidersi a distogliere definitivamente lo sguardo dal fondoschiena dell’uomo, complici il suo ennesimo cambio di direzione in fondo al corridoio e il calore che aveva appena sentito accenderle il volto. Infine, scrollando il capo come a rimproverarsi mentalmente per quella reazione eccessivamente esplicita, parve riscuotersi in modo risolutivo e sembrò ricordarsi dell’amico d’infanzia, che era stato abbandonato al suo destino davanti alla Gravity Room. Facendo un ultimo sforzo per dimenticarsi di Vegeta, decise di tornare sui suoi passi e raggiungere l’altro Saiyan.

“Ah, Bulma!” Goku non riuscì a non notare la strana espressione dell’amica, ricomparsa in fondo al corridoio, senza però riuscire a comprenderne il significato. Si limitò ad avvicinarsi istintivamente di qualche passo, andandole incontro. Sul suo volto era ben visibile un sorriso lievemente imbarazzato. “Io… me ne andrei” ammise, grattandosi ancora la nuca e dimostrando apertamente il suo disagio.

“Eh?” rispose lei, dapprima un po’ distratta. “Ah, no, se vuoi puoi anche restare” lo invitò in un secondo momento, con un sorriso cordiale, dopo aver recuperato la sua lucidità.

Il Saiyan inarcò un sopracciglio, vagamente perplesso. Poi scrutò l’amica con una certa attenzione, cercando d’intuire il motivo dell’invito. “Ehm…” Balbettò, nel tentativo di trarre le sue conclusioni ad alta voce. “Pensi di riuscire ad aggiustarla?” azzardò, senza nascondere una timida speranza.

L’espressione con cui gli rispose Bulma, tuttavia, si manifestò a momenti mortalmente offesa. La scienziata si poggiò entrambe le mani ai fianchi in una posa risoluta. “Dimentichi che sono un genio!” Esclamò oltraggiata, ricordando al suo interlocutore le sue capacità. Nel farlo, peraltro, sfoggiò uno sguardo estremamente sicuro di sé. “Ripararla sarà un giochetto da ragazzi” continuò con aria saccente. “E poi… non hai idea di quante volte l’ho già fatto in passato” non mancò di specificare in seguito, annuendo con fiducia alle sue stesse parole.

“Fantastico!” Si lasciò sfuggire un fin troppo entusiasta Goku che, pregustando l’idea di tornare a combattere, quasi ignorò le spavalderie dell’altra. “Allora aspetto!” affermò sfoderando un sorriso eccitato, simile a quello di un bambino alle prese con un negozio di giocattoli.

Sul punto di fare una domanda di qualche genere, però, fu interrotto nuovamente dall’apparizione fulminea del piccolo Trunks. Il giovane Saiyan era comparso all’improvviso, afferrando sua madre per un braccio e trascinandola letteralmente in disparte con una certa apprensione, proprio mentre la donna si stava apprestando a studiare finalmente la centralina elettronica. “Mamma!” Dichiarò con estrema serietà il bambino “C’è un problema”.

La padrona di casa sobbalzò vistosamente, presa alla sprovvista dall’improvvisa comparsa del figlio. Lo guardò per un momento, quasi sorpresa della gravità espressa dal suo piccolo viso. Tuttavia si limitò a rispondere senza troppa apprensione. “Cos’è successo, tesoro?”.

Trunks sembrò esitare per un momento, osservando di sottecchi l’altro Saiyan con un certo nervosismo. Allontanò ulteriormente la donna di qualche passo, costringendola ad abbassarsi affinché potesse sussurrarle in un orecchio. Il bambino sembrava sul punto di rivelarle qualcosa d’imbarazzante, preoccupato in modo più che evidente di non essere ascoltato dall’uomo poco distante. “Abbiamo finito la carta igienica” sentenziò in tono grave, guardandosi successivamente alle spalle con malcelata agitazione.

Bulma lo scrutò inarcando appena un sopracciglio. “La carta igienica?” Domandò istintivamente ad alta voce, senza curarsi troppo dell’inflessione così drammatica di quell’annuncio. “Sei sicuro?” chiese infatti per conferma, un secondo dopo, lasciando trapelare dall’espressione sul suo volto una qualche perplessità, nonostante apparisse al contempo assolutamente tranquilla.

“Sì!” Insistette con una certa ansia il ragazzino, visibilmente sempre più nervoso. I suoi piccoli occhi azzurri rotearono in direzione dell’altro Saiyan, che a sua volta lo fissava leggermente dubbioso. “Ma non capisci?! Oggi e domenica!” Esclamò il piccolo Brief, aumentando d’improvviso il tono di voce e facendosi quasi esasperato. “Devi fare qualcosa, mamma!” S’intestardì sempre più agitato, lasciando la presa della madre e cominciando ad agitare le braccia con crescente nervosismo.

Per una frazione di secondo, la donna sembrò riflettere sulle parole del figlio. “Ma tes…” “No! Cosa facciamo, non…” La interruppe Trunks, sempre più deciso a risolvere una situazione che, per lui, pareva disperata. Sembrava sul punto di trascinare la madre di peso allo scopo di convincerla a interessarsi al problema, tanto appariva irrequieto.

Tuttavia, anche il giovane Saiyan venne a sua volta interrotto. La voce di Goku, rivolta ad un ultimo arrivato, lo fece oltretutto trasalire vistosamente. “Ehi, ciao figliolo” salutò l’uomo, che stava ormai ignorando il concitato discorso tra madre e figlio.

Un altro piccolo mezzo Saiyan, che aveva l’aria di aggirarsi furtivo nei paraggi con qualche intenzione poco chiara, si pietrificò all’unisono con quel saluto affettuoso, volgendo uno sguardo di puro terrore all’indirizzo del padre. Goten, di fatto letteralmente sgomento, riservò apparentemente in modo istintivo una fugace occhiata all’amico di sempre, per poi rivolgersi al genitore e a farfugliare un lieve “Ciao” evidentemente impacciato.

Con uno sguardo terrorizzato molto simile a quello del suo compagno di giochi, Trunks sembrò avere la stessa, identica reazione, alle parole gentili di Goku, non prima di aver ingoiato un grosso groppo di saliva, zittendosi in un istante.

Bulma, intanto, che dell’altra presenza aliena non si era minimamente accorta fino a quel momento, seguitò a rivolgersi al figlio, ancora piuttosto indecisa. “Trunks, tesoro…” “Uffa!” Sbuffò lui, riscosso in un attimo dal nuovo tentativo della madre e ritrovando in un lampo la sua concentrazione. Intanto, con la coda dell’occhio, indirizzò uno sguardo di sbieco all’amico, alle sue spalle, e parve esitare ancora un istante. “Ehm… mi sono ricordato di una cosa…” Esclamò all’improvviso, ostentando una certa sicurezza, senza riuscire tuttavia a nascondere un sempre crescente nervosismo.

Sorrise impacciato alla madre. “Vieni, Goten!” Ordinò poi, urlando a metà del corridoio, nel tentativo di defilarsi alla svelta.

Com’era accaduto nella precedente occasione, appena qualche minuto prima, Goten non indugiò nemmeno per un istante e si precipitò a seguire l’amico di sempre, scattando come un fulmine nella stessa direzione che aveva preso Trunks.

“Ma…” Bulma si ritrovò a parlare al vuoto, quando il figlio era ormai lontano, ritrovandosi a osservare l’altro Saiyan con un’espressione perplessa.

Goku seguì con lo sguardo i due bambini, sorridendo appena tra sé. Incrociando nuovamente gli occhi dell’amica, tuttavia, si ricordò in un istante dell’argomento che destava maggiormente il suo interesse e mutò improvvisamente espressione. “Ehm, Bulma” esordì un po' impacciato. “Vegeta ce l’ha ancora con me?” Domandò, lasciando chiaramente intuire dalla sua espressione che cominciava già a prefigurarsi la ripresa delle ostilità.

Per tutta risposta, Bulma tornò automaticamente a riflettere sulla centralina e a concentrarsi sulle parole dell’amico, liquidando a sua volta i pensieri rivolti al piccolo Trunks in meno di un secondo. Lo squadrò per un istante, regalandogli successivamente l’ennesimo sorriso. “No, lo sai anche tu com’è fatto Vegeta” rispose, trattenendo a stento una risata. “Quando gli ho parlato si era già calmato”.

In realtà, notando l’espressione assolutamente tranquilla e serena della donna, Goku non poté fare a meno di ricordare, con una certa perplessità, il tono estremamente stridulo e l’espressione tutt’altro che tranquilla di lei, con cui, soltanto pochi minuti prima, si era rivolta a Vegeta. Se ai cambi repentini di umore di Bulma era ormai fin troppo abituato, l’atteggiamento del Principe dei Saiyan nei confronti della scienziata lo rendeva decisamente ancora confuso, di tanto in tanto; anche perché Vegeta non era di certo una persona soggetta a sbalzi d’umore, anzi, tutt’altro.

“Un giorno di questi, Bulma…” Si lasciò sfuggire un sospiro, esitando poi subito dopo, perso in chissà quale ragionamento. “Mi devi spiegare come fai. Non è giusto!” protestò, assumendo improvvisamente un’aria appena imbronciata, come se fosse vittima di qualche ingiustizia. “Non capisco perché io riesco solo a farlo arrabbiare, mentre a te basta una parola…”

Quella frase, che rimase sospesa a mezz’aria, più che in un tono offeso, suonò come una sorta di ragionamento fatto ad alta voce; e Bulma ascoltò per un momento curiosa, senza riuscire a nascondere inizialmente un moto di perplessità. Che cosa potesse frullare nella testa dell’amico a volte era difficile da stabilire con esattezza, perfino per lei, che si trovava ogni giorno alle prese con calcoli e ragionamenti che per la maggior parte dei terrestri erano impossibili da comprendere. Per qualche istante, infatti, sembrò esitare, segno che ciò che Goku stava cercando di comunicarle, consciamente o meno, sembrava sfuggirle. In un secondo momento, tuttavia, finì per sorridere tra sé e sé, come se fosse giunta finalmente a una soluzione, e quella leggera increspatura delle labbra che rivolse un momento dopo anche al suo interlocutore sembrò in tutto e per tutto una risposta, silenziosa ma eloquente.

Goku, peraltro, si era limitato a sollevare le spalle con noncuranza, come se la questione non fosse stata più così rilevante, fin dal momento in cui aveva espresso i suoi pensieri ad alta voce. Per qualche motivo, però, non riuscì a non ricambiare il sorriso di lei, in un moto altrettanto spontaneo. Come se uno scambio di battute fosse appena avvenuto realmente, al di là dei silenzi, la sua espressione mutò leggermente, ma, sul punto di dire qualcosa, tornato a preoccuparsi principalmente del tipo di battaglie con Vegeta che gli erano decisamente più congeniali e più facili da combattere, fu anticipato dalla replica rumorosa e puntuale del suo stomaco, le cui intenzioni non lasciavano alcun dubbio.

“Eheh” gli sfuggì una risatina imbarazzata, “Io avrei una certa fame” ammise grattandosi di nuovo la nuca in quel consueto gesto impacciato. “Non hai qualcosa da mettere sotto i denti?” s’informò poi candidamente, poggiandosi entrambe le mani alla pancia.

Il sorriso della donna si tramutò velocemente in un sospiro rumoroso, per nulla sorpresa sul tempismo dello stomaco del Saiyan. “Sei sempre il solito, Goku!” Lo rimproverò poggiandosi le mani ai fianchi, senza tuttavia riservargli un’eccessiva severità. “Serviti pure in cucina, ma non svuotarmi la dispensa. Mia madre è appena andata a fare la spesa e quel cibo deve sfamare altri due Saiyan per almeno una settimana” lo ammonì seria.

“Evviva! Grazie mille!” Esclamò l’uomo in un nuovo moto d’entusiasmo, avviandosi verso la cucina e ignorando l’espressione inflessibile di lei.

La scienziata, rimasta sola, guardò per un attimo nella direzione in cui aveva visto sparire l’amico, rivolgendo poi subito dopo definitivamente la sua attenzione alla centralina. “Bene, mettiamoci a lavoro” annunciò a se stessa.

 

“Uffa! Ma tu guarda che giornata!” si lagnò ad alta voce Bulma. Sbuffò sonoramente, alzando il naso dalla centralina elettronica e scostando lo sguardo sul soffitto. “E’ sabato! Potevo essere a fare shopping, accidenti!” brontolò evidentemente seccata, prima di ritrovare la concentrazione, appena un secondo dopo. Tornò quindi ad affaccendarsi con i circuiti. “Ma cos…?”

All’improvviso, si trovò a scrutare ancora più attentamente gli ingranaggi meccanici, aggrottando la fronte con una certa sorpresa e curiosità. Si fece per un momento pensierosa, prima di allungare un braccio nel tentativo di raggiungere qualcosa, sul fondo del macchinario. La sua espressione meravigliata si accentuò a quel punto notevolmente, mentre con non poca fatica, riusciva ad estrarre dall’intricato labirinto di cavi e circuiti quello che riconobbe immediatamente al tatto come il Dragon Radar.

“E questo? Che diamine ci fa qui?” si domandò istintivamente ad alta voce, dopo averlo scrutato per un istante, come se si stesse accertando che realmente si trovava tra le sue mani. Spontaneamente rimandò quella domanda a un secondo momento, tuttavia, troppo concentrata sul pannello di controllo. Con sguardo assorto si limitò ad appoggiare il radar sul mobiletto più vicino, prima di tornare a dedicarsi al suo lavoro. “Ok, ci sono quasi…” borbottò a bassa voce, ormai dimenticatasi del buon vecchio rilevatore.

“Come sta andando?” Domandò all’improvviso Goku, giungendo alle spalle dell’amica senza preavviso.

Il Saiyan, intento a piluccare un enorme pezzo di carne, si era proteso in avanti, affacciandosi a scrutare l’interno della centralina, come se, a lui, quell’ammasso di cavi e bulloni potesse realmente suggerire qualcosa sui progressi della scienziata.

“Ah!” Colta alla sprovvista dall’arrivo silenzioso dell’amico, Bulma sussultò vistosamente, picchiando la testa contro lo sportello metallico della centralina. “Goku! Accidenti a te! Mi hai fatto prendere un colpo!” Protestò, tastandosi il punto dolente e voltandosi a guardarlo con aria di rimprovero.

“Mh?” L’uomo farfugliò a bocca piena, osservandola disorientato. Sembrò rendersi conto solo in un secondo tempo di averla notevolmente spaventata. “Ah… scusa” si giustificò, regalandole un sorriso evidentemente dispiaciuto, accompagnato dal classico gesto di grattarsi la nuca.

“Non importa” tagliò corto la donna, riprendendo a trafficare con i circuiti elettrici. “Comunque avevo ragione” proseguì non senza una certa inflessione soddisfatta. “Ho quasi finito, era solo scattato il dispositivo di sicurezza. Il tempo di riprogrammare il computer e potrete usarla di nuovo” spiegò senza smettere di lavorare.

Goku inghiottì il boccone che stava masticando, “Bene!” esultò subito dopo, volgendo distrattamente lo sguardo in direzione del mobile accanto alla terrestre. Impiegò pochi istanti, a quel punto, per riconoscere il famigliare oggetto che vi era poggiato sopra e per manifestare un’espressione curiosa. “E quello?” domandò vago, senza scostare le pupille scure da esso. “Pensavo ci volesse ancora un giorno prima di poter usare le sfere” mormorò pensieroso, tornando a rivolgersi all’amica di sempre.

Bulma sbucò letteralmente fuori dalla centralina, sporgendosi istintivamente allo scopo di intuire da sé quale fosse l’oggetto del discorso. “Ah, quello…” rispose distratta, dopo aver incrociato lo sguardo di Goku. “L’avevo dato ai bambini per giocare” spiegò piuttosto vaga, tornando nuovamente a interessarsi alla centralina. La sua espressione si fece assorta per un momento, apparentemente concentrata sul proprio lavoro, ma sembrò esitare per un lieve istante, sorridendo tra sé e sé. “Forse alla loro età lo avrei considerato un gioco anch’io” ammise, mentre si rivolgeva di nuovo al Saiyan con una punta di malinconia mista a un certo divertimento.

Goku la scrutò a lungo, viaggiando a sua volta con la mente indietro nel tempo. Le sorrise, un secondo più tardi, evidentemente divertito da quei ricordi. “Eheh, mi sa che hai ragione” concordò, spostando definitivamente la sua attenzione sul pannello elettronico. L’espressione del suo volto si fece allora nuovamente concentrata e un vago senso di colpa sembrò tornare a impossessarsi di lui per pochi attimi. “Quanto ci vorrà ancora?” s’informò serio, mentre l’idea di riprendere gli allenamenti con il suo amico-rivale di sempre parve stuzzicarlo nuovamente. L’ideale dopo un buon pasto, sembrava comunicare il suo sguardo impaziente.

Il sorriso di Bulma scemò lentamente in un’espressione più autorevole. “Pochi minuti” rispose, rivestendo nuovamente i panni della scienziata. “Come ti ho già detto, è semplicemente scattato il sistema di sicurezza” gli ricordò paziente. “E’ stata una mia idea, sai?” si premurò di sottolineare un secondo più tardi, con un moto d’orgoglio. “Funziona in caso di sovraccarico o di riscaldamento eccessivo dei circuiti” iniziò a spiegare. “Serve a evitare guasti peggiori…” proseguì imperterrita, concentrata ormai sui suoi ragionamenti. “Meno male che sono un genio e ho pensato di installare quest’accorgimento, altrimenti avrei passato il sabato dietro i vostri stupidi combattimenti…”

L’attenzione di Goku, che aveva avuto la risposta che attendeva, non si protrasse che per un paio di secondi, in realtà, non appena giunsero alle sue orecchie le parole pochi e minuti. Ormai totalmente disinteressato alle delucidazioni tecniche e alle lamentele che la scienziata aveva scrupolosamente iniziato a sciorinare, cominciò a guardarsi intorno, occupato a sbocconcellare placidamente il cosciotto di carne, che aveva ormai tutta la sua considerazione. Fu in quel momento che scorse, quasi senza volerlo, dei movimenti furtivi nei pressi del mobile, accanto alla centralina, dove era poggiato in bella vista il Dragon Radar. In un moto di perplessità, si ritrovò ad inarcare un sopracciglio, mentre assisteva a uno strano spettacolo. Una piccola mano, infatti, spuntò di soppiatto da dietro il mobiletto e cominciò a tastarne la superficie con fare circospetto. Il Saiyan non poté fare a meno di rimanere in silenzio e continuare ad osservare quella mano per qualche momento, letteralmente affascinato e incuriosito dalle sue reali intenzioni, pur avendo riconosciuto senza troppe difficoltà il suo proprietario o, per meglio dire, il piccolo ladruncolo che si celava dietro quella furtiva spedizione, nonché il suo immancabile complice. Ricordando le parole che Bulma gli aveva rivolto appena pochi istanti prima, sembrò trarre anche un’ultima conclusione e comprendere finalmente quale fosse lo scopo di tanta segretezza. Un sorriso divertito si dipinse sul suo volto in concomitanza con quel pensiero e, fingendo una certa indifferenza, si accostò di un passo al mobile incriminato. Addentando l’ennesimo boccone, come fosse preso da tutt’altri pensieri, spostò con un gesto impercettibile l’oggetto a favore dei piccoli furfanti, che non osavano esporsi troppo per non farsi scoprire. Restò ancora una volta ad osservare la scena, mentre quella mano raggiungeva finalmente il suo obiettivo, lo afferrava scaltra e spariva un attimo dopo in tutta fretta. Solo dopo, tornò a rivolgere la sua attenzione al pannello di controllo della Gravity Room come se nulla fosse.

“… poi devo sentirle io le lamentele di Sua Altezza il Principe dei Saiyan che vuole allenarsi…”

Il borbottio dai toni sempre più sarcastici della scienziata, intanto, che rimbombava attutito dalle pareti metalliche della centralina elettronica, non aveva accennato a placarsi nemmeno per un istante, proseguendo irremovibile nella totale inconsapevolezza del furto appena avvenuto, con la complicità di colui che, in teoria, avrebbe dovuto sorbirsi tutto il discorso.

Trunks, in quello stesso istante, osservò velocemente l’oggetto dalla forma sferica che era finalmente caduto nelle sue mani e, con sguardo complice, scrutò in un secondo momento l’amichetto, prima di infilarsi di soppiatto in uno degli enormi corridoi della Capsule Corporation e cominciare a correre verso un luogo sicuro, seguito a ruota dall’altro. “Ci siamo riusciti, hai visto Goten?!” esultò, quando si sentì sufficientemente lontano.

“Sì, ce l’abbiamo fatta!” esclamò trionfante il compagno d’avventura, con un’espressione raggiante e sollevata simile a quella dell’altro. “Ora possiamo cercare le sfere!”

Il bambino dai capelli lilla annuì fermamente. “Sì, finalmente poss…” La frase finì per interrompersi a metà, in realtà, non appena il piccolo Saiyan andò a sbattere contro quella che gli sembrò una parete, posta inspiegabilmente sul suo tragitto.

Il contraccolpo lo sbalzò all’indietro in modo piuttosto violento, coinvolgendo in un rovinoso capitombolo anche l’altro bambino, che correva dietro di lui. Il prezioso bottino, peraltro, finì per sfuggirgli dalle mani e ruzzolò a pochi passi dai due, arrestando la sua traiettoria contro il muro, in modo similmente brusco.

Due occhi scuri, dall’espressione imperscrutabile, si posarono distrattamente sui due bambini che erano sul punto di rialzarsi sbigottiti; non prima di soffermarsi per un istante sul cestino colmo di fragole, che era stato prontamente sollevato ad un’altezza di sicurezza, evitando l’impatto. Il Principe dei Saiyan, in apparenza poco interessato ai due ragazzini, si fermò inevitabilmente per un momento, limitandosi a muovere il cesto in una posizione più consona e a portarsi successivamente un frutto alla bocca. Si attardò un breve momento, masticando con calma e scrutando i due con il chiaro intento di constatare semplicemente chi fosse incappato sul suo cammino. Un’occhiata altrettanto distratta fu riservata, immancabilmente, anche al Dragon Radar, abbandonato a se stesso sul pavimento.

Quell’attimo di totale smarrimento, a quel punto, si tramutò ben presto in vero terrore, sul volto del piccolo Trunks, quando, dopo aver incrociato per una frazione di secondo gli occhi scuri del padre, si accorse di ciò che stava fissando.

Non attese un secondo di più, il giovane Saiyan, rialzandosi il più velocemente possibile da terra allo scopo di afferrare l’oggetto che gli era appena caduto. Un istante più tardi cominciò a correre in tutt’altra direzione, sperando di essere seguito dal compagno di giochi. “Ciao papà!” lo salutò da lontano.

Goten, non meno terrorizzato, per l’ennesima volta si trovò nella condizione di accettare in tutta fretta l’invito silenzioso dell’amico. Schizzò letteralmente in piedi in un lampo e lo seguì senza indugiare neanche una frazione di secondo. In preda all’agitazione, non si curò di salutare il Saiyan adulto, che, come se nulla fosse, proseguì per la propria strada, continuando a gustarsi le sue fragole e inarcando appena un sopracciglio. “Tsk, mocciosi” commentò tra sé Vegeta, senza neanche voltarsi.

 

Il giovane Saiyan dai capelli lilla si voltò appena, con aria complice e con fare guardingo, per assicurarsi che l'altro lo stesse seguendo. Scostando con una mano un ramo che gli impediva il passaggio, si addentrò ancora di più nel fitto del boschetto di alberi e scrutò fra il verde, con la coda dell'occhio, l'edificio giallo a forma di cupola, che ormai pareva sufficientemente lontano. Sentendosi quindi al sicuro, rallentò ancora di più l'andatura fin quasi a fermarsi.

“Uff” si lasciò andare ad un sospiro sollevato. “Che fatica!” esclamò solo un momento più tardi, voltandosi verso l’amico. “Stavi per combinare un disastro, Goten!” Il suo tono, nel pronunciare quella frase, suonò vagamente un rimprovero, ma Son Goten, in realtà, intento a sua volta a scrutare la distanza tra sé e la casa dell’amico, si accorse con qualche secondo di ritardo del tono accusatorio dell’altro. “Cosa?!” protestò rabbuiandosi all’improvviso e agitando le piccole braccia. “Sei stato tu a far cadere il Radar!” brontolò nel tentativo di discolparsi.

“Che c’entra?!” rispose piccato l’altro, socchiudendo gli occhi con un’aria saccente e incrociando le braccia al petto. “Sei stato tu a spintonarmi perché non riuscivi a vedere!” ribatté come se fosse la cosa più logica del mondo. “Mi hai fatto perdere l’equilibrio”.

Al moretto sfuggì a quel punto una smorfia seccata, colto sul vivo. “Volevo vedere anch’io i nostri papà combattere” farfugliò debolmente e un po’ impacciato.

“Dai, non te la prendere” sbuffò accondiscendente Trunks, dopo averlo scrutato per un momento e riprendendo a camminare. “Alla fine siamo riusciti a recuperarlo, giusto?” sghignazzò con aria complice, voltandosi appena, mentre oltrepassava l’ennesimo cespuglio e rallentava ulteriormente l’andatura. “E non si sono accorti di nulla”.

Il viso del bimbetto dai capelli ribelli tornò istantaneamente a illuminarsi con un sorriso solare. “Già” confermò annuendo, fermandosi subito dopo l’amico, in quello che era divenuto il loro momentaneo nascondiglio.

“Pensa che faccia faranno, Goten!” esultò entusiasta il piccolo Trunks, scavalcando con nonchalance un enorme mucchio di rotoli di carta igienica, accatastati tra i cespugli. “Dobbiamo sbrigarci a raccogliere tutte le sfere!” annunciò osservando l’oggetto tra le sue mani.

“Sìììì!” Gli fece eco il complice, alzando con entusiasmo le braccia al cielo. La sua espressione felice e un po’ svagata lasciava evidentemente intuire come stesse già immaginando le facce contente del padre e del fratello, al compimento della loro missione.

“Vedrai” proseguì il ragazzino dai capelli lilla, facendosi nuovamente pensieroso. “Quando sapranno che siamo stati noi a trovare le sfere e a chiedere a Shenron di cancellare il ricordo di Majin-Bu ci faranno un sacco di complimenti!” Sentenziò assorto, come se lo stesse spiegando all’altro.  L'espressione orgogliosa ed entusiasta che appariva sul suo volto, tuttavia, sembrava ben più evidente che qualsiasi altro pensiero o spiegazione. Anche Trunks, infatti, parve del tutto catturato da una qualche trionfante fantasia e prese a vagare con lo sguardo, perdendosi dietro alla sua immaginazione.

“Non vedo l’ora!” gli diede manforte Goten, assumendo un’espressione molto simile a quella dell’amico e cominciando per giunta a saltellare sul posto.

Trunks annuì, tornando a rivolgersi per un momento a Goten con un’aria non meno eccitata. Poi parve di nuovo riflettere su qualcosa, seguendo un apparente filo logico tra le sue fantasticherie. “Però sarebbe bello chiedere qualcosa per noi, non credi?” Esclamò in un secondo momento con ritrovato entusiasmo. “Se potessi esprimere un desiderio, tu cosa chiederesti, Goten?” s’informò sinceramente curioso.

L’entusiasmo di Goten si spense per un attimo, mentre scrutava l'altro Saiyan con un certo stupore, evidentemente colto alla sprovvista da una simile domanda. Tuttavia, un secondo più tardi, parve rifletterci seriamente, come se fosse una questione della massima importanza.

“Mmm” farfugliò tra sé piuttosto pensieroso. “Ci sono! Io chiederei una montagna di giocattoli!” decise infine, allargando le braccia e immaginando la sua stanza sommersa da ogni genere di gioco. “E tu, Trunks?” Volle sapere a sua volta, rigirandogli la medesima domanda.

“Io vorrei un sacco di dolci!” rispose prontamente il piccolo Saiyan, che sembrava aver già tratto le sue conclusioni da tempo. “Tanti da abbuffarmi per un anno intero!” precisò, lasciando che la sua immaginazione di bambino gli mostrasse ogni sorta di prelibatezza. Con un gesto di esultanza alzò il Radar al cielo, a sottolineare l’importanza e la magnificenza di ciò che era apparso magicamente davanti ai suoi occhi, ma, inspiegabilmente, quell’oggetto tanto prezioso sembrò attirare ancora la sua attenzione, questa volta in un modo diverso, costringendolo ad esitare di nuovo per un momento. “Mm, ripensandoci…” mormorò, voltandosi istintivamente verso l’edificio giallo, che s’intravedeva tra i rami degli alberi. “Però, forse…”

Tornò a fissare il Radar nelle sue mani, come se si fosse appena ricordato di qualcosa. “C’è un’altra cosa che mi piacerebbe chiedere al Drago” confessò. “Vorrei essere in gamba come il mio papà!” Pronunciò quelle parole in tono deciso, sfoderando finalmente un’espressione sorridente e determinata, a conclusione delle sue misteriose riflessioni. “La prossima volta che useremo il Radar chiederò a Shenron di diventare come il mio papà!” Concluse poi soddisfatto.

Il piccolo Goten lo fissò per qualche istante, senza comprendere appieno il significato di quello che aveva appena udito. Lui avrebbe di gran lunga preferito qualcosa da mangiare, come i dolci. Tuttavia si ritrovò a sorridergli in maniera comprensiva e ad annuire. Cominciò a scalpitare, però, appena un secondo dopo. “Dai Trunks, cerchiamo le sfere! Voglio vedere il drago!” Si emozionò ancora il giovane Son, incitando l’amico a dare il via alla loro missione.

“Giusto! Non abbiamo tempo da perdere!” annuì di rimando Trunks, ritrovando l’espressione seria ed emozionata che aveva un minuto prima. “Sei pronto?” domandò avvicinandosi all’amico.

Goten gli fu subito accanto, saltellando sul posto, nell’attesa impaziente che l'altro desse il via all’ennesima, emozionante avventura che aspettavano da tutta la giornata.

Con un atteggiamento solenne, Trunks si apprestò a premere il pulsante di accensione, scrutando al contempo il monitor con un'aspettativa sempre più palpabile. Un 'bip' risuonò un istante dopo, nel silenzio assoluto del giardino della Capsule Corporation, carico di tensione. La luce verde del monitor, in realtà, si limitò a riflettere uno schermo desolatamente vuoto e i due bambini, dopo un momento di assoluta trepidazione, si ritrovarono a sgranare gli occhi, senza riuscire a nascondere un’evidente sorpresa. Le loro espressioni sbalordite si fecero pian piano assorte, serie, in un crescendo di turbamento misto a concentrazione, finché una smorfia di disappunto non finì per incurvare loro le labbra, perfettamente all’unisono.

“Eh?! Perché non funziona?!” esclamarono in coro, in un moto di stizza.

 

FINE

 

Questa è la nostra seconda collaborazione. Speriamo abbiate gradito e ringraziamo chi è giunto fin qui.

Un grazie anche a chi ha letto e recensito il precedente lavoro, “Il bello della diretta”.

  
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