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Autore: Flos Ignis    31/03/2016    3 recensioni
"Seconda classificata al Fairy Tail Contest - Raccontami una Storia indetto da E.Comper sul Forum"
Nirvana Arc.
Un piccolo tributo ad uno dei personaggi che amo di più: Gerard Fernandez.
Gerard, in preda all'Oblio della mente, senza ricordo alcuno di sè, vaga alla ricerca di Nirvana per distruggere questa pericolosa magia, per morire insieme ad essa.
La Luce che arriverà ad impedirglielo, è l'unico frammento di memoria che nemmeno la morte ha potuto strappargli: solo un nome.
Erza.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Erza Scarlet, Gerard
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un amico conosce la melodia del nostro cuore e la canta quando ce ne dimentichiamo.



 

Scoprì di avere gli occhi quando fu in grado di aprirli.

L’incredibile sensazione di leggerezza che avvertiva non sapeva spiegarsela, come non poteva giustificare nemmeno l’orribile presentimento di qualcosa in agguato, pronto a distruggere tutto.

Fu grazie a quella sua terribile sensazione di ansia mista a determinazione che capì: non era stato un incubo a tormentare il suo animo incosciente. Quel sogno altro non era stato che un eco della realtà, della vita che scorre al ritmo del mondo, riemerso dagli abissi della sua mente. Un tesoro nascosto, un qualcosa di estremamente prezioso: come altro chiamereste la possibilità di salvare moltissime vite, se non tesoro?


 

La mente degli uomini è come l’oceano infinito, trasparente e limpido in superficie, ma oscuro ed impenetrabile nelle sue profondità; custode di misteri a lungo celati, ma anche tomba di quei relitti che non devono riemergere, poiché prove di tragedie dimenticate.

Quando due correnti si scontrano in prossimità di quei relitti, di quei forzieri che celano preziosi segreti, la loro immobilità senza tempo viene irrimediabilmente infranta: le onde che scuotono gli abissi li portano con sé, in superficie, dove nulla può essere taciuto.

Ed ecco che le memorie perdute ritornano nel fiume che scorre insieme al mondo, insieme alla vita, insieme al tempo.


 

L’uomo senza nome aveva visto in quei ricordi ritrovati luoghi e simboli magici che gli avevano raccontato di un antico incantesimo, potente ed estremamente pericoloso. Gli avevano narrato di come fosse stato creato, ma anche di come, in seguito, i suoi stessi creatori l’avessero celato agli occhi del mondo, timorosi del suo devastante potere.

Quello, era un segreto che non doveva essere svelato.

Nirvana non doveva essere attivato. In qualche modo, sapeva che qualcuno era già sulle sue tracce, lo scontro tra correnti avverse era già avvenuto.

Però lui sapeva cosa fare. Nel suo sogno aveva visto un modo per distruggere, a costo della sua stessa vita, quella magia prima che fosse usata per scopi malvagi. In fondo, cosa mai poteva valere la sua vita, quella di un uomo senza identità, in confronto a tutte quelle che avrebbe salvato?


 

Mentre camminava nella foresta incontro alla morte, incontro a quel segreto che avrebbe rispedito per sempre negli abissi neri della memoria, un’unica luce brillava nell’oceano silenzioso della sua mente: era solo un nome, ma era certo non fosse il suo.

Chi sei, Erza?”

Erza… quel nome gli trasmetteva un’infinita gentilezza, uno splendore degno del sole… e calore, così tanto che riusciva persino a scaldare la sua anima fredda come la morte che lo attendeva impaziente.

Erza…”

Sbocciava lentamente nel suo petto, quel nome gentile che pulsava come un cuore brillante, come un faro nella notte che chiamava irresistibilmente a sè la sua anima oscura, la quale bramava di abbandonare gli abissi per tornare a terra, per tornare a casa, da lei.

Temeva il momento in cui il ricordo sarebbe sbocciato del tutto, spaccando con la forza della gentilezza l’arido terreno del suo animo, come il primo fiore di primavera che annuncia la fine dell’inverno e porta con sé la prova che la vita vince sempre, a dispetto di tutto.

Avrebbe avuto il coraggio di sacrificarsi, come era suo dovere, se quel nome avesse trovato la giusta collocazione tra i suoi ricordi perduti? In qualche modo, lui lo sapeva: poteva non ricordare il suo nome o il suo passato, ma per lui nulla era più importante di quella persona. Nulla.

Se si fosse ricordato di lei, ogni cosa dentro di lui si sarebbe pian piano aggiustata, la luce avrebbe scacciato l’oscurità sia dal suo cuore che dalla sua mente e avrebbe ricordato chi era. Se quel nome avesse acquisito un volto ed una voce, ciò che si celava nel profondo di sé sarebbe riemerso.

Perché chiunque lei fosse, che lo sapesse o meno, era l’epicentro di un terremoto che avrebbe riportato in superficie tutto ciò che lo rendeva un essere umano e lui non poteva permetterselo. Preferiva che a sacrificarsi per tutti fosse un uomo senza nome com’era in quel momento, piuttosto che qualcuno la cui morte avrebbe fatto soffrire Erza.

Se un giorno lei avesse saputo, avrebbe pianto per la sua morte? Qualcosa gli suggeriva che la risposta fosse un sì, forse la parte di sé che inconsciamente ricordava esattamente quanto lei era stata importante; se da una parte fu contento di essere stato amato da qualcuno, dall’altra la sola idea che Erza potesse piangere gli era intollerabile.

La sua marcia procedette più spedita una volta giunto a quelle riflessioni, con ben impresso nella mente il proposito di rendere il mondo un luogo di pace dove lei potesse vivere e sorridere. Era sicuro, senza ovviamente poterlo sapere con certezza, che il sorriso di Erza fosse bellissimo, caloroso e gentile come lei.


 

-Non ti avvicinare!- un boato seguì lo scoppio di magia che aveva emesso in preda al panico. Quella ragazza però era ancora in piedi, per fortuna. Non voleva ferirla, ma aveva bisogno che gli stesse lontana, era necessario tenerla a distanza. Faceva terribilmente male, la testa gli pulsava dolorosamente, un po’ di più per ogni passo con cui lei si avvicinava. Perché…?

-Allora vieni tu da me. Io sono Erza, ed un tempo eravamo compagni.-

È lei…è lei! È Erza… grazie a Dio sta bene…”

Non sapeva esattamente perché quelle parole gli avevano invaso prepotentemente il cervello, forse l’ultima volta che si erano visti lei stava male?

Ma ciò passò in secondo piano, perché lei iniziò a raccontargli brevemente dei crimini che lui aveva commesso, e di cui non ricordava assolutamente nulla. Quasi non si accorse delle lacrime che gli rigavano le guance, preso com’era da un senso di colpa che prendeva sempre più consistenza ad ogni orrore che gli veniva raccontato. Le parole di lei, una fumosa consapevolezza che gli suggeriva il cuore… non potevano esserci dubbi.

L’oblio che gli aveva ottenebrato la mente gli parve di colpo un lusso, una gentilezza di qualche Dio forse, qualcosa che non meritava affatto.

Aveva fatto delle cose orribili. Era indegno di presentarsi davanti a Erza, indegno di vivere… la sua decisione gli parve più giusta che mai.

Presto, il dolore che sentiva avrebbe taciuto per sempre nella morte: sapeva che non c’era nulla che potesse fare per espiare i suoi peccati, ma in quel modo sperava almeno di non aggravarli ulteriormente.

Sperare nel perdono di lei era troppo, ma forse sacrificandosi avrebbe portato all’altro mondo anche il dolore che le aveva causato.


 

L’incantesimo di autodistruzione che aveva lanciato su se stesso stava già agendo, e lui perdeva progressivamente lucidità e forze: parte dei suoi ragionamenti dovette esprimerli inconsapevolmente ad alta voce, perché lei li aveva sentiti.

E gli rispose, anzi gli urlò in faccia i suoi pensieri, piangendo di rabbia, di dolore, forse anche di qualcosa di diverso che nemmeno lei sapeva cosa fosse, ma furono quelle lacrime, insieme alla voce roca e spezzata di lei, ad ancorarlo a quel mondo ed alla vita.

-Non osare morire! Hai commesso dei crimini, devi vivere per espiarli! Vivi e lotta, dannazione!-


 

Vivere e lottare fu esattamente ciò che fece da quel giorno in avanti, per lei, per espiare i suoi peccati, per aiutare atri dannati come lui a ritrovare la libertà che avevano perduto cedendo l’anima all'oscurità.

E lo fece portando sempre nel cuore il ricordo del dolce suono di quel nome forte e gentile, che gli aveva mostrato la strada con la sua luce.

Erza…”


 


 

  
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