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Autore: determamfidd    01/04/2016    2 recensioni
Frerin ha trovato la sua Uno, duecento anni dopo la sua morte, ma per grazia di Mahal (dopo averlo molto infastidito), ha una possibilità per dire alla Dama Bianca di Rohan che lei possiede il suo cuore.
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Eowyn, Frèrin
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Le Appendici di Sansukh'
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La storia è ambientata dopo il capitolo 26 di Sansukh. L'autrice originale, voxmyriad, mi ha dato il permesso di postare qui la traduzione. La storia originale può essere trovata qua.

C'erano volute delle discussioni – molte discussioni, se Frerin doveva dire la sua – ma quando Fíli era venuto da lui con quel ghigno, lui l'aveva seguito senza domande.

Beh, no, quella era una bugia. C'erano state dozzine di domande, tutte messe da parte con troppa allegria per i gusti di Frerin, ma era stato troppo distratto nel trovare modi nuovi per chiedere le stesse cose per rendersi conto di dove stessero andando prima che Fíli si fermasse alla porta della forgia del loro Creatore. Nient'altro faceva sentire a Frerin di avere quarantotto anni quanto essere in piedi davanti a quell'enorme incudine, ma rimase dritto, incoraggiato dalle rassicurazioni di suo nipote.

«Ah, piccolo principe» e la voce passò su di lui come una tempesta lontana, ma non gli impedì di raddrizzarsi accigliato.

«Dovete farmelo notare tutti?» disse sottovoce, e la risata del suo Creatore aveva un sospiro in essa.

«Giovane, allora» offrì Mahal «Sei giovane, Frerin Thráinul, giovane eri quando giungesti alle mie Sale e giovane resti nella forma, se non nella mente.»

Frerin ricordò il suo litigio con Thorin nei bagni di Rohan e la sua insistenza sul fatto di essere abbastanza vecchio da rimanere. Ovviamente Mahal l'avrebbe sentito, ma era imbarazzante avere avuto dei testimoni a quel piccolo e inutile spettacolo di ribellione. «Forse no» disse «Ho guardato, un sacco. Ho visto molto, a Ered Luin e poi ad Erebor. Ho guardato un sacco di cose che non avrei dovuto a quarantotto anni» Ma non avevo quarantotto anni quando le ho guardate, pensò con un lampo di vecchia rabbia.

«E per la prima volta hai veduto qualcosa – o dovrei forse dire, hai veduto qualcuno sul quale i tuoi occhi indugiano»

Frerin, ancora perso nella sua irritazione privata verso Thorin per averlo scacciato come un bambino, fu sorpreso quando una visione della Dama Bianca di Rohan apparve sopra la grande incudine di Mahal, e svanì mentre lui sospirava involontariamente. «Dunque» commentò Mahal «tuo nipote dice il vero. Non dubitavo di lui, ma desideravo vedere di persona la tua devozione.»

«D-devozione?» Frerin balbettò per lo stupore. Il suo Creatore lo aveva chiamato qui per Éowyn? «Io, eh, ma lei-»

«Hai trovato la tua Uno» disse Mahal diretto, la mano pesante che posò sulla testa di Frerin piena di tristezza «L'hai trovata troppo tardi per avere felicità in vita. Mi dispiace, figlio mio. Avrei voluto risparmiarti ciò.»

«Risparmiarmi – no!» Frerin osò spostarsi da sotto la mano di Mahal e si tirò il più dritto possibile, la sagoma e il portamento del suo sangue Durin visibile in ogni suo tratto «Sono morto, so di essere morto, sono stato morto abbastanza a lungo per venirci a patti» disse chiaramente «E forse ho trovato la mia Uno, e forse è una scudiera di Rohan, la scudiera più bella che Rohan mai abbia avuto e per sempre oltre la mia portata, ma non vorrei che mi fosse stata risparmiata! Non è giusto» Con sforzo, si impedì di picchiare un piede contro le piastrelle del pavimento; non avrebbe aiutato la sua tesi di essere più vecchio nella mente di quarantotto anni.

La risata di Mahal fu dolce, anche se ancora portava con sé la forza di un torrente di rocce che franavano lungo una montagna. «Pace, principe, pace. Non intendo portarti via la tua Uno» disse mentre i suoi denti si mostravano in un sorriso «Anzi, tuo nipote desidera che io ti dia qualcosa che è quasi impossibile. In tutti i miei anni, fra tutti i miei figli, questi figli di Víli davvero hanno mostrato la vera perseveranza dei Nani» aggiunse borbottando e Frerin non poté impedirsi di ghignare.

«Kíli insiste ancora sul portare qua Mastro Baggins quando arriverà la fine della sua vita?»

«E così farà fino alla nuova creazione di Arda, senza dubbio. Ma questo è il mio peso da portare, e in sincerità...» quel sorriso lampeggiò di nuovo nell'oscurità, pieno di affetto e orgoglio «La determinazione che mostra mi riempie di gioia. Una gioia di cui, confido, lui non verrà mai a sapere.»

Frerin fece segno di chiudere un lucchetto davanti alle sue labbra, ancora ghignando. Ben fatto, Kíli pensò, orgoglioso del suo nipote più vecchio più giovane.

Mahal fece un suono simile a un brrm che ricordava stranamente Barbalbero prima di continuare. «Ma indipendentemente da ciò, ho un'altra via per te» Ora suonava più serio, e Frerin si raddrizzò senza pensare. «Ciò non può essere fatto con leggerezza, né può essere fatto più di una volta, e ritieniti fortunato, figlio mio, che la tua Uno abbia sempre sogni tanto vividi e profetici, altrimenti non potrebbe essere fatto affatto.»

«Sogni?» ripeté Frerin, aggrottando le sopracciglia.

«Ella cammina, e così ha fatto sin dalla sua infanzia, nei suoi sogni come fossero un luogo reale, e ha prima d'ora trovato la via per Olórë Mallë. Irmo Signore dei Sogni conosce bene Éowyn figlia di Théodwyn» Mahal rimase in silenzio e Frerin non si mosse a disagio sotto il peso del suo sguardo «Su richiesta del tuo fervente nipote Fíli – mi dice tu sia il suo “zietto” - ho parlato con lui. È possibile, solo una volta, che nel cammino dei suoi sogni, lei incontri lo spirito di un principe dei Nani morto da tempo.»

Gli occhi di Frerin si allargarono e il suo respiro fu rumoroso nel silenzio della forgia, ma Mahal continuò prima che lui potesse parlare.

«Ma lei si sveglierà, inoltre, senza altra memoria di questo incontro casuale se non quella di ogni altro sogno che impallidisce e svanisce una volta desti» lo avvertì «Ella non saprà chi sei, né ti vedrà come null'altro che un sogno.»

«Desidero parlarle» esclamò Frerin, poi faticò per controllarsi e continuare con più calma. Era una battaglia persa. «Anche se solo una volta, le parlerei, e vorrei che mi guardasse, e vedesse-»

Vedesse cosa? Uno spirito, un Nano mezzo cresciuto alto a malapena come la sua vita?

, pensò Frerin, anche quello mi basterebbe. «Desidero parlarle» ripeté, e Mahal annuì.

«Sarà fatto. Prego ciò non sia vano, né ti causi grande dolore»


La luce stellare liberò Frerin nel mondo dei viventi, solo e senza compagni. Il silenzio esausto di Meduseld era rotto solo dal russare di suo cugino e Frerin sorrise al suono familiare. La sua Dama – Éowyn, si corresse rapidamente, perché lei non era la sua Dama, né mai lo sarebbe stata – non era in questa sala, fra i compagni addormentati.

Dei passi inaspettati catturarono la sua attenzione e lui guardò Aragorn che si muoveva fra loro verso la porta della sala. Frerin lo seguì e vide Éowyn su un divanetto vicino al fuoco morente. Era stretta su se stessa per difendersi dal freddo della notte e, senza nessuno dei suoi parenti attorno per rimproverarlo, Frerin si permise un piccolo sbuffo frustrato.

«Vorrei poterti riscaldare» disse, in piedi dietro al divanetto, notando a malapena Aragorn che raccoglieva un pezzo di legna dal fuoco e lo faceva divampare nuovamente, ma le sue dita si strinsero e passarono attraverso il tessuto quando Aragorn si mosse per sistemare le pellicce attorno alla forma sottile di Éowyn.

Lei si mosse, parzialmente svegliata dai suoi sogni, e per un momento Frerin temette che si destasse, che si trovasse troppo sveglia per tornare a dormire. «Che ora è?» mormorò mentre Aragorn sistemava la pelliccia bianca sulla sua spalla.

«Non è ancora l'alba» sussurrò Aragorn, lisciando la pelliccia. Le unghie di Frerin quasi gli tagliarono i palmi delle mani.

«Vai via» disse irritato, poi rimase in silenzio ad occhi sbarrati quando Éowyn si allungò e gli prese la mano, i suoi occhi larghi e fissi sul nulla. «

«In sogno ho visto un'onda immensa» sussurrò «che invadeva terreni e sovrastava le colline» I suoi respiri erano rapidi mentre lei riviveva il sogno nella sua mente. «Io mi trovavo sul bordo. L'oscurità era totale nell'abisso davanti ai miei piedi» Preoccupato, Aragorn si sedette accanto a lei, e a Frerin quasi faceva male il desiderio di essere lui a tenere quella mano.

«Mahal mi salvi, non avevi torto quando parlavi di dolore» disse piano, a nessuno.

Éowyn continuò, alzando lo sguardo in confusione, una paura nella sua voce che non avrebbe dovuto essere lì. «Una luce splendeva dietro di me, ma non riuscivo a voltarmi. Potevo solo stare lì, in attesa» sussurrò, una lacrima che cadeva lungo la sua guancia. Anche se sapeva che sarebbe stato inutile, Frerin allungò una mano come per asciugarla, passando le dita fra la goccia tremante, guardandola svanire nel tessuto sotto la testa di lei.

«La notte cambia molti pensieri» disse Aragorn, dolce e sicuro «Dormi, Éowyn. Dormi» e il respiro di lei rallentò mentre lei chiudeva gli occhi, come se la voce di lui fosse un incantesimo. Frerin guardò Éowyn che si sistemava la mano di Aragorn sotto la guancia, guardò Aragorn che dolcemente la toglieva dalla presa di lei. «Finché puoi» aggiunse, poggiando la propria mano su quella di lei per un momento prima di tirarsi in piedi e uscire dalla sala verso nell'aria fredda per raggiungere l'Elfo.

Come ordinato, Éowyn dormì, e poi aprì nuovamente gli occhi, ma quando si sedette, Frerin vide che si muoveva nel modo lento di uno che cammina in un sogno. Lui deglutì per il nervosismo – cosa avrebbe veduto? L'avrebbe veduto? Ci sarebbe stata una luce confusa nei suoi occhi quando l'avesse guardato? Ne sarebbe stata felice? - e si schiarì la gola.

Quando lei lo guardò, guardò davvero lui per la prima volta, lui dimenticò ogni parola che conosceva di Ovestron e poté solo rimanere a bocca aperta e nascondere il suo rossore.

Lei lo guardò come se stesse cercando di ricordare chi fosse, e poi sorrise. «Non penso di conoscervi» disse, e le sue parole spezzarono le catene che lo tenevano in silenzio.

«Voi non conoscete me, ma io conosco voi» disse, cercando in vano di reprimere il desiderio nella sua voce «Vi ho osservata sin da quando il mio congiunto giunse ad Edoras, e ora mi è stato permesso di parlarvi, solo una volta, per grazia del mio Creatore e del grande parente del mio Creatore, e io- io trovo che non riesco» Le sue dita giocarono con un filo del divanetto prima che si rendesse conto che lo stava toccando, stava toccando qualcosa del mondo vivente, in qualche modo più unito ad esso in questo sogno di Éowyn di quanto non lo fosse mai stato in tutti gli anni dopo la sua morte. Le sue dita toccarono il cuscino curiosamente e per un momento quasi si dimenticò il suo scopo.

«Non potete?» la voce di Éowyn riportò gli occhi di lui al suo volto curioso e amabile «Ma voi state parlando con me, non è così, mastro Nano?»

«Frerin» disse lui automaticamente, poi abbassò le mani dal cuscino e la salutò educatamente «Frerin Thráinul, della Linea di Durin, al vostro servizio, mia signora.»

«Frerin» ripeté lei, sedendosi e girandosi verso di lui. Lui notò che le coperte sopra di lei non si mossero. «Venite da me per un motivo, allora.»

«Sì» Finite le formalità, le sue dita si strinsero davanti a sé, e lui si sentì sia antico che giovane al tempo stesso «Un motivo egoista. E uno, mi è stato detto, che voi non ricorderete da sveglia.»

Inaspettatamente, la risata di lei riempì la sala. «Allora perché temete tanto?» chiese, alzando una mano bianca per appoggiarla sulle dita di lui. Lui rimase immobile, poi quasi timidamente aprì le sue mani per lasciare che quella di lei restasse sui suoi palmi. Erano piccoli, come lo era tutto di lui, ma erano solide mani Durin in proporzione, con le dita robuste e forti, callose ormai per il suo lavoro nelle Sale di Mahal come mai lo erano state in vita. La sua mano era su di esse come una colomba che avrebbe potuto prendere il volo da un momento all'altro; lui non osava muoverle.

«Tutti devono temere quando il loro cuore diviene tanto grande» sussurrò, abbassando gli occhi «È vero che voi non potete conoscere molto dei Nani e dei nostri costumi, ma voi non ricorderete, e nessuno è qui per sgridarmi per condividere i nostri segreti, quindi posso dirvelo. Mahal ci ha creati per avere un amore destinato, il nostro Uno, ed è in genere un Nano ma non sempre, apparentemente, e io non trovai mai il mio in vita, sono morto troppo giovane, ma-»

Le mani di Éowyn si chiusero attorno alle sue. «Pace, amico mio, pace» disse, sorridendo «Parlate come se uno di noi potesse sparire.»

«Non si sa mai» disse lui, guardandola di nuovo «Voi potreste svegliarvi. Non mi vedrete mai più quando lo farete, mi è stato detto.»

«”Mai” è una parola troppo grande perché sia vera» disse lei e gli strinse le mani in rassicurazione «Ora, cos'è che dovete dirmi così in fretta?»

Frerin la fissò, quasi ubriacandosi della dolcezza negli occhi di lei. Ne aveva visto un assaggio, quando lei si era presa cura dei bambini, quando era stata il capo della sua gente, ma ora ne era avvolto e lui sarebbe voluto morire di nuovo in essa. Osandosi muovere ancora, osando qualsiasi cosa in questa possibilità donatagli per essere davvero presente in questo mondo dei sogni, alzò le proprie mani e posò su quelle di lei il più leggero dei baci. «Sei tu» disse «Tu sei la mia Uno. Duecentoventi anni troppo tardi» aggiunse con un sorriso amaro.

Le sopracciglia di lei si aggrottarono, ma lei non si ritrasse quando lui alzò una mano e lisciò le rughe che si erano formate. «Come può essere?»

«Non so come funzioni» disse Frerin distrattamente, ora occupato a farsi girare una ciocca di capelli biondi attorno al dito «Lo è e basta. Lo capii quando ti vidi in piedi sulle mura, dritta come una bandiera, disse Ori, e aveva ragione» Si sentiva leggero, senza peso, a malapena capace di dire se i suoi stivali erano ancora sul terreno, non che gliene importasse.

La risata di lei catturò la sua attenzione. «Duecentoventi anni? Non puoi essere tanto vecchio» disse mentre i suoi occhi correvano sul volto di lui, giovanile anche per qualcuno che non fosse un Nano.

«Ancora più vecchio» disse lui, ritraendo le mani «Sono morto ad Azanulbizar. Avevo quarantotto anni. Eh, eh, non sono del tutto sicuro che età sia nei vostri anni» Lui sospirò pesantemente e si sedette sul divanetto, i piedi che dondolavano sopra il pavimento «Troppo giovane» aggiunse, odiando l'amarezza, incapace di evitarla «Troppo giovane, e troppo vecchio per te se fossi vissuto. Duecentosessantotto anni, avrei, e sarei un principe di Erebor-»

«Frerin. Pace, amico mio» Le dita di lei si posarono sulle sue mentre esse stringevano le pellicce morbide «Non perderti in un ricordo oscuro, se hai poco tempo quanto dici.»

Lui fissò la mano di lei, e poi voltò la propria e intrecciò le loro dita. «Vorrei poterti aiutare» disse «Non capisco perché non puoi combattere. Ti ho vista, sei una grande guerriera, dovresti combattere! Non è giusto che tu debba fare questo, rimanere indietro!»

La risata di lei lo avvolse nuovamente e lui vi affondò dentro, sentendo la tensione dei suoi ricordi che si allentava e lo rilasciava. «Vorrei che tu potessi combattere con me» disse lei, sorridendogli «Vedo che la tua ferocia sfiderebbe anche un esercito di Orchi.»

«Sacrificherei di nuovo la mia vita per te» disse lui onestamente, guardandola con un'espressione completamente persa. Era sicuro di sembrare abbastanza sdolcinato per essere preso in giro per decenni, ma la mano di lei era morbida e delicata e forte e callosa per l'allenamento con la spada e a lui non importava.

Éowyn si mosse per appoggiare il suo mento sulla testa di lui. «Il dono più grande che può essere fatto» disse «e ne sono onorata, ma preferirei che tu rimanessi al mio fianco rispetto che vederti perduto nuovamente, Frerin.»

Rimasero in silenzio mentre l'alba lentamente lavava via la notte tenebrosa. Frerin tenne gli occhi chiusi, avvolto nell'odore dolce, nel calore e nella dolcezza di lei. Io ricorderò, pensò fieramente. Io ricorderò per entrambi noi, anche se tu non potrai, mia nârinh Kharub-bâhinh, mia Dama, mia Uno.

Quando i raggi del sole entrarono silenziosamente per poggiarsi sull'alto soffitto, Frerin si risvegliò improvvisamente. Quanto tempo rimaneva? Era quasi finito. Saltò in piedi, stringendo la mano di lei. Così, con lei seduta sul basso divanetto, loro erano quasi alla stessa altezza. «Combatti» disse, premendo il dorso della mano di lei contro la propria guancia barbuta « Nârinh Kharub-bâhinh, Éowyn, mia Dama, mia Uno, combatti» Lei parve sorpresa ma non si ritrasse né parlò, e lui continuò, basso e rapido: «Troverai un modo, so che lo farai. Io mi fido di te. Ti vedrò cavalcare in battaglia.»

«Tu non sei la creazione di un sogno» disse lei lentamente, alzando l'altra sua mano per accarezzargli la guancia «Io non conosco parole simili in veglia, per poterle udire in un sogno.»

Lui seguì il suo toccò ma obbligò i suoi occhi a rimanere aperti, fissi su di lei. «Io sono Frerin figlio di Thráin» disse, e anche se sapeva che il suo nome oscuro non avrebbe avuto significato per lei, sussurrò: «Io sono Abkundûrzud, il Sole Crescente, e tu possiedi il mio cuore come possiedi il mio nome oscuro. Io ti guarderò per sempre, mia Sanlavaminh, mia perfetta dama bianca.»

Poi, incosciente per i raggi del sole che lentamente si abbassavano, scandendo il tempo che gli rimaneva con lei, lui si sporse e la baciò, e quasi si sciolse quando sentì le labbra di lei muoversi per unirsi più fermamente alle sue. Avvolse un ultima volta i capelli di lei attorno alle sue dita, e poi si tirò indietro – dopo secondi, dopo secoli – per premere la sua fronte contro quella di lei, senza parole.

«Frerin» il suo nome lo raggiunse come se da lontano «Frerin» le sue dita non stringevano nulla ora «Frerin» sussurrò lei nel sonno quando i suoi occhi si aprivano alla luce di un nuovo giorno.

Frerin si inginocchiò accanto al divanetto, guardandola, guardando gli occhi di lei che gli passavano sopra senza vederlo. Lui si baciò le punte delle dita e le premette contro la guancia di lei, senza sorprendersi quando non toccarono ma passarono attraverso. Si spinse in piedi quando lei si sedette, confusa. «Ho perduto qualcosa stanotte» sussurrò, le sue dita toccarono la propria fronte, le labbra, un pugno premuto contro il proprio petto. La luce del sole ora copriva il pavimento e lei si voltò verso il calore. «Il sole crescente» disse piano, e non seppe perché sorrideva.

«Sanlavaminh» Frerin la salutò, e poi si voltò contro il peso del suo cuore, sia più pieno che più vuoto ora, e nuotò nella luce stellare del Gimlîn-zâram.

FINE

Note

Irmo – Anche detto Lórien, anche se esso è in realtà il nome del suo dominio, Irmo è il Vala dei Sogni, e fratello di Namo, che fa guardia ai morti delle Aule di Mandos.

Olórë Mallë – Il Sentiero dei Sogni. Irmo creò una strada che connette la Terra di Mezzo a Valinor nei sogni. Nel sonno, gli Eldar sono guidati lungo il sentiero da Irmo verso i Giardini di Lórien in Aman per riposarsi e rinfrescarsi, motivo per cui Legolas è visto dormire ma ha ancora percezione di ciò che lo circonda. I mortali a volte possono trovare il Sentiero dei Sogni e avranno visioni di Lórien che dimenticheranno da svegli.

Il dialogo fra Aragorn ed Éowyn è stato preso dalla scena Il Sogno di Éowyn nel Ritorno del Re di Jackson.

   
 
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