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Autore: linguadigatto    03/04/2016    1 recensioni
Dopo la morte Padmé trova la pace, ma qualcuno ha tutte le intenzioni di disturbarla.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anakin Skywalker/Darth Vader, Obi-Wan Kenobi, Padmè Amidala
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Richiamo

 

I dirittti di Star Wars appartengono alla Lucasfilm, alla Disney e a chiunque altro li detenga. Ho scritto questa storia soltanto per diletto e per esercizio.




Il dolore che fino a poco prima l'aveva avvolta come un furioso incendio estivo stava retrocedendo gradatamente, pulsava sempre più distante da lei. Si sforzò di guardare, attraverso la crescente foschia che le appannava la vista, la neonata inquieta tra le braccia di Obi-Wan.

 

Aveva fantasticato a lungo su quel momento, prima di addormentarsi o durante i lunghi ed un po' tediosi cambi d'abito che l'etichetta le imponeva, ma non avrebbe mai potuto immaginare che si sarebbe infine verificato sotto le crudeli luci bianche di una gelida stanza spoglia, celata in chissà quale oscuro pianeta, mentre in ogni dove Palpatine allungava la sua mano, portando a termine il proprio piano e stringendo la galassia nella morsa della dittatura. Per i gemelli che tanto aveva atteso, fremendo dalla curiosità di conoscerne i volti, avrebbe voluto predisporre un'accoglienza calorosa a Varykino, nella pigra quiete del lago alla cui vista aveva legato molti dolci ricordi.

Anakin sarebbe arrivato il prima possibile, lo sapeva, di ritorno da una delle sue tante pericolose missioni al fronte, saltando giù dalla sua astronave con grandi, rapide falcate, i capelli sfolgoranti sotto la luce calda del sole. Subito le comparve limpidamente davanti agli occhi il sorriso radioso con cui l'avrebbe salutata, ed ebbe l'impressione di percepire il bacio che avrebbero scambiato, il primo da genitori. Avrebbero affrontato insieme tutte le difficoltà che sarebbero venute.

 

La sofferenza che la fatica del parto aveva messo in secondo piano le piombò addosso con violenza: si sentì soffocare, come se una terribile e misteriosa potenza premesse impietosamente sulla sua gola con forza sempre maggiore. Non avrebbe desiderato altro che dimenticare ciò che aveva vissuto su Mustafar, l'uomo che aveva amato tanto da sfidare dogmi e convenzioni declamarle un folle piano di conquista con voce innocente e sguardo trasognato, incapace di comprendere quanto fosse assurdo e spaventoso ciò che le chiedeva, per poi accusarla di tradimento e scagliarsi contro di lei con una furia brutale che le aveva fatto provare un terrore e una tristezza di dimensioni tali da portarla a dubitare che il suo cuore fosse in grado di contenerle. Aveva accettato di compiere azioni ripugnanti pur di salvarla, e non aveva ottenuto altro che distruzione. Perché lei non aveva avuto il coraggio di insistere durante i loro incontri fugaci? Come aveva potuto non indagare più a fondo dietro quegli occhi azzurri sempre più ombrosi e carichi di preoccupazioni? Anakin era caduto nella trappola del Cancelliere e lei non era stata in grado di evitarlo. Le parve che tutta l'aria all'interno della stanza non fosse sufficiente a permetterle di respirare agevolmente. Cercò di ingoiarla in lunghe sorsate profonde, combattendo contro la stanchezza che la stava sopraffacendo. Da qualche parte nello spazio, attorno a lei, un flebile vagito: chi era stato? Luke o Leia? Non era in grado di riconoscerli. Li aveva appena potuti sfiorare, pelle rosea e bollente contro le sue dita sempre più fredde. Rimpianse di non avere la forza per tenerli in braccio almeno una volta.

 

La consapevolezza della fine le crollò addosso come un scroscio violento di pioggia: non avrebbe mai più atteso l'arrivo del piccolo caccia Jedi che aveva imparato a riconoscere dallo stile di guida nel traffico, non sarebbe più accorsa verso suo marito, lui non l'avrebbe mai più abbracciata stretta, sollevandola da terra. Non ci sarebbe stato un altro tramonto osservato insieme dalle grandi vetrate del suo lussuoso appartamento di Coruscant. Sarebbe morta qui, lontana da lui, e i loro figli non avrebbero mai conosciuto né i volti né le voci dei loro genitori, avrebbero dovuto imparare a vivere in una galassia spaventosa e cupa senza la loro guida. Sentì una lacrima scivolare lungo l'angolo esterno dell'occhio sinistro; il suo campo visivo si era ridotto a una striscia di soffitto. Non riuscì a trovare, dentro di sé, il coraggio di ammettere a se stessa che i suoi bambini sarebbero rimasti orfani perché lei, la determinata senatrice di Naboo, una delle più giovani regine che il sistema avesse avuto nella sua lunga storia, che aveva tenacemente portato avanti tante complicate battaglie diplomatiche, aveva perso la voglia di vivere. La rovente vergogna che provò in quel momento andò a sommarsi alla tristezza ed alla paura; sebbene il suo corpo non avesse più l'energia per agitarsi, il suo spirito era in subbuglio. Il dolore tornò a tormentarla come tanti spilli appuntiti, ma finì sorprendentemente presto, sopraffatto da un denso velo di serenità che la avvolse delicatamente, riportando la calma nella sua mente: l'ultimo dono di un vecchio amico. Sperò che il maestro Jedi al suo fianco percepisse la sua gratitudine.

 

Non avrebbe saputo indicare con precisione il momento in cui la realtà di fronte ai suoi occhi sfiniti si trasformò in ombra indistinta; seppe solo che, tutto a un tratto, le forme, i contorni e le luci attorno a lei si facevano via via sempre più evanescenti. Venne presa dall'improvvisa urgenza di parlare, ben cosciente che dopo di allora non l'avrebbe fatto mai più. Il concetto le giunse alla mente con una chiarezza che aveva qualcosa di soprannaturale. C'era ancora del buono in Anakin, e non era soltanto una speranza, era una certezza. Avrebbe voluto cercare gli occhi di Obi-Wan nella materia confusa che le ondeggiava di fronte, fissarlo sperando che il suo sguardo potesse più di un farfugliato bisbiglio, ma pensò, con pragmatismo disperato, che sarebbe stato uno sforzo inutile. Concentrò tutte le sue energie sulle semplici parole che avrebbero avuto il compito di comporre il suo pensiero; non fu una sorpresa rendersi conto che non sentiva la sua stessa voce, si aggrappò ad ogni sillaba con tutta l'energia che aveva in corpo, affidandosi alla memoria per pronunciarle, sentendo il fiato che le scivolava via dalla bocca senza che lei potesse fare alcuna resistenza. Lo sforzo la consumò del tutto, istintivamente percepì che non si trovava più nella stessa stanza, ma in un luogo che non era in grado di identificare.

 

Il mantello di pace che il maestro Jedi aveva posto su di lei l'aveva accompagnata ancora per qualche istante, risparmiandole, forse, il primo impatto con la nuova dimensione, ma aveva ormai iniziato a disgregarsi velocemente, rimasto impigliato nelle maglie di una rete attraverso la quale lei era passata senza problemi. Provò nuovamente paura, sebbene, in realtà, sembrasse più un riflesso inconscio che un sentimento reale. Stava galleggiando senza peso in un grande spazio vuoto, del quale non riusciva neppure ad intuire i confini, e che le ricordava il grande lago della sua infanzia, dove era solita nuotare con le sue compagne, spesso limitandosi a lasciarsi trasportare dalla corrente, ascoltando il canto degli ulottoli nascosti nelle fronde del bosco circostante. Non sentiva più il suo respiro, notò, e perciò le era difficile quantificare il tempo che passava.

 

Iniziò a rilassarsi, cullata dal lento ondeggiare senza fine dell'oceano in cui era sospesa, colpita solo ogni tanto dal pigro colpetto di una corrente sconosciuta. La sua coscienza si stava sgretolando lentamente, pezzo a pezzo, come un sasso che lentamente viene levigato dalla risacca. Dimenticò la paura, il dolore, la tristezza; le passate preoccupazioni si allontanarono sempre di più. Con un fremito di felicità salutò il suo nome, la memoria del suo corpo, le più forti emozioni che aveva provato nella sua breve vita. Frammenti microscopici di quella che era stata Padmé Naberrie si dispersero in ogni dove, collegati soltanto da un filo fragile e sottile, mentre lei dormiva il sonno più soddisfacente che avesse mai sperimentato.

 

A lungo regnò una pace quasi del tutto imperturbabile; ogni tanto qualcosa si scuoteva violentemente, agitando flutti in tutte le direzioni, ma si trattava soltanto di un breve istante, presto dimenticato, che la sua mente polverizzata registrava inconsciamente oppure non rilevava affatto; la furia impetuosa di una tempesta sconvolse il grande oceano immateriale solo una manciata di volte, e se fosse stata in grado di risvegliare la sua mente appena un poco di più avrebbe forse provato interesse a cercare di comprendere la ragione del fenomeno. La notte serena che stava attraversando era senza dubbio più attraente di qualunque cataclisma, rappresentava la realizzazione del più impossibile desiderio, una pace imperturbabile impossibile da ottenere in vita. Dimentica di tutto, vagava senza meta nella certezza che nessun dolore l'avrebbe mai più sconvolta, assalendola dal passato o dal futuro.

 

Si manifestò, all'improvviso, uno strano fastidio: sembrava che qualcuno stesse tendendo i fili che tenevano mollemente insieme la sua coscienza, spingendoli uno contro l'altro, tentando di riavvicinarli. Venne travolta da un istintivo terrore e la forza, come se avesse percepito il suo sentimento, lasciò la presa e scomparve. La sua mente si dibatteva confusamente tra le miriadi di pensieri che la affollavano, confusa e spaesata dopo il brusco risveglio. Per un po' provò a trovare una spiegazione all'accaduto, ma presto il sonno si impossessò nuovamente di lei, riportando la pace. Con un leggero senso di fastidio si accorse che la memoria del misterioso evento non accennava a scomparire: permaneva inamovibile come un sasso gettato nel fondo di una pozzanghera. Non se ne preoccupò eccessivamente, credendo che sarebbe comunque sbiadita presto.

 

Non passò molto prima che la misteriosa energia tornasse a disturbarla: anche quella volta la sua paura la respinse lontano. Tutte le infinitesimali particelle che la componevano erano però in subbuglio, i legami che le tenevano unite tremolavano velocemente come scossi dal vento, rendendola molto più consapevole della loro esistenza. I confini del suo essere erano più nitidi, percepiva il mondo attorno a lei con maggiore chiarezza. La fastidiosa esperienza continuò a ripetersi con frequenza, tanto che iniziò a presentire il suo inizio; tuttavia, si fece via via sempre più breve, come se il suo timore fosse in grado di spaventare chiunque stesse esercitando quel misterioso potere su di lei. Qualcosa le parlò dal profondo, sussurrò un nome a lungo scordato, ma cercò in ogni modo di soffocarlo con altri pensieri.

 

I continui stimoli avevano fatto sì che, suo malgrado, prendesse sempre maggiore coscienza dei confini del suo esistere e delle sue capacità; scoprì che era in grado di opporre resistenza ai tentativi di strapparla alla sua calma. Era giunta infatti alla conclusione che questo era lo scopo del misterioso potere, e aveva inoltre appurato che, più del terrore, la rabbia sembrava in grado di dissuaderlo dal suo intento in maniera apparentemente duratura. Gli scontri si fecero sempre più radi, più brevi, meno aggressivi, fino a ridursi a lievi spinte simili piuttosto a carezze, che respinse ugualmente per evitare recrudescenze. Si convinse che con il tempo tutto sarebbe tornato come prima, avrebbe riacquistato la beatitudine che solo il sonno sembrava in grado di donarle. Le immagini e le voci che agitavano il suo animo si sarebbero disperse senza lasciare traccia.

 

Le sue speranze si rivelarono vane, però, perché nuovamente si sentì strattonare da una forza invisibile: stavolta, tuttavia, c'era qualcosa di diverso, perché essa non retrocedeva di fronte alle sue ondate di rabbia e alla sua montante paura, ma continuava imperterrita la sua opera, meno impetuosa di prima ma più determinata che mai a portare a termine la sua operazione. Combatté con tutte le sue forze, non smise per un attimo di resistere, se avesse potuto avrebbe implorato di essere lasciata in pace: nulla valeva a fermare quella spinta, che pure se per un attimo allentava la presa, come a riprendere fiato, non la lasciava andare mai del tutto. I lievi legamenti che fino a quel momento l'avevano tenuta insieme si inspessirono, collassarono uno sull'altro rinsaldandosi; sentì la propria coscienza tornare come se non se ne fosse mai andata davvero, con tutto il suo carico di preoccupazioni e dolore. Il terrore che provava soffocava la frustrazione, era terribile riscoprire la propria esistenza di colpo, rammentare una vita passata che forse non avrebbe mai voluto ricordare davvero, sentire di nuovo tante turbinose emozioni sconvolgerla nel profondo. Riacquistò una qualche specie di forma fisica: se ne accorse quando, senza pensarci, si strinse nelle braccia. I lunghi boccoli bruni ai quali aveva dedicato tante cure in vita le pendevano sulle spalle come se non fosse passato un giorno dalla sua morte; non avrebbe saputo indovinare, invece, da dove arrivasse il lungo abito rosato, quasi bianco, che indossava. Per un attimo ne studiò i ricami, un riflesso della sua lunga convivenza con preziosi tessuti elaborati.

 

Sussultò: l'energia che la stava trattenendo in quella forma le pulsava attorno dimessamente, un'emissione controllata alla perfezione, ma qualcosa nelle sue vibrazioni le diceva che il centro da cui proveniva si stava gradatamente avvicinando. Rimase immobile a scrutare l'orizzonte, attendendo, perché non c'era null'altro che potesse fare. Gli eventi passati avevano dimostrato come il tentare di fuggire o liberarsi non producesse alcun effetto: poteva soltanto affrontare quello che si sarebbe trovata davanti. Cercò di riprendere velocemente confidenza con se stessa, di ricomporre i percorsi abituali della sua mente, di richiamare tutta la sua istruzione diplomatica; soppresse i propri sentimenti tra la paura e la vergogna, allontanandoli come una bestia troppo selvaggia per essere domata. Per la prima volta si concentrò davvero su quello che aveva attorno: il paesaggio, un bosco verde e rigoglioso, sembrava nascere dal suo sguardo, tanto che più si soffermava su qualcosa, più essa sembrava arricchirsi di dettagli. Tra i tronchi degli alberi vi era un piccolo vialetto di terra battuta del quale non riusciva a vedere la fine. Si accorse che su di esso avanzava a grandi e lenti passi una figura avvolta interamente in un ampio mantello marrone. La osservò corrugando le sopracciglia: le era insieme familiare ed estranea, come un oggetto a lungo dimenticato sul fondo di un cassetto. Era davvero un'altra persona oppure si trattava soltanto di un'illusione creata dalla sua mente? Attese immobile ed in silenzio che la distanza tra loro venisse colmata.

 

Quando ormai pochi passi rimanevano a separare lei e l'essere avvolto nel mantello, due mani maschili spuntarono dalle maniche e si alzarono a sollevare il cappuccio. Obi-Wan le sorrise gentilmente da sotto la barba bionda, chinando leggermente la testa in segno di saluto. Si fermò ad un certa distanza, osservando discretamente le sue reazioni; Padmé apprezzò molto il gesto. Si sentiva profondamente scossa: sembrava non essere passato un giorno dal loro ultimo incontro, ma qualcosa le mormorava che invece ne erano passati molti. Scrutò il volto del maestro Jedi con attenzione, scorrendo ogni piccolo dettaglio. Era davvero lui? Era possibile tutto ciò? Gli occhi del maestro Jedi ricambiavano pacati il suo sguardo indagatore, e più intensamente vi si soffermava, più si sentiva invadere da una calma serafica che allontanava le sue tribolazioni: proprio questo la convinse di trovarsi davvero di fronte l'uomo arguto e il combattente valoroso che aveva spesso incontrato sul suo cammino. Gli si avvicinò a piccoli passi insicuri, saggiando la sua capacità di muoversi in quello spazio. Scoprì che era molto più semplice di quel che credeva. La distanza tra loro era ormai piuttosto ridotta, ed ebbe così modo di vedere ogni piccolo particolare del volto e dei vestiti dell'uomo: era esattamente come lo ricordava. Obi-Wan la guardò illuminandosi di una gioia lieve, e le parlò con la sua voce garbata.

 

«Bentrovata, Padmé. Mi rincresce molto di averti disturbato e spaventato, ma ho ritenuto necessario tentare di risvegliare la tua coscienza prima che qualcun altro ci riuscisse.»

 

Una dolorosa stretta al cuore le rubò il fiato: non c'era bisogno che il maestro esplicitasse chi era la persona che la stava cercando. L'aveva saputo, pur rifiutandosi di accettarlo, fin dal primo momento. Lo sguardo di Padmé vagò agitato tra i rami, sul terreno e sui vestiti del suo interlocutore.

 

«Anakin desidera ardentemente incontrarti», disse Obi-Wan, la voce esitante in una strana maniera. Padmè faticò a comprendere le sue parole, paralizzata da quel nome che le sembrava di non sentir pronunciare da tempo immemore. «Tuttavia» proseguì lui, parlando come se stesse superando un grande ostacolo, «non ha finora trovato il coraggio di richiamarti contro la tua volontà, ignorando la tua paura; ma credo che tu sia già al corrente di questo».

 

Padmé annuì, stordita. L'eco della forza impetuosa che per prima l'aveva travolta le passò fulmineo nella mente. Obi-Wan abbassò gli occhi comprensivo.

 

«È molto cambiato, Padmé, e si è profondamente pentito di quello che ha fatto. Ne porterà le conseguenze per sempre. Non so se speri in un tuo perdono, ma l'amore che prova per te non si è mai sopito, di questo sono certo. È del tutto comprensibile che tu non voglia incontrarlo mai più, e puoi star certa che, se così vorrai, non gli dirò del nostro incontro e lascerò che tu ti dissolva nuovamente nella Forza. Non posso garantirti, però, che lui non cerchi mai più di chiamarti a sé. Forse il tuo terrore e la tua rabbia continueranno a ferirlo, ma conoscendolo dubito che lo faranno mai desistere del tutto. Probabilmente prima o poi dovrai rivederlo. È per questo che ho deciso di precederlo: perché tu potessi riflettere sulla situazione e decidere come comportarti.»

 

Padmé lo squadrò turbata, rimuginando sulle sue parole. Iniziò a ragionare, tra sé e sé: dunque tutti loro erano morti. Cosa era successo da quando lei se n'era andata? In che modo Anakin era cambiato? Di quali conseguenze parlava Obi-Wan? L'ultima volta che li aveva visti insieme maestro ed allievo si erano trovati l'uno contro l'altro, a pochi attimi da un terribile scontro, nel mezzo di una galassia in pieno tumulto. La frenesia di quei giorni non le aveva lasciato che scarsi e vaghi ricordi. Respirò a fondo, saggiando la capienza dei suoi polmoni: doveva sapere.

 

«Obi-Wan» esordì, e gli occhi del maestro lanciarono un bagliore fissandosi sui suoi, prestando estrema attenzione alle sue parole, «ho bisogno che tu mi dica cosa è successo». Parlare era stato semplice e naturale, e ne fu sollevata. Subito dopo notò che il volto dell'uomo si era rabbuiato; sembrava molto più vecchio e stanco di quello che appariva.

 

«Se vuoi che prenda una decisione saggia, fa' sì che io abbia tutti gli strumenti per farlo» aggiunse, sperando di convincerlo. Obi-Wan chiuse gli occhi, e a Padmé sembrò divorato da un grande, silenzioso dolore. Quando infine li riaprì, raddrizzò il capo che aveva abbassato ed annuì lentamente, fissandola. «Andiamo» le disse, porgendole il braccio sinistro, e Padmé appoggiandovisi provò uno strano insieme di spaesamento e familiarità: si trattava di un contatto fisico per molti aspetti simile a tanti che aveva avuto modo di sperimentare nella sua vita, ma c'era qualcosa di differente, di più profondo, come se l'essere slegati da un corpo fisico permettesse una maggiore vicinanza emotiva.

 

Camminarono a lungo. Obi-Wan iniziò il suo racconto a partire dalle cupe giornate della fine della Repubblica, le ultime che Padmé aveva potuto vivere. Solo allora si rese conto davvero della reale entità dei crimini dell'uomo che aveva amato, e di quanto in quei momenti ormai lontani avesse cercato in ogni modo di considerarli soltanto come dicerie malvagie, menzogne atterrate per qualche ragione sulla bocca del maestro Jedi che più di tutti aveva stimato nel corso degli anni. Era tutto vero: la desolazione, lo sconforto e l'orrore che avevano colpito l'uomo accanto a lei di fronte alle prove irrefutabili dello sterminio perpetrato da Anakin all'interno del tempio, un luogo sacro che era stato la sua casa per tanti anni, arrivavano a lei fluidamente, senza ostacoli. Nessun corpo materiale si frapponeva fra le emozioni e la loro ricezione: niente oscurava il raccapriccio provocato dalle morti ingiuste di numerose giovani creature. Eppure, per quanto orribile fosse tutto ciò, non era altro che l'inizio di una lunghissima notte durata decenni. Le sembrava impossibile riuscire ad associare alla figura di suo marito tutte le malefatte e le distruzioni compiute da Darth Vader; era qualcosa che andava al di là della sua comprensione. Ciononostante, non c'era modo di difendersi dalla realtà dei fatti: Anakin aveva compiuto azioni spaventose probabilmente convinto della loro giustezza. Non aveva esitato a scagliarsi contro il proprio vecchio maestro; era arrivato persino a combattere il suo stesso figlio, e solo la fortuna, forse, aveva evitato per la loro figlia una sorte peggiore. Anche la sofferenza che l'avvolgeva nel constatare come per Luke e Leia non fosse in grado di provare nient'altro che un'affezione primordiale era stata causata, a ben vedere, dalle azioni scellerate compiute dal loro padre. Non le era stato concesso il tempo per diventare una madre amorevole, per affezionarsi ai suoi bambini in quanto individui e non concetti astratti. Le apparivano come ombre lontane solo debolmente legate a lei, e il pensiero che avrebbero potuto – anzi, dovuto – essere tanto di più la faceva quasi impazzire.

 

Perse presto il conto degli assassinii, delle violenze, delle torture, degli inganni: ogni passo la portava sempre più a fondo nell'abisso. L'insperata redenzione finale la colse di sorpresa, ma non riuscì a cancellare tutta l'oscurità che l'aveva preceduta. Certo, Anakin infine aveva eliminato Palpatine e servito un severo colpo alle gerarchie imperiali, ma quel singolo atto non poteva disfare quello che era stato compiuto in precedenza, non poteva rimuovere per sempre dalla mente e dal cuore l'immagine del mostro che suo marito, in quei venti e più anni, era diventato. Padmé si sedette su un tronco d'albero caduto, cercando invano di mettere ordine nel turbinare dei suoi pensieri. Obi-Wan rimase in silenzio accanto a lei, e per lungo tempo nessuno dei due trovò la forza di dire qualcosa, come se entrambi fossero stati avvolti da uno spesso strato di ghiaccio. Aveva bisogno di tempo, non per tentare di arrivare ad una comprensione che intuiva impossibile, ma per accettare. Dopo, forse, avrebbe iniziato ad avere le idee un po' più chiare sul da farsi.

 

«Ti ringrazio» sospirò Padmé, infine. «Ora voglio restare un po' da sola, se possibile. Come potremo incontrarci di nuovo?»

 

Il maestro Jedi annuì. «Ti insegnerò a mantenere unita la tua coscienza, e ti spiegherò come chiamarmi a te.»

 

Padmé lo guardò un po' dubbiosa. «Sei sicuro che sia in grado di farlo?»

 

«Ritengo di sì» rispose lui. «È mia opinione che nella dimensione in cui ci troviamo queste non siano abilità legate ad una più o meno spiccata sensibilità alla Forza. Sarebbe diverso, ovviamente, se tu desiderassi oltrepassare il confine e manifestarti ad un essere vivente, o indugiare in altre simili attività: tali conoscenze non sono molto diffuse nemmeno tra i Jedi più abili e sapienti. Ora potremmo iniziare, sempre che tu sia d'accordo.»

 

Scoprì presto che Obi-Wan aveva ragione: eliminate tutte le interferenze e le distrazioni del mondo che aveva lasciato, abbandonata l'esistenza in un corpo materiale, concentrarsi esclusivamente sul proprio essere in quanto tale non era poi così complicato. In ogni caso, Padmé ebbe bisogno di un po' di esercizio per padroneggiare la tecnica, ed ebbe così modo di apprezzare una volta di più la pazienza e la gentilezza del maestro Jedi al suo fianco. Trovò un po' più complesso riuscire a comprendere come un pensiero ben direzionato e correttamente formato fosse in grado di richiamare qualcuno all'interno del grande mare di Forza in cui si trovavano, ma confidò che, nel momento in cui ne avesse avuto bisogno, si sarebbe rivelata un'azione molto più semplice in pratica di quel che appariva in teoria. Dopo di ciò, Obi-Wan si congedò da lei con un lieve inchino, promettendole che si sarebbero presto rivisti. Il cuore di Padmé si strinse mentre lo guardava allontanarsi: c'erano tante altre cose che avrebbe voluto chiedergli e di cui avrebbe voluto parlare, ma forse, si disse, non era quello il momento adatto, e probabilmente il saggio maestro lo sapeva meglio di lei. Per le confessioni e le discussioni amichevoli ci sarebbe stato tempo: ciò a cui doveva prestare la massima attenzione nell'attimo corrente era il problema che per primo l'aveva riportata ad assumere una forma unitaria.

 

Obi-Wan aveva detto che l'ambiente attorno a loro si concretizzava in forme visibili seguendo i loro ricordi e le loro emozioni: in effetti, alzando gli occhi, Padmé trovò di fronte a sé il suo preferito dei tanti, splendidi laghi di cui Naboo era provvisto. L'aria calma del meriggio accarezzava dolcemente le onde, e solo di rado qualche animale, probabilmente assopito all'ombra tra i rami degli alberi, gorgheggiava pigramente. In lontananza, cumuli di nuvole grigie strisciavano in cielo. Iniziò a camminare attorno alle rive del lago, senza fretta, immergendosi completamente nelle sue elucubrazioni. Non che ci fosse molto su cui riflettere, in realtà: Padmé nutriva soltanto la pia illusione che, in quella parentesi di solitudine, il boccone diventasse meno amaro, anche se dentro di sé sapeva benissimo che non c'era nulla in grado di addolcirlo. Tutto quello che avrebbe potuto fare era sperare di raccogliere le forze: sul fatto che avrebbe dovuto incontrare Anakin per porre fine a questa vicenda non aveva alcun dubbio, anche se non era certa che avrebbe avuto la forza di parlargli. Forse avrebbe semplicemente lasciato che le sue sensazioni parlassero per lei. Non c'era modo di cambiare il passato: sarebbe rimasto per sempre con loro, nel bene e nel male. Era convinta che la cosa migliore che avrebbero potuto fare sarebbe stato non incontrarsi mai più, perché non c'era più nulla da dire e da cambiare: solo l'oblio di una coscienza addormentata avrebbe dato ad entrambi una qualche forma di pace, e avrebbe forse lenito la sofferenza che attanagliava il suo cuore ogni volta che volgeva lo sguardo al suo passato.

 

Era difficile quantificare il tempo quando le ore non passavano e la stanchezza non si faceva sentire: Padmé compì più volte il giro del lago, apprezzando tutti i minuti dettagli, i sassolini levigati dall'acqua, un piccolo pesce guizzante sotto la superficie, i riflessi cangianti della luce. I cumuli di nuvole si erano frastagliati e distesi, un morbido tappeto più bianco che grigio. L'aria era ferma come se precedesse l'arrivo di una lieve pioggerella. Avrebbe potuto tentare di chiamare direttamente lo spirito di Anakin, ma preferì comunque cercare Obi-Wan: meglio non essere troppo precipitose, e dopotutto non essere sola di fronte ad una prova così complicata non avrebbe potuto che essere un vantaggio. I suoi primi tentativi andarono a vuoto, e, cercando di tenere a bada l'ansia che sentiva crescere dentro di sé, fece altre prove con maggiore concentrazione: percepì infine una piccola scossa, come se qualcuno, da qualche parte che non era in grado di identificare, avesse afferrato un lembo della sua mente. Scrutò con attenzione l'orizzonte e tra gli alberi vide apparire Obi-Wan, sempre avvolto nel suo mantello marrone. Lo salutò con un cenno della testa, che lui ricambiò. Appena fu abbastanza vicino, disse: «Ho deciso. Lo incontrerò.»

 

«Solo questa volta?» le chiese il maestro.

 

Padmé annuì in silenzio. Il doloroso groppo in gola che improvvisamente la attanagliava fu insieme inaspettato e naturale. «Puoi chiamarlo per me?»

 

Obi-Wan non replicò, ma distolse lo sguardo da lei e chiuse gli occhi, poi volse le spalle al lago e si allontanò di qualche passo dalla riva. Padmé lo seguì, fissando lo sguardo sul piccolo boschetto che circondava l'orizzonte. Si alzò il vento, e le nuvole presero a correre frenetiche in cielo. Padmé ragionò tra sé e sé che non avrebbe dovuto sentire il battito del suo cuore rombarle nelle orecchie. Respirò più forte e più velocemente. Una sagoma scura si stava facendo strada tra gli alberi, e non appena emerse sullo spiazzo erboso che circondava il lago si immobilizzò come spaventata. Era un uomo alto e avvolto in un mantello scuro, quasi nero: solo parte del viso era visibile, ma a Padmé bastò osservare la forma delle labbra. All'improvviso, però, il volto di Anakin subì una trasformazione. I suoi lineamenti furono come oscurati da una densa ombra nera, su cui spiccavano riflessi metallici. Padmé provò sincera paura mentre veniva trapassata da un'ondata di furia e dolore che sembrava tanto rovente da essere in grado di incendiate il praticello sotto i loro piedi. Durò tuttavia soltanto un'istante: appena il tempo di prendere coscienza della sua esistenza. Il vuoto che seguì le diede una strana sensazione di vertigine. Osservando l'impassibilità di Obi-Wan, credette sensato ritenere che si trattasse di un fenomeno che lui aveva già sperimentato più di una volta. Padmé rabbrividì; si fece strada, però, una nuova sensazione, delicata e quasi timorosa: era come se delle dita le stessero tastando il viso, in cerca di conferme. Dopo pochi attimi, anch'essa sparì. Si sentiva sconvolta ed impaurita. Come un germoglio che si stesse aprendo una via tra la cenere, nell'aria si propagò lentamente una desolazione profonda, un rimorso che non avrebbe potuto mai trovar pace. Anakin alzò di poco la testa, e così facendo permise che la luce gli illuminasse gli occhi: erano arrossati e pieni di lacrime, ed osservavano il suo viso con un misto di sorpresa ed angoscia. Con il petto cinto da una morsa che sembrava stringersi ad ogni respiro, Padmé sentì venir meno la poca risolutezza che era riuscita a raggranellare. Quei segni di pianto sulle guance che tante volte in passato aveva accarezzato e baciato non avrebbero potuto cancellare tutto l'orrore e il male che era venuto prima di loro; non avrebbero reso più facile il rapportarcisi. Parlavano di un terribile pentimento e di una redenzione sofferta, forse meno repentina di quella che si era figurata. Sussurravano che sotto quella cascata di odio era rimasto dell'affetto, della benevolenza e dell'amore che lottava tutt'ora per emergere. Non sarebbero mai tornati quelli di un tempo, le cicatrici erano troppo marcate per scomparire del tutto; tuttavia, con il giusto tempo e con molta pazienza, forse, avrebbero potuto trovare il modo di curarsi, di accettare insieme quello che era stato e trovare, magari, un modo per conviverci.

 

Padmé si avvicinò ad Anakin a piccoli passi.

   
 
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