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Autore: Emy Potter    03/04/2016    1 recensioni
Londra, 1862.
Nancy Phillips è una ragazza di venticinque anni dall'aspetto ingenuo e infantile, il quale è in netto contrasto con il suo passatempo preferito: rubare. Vivendo a Whitechapel, nella zona est di Londra, capita spesso di imbattersi in situazioni spiacevoli, ma questa volta assisterà ad un sanguinoso omicidio che la lascerà scossa.
E' a causa di questo che si ritroverà alla corte della regina Vittoria, la quale le chiederà di collaborare essendo stata testimone di un tale delitto. Sarà quindi compito di Nancy aiutare quelli che erano i suoi nemici per salvare vite innocenti, portandola anche a doversi allontanare dal suo amico di infanzia Thomas.
Ma quello che più la spaventa non è il rischio che corre, ma il poter perdere se stessa e quello che un tempo era. Sarà il destino a deciderlo, dopotutto, per lei, questo è solamente un altro gioco.
E' la mia prima storia originale, cercate di capirmi.
Spero vi piaccia!
Genere: Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Triangolo, Violenza
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Capitolo 5: la vedova di Windsor


Quando Nancy si svegliò, non riuscì a spiegarsi come mai non fosse più sul treno, ma bensì su un'altra carrozza. Che l'avessero portata in braccio? Sperava di no, anche se sembrava l'unica spiegazione possibile.
Per un momento si guardò attorno, la mente confusa che tentava di ricostruire gli eventi della giornata. Fuori era ancora buio, ma il sole cominciava ad alzarsi in lontananza, facendo risplendere il cielo di colori aranciati.
Quasi le venne da ridere quando quella stella le parve un enorme e succoso agrume. Sentì lo stomaco brontolare a quel pensiero, così si ricordò di non aver fatto cena la sera prima.
Il suo sguardo cadde sugli agenti nello stesso mezzo, entrambi addormentati.
Nancy colse la palla al balzo e cominciò ad avvicinare la mano nel borsellino del rosso. Le sue agili ed esperte mani non fecero alcun rumore, a malapena sfioravano il cuoio della borsa. Sorrise quando le sue dita incontrarono un oggetto dalla forma pienamente familiare. Lo afferrò e, con la stessa leggerezza con cui la mano era entrata, ora era uscita, anche se con un portafoglio serrato tra dita pallide e affusolate.
Lo nascose in tasca e si voltò, convinta di ritrovarsi davanti il volto ancora addormentato dell'altro poliziotto. Sussultò quando però incontrò i suoi occhi color ghiaccio, i quali la guardavano con un'espressione tra il freddo e il divertito.
"Vi piace davvero così tanto rubare?"
Nancy fece fatica a nascondere il rossore che si stava manifestando sulle sue guance. Non poté fare a meno di sentirsi imbarazzata e umiliata nell'essere stata colta il fragrante.
"Quello dovrebbe essere del mio collega" continuò tranquillo lui, allungando una mano per farsi restituire il portafoglio.
La ragazza sbuffò e riprese l'oggetto, posandoglielo svogliatamente sulle dita.
Rimasero per un attimo in silenzio, lei con un espressione che ricordava quella di una bambina a cui non volevano comprare un giocattolo, e lui soddisfatto di aver compiuto al suo dovere.
"Anderson Butler" disse lui dal nulla, catturando la sua attenzione.
"Scusate?"
"E' il mio nome" continuò l'uomo.
"Seriamente? Butler?" Nancy non poté nascondere un ghigno divertito a quel cognome. Butler, infatti, significa letteralmente "maggiordomo". Ecco quale sarebbe stato il suo soprannome; Maggiordomo.
"Sì" rispose lui "Voi invece dovete essere Nancy Phillips".
"Non mi sembra di avervi mai detto il mio nome" il ghigno scomparve, lasciando posto a un'occhiata sospettosa.
"Date le circostanze, siamo stati costretti a fare delle ricerche su di voi. C'è voluta una settimana per sapere dove alloggiavate" spiegò Anderson guardando davanti a lui, in punto indefinito "Phillips...questo cognome mi è familiare".
Nancy rimase a guardare fuori, indecisa se parlargli delle sue origini oppure no.
"Avete per caso a che fare con la famiglia Phillips? Sapete, Charles e Meredith Phillips".
A quei nomi, il suo cuore perse un battito. Quasi non li ricordava più e il sentirli nominare le riporto alla mente immagini che ormai credeva di aver cancellato da tempo. Ma con quei due nomi sentì i cassetti della memoria riaprisi, quei cassetti che aveva deciso di chiudere e gettarne la chiave.
Perché tutti sanno che ci sono cose che devono rimanere nascoste, che l'oblio deve cadere su di loro, così denso e oscuro da non fare nemmeno notare la loro esistenza.
Alla fine, Nancy non rispose, rimase solo a guardare i campi sfrecciargli davanti agli occhi, mentre la carrozza oscillava a causa della strada ghiaiosa che stavano percorrendo.
Anderson non insistette, anche se prese quel silenzio come un probabile "sì".
Solo dopo venti minuti abbondanti, la mora rispose: "Sono i miei genitori".
Era arrivata alla conclusione che sapere una cosa del genere non avrebbe fatto nessuna differenza. Che poteva farle? Riportarla a casa? No, ora era una donna adulta, non erano più i suoi genitori a decidere. Certo, avrebbe sempre potuto contattarli e fargli sapere che la loro figlia era viva e stava bene, ma Nancy sapeva che loro si sarebbero solamente chiesti perché sprecare un così prezioso foglio di carta e così tanto inchiostro per scrivere qualcosa di tanto inutile. E lei sarebbe stata pienamente d'accordo con loro.
Per quanto potesse sembrare strano, non aveva mai sentito il bisogno di piacere ai suoi genitori, il bisogno di dimostrargli affetto, poiché non avvertiva nulla che la legasse a loro. L'avevano solo messa al mondo, poi era stata lei stessa a crescersi. Lei era stata i suoi genitori e Thomas i suoi fratelli.
Anderson, invece, non poté fare a meno di stupirsi a quell'affermazione, ma poi trasse la conclusione che era stata allontanata per qualche motivo o che lei stessa se ne fosse andata. In ogni caso, non ritenne opportuno chiedere altro o intervenire.
Non parlarono per il resto del viaggio, ma quel silenzio tra di loro non fu imbarazzante, sembrò addirittura piacevole. Sarebbe stato molto più scomodo se avessero continuato a parlare.
Anche Jonathan, l'altro agente, non parlò quando si svegliò, si limitò a fumare dalla sua pipa Calabash, lasciando nell'aria odore di fumo e costringendo Anderson ad aprire il finestrino della carrozza per far cambiare aria.
Nancy, però, continuava a guardare le campagne che si estendevano fino all'orizzonte. Sembrava un immenso oceano verde, il quale le dava un senso di calma che non immaginava. Non si era mai veramente soffermata per guardarsi intorno, era sempre di corsa, la  testa che continuava a elaborare qualunque cosa. Ma ora si stava perdendo in quel panorama, mentre si era arresa nel trovare una soluzione a tutto quello che stava succedendo. L'unica cosa da fare era aspettare di vedere la regina, non c'era nient'altro da fare.
Inoltre le cose sarebbero anche potute andare nel verso giusto, dopotutto la regina avrà sicuramente un sacco di ricchezze da poter arraffare. Sorrise a quel pensiero, mentre la carrozza continuava ad avanzare.
Stava quasi per addormentarsi di nuovo, quando non intravide il maestoso castello di Windsor. La costruzione era ben studiata e la sua architettura dallo stile medievale era sorprendente. Esso si ergeva su una collina che però non sembrava naturale, ma quel dettaglio passava decisamente in secondo piano.
Attraversarono la porta di Enrico VIII, la quale era l'entrata principale, e subito si ritrovarono all'interno di un grande cortile che percorsero tutto, per poi passare la Porta Normanna fino ad arrivare ad un secondo cortile, stavolta più grande del precedente. Ricordava che quest'ultimo veniva chiamato "Quadrangolo". Rabbrividì quando vide le lunghe file di guardie dalla giacca rossa, ritrovandosi davanti a loro appena scesa.
"Dobbiamo portare questa ragazza dalla regina" disse Butler dando loro un foglio arrotolato.
Una delle guardie la prese e, dopo aver riconosciuto la firma della regina al fondo, si scostò e li fece passare, ritrovandosi negli appartamenti privati.
Nancy rimase senza fiato quando si ritrovò circondata da tante ricchezze. Ogni singola stanza era colorata, decorata con oggetti dorati e quadri di famiglia dai dettagli mozzafiato. Ogni singola cosa era al suo posto e nessuna di queste sembrava stonare con il resto della stanza, i quali arredi non la facevano risultare pacchiana.
Quella che però colpi di più la ragazza fu la magnifica biblioteca privata, la quale conteneva una tale quantità di libri che gli scaffali coprivano tutte le mura della stanza.
"Eccovi finalmente"
Era così presa nel cercare di leggerne i titoli, che non si era minimamente accorta della donna vestita di nero seduta sul divanetto, al centro della stanza. Doveva aver avuto una quarantina d'anni.
Le bastò osservare gli agenti inchinarsi per capire chi fosse. Seguì gli stessi movimenti, anche se non aveva nessuna intenzione di farlo, ma ci teneva al fatto che la sua anima rimanesse nel suo corpo, così lo fece.
"Voi dovete essere Nancy" disse la donna, la voce dolce come quella di una madre, ma allo stesso tempo autoritaria.
"Sì" rispose, ricordandosi subito dopo di aggiungere: "Vostra Maestà".
Con la coda dell'occhio, la vide alzarsi in piedi, lasciando il libro, che prima teneva in grembo, sul divanetto.
"Andiamo in un posto più appartato".
 
-O-

Questa volta, Nancy non ebbe tempo di studiare l'ambiente circostante, poiché la regina riprese a parlare appena la porta si chiuse. Intuì solo che si trattasse di uno studio.
"Uno dei miei uomini vi ha sentita parlare ad un pub di Whitechapel riguardo al famoso omicidio che si è tenuto circa una settimana fa" cominciò Vittoria sedendosi sulla poltrona davanti alla scrivania.
Nancy si maledisse mentalmente per non essersi accorta che qualcun'altro, oltre a Thomas, la stesse ascoltando quella sera. A quanto pare i fatti del giorno prima l'avevano scossa a tal punto da annebbiarle la mente e le percezioni.
"Quindi siamo venuti a conoscenza del fatto che voi avete assistito a quel sanguinario delitto" continuò la donna sicura di sé.
La ragazza aveva finalmente capito il motivo per cui l'avevano portata lì, ma attese che la regina finisse di parlare.
"Le tracce sono state completamente cancellate dalla neve, purtroppo, ma il cielo ha permesso che ci fosse speranza per noi, permettendo che qualcuno passasse di lì proprio in quel momento".
"Dove volete arrivare, Vostra Maestà?" lo sapeva perfettamente, ma era stufa di ascoltare altre espressioni inutili. Voleva tornare a Londra il prima possibile.
I pensieri la condussero a Thomas.
Chissà se sta bene; si chiese. Sapeva perfettamente che lui era sicuramente preoccupato per lei e temeva della sua reazione. Che fosse rimasto tutta la notte a cercarla? Quel cretino si sarebbe fatto ammazzare se fosse stato così.
"Vogliamo che voi collaboriate con noi per scoprire chi sia l'assassino" spiegò Vittoria.
"Ed io cosa ci guadagno?" chiese Nancy, ignorando le occhiate stupite che le diedero i due agenti, forse stupiti da quella sfacciataggine "Non potete minacciarmi di morte o ciò che potrei sapere sparirà con me".
La donna non rispose, si limitò ad aprire un cassetto e tirarne fuori delle monete d'oro, le quali caddero sulla superficie della scrivania con un rumore metallico.
"Vedo che parlate la mia lingua, Vostra Maestà" ghignò la ragazza a quella visione. A quanto pare la regina aveva messo in considerazione la possibilità che lei fosse ingorda di denaro, una persona avara, e ci aveva preso.
"Avrete sicuramente visto qualcosa che potrà esserci utile" continuò la donna.
"So solo che l'assassino era pazzo, ma di questo credo se ne siano accorti tutti".
L'espressione della regina si indurì. "Siamo seri, signorina Phillips. Qui si tratta della sicurezza dell'intero regno".
"Non sto scherzando, è davvero tutto quello che so!"
"Vostra Maestà, perdoni la mia intromissione, ma è possibile che il tempo e lo stancante viaggio non le permetta di ricordare con chiarezza quella notte" disse Anderson, la testa ancora china in segno di rispetto.
Al contrario delle sue aspettative, l'autorevole donna non rimproverò l'uomo per il suo parere non richiesto, rimase a guardarlo pensierosa. Alla fine, si lasciò sfuggire un sospiro stanco e riprese a parlare: "Credo abbiate ragione, Mr. Butler. Dirò di preparare una stanza per l'ospite, domani forse potrà fornirci qualche informazione".
 
-O-

Fu così che Nancy passò l'intera giornata a leggere in biblioteca, uscendo da lì solo per mangiare. Non aveva nemmeno prestato attenzione alla splendida sala da pranzo, troppo presa dal voler finire di mangiare presto per tornare a leggere.
Non rivide più né Anderson né Jonathan per il resto della giornata, ma non le importò, anzi lo preferì. In realtà, non rivide nemmeno la regina e non avrebbe fatto nessun incontro significativo se, verso le quattro del pomeriggio, non si fosse presentata in biblioteca una bambina sugli otto/nove anni, dai capelli castani legati in una coda da un nastrino dello stesso colore del lungo abito blu che indossava.
Questa sobbalzò vedendola e per un attimo rimase spaventata nel ritrovarsi uno sconosciuto davanti. Fece per chiamare le guardie, ma Nancy la raggiunse in fretta e le tappò la bocca.
"Mi chiamo Nancy Phillips, sono qui con il permesso della regina Vittoria" spiegò e vide subito la bambina calmarsi. Quando allontanò la mano alla bocca, non urlò, ma rimase a guardarla curiosa.
La ragazza tornò a sedersi per riprendere la lettura, mentre l'altra la studiava per diversi secondi.
"Scusate se domando, ma perché avete un nome da donna?" chiese ingenuamente.
"Perché sono una donna" rispose Nancy senza staccare gli occhi dal proprio libro.
Intravide solo la bambina tapparsi la bocca come se avesse detto qualcosa di proibito. "Perdonatemi, io credevo-"
"Lo so" la interruppe secca lei. Non aveva per nulla voglia di ascoltare quella che per lei stava solo diventando un fastidio, voleva solo stare da sola.
"Il mio nome è Florance Trevelyan" disse poi la più piccola prendendo i lati del vestitino e facendo un'elegante riverenza.
Nancy si limitò a mormorare un "piacere", ma non lo pensò davvero.
Florance rimase in piedi a fissarla curiosa ancora per qualche minuto, dondolandosi sui talloni e tenendo le mani dietro la schiena. Tuttavia, quando vide che l'altra non la degnasse di uno sguardo, prese il primo libro che vide negli scaffali e corse fuori dalla stanza.
A cena, rivide sia la bambina che la regina, ma non scambiò parola con nessuna delle due, mentre la donna ascoltava con sincero interesse la giornata di Florance, esattamente come farebbe una madre amorevole.
Quandò finì di mangiare, si congedò con un inchino veloce e poco aggrazziato, e si diresse verso quella che doveva essere la sua stanza provvisoria. Aveva le pareti coperte da una regale tappezzeria rossa, nascosta in alcuni punti da quadri rappresentanti paesaggi e riunioni politiche e con al centro un alto e largo letto che la invitava solamente a riposarsi. Sembrava guardarla e dirle "tu stenditi, al resto ci penso io".
E fu così che fece Nancy; indossò una lunga tunica bianca e si sdraiò sotto le coperte, attendendo che il sonno la abbracciasse.
Sperò di non sognare nulla quella notte, sarebbe stato molto meglio, ma gli eventi della giornata permisero che orribili e recenti ricordi le ritornassero davanti agli occhi.
Si ritrovò nuovamente in quel vicolo buio, a guardare il ragazzo che vomitava e che poi veniva buttato a terra. Rivide l'assassino salirgli addosso con una furia che non aveva mai visto. Non vedeva l'ora di ucciderlo, desiderava ardentemente vedere il sangue sgorgare fuori e scivolare a terra per creare un lago cremisi, voleva vedere il suo corpo martoriato e irriconoscibile.
E nel momento in cui la mano si alzò per sferrare il primo colpo, Nancy si rese finalmente conto di una cosa che prima non aveva notato.
Fu come se un fulmine la colpisse di colpo, una realizzazione tanto improvvisa che la fece sedere di scatto e spalancare gli occhi, mentre il panico e l'ansia di quella sera tornavano a investirla a causa di quelle immagini.
La fronte era imperlata di sudore, i capelli corti appiccicati al volto e il petto che si muoveva in fretta al ritmo del suo respiro.
Nella testa rivide quella mano che teneva l'arma, la rivide ancora, e ancora, e ancora, e ancora...
Sinistra.
Ripeté quella parola così tante volte che ne perse il conto. Senza rendersene conto cominciò a ridere, mentre si passava una mano sul viso e tra capelli.
Era la sinistra; pensò ancora ridendo a quella realizzazione. Come aveva potuto non rendersene conto? Proprio lei che aveva un occhio tanto vigile, un occhio di falco, non si era resa conto di un dettaglio che poteva risultare molto importante.
L'assassino era mancino.
 
-O-

NOTA AUTRICE: Rieccomi con un altro capitolo. Con questo ci ho messo un po' specialmente a causa delle lunghe ricerche che ho dovuto fare sul castello di Windsor; spero che siano soddisfacenti.
Ringrazio ancora una volta tutte le persone che stanno seguendo questa storia, davvero grazie.
Fatemi sapere cosa ne pensate con una recensione, così potete anche scrivermi se avete notato qualche errore e provvederò a correggerlo.
Beh, alla prossima!
Kisses, Emy.
   
 
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