Never forgotten
Quando
ho ucciso per la prima volta, non ho sentito nulla. Ero convinta che sarei
stata sopraffatta da una grande emozione, sia negativa che positiva, e da
un’immensa ondata di energia. Eppure, mentre la mia spada ha trapassato il suo
stomaco, ho sentito solo una vibrazione lungo il braccio per il contraccolpo.
E
il mio cuore ha taciuto.
Il
mio mentore mi ha lodato e ho visto la stima nei suoi occhi, sia per le mie
abilità da combattente che per la decisione della mia uccisione.
Ho
mantenuto un’espressione seria e ho onorato la mia vittima e, incosciamente, ho
aspettato.
Quando
sono tornata a casa, tra le espressioni ammirate degli altri bambini del
conclave, ho alzato la spada in segno di vittoria e i loro festeggiamenti mi
hanno resa felice.
Per
questo motivo, quando mi sono coricata, non ho ben capito perché sia scoppiata
a piangere. Nessuno mi ha sentito ovviamente, ma non c’era modo di frenare
quelle lacrime.
Qualche
giorno dopo, ne ho parlato con il mio mentore e mai potrò dimenticare il suo sorriso arrendevole e pietoso.
Mi
ricordò che jus drein jus daun e la pietà non è per
i combattenti come noi. Mi fece sentire sbagliata, come se il dolore che
provassi fosse una vergogna da subire.
Mi
riscossi e il mio sguardo si indurì e giurai, sulle lacrime di quel sangue
versato, che mai più avrei pianto per le vite dei miei nemici.
[Lo
giurai. Eppure, ancora oggi lo sogno nei miei incubi.]
Avrei
voluto dire tante cose a Clarke, avrei voluto mostrarle le stelle e chiederle
se dal cielo lei le vedesse come le vedevo io da quaggiù.
Avrei
voluto stringerla e piangere tutte le mie lacrime, per dimostrarle che è grazie
a lei che, finalmente, sono riuscita ad accettarmi per quello che sono: una
guerriera che cerca la pace.
Non
ho potuto farlo, ma almeno potrò ricordare il sapore dei suoi baci e la
delicatezza della sua mano che mi tocca la schiena.
Avrei
voluto continuare a vederla felice e non in perenne lotta con sé stessa e il
suo popolo. Anzi, il nostro popolo.
Fui
forte, quando le dissi addio e, in verità, non ebbi molta paura di morire: mi
avevano tolto la paura della morte fin dalla più tenera età.
Ero
convinta che mi sarei sentita diversamente: provavo dei rimpianti, ma ero anche
felice di poter stare con Clarke nei miei ultimi istanti.
Sapevo
già che non avrei avuto paure e che, quando la mia battaglia sarebbe giunta al
termine, avrei dovuto affrontarla come si addiceva al capo che ero.
[Ero
convinta di essere senza paura. Eppure, una paura ci fu.
Quella
che lei mi dimenticasse.]
Fine.
Salve!
Scrivo questo piccolo tributo a Lexa principalmente
come regalo ad una mia amica che è rimasta molto scossa dalla sua morte e da
tutta la situazione sul fronte LGTB che ne è seguita.
Lexa non era il mio personaggio preferito e shippo totalmente Bellarke, ma
rimane un grande personaggio che meritava una fine migliore e che resterà per
sempre ricordata.
Un
bacio,
EclipseOfHeart