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Autore: JulesB    05/04/2016    4 recensioni
Dal testo:
Era una scommessa, una scommessa di Jace, veramente. Se Magnus avesse vinto, avrebbe potuto fare tutto ciò che voleva con Alec. Allo stesso modo Jace. Era una bonaria e reale battaglia tra il suo parabatai e il suo fidanzato e, proprio in quel momento, Alec odiava entrambi. Non aveva saputo della scommessa prima di quel momento, quando Jace l’aveva chiamato e gli aveva dato una esitante spiegazione di quello che era successo.
Genere: Comico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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"Magnus..."

“Non cercare di tirartene fuori adesso, Alec. Un patto è un patto.”

“Non l’ho nemmeno mai fatto! Ne sono solo stato coinvolto.” Protestò Alec.

“Questo, fortunatamente, non è colpa mia o qualcosa che io ho preso in considerazione.” Replicò Magnus calmo “Abbi fiducia in me. Non voglio gettarti ai lupi mannari.”

Alec toccò la benda di seta con motivi ad occhio di pavone sui suoi occhi. Non sapeva dove Magnus l’aveva presa e probabilmente non avrebbe voluto saperlo, ma era legata dietro la nuca con la magia. Non poteva sbrogliare il nodo. “Non è leggermente eccessivo?”

Magnus rise. “No. Perché vedresti una camicia o un trousse di make-up e ti lasceresti scoraggiare e proveresti ad andartene. Potrai vederti quando arriveremo e questo è tutto.”

Era una scommessa, una scommessa di Jace, veramente. Se Magnus avesse vinto, avrebbe potuto fare tutto ciò che voleva con Alec. Allo stesso modo Jace. Era una bonaria e reale battaglia tra il suo parabatai e il suo fidanzato e, proprio in quel momento, Alec odiava entrambi. Non aveva saputo della scommessa prima di quel momento, quando Jace l’aveva chiamato e gli aveva dato una esitante spiegazione di quello che era successo.

Magnus aveva deciso che, non considerando tutte le cose che in tutto il vasto mondo potevano essere fatte – cose carine come una passeggiata nel parco o cose potenzialmente pericolose come guardare per ore e ore “What Not to Wear”* sottolineando quanto i vestiti di Alec somigliassero a quelli del programma – Magnus aveva deciso che avrebbe vestito Alec, l’avrebbe truccato, e poi portato in discoteca. 

Alec avrebbe preferito mangiarsi un piede.

Magnus rise ancora. Era molto più vicino quella volta, suonando solo a venticinque o quaranta centimetri di distanza. “Le tue sopracciglia sono incavate e hai un cipiglio.” Le dita toccarono le sue labbra delicatamente. “Stai ancora pensando a come preferiresti fare altro piuttosto che questo.”

Alec sbuffò.       

“Non sto andando terribilmente troppo lontano dalla tua zona di conforto**, tesoro.” Parlò lentamente. “Come ho detto, abbi fiducia.”

“Sono già fuori dalla mia comfort zone.” Era la verità. Le sue mani erano sudate e il suo stomaco era sottosopra dal nervosismo. Stava uscendo per un party, con il suo ragazzo, vestito come il suo ragazzo, che, senza nessuna offesa perché Alec lo amava per ciò che era, appariva gay. Non importava che Alec l’avesse baciato in una stanza piena di estranei; era diverso. Questa non era questione di vita o di morte; quello era un guardateci. Ad Alec non piaceva essere osservato.

“Sei nelle mie abili mani, Alec.” Replicò semplicemente Magnus. “Adesso lasciami lavorare. Ti sto per togliere i vestiti, adesso.”

Il battito cardiaco di Alec aumentò un po’. Sentì il suo volto arrossire. Non si trattava dell’esclusività. Avevano già fatto il DTR (definire il tipo di relazione). Sapeva dove si trovavano. Non erano andati a letto in ogni occasione che avevano avuto, comunque, Alec non lo voleva. E sì, Alec probabilmente aveva memorizzato il novantacinque percento del corpo di Magnus, ma era solo perché a Magnus piaceva camminare senza indossare nulla se non la sua pelle subito dopo una doccia o quando andava a dormire – almeno, l’aveva fatto, finché Alec non aveva strepitato per fargli indossare dei vestiti. Ma Magnus non aveva mai visto lui nudo e voleva che le cose restassero così per il momento.

“Metodico come un professionista, Alec.” Magnus interruppe il filo dei suoi pensieri. “Non ho intenzione di occhieggiarti finché non sei nei tuoi vestiti e pronto ad andare.” La sua mano fu un breve, rassicurante peso sulla spalla prima che scivolò via.

Le dita slittarono sotto la maglietta di Alec e la sollevarono sopra la sua testa. La benda non si mosse, ma ad Alec si appiattirono i capelli. Le dita di Magnus non toccarono nessuna parte della sua pelle e sentì piuttosto che lo stregone si stava allontanando. Non c’erano occhi che bruciavano sulla sua pelle. Ci fu il fruscio di qualcosa e poi del tessuto si avvolse attorno al suo collo. Era fresco al tatto. Non caldo e accogliente come le sue felpe. Alec deglutì.

“Rilassati,” disse Magnus, guidando delicatamente le sue braccia attraverso i fori per le maniche. Non c’erano maniche, però. Le sue braccia erano fredde nella fresca aria.

“I miei marchi-“ iniziò, sentendosi come se la sua lingua fosse bloccata sul palato. Se qualcuno avesse visto i suoi marchi, avrebbero saputo che era uno Shadowhunter. Nonostante il fatto che avesse già fatto coming-out davanti al Conclave, il novantanove percento di loro non erano contenti. Non poteva esibire come aveva fatto Magnus la sua omosessualità.

“Me ne occuperò io.” Il dorso della mano di Magnus sfiorò il braccio nudo di Alec. Il freddo degli anelli sulle sue dita aumentarono la pelle d’oca. “Alzati.”

Alec si leccò ancora le labbra, mordicchiandole delicatamente mentre si alzava.

“Pantaloni,” lo avvertì Magnus, dandogli un momento per digerire la notizia prima che Alec potesse sentire le sue dita senza intoppi sbottonare il bottone dei suoi jeans.

Sentì il suo volto, precedentemente rosso, più caldo rispetto a quella volta quando lui e Jace accidentalmente diedero fuoco alla loro camera ad Alicante quando erano più giovani. Le sue dita si piegarono in pugni sui suoi fianchi mentre Magnus lo sbottonava, slacciava, e sfilava i jeans lungo le sue gambe. Lasciato in piedi vestito dei suoi soli boxer neri, lui era ancora sorprendentemente consapevole delle sue insicurezze. Era giovane, era inesperto, era sufficientemente lontano dalla sua bella lista, lui non aveva un corpo come quello di Magnus, non aveva il fascino degli altri fidanzati o fidanzate che Magnus aveva avuto, lui era sfregiato, era ricoperto di marchi-

“Quale preferisci? Turchese o vermiglio?” le parole di Magnus ruppero il filo dei suoi pensieri.

Alec aprì gli occhi, dimenticandosi che una benda gli stava coprendo la vista. “Cosa?” chiese.

“Turchese o vermiglio?” ripeté Magnus. “Il turchese è sempre un buon colore di ripiego, soprattutto in questo periodo dell’anno, ma penso che un buon vermiglio sia elegante sempre se hai il giusto outfit.” Aiutò Alec a farsi passare i pantaloni e poi li tirò su, parlando per tutto il tempo come se vestire il proprio ragazzo bendato fosse una cosa che faceva ogni giorno.

Alec rise debolmente. “Non so nemmeno che cosa sia il vermiglio,” ammise. Se Magnus stava cercando di deviare il disagio, lo stava facendo molto bene.

Magnus emise un sospiro teatrale. “Oh, Alec. Devo regalarti una scatola con settantadue matite colorate assortite.” Tirò su i pantaloni attorno ai fianchi e allacciò il bottone. “La prossima volta immagino che mi dirai che non sai cosa sia il ceruleo.” Alzò la cerniera e l’aria che si spostò gli fece capire che Magnus si era alzato.

“Blu” disse Alec piano. Lo sapeva solo perché Magnus gli aveva detto che i suoi occhi erano di quel colore.

“C’è ancora speranza.” Ci fu un sorriso nella voce di Magnus. “Va bene, ora puoi sederti.”

Alec si sedette di nuovo dopo aver sentito la sedia. I pantaloni che Magnus gli aveva messo lo facevano sentire costretto. Non stretto, veramente, ma sapeva che erano lì, abbracciando le sue gambe e le cosce e i fianchi come una seconda pelle. Erano a vita bassa; Alec voleva sistemarseli ma sapeva abbastanza bene che erano proprio dove dovevano essere. Almeno la camicia sembrava essere abbastanza lunga da cadere sulla cintura.

“I miei pantaloni sono vermiglio?” chiese brevemente, ascoltando Magnus rovistare attraverso cose che schioccavano o sferragliavano appena le muoveva. Probabilmente era il trucco. Alec stava provando a non pensarci. Magnus aveva promesso che non sarebbe andato oltre, ma Alec non sapeva quanto fosse possibile. Finalmente lui aveva la possibilità di giocare a vestirlo.

Magnus ridacchiò. “No. Non questa volta. Ne troverò un paio, però, così potrò insegnarti i colori.”
“Pensavo che mi avresti dato una scatola di matite.”

La risata di Magnus fu un piccolo respiro. Era ancora vicino. Alec poté sentire l’odore del legno di sandalo e sentire i suoi capelli muoversi quando Magnus li colpiva con il suo respiro. “Magari ti darò entrambi. Ti sto per togliere la benda, ma devi tenere gli occhi chiusi. È una questione di vita o di morte.”

“No, non lo è,” mormorò Alec, ma mantenne gli occhi chiusi quando la benda venne tolta.

“Potrebbe essere sgradevole” avvisò Magnus “Spostati in avanti.”

Alec si protese in avanti. “Beh, io non indosso il make-up.”

“Hai ragione adesso” disse Magnus.

Alec sobbalzò quando qualcosa di morbido e spugnoso venne premuto contro la sua palpebra. Quasi aprì gli occhi e riuscì a malapena a tenerli chiusi, la sua mente gli suggeriva che fosse trucco… ma che cosa? Un pennello? Non era un pennello, ma qualcosa come una spugna alla fine di un piccolo bastone di plastica. Aveva visto Isabelle che si truccava abbastanza da capirci qualcosa o no.

“Non muoverti” gli ricordò Magnus.

“Mi hai spaventato” borbottò Alec, deglutendo ancora. “Non troppo?” chiese ancora, sapendo che Magnus avrebbe riso, perché l’aveva detto così tante volte da quando Magnus aveva stabilito la sua “ricompensa”.

“Te l’ho già promesso, Alexander.” La voce di Magnus fu un po’ più profonda, e più mirata, verso quella che era la sua solita routine mattiniera.

Alec sentì il silenzio. Sapeva che non avrebbe dovuto interrompere Magnus mentre si truccava, o truccava qualcun altro. Era spaventosamente intenso, forse in quella circostanza era una cosa buona. C’era qualcosa di stranamente confortante nel modo in cui Magnus stendeva, delineava, spalmava, o puntava con gli utensili del trucco. Alec poteva indovinarne qualcuno. Alcuni li aveva già capiti. Cercò di perdersi nel profumo di legno di sandalo, piuttosto che su quello che Magnus dipingeva sul suo volto.

Doveva aver finito, perché alla fine Magnus si era spostato con un mormorio soddisfatto.
“Ci siamo.”

Alec resistette ancora alla tentazione di aprire i suoi occhi. Sapeva che probabilmente Magnus voleva chiedergli se gli piacesse, o no, ma lui non voleva soffermarsi su quella cosa. Il trucco era peggio rispetto ai vestiti scelti da Magnus, non importava cosa aveva promesso. Gli aveva detto di fidarsi di lui e l’aveva fatto, ma era come insegnare a Church a nuotare in una vasca da bagno. Non era necessariamente sbagliato, solo… fuori dalla propria sfera personale di possibilità.

Magnus batté le mani. “Va bene! Ultimi ritocchi! Fermo, sto muovendo la sedia.” Spostò la sedia – Alec cercò di non cadervi – finché non sentì le sue ginocchia sfiorare la trousse dei trucchi. “Bene, dammi le tue mani.”

“Perché?” chiese brevemente Alec, offrendo le sue mani.

“La tua mente curiosa lo saprà tra poco,” disse Magnus, mettendo i palmi delle mani di Alec sulla sua trousse.

Ci fu un po’ di fruscio e Magnus tornò alle sue mani, facendo qualcosa che Alec non poteva vedere. Finché – un odore di qualcosa, qualcosa di forte e quasi dolorosamente pungente, raggiunse il suo naso. Venne portato indietro ad un weekend trascorso dai Penhallow, dove Isabelle nella sua stanza stava parlando del Consiglio e si lamentava di politica, i suoi piedi poggiati sulla scrivania mentre si metteva dello smalto di un sorprendente verde lime sulle unghie dei piedi.

“Magnus,” si lamentò ad alta voce. Cercò di tirar via le sue mani, ma Magnus gli afferrò il polso. “Non pitturarmi le unghie.”

“Non è appariscente, lo giuro. Lo tirerò via con uno schiocco di dita stasera.”

“Questo non faceva parte del patto.”

“Veramente, ‘tutto quello che volevo’ fa parte del patto, ma ci sto andando piano con te.” Replicò Magnus.

Ora Alec sapeva quello che stava facendo, poteva sentire Magnus lavorare singolarmente su ogni dita, facendo passare qualche secondo prima di passare ad un’altra. Era una di quelle cose che probabilmente faceva meccanicamente.

Magnus agitò le mani e finì con lo smalto prima di parlare. “Ok. ho finito. Avanti. Assicurati di tenere gli occhi chiusi, e metti le mani sulla bocca e sul naso.”

“Mi hai appena dipinto le unghie.”

“Sono asciutte” disse Magnus con disinvoltura, sopra un tintinnio di vetro nelle vicinanze.

“Come?” protestò Alec, sentendo con le dita una delle sue unghie. Non erano bagnate, ma dalla morbidezza, poteva dire che erano pitturate.

“Magia.”

“Oh, così puoi asciugarle con la magia, ma devi pitturarle manualmente?” Alec mise le mani sulla sua bocca e sul suo naso.

“E’ più divertente così. Trattieni il respiro.”

Alec stava per chiedere il perché ci fu una pioggia di particelle contro il suo volto. Si ritrasse istintivamente. Sentiva come piccole gocce d’acqua, come colonia spruzzata da una bottiglia, ma non era esattamente liquido e nemmeno era profumato.

Ci furono un paio di soffi su quello che aveva spruzzato prima che Magnus gli permise di togliere la mano.

“Abbiamo finito?” chiese Alec seccamente.

“Quasi.” Ci fu un clic di qualcosa di aperto e poi chiuso.

Le mani di Magnus spazzarono i capelli di Alec. Alec trasalì di nuovo e si spostò prima che potesse tirarli su, ma Magnus lo colpì. “Lascia stare” avvertì.

Alec sbuffò e si mosse a disagio. “Sembrerò stupido.”

Io sembro stupido?” replicò Magnus.

“No” disse Alec, con una certa riluttanza. Non sarebbe stato lì se Magnus fosse stato stupido. Non l’avrebbe mai chiamato se non l’avesse trovato incredibilmente stupendo.

“Esattamente, tesoro.” Magnus sistemò una ciocca dei suoi capelli tra le sue dita prima di toglierle. “Ok, abbiamo finito.”

Alec raddrizzò la schiena. “Davvero-“

“Aspetta!” sembrava che Magnus si fosse lanciato attraverso la stanza a scuotere la porta aperta dell’armadio. “Ho dimenticato una cosa.”

“Magnus.”

“Scusa, scusa.”

Alec aveva la vaga impressione che Magnus gli stesse facendo qualcosa, ma non poteva dire cosa. “Cosa stai facendo?”

“Niente. Ecco. Ho davvero finito adesso. E sì, stiamo andando davvero a questa festa. Vieni, piccolo Shadowhunters. Il tempo della tua vita aspetta.”

 


Alec sentì i bassi martellanti mentre accostavano all’esterno dell’edificio. Sembrava che il suo cuore stesse cercando di rispecchiare quella sensazione.

“E il tuo destino sarà rivelato appena varcheremo la soglia del Chateau Lyre” disse Magnus, la sua voce si ridusse ad un tono scherzosamente minaccioso. 

Alec voleva schiaffeggiarlo, ma sembrava che lui fosse incapace di fare altro eccetto avvolgere le braccia attorno a sé e guardare il cruscotto. Magnus gli aveva permesso di vedersi, sebbene qualsiasi cosa nella quale avrebbe potuto vedere il suo riflesso era stata incantata per non mostrare alcuna immagine. O se si fosse guardato, si sarebbe visto trasparente ai suoi occhi. Ma non importava. Quello non aveva importanza. Stava per andare da qualche parte, in questo edificio, dove c’era una grande festa, con un centinaio di persone che l’avrebbero visto e riconosciuto e l’avrebbero ricordato. Vestito come Magnus, con le unghie smaltate e truccato.

Voleva raccogliere le ginocchia al petto, ma i pantaloni stretti non gli permettevano molti movimenti.
“Alec?” Magnus lo guardò dolcemente. “Ti prometto che andrà tutto bene. Non te lo avrei mai fatto fare se non avessi pensato che tu avresti avuto la possibilità di divertirti. E nessuno ti riconoscerà. Ti ho scagliato un incantesimo che ti farà riconoscere come Shadowhunters e Alexander Lightwood non appena ti vedranno, ma appena noi, o loro, lasceremo l’edificio, dimenticheranno immediatamente con chi ero. L’unico ricordo che avranno è che ero con una persona incredibilmente splendida. Come me.”

Alec arrossì e si allontanò. “…Ok.” mormorò. Non sapeva che altro dire. Era la soluzione perfetta al problema di essere gay nel Conclave. Infallibile, ma ancora non poteva scacciare il disagio persistente.

“Bene.” Magnus scese dalla macchina (e Alec realizzò solo in quel momento che non aveva mai visto prima quella macchina e si chiese dove Magnus l’avesse presa in prestito quella volta) e lo raggiunse dall’altra parte (dopo che Alec spalancò la sua portiera e uscì; odiava quando Magnus scostava la sua sedia o gli apriva la portiera.) “Andiamo.”

L’edificio era grande, vivace, e così pieno di persone che Alec non pensava ne avesse mai viste tante nella sua vita. Fate, stregoni, lupi mannari, anche vampiri, insieme, nella stessa stanza. Se il Conclave avesse potuto vederlo.

“Si sa” disse Magnus colloquiale “che il modo per tenere insieme più Nascosti è una band molto brava e una certa quantità di alcohol.”

Alec rise suo malgrado, avvicinandosi a Magnus quando una coppia che sembrava non del tutto mondana e nemmeno del tutto Nascosta li superò di corsa, urlando.

Magnus avvolse le sue braccia attorno a lui, appoggiandosi. “Nessuno ti ricorderà. Tranne me, certo. Io non ti dimenticherò mai, ovviamente. Così, lasciati andare nella tua comfort zone. È bello.”
Alec si raddrizzò e, invece che spostare le braccia di Magnus, raggiunse e arricciò le dita attorno ai passanti della sua cintura. Poté praticamente sentire lo stregone vibrare di umorismo, o forse era orgoglio, eccitazione, qualcosa. “Uno specchio” disse Alec severamente. “Non voglio questo glamour sopra di me così posso vedere cosa mi hai fatto.”

“Ogni tuo desiderio è un ordine. Hai ancora due desideri dal tuo Magnus personale prima che la notte finisca.” Afferrò la mano di Alec e lo tirò in avanti.

Alec rise silenziosamente, mantenendo lo sguardo sulla nuca di Magnus. Era bello quella notte. Lui lo era sempre. Era vestito con una camicia gialla sotto un blazer blu scuro, la lettera B brillava in un gioiello che decorava il suo bavero. Indossava pantaloni blu e le scarpe erano eleganti, bianche con le stringhe viola. I suoi capelli erano decorati con mille punte e colpi di luce multicolori con un milione di glitter. Il riflesso di Magnus era raggiante verso di lui, i suoi occhi da gatto erano accesi di gioia e a malapena contenevano la curiosità. Era solo allora che Alec realizzò che erano davanti ad uno specchio a figura intera, e il riflesso in piedi accanto a quello di Magnus era lui.

Magnus gli aveva fatto indossare una camicia attillata. La parte anteriore era stoffa, cotone o poliestere o qualcosa che Alec non conosceva, ma la parte posteriore era in pelle. Poteva vedere dove cambiava sulla sua spalla e si voltò leggermente a guardare dove le mille rimbalzanti luci della stanza slanciavano il bagliore della pelle (della giacca). I suoi marchi risaltavano brillantemente sulla sua pelle, al di sotto della giacca nera e dei pantaloni neri che stava indossando, così adatti al suo corpo che  Alec praticamente sgranò gli occhi. Vide la definizione del suo corpo che nemmeno sapeva di avere. Le sue scarpe erano stivaletti alti, anche quelli in pelle e non proprio a gambaletto, nascosti sotto i suoi incredibili pantaloni, un leggero tacco sul tallone che gli aggiungeva qualche centimetro in altezza.

La sua pelle catturò il bagliore della luce e scintillava verso di lui scherzosamente, facendogli sbattere gli occhi non appena il suo riflesso catturò la luce e il luccichio sulla sua pelle, riflettendolo. Era sottile, non come i glitter che indossava Magnus; Alec fece correre le sue dita attraverso il bagliore e uscirono macchiate, ma non interamente ricoperte. Aveva i capelli arruffati, spinti indietro dalle mani di Magnus ricoperte da gel per capelli, dandogli un look alla quello-che-avrebbe-normalmente-chiamato-capelli arruffati. Erano delicatamente appuntiti alla fine, dove si affusolavano attorno alla sua mascella.

C’erano ombre nere sotto i suoi occhi, ombra e kohl*** che sembravano stranamente adatti dove erano, non eccessive come il modo in cui Magnus a volte giocava con il suo make-up. Linee blu sotto i suoi occhi, eyeliner o kohl blu, o qualcosa. Alec non ne sapeva abbastanza di trucco da sapere cosa fosse, ma aveva fatto risaltare i suoi occhi. Si toccò delicatamente il viso sopra i glitter – era davvero lui? – guardando il suo riflesso che faceva la stessa cosa, le unghie erano dipinte dello stesso esatto blu di quei suoi occhi che increduli lo fissavano.

“…Wow.”

Magnus era raggiante. “Concordo.”

Alec fissò il suo riflesso per un lungo momento, la sua bocca si aprì e si chiuse come un pesce. “…Cosa… wow.”

Magnus rise, avvolgendo le braccia attorno a lui. Inizialmente Alec si irrigidì ma poi si rilassò di nuovo. Non aveva nulla da temere lì. Inoltre, il make-up e quel tipo di glitter avevano definito la sua sessualità, comunque. “Ti avevo detto che ti sarebbe piaciuto” tuonò.

Alec si voltò a guardare Magnus. “Come hai fatto a farlo?” chiese.

Il sorriso di Magnus vacillò leggermente. “Cosa intendi? L’ho fatto come avrei fatto il mio, tu eri presente tutto il tempo-“

“No” lo interruppe Alec, spostando le braccia di Magnus. “Come hai fatto a fare… questo?” agitò vagamente la mano verso di lui, verso il suo riflesso. “Io non sono così. Io non sono…” si sforzò per trovare una parola e alla fine la definì “…sexy.”

Lo sguardo di Magnus si addolcì. “Sì. Alexander. Tu lo sei. Non ti ho fatto niente. Ti ho solo messo una camicia aderente e del trucco. Non ti ho cambiato. Perché sei bello abbastanza così. Non ho bisogno di provare e cambiarti.”

Alec lo fissò per un momento prima di tornare a guardare ancora il suo riflesso. Aveva un nodo in gola, ma il suo petto era irradiato di calore. Tutto quello che riuscì a dire, ancora, fu “wow”.
Magnus avvolse le sue braccia attorno alla vita. “Wow è giusto, amore. Così, se ti sei mai chiesto perché la mia faccia ha questa espressione quando ti vedo, è perché stai suonando i miei wow e io sono troppo assordato per lasciarli parlare.”

Alec si appoggiò contro di lui, intrecciando le mani in quelle di Magnus. “Non essere stupido.”
“Ci sto provando” rispose Magnus. “Vogliamo prendere un drink?”

“Io non bevo.”

“Tu non bevi quando sei Alexander Lightwood del Conclave” lo corresse Magnus. “Ma stanotte, sei Alexander Lightwood, proprietà di Magnus Bane, il Sommo Stregone di Brooklyn.”

Le guance di Alec bruciarono. “Non sono di tua proprietà.”

“No?” intonò Magnus, alzando un sopracciglio. “Bene. Dovremmo rivedere questa cosa.”

Prima che Alec potesse parlare, Magnus lo aveva voltato e baciato. La sua schiena colpì lo specchio. Le labbra di Magnus si spinsero contro le sue in una sorta di frenetico desiderio, le sue dita scivolarono sui fianchi di Alec e sotto la sua camicia in pelle e cotone. Le dita di Magnus si modellarono contro la sua pelle e le sue labbra erano stampate contro le sue.

Alec si spostò con un sussulto,  così velocemente che quasi batté la testa contro lo specchio. Era senza respiro e sentiva le sue labbra gonfie. Le leccò e assaporò il lucidalabbra al sapore di uva. Lo specchio era freddo contro la sua pelle dove la camicia si era alzata a causa delle mani vaganti di Magnus. “Magnus” ansimò “Non possiamo-“

“Nessuno si ricorderà di te” gli ricordò Magnus.

Alec lo fissò per un momento mentre lo guardava. La luce catturò una striscia di blu tra i capelli di Magnus e, improvvisamente, si sporse in avanti a baciare Magnus con abbastanza impeto da lasciare dei lividi il mattino dopo.

 

 
Quando Alec si svegliò la mattina dopo, era nel letto di Magnus. Stava indossando una delle magliette di Magnus e un paio delle sue tute familiari. La testa pulsava sulla tempia sinistra e il suo stomaco era nauseato, ma il braccio era avvolto saldamente attorno al torso nudo di Magnus mentre giacevano schiena contro petto. Alec posò il suo volto sotto le scapole di Magnus, spostandosi una ciocca di capelli dal viso. Aveva i capelli appiccicosi a causa del gel restante. Lo smalto era scomparso dalle sue unghie. I glitter scintillavano sulle lenzuola, ma Alec non sapeva dire se provenisse da loro o dal generale modo di vivere di Magus.

“Giorno, dormiglione..” mormorò Magnus. La sua voce era bassa e profonda e impastata, chiaramente era ancora mezzo addormentato.

“…Sbronzo” mormorò Alec, infilando il suo volto più al sicuro contro la pelle calda di Magnus.

Ricordò che aveva riso e ballato e bevuto e più di quanto avesse mai pensato possibile per lui aveva fatto dei preliminari prima di inciampare a casa alle due e mezza passate e collassare a letto. Alec si era praticamente addormentato il momento stesso in cui la sua testa aveva toccato il cuscino, l’alcol delle fate gli aveva fatto perdere la coscienza.

Magnus rise assonnato. “Sì. Torna a dormire.”

Alec quasi disse che non voleva dormire, ma non era vero. Non era ancora pronto a tornare ad essere l’Alec del Conclave. Non era una cosa che voleva fare ogni venerdì sera, il vestirsi e uscire, ma era bello ogni tanto essere così fuori dal personaggio.

"Magnus?"


“Sì, Alec?” sembrava che Magnus stesse per riaddormentarsi di nuovo.

“Grazie.”

Il corpo di Magnus si tese e si rilassò appena si allungò contro di lui. Poi si mosse in modo da trovarsi su un fianco per poter guardare Alec e i suoi occhi da gatto gli sorrisero. “E’ stato divertente.”

Alec si accoccolò tra le sue braccia. “Lo è stato, ma penso che sia meglio smettere di parlare prima che rigetti su di te ora.”

Magnus soffocò una risata contro il cuscino. “Buona idea.”

Alec gli si avvicinò e si lasciò cadere vittima del modo confortante in cui Magnus disegnava cerchi sulla sua schiena. Lasciò che si chiudessero gli occhi e si addormentò così velocemente che Magnus non avrebbe avuto nemmeno il tempo di schioccare le dita.
 
 
 




*E’ un programma televisivo inglese della BBC, pari al nostro “Ma come ti vesti?”
**La “comfort zone” nella psicologia comportamentale è una condizione mentale di sicurezza, dove tutto è noto, rassicurante.
***Polvere di antimonio, è un cosmetico per palpebre.
Ciao a tutti, ecco un’altra traduzione di una OS Malec. Ci ho messo tutto il giorno per tradurla, le ho dato una rilettura e l’ho sistemata. Se ci fossero eventuali errori, mi scuso con tutti.
Avevo in progetto altre OS da tradurre prima di questa, ma ho deciso di fare proprio “Transmogrification” per la dolce Katerina Hummel Di Angelo: spero che ti sia piaciuta e di averti soddisfatta, e che la mia traduzione sia all’altezza delle tue aspettative.
Devo dire che ci ho messo molto a tradurla e ho fatto un po’ di fatica, lo confesso. Che altro dire? Solo enjoy it!
 
   
 
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