Tra me e Lexa non ci sono mai state troppe parole. Persino le prime volte che abbiamo fatto l’amore, ci ha circondato il silenzio. Probabilmente era un sottinteso patto di tregua, da ciò che eravamo, da ciò che siamo.
***
Il giorno in cui ti uccisi, iniziarono i primi sogni. E’ strano come essi influenzino le nostre vite anche quando ci laviamo con la luce del sole.
Si suppone che i raggi che ci investono al mattino cancellino gli affanni della notte, con le loro tristezze e le paure più striscianti, ma per me non è stato così.. Probabilmente, mi si erano attaccati addosso abbastanza da resistere all’aria del mattino, alla puzza dell’accampamento, allo sporco sotto le unghie, al sangue che aveva macchiato il mio coltello. Il tuo sangue.
Adesso mi chiedo cosa ci faccio qui, ma probabilmente era una cosa che doveva succedere. Mi chiedo anche cosa sarebbe successo tra te e me, se non fossi morto per mano mia.
Adesso, che sarebbe stato? Ti avrei amato? Tu mi avresti amato?
Non so più nulla, e francamente ha smesso di importarmene.
Nella notte tu tornavi a tormentarmi con i tuoi baci, i tuoi capelli lunghi sulla punta del mio naso. Mi guardavi come mi hai guardato dopo che ci siamo sdraiati insieme la prima volta, con un sorriso furbo e la voglia di farmi da riparo. Poi diventavi un’arma. Un coltello che mi penetrava a ritmo serrante, che mi squarciava da dentro e risaliva fino al cuore. Era la tua vendetta, mi dicevo.
Ma col senno di poi, credo fosse il tuo modo per scollarmiti di dosso, probabilmente nel tuo nuovo “posto” ti stavo togliendo l’aria con quei miei pensieri dal sapore di anidride carbonica e ferro. Il tuo modo di dire “smettila di pensarmi”.
Tuttavia, quando Lexa mi si palesò di botto con una frase secca e per contro condita da due occhi impregnati di ciò che temetti fosse amore, tu tornasti.
La pellicola lucida che aveva fatto scintillare i suoi occhi mi ricordava quella di un serpente. Ed è così che la sognai.
Mentre tu eri di nuovo su di me quella notte, la pelle della tua schiena sotto i miei polpastrelli, la tua fronte nei miei capelli, d’un tratto sentii un dolore lancinante. Abbassai lo sguardo aspettandomi di trovare la tua virilità oramai affilata come una lama, come al solito, e invece tra le gambe trovai la testa di una serpe.
Un serpente bellissimo, con scaglie dal color verde-grigio, che aveva le mie cosce tra le sue spire.
Che mi mordeva.
E che mentre lo faceva, mi guardava con i suoi occhi. Mi guardava ansimare, urlare di dolore, un dolore così simile al piacere che nemmeno io volevo smettesse.
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Angolo dell'autrice:
Mi sa che verrà fuori una cosa abbastanza malinconica, ma che ci si può fare.
A Jason piace cambiare, ricordate?
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Il giorno in cui ti uccisi, iniziarono i primi sogni. E’ strano come essi influenzino le nostre vite anche quando ci laviamo con la luce del sole.
Si suppone che i raggi che ci investono al mattino cancellino gli affanni della notte, con le loro tristezze e le paure più striscianti, ma per me non è stato così.. Probabilmente, mi si erano attaccati addosso abbastanza da resistere all’aria del mattino, alla puzza dell’accampamento, allo sporco sotto le unghie, al sangue che aveva macchiato il mio coltello. Il tuo sangue.
Adesso mi chiedo cosa ci faccio qui, ma probabilmente era una cosa che doveva succedere. Mi chiedo anche cosa sarebbe successo tra te e me, se non fossi morto per mano mia.
Adesso, che sarebbe stato? Ti avrei amato? Tu mi avresti amato?
Non so più nulla, e francamente ha smesso di importarmene.
Nella notte tu tornavi a tormentarmi con i tuoi baci, i tuoi capelli lunghi sulla punta del mio naso. Mi guardavi come mi hai guardato dopo che ci siamo sdraiati insieme la prima volta, con un sorriso furbo e la voglia di farmi da riparo. Poi diventavi un’arma. Un coltello che mi penetrava a ritmo serrante, che mi squarciava da dentro e risaliva fino al cuore. Era la tua vendetta, mi dicevo.
Ma col senno di poi, credo fosse il tuo modo per scollarmiti di dosso, probabilmente nel tuo nuovo “posto” ti stavo togliendo l’aria con quei miei pensieri dal sapore di anidride carbonica e ferro. Il tuo modo di dire “smettila di pensarmi”.
Tuttavia, quando Lexa mi si palesò di botto con una frase secca e per contro condita da due occhi impregnati di ciò che temetti fosse amore, tu tornasti.
La pellicola lucida che aveva fatto scintillare i suoi occhi mi ricordava quella di un serpente. Ed è così che la sognai.
Mentre tu eri di nuovo su di me quella notte, la pelle della tua schiena sotto i miei polpastrelli, la tua fronte nei miei capelli, d’un tratto sentii un dolore lancinante. Abbassai lo sguardo aspettandomi di trovare la tua virilità oramai affilata come una lama, come al solito, e invece tra le gambe trovai la testa di una serpe.
Un serpente bellissimo, con scaglie dal color verde-grigio, che aveva le mie cosce tra le sue spire.
Che mi mordeva.
E che mentre lo faceva, mi guardava con i suoi occhi. Mi guardava ansimare, urlare di dolore, un dolore così simile al piacere che nemmeno io volevo smettesse.
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Angolo dell'autrice:
Mi sa che verrà fuori una cosa abbastanza malinconica, ma che ci si può fare.
A Jason piace cambiare, ricordate?