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Autore: hedaelisa    11/04/2016    1 recensioni
Il Cancelliere Pike ha raso al suolo un intero villaggio di Grounders e Clarke, l'unica degli Skaikru a voler instaurare una pace duratura fra i due popoli, viene catturata e portata a Polis, dove lo spietato comandante dei Trikru l'attende per giustiziarla.
Ma proprio quando Lexa incrocia quei profondi occhi blu, tutto il suo mondo, basato sul motto "jus drein jus daun", ovvero "sangue chiama sangue", crolla inesorabilmente.
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Prima FF in assoluto, perciò siate buoni :) la storia è raccontata da entrambi i punti di vista.
Apprezzo tantissimo le vostre recensioni e critiche, poiché solo così posso superare i miei limiti e migliorare sempre di più! Buona lettura!
Genere: Guerra, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Clarke Griffin, Lexa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa è la mia prima fanfiction e non potevo che scriverla su di loro, la coppia che più di tutte mi ha fatto sognare con la loro bellissima storia d'amore e che al contempo mi ha fatto soffrire in modi per me impensabili: le Clexa. Le critiche costruttive e positive sono ben accette perché credo che si possa sempre superare i propri limiti e migliorare. Enjoy!
 

POV CLARKE

Aprii gli occhi con cautela, la vista sfocata dopo il forte colpo sulla nuca che mi aveva portata nello stato di incoscienza da cui mi stavo lentamente riprendendo. Non dissi una parola, né mi azzardai a guardarmi intorno. Decisi invece di rimanere immobile, fingendo di essere ancora svenuta. Non potevo farmi assalire dal panico, non in quel momento. I Grounders avevano catturato e preso in ostaggio l'unica persona del mio popolo disposta a stipulare una tregua con loro, ed evitare così ulteriori spargimenti di sangue. Avevo cercato in tutti i modi di impedire alla mia gente di massacrare delle povere vite innocenti solo per dimostrare ai Grounders che eravamo noi quelli forti, quelli da temere. Ma a niente erano servite le mie grida, le mie implorazioni, i miei pianti di fronte alla brutalità del Cancelliere, che aveva ucciso senza pietà quelle povere vite innocenti. Pike era un uomo comandato solo dal ribrezzo e dall'odio nei confronti dei Grounders. Diceva che le sue azioni erano giustificate dalla morte della moglie. L'aveva trovata in una radura desolata, non molto lontana dall'accampamento, lacerata al punto da essere quasi irriconoscibile. Era stato un duro colpo per Pike, che aveva subito attribuito la colpa ai Grounders, definendoli "selvaggi senza cuore, che minacciano la nostra sopravvivenza e che pertanto meritano di morire dopo atroci sofferenze". E ora lui provava piacere nello sterminarli meschinamente, ma dentro di me sapevo che quell'ennesima dimostrazione di potere si sarebbe presto trasformata in una guerra sanguinolenta fra le due parti. E quella guerra sarebbe finita con lo sterminio di tutto il mio popolo, in netta minoranza rispetto ai Grounders. Ma per il momento mi rifiutavo anche solo di pensarci, perché avevo un altro pensiero in testa: dovevo trovare il modo per convincere il loro comandante (Heda, nella lingua dei Grounders) a lasciarmi vivere, e soprattutto pregarlo di non attaccare il mio popolo. Ma come?

Mi stavano portando nella loro capitale, Polis, per essere giustiziata davanti a tutta la popolazione per mano del comandante in persona. Non avevo mai avuto il piacere di incontrare il comandante dei Grounders, e perciò non avevo idea di cosa aspettarmi, non sapevo se sarebbe stato clemente o se invece mi avrebbe tagliato la gola senza nemmeno concedermi il tempo di trovare un modo per salvarmi la pelle. Immersa in quegli spiacevoli pensieri, mi ritrovai ad origliare una conversazione fra i due giganti che mi stavano trascinando, stranamente nella mia lingua.
"Heda non permetterà mai che la passino liscia, soprattutto dopo che il loro capo ha raso al suolo un intero villaggio. Ucciderà questa piccola e insignificante Skaikru e manderà loro la sua testa. Poi tutti e dodici i clan si uniranno per sferrare l'attacco contro questi diavoli che hanno occupato le nostre terre, e di loro non resterà più niente, nemmeno il più piccolo frammento d'unghia." - disse uno.
"Il nostro comandante è così spietato che li spazzerà via in men che non si dica. Lunga vita a Heda!" - rispose quell'altro con fierezza. 
Un coro si levò nel gruppo che mi stava trascinando alla morte, ma non capii cosa stavano dicendo. Quando parlavano nella loro lingua mi sentivo esclusa e impotente, e non mi piaceva affatto quella sensazione. Tutto ciò che riuscii a captare fu "Heda" e una frase che avevo già sentito prima: "Jus drein jus daun", di cui però non conoscevo il significato. Tentai allora una mossa disperata: aprii lentamente un occhio, cercando di rimanere immobile il più possibile e, quando la mia pupilla si abituò alla lieve luce che l'alba stava proiettando, mi guardai intorno. Eravamo sulla cima di una collinetta, circondata solo da alberi alti e scuri. Fu allora che la vidi. Una torre altissima. Polis. La mia morte che si avvicinava sempre di più.

POV LEXA

Il messaggero fece un inchino e lasciò la stanza con passo spedito. Le due guardie richiusero le porte dietro al suo passaggio, lasciando me e Titus in preda alla rabbia e al risentimento. Il Fleimkepa si voltò verso di me con aria minacciosa: "Heda, dobbiamo farla pagare agli Skaikru, non possiamo assolutamente tollerare un simile affronto. Vuoi che convochi gli Ambasciatori per ideare una strategia di attacco?" 
Espirai rumorosamente e volsi lo sguardo verso la finestra, dalla quale entrava una piacevole aria fresca serale. Annuii lentamente e congedai Titus con un cenno della mano. Volevo rimanere da sola, con solo i miei pensieri a tenermi compagnia. Dovevo trovare il modo per sfondare i ranghi dell'accampamento del popolo del cielo senza perdere troppi soldati. Il grosso svantaggio erano le loro armi da fuoco, capaci di annientarci troppo facilmente e da lunga distanza. Esse, tuttavia, potevano rivelarsi anche un enorme vantaggio, perché prima o poi gli Skaikru avrebbero terminato i proiettili, e allora annientarli sarebbe stato un gioco da ragazzi.
Ripensai alle parole del messaggero: "Mia Heda, un intero villaggio sul confine nord-ovest è stato raso al suolo dagli Skaikru. Una pattuglia nelle vicinanze è riuscita a catturare una dei loro e la stanno trascinando qui per rendere giustizia alle vite strappate". Chiusi gli occhi lentamente, assaporando la sete di vendetta che si era fatta largo dentro di me. Donne, bambini, anziani e altri innocenti erano stati privati delle loro vite per mandarmi un messaggio: "non avete alcuna possibilità contro noi e le nostre armi". Avrei trovato molto giovamento e soddisfazione nel rispondere a quella provocazione. Riuscivo già ad immaginare la loro reazione, quando avrebbero trovato le parti del corpo dell'ostaggio sparse per tutto il confine esterno del loro accampamento. Mi ripetei il motto del mio popolo lentamente e ripetutamente, come per imprimerlo a fuoco nella mia anima. "Jus drein, jus daun", che significa "sangue chiama sangue".

   
 
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