Storie originali > Avventura
Segui la storia  |       
Autore: Emmastory    11/04/2016    2 recensioni
La bianca lupa Runa, ora protetta dal suo branco e da un amore che non cesserà mai di esistere, continua il suo viaggio alla ricerca delle sue radici. Ne è completamente all'oscuro, ma gli umani, odiati dal suo intero branco, potranno un giorno rivelarsi la chiave del mistero che tenta di risolvere. Lei ha fiducia in loro, e muovendosi controcorrente, ignora i pregiudizi che circondano tali creature. (Seguito di Luna d'argento: Primordio notturno)
Genere: Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Luna d'argento'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Luna-d-argento-II-mod
 
 
Capitolo II

Le ali dell’amicizia

L’inverno era ormai arrivato, soppiantando l’autunno e dando spazio alla bianca e candida neve, che cadendo, andava a posarsi sul terreno. In breve, il verde veniva sostituito dal bianco. Attorno a me non c’era che il perfetto e religioso silenzio della natura, e camminando, lasciavo le mie impronte in quella chiara coltre. Ad ogni modo, non era da sola. I miei figli Murdoch e Cora mi seguono tacitamente, e attendendo nuovi ordini da parte mia, tacciono come addormentati. I minuti scorrono, e il fruscio di alcuni rami risveglia i nostri sensi. Di fronte a noi una piccola volpe, che guardandoci con i suoi occhi color nocciola, prega perché la sua vita venga risparmiata. Ringhiando leggermente, Cora cerca di allontanarla, ma irrigidendomi, le impongo di smetterla. Obbedendo a quella sorta di ordine, mia figlia tace nuovamente, e riprendendo il suo cammino, continua a seguirmi. “Cosa credevi di fare?” le chiedo, spostando il mio sguardo su di lei e parlando in tono serio, quasi volendo redarguirla. Per mia sfortuna, quell’interrogativo non trova una risposta, e attendendo in silenzio, non accenno a fermarmi. “Non devi mai ferire un debole.” Le dissi, disturbando la quiete della foresta e fornendole un consiglio che sperai riuscisse a ricordare. Seppur lentamente, lasciai poi che il mio sguardo si posasse sul terreno, e abbassando il capo, fiutai un odore. Alcune tracce lasciate nella neve fresca, orme che ricordavo di aver già visto. “Venite.” Dissi, invitando i miei figli ad unirsi a me nel viaggio che ci avrebbe condotto in un luogo da me conosciuto. Correndo, visualizzai mentalmente la mia meta, e non appena la raggiunsi, arrestai la mia corsa. Fatti pochi passi in avanti, ululai, e in risposta udii il bubolare di un gufo. Owen. Notandomi, volò fino a entrare nel mio campo visivo, e subito dopo, scese in picchiata, raggiungendo il suolo e iniziando a zampettare nella neve. “Chi sono? Amici?” chiese, guardando i miei figli con aria spaesata e confusa. Sorridendo leggermente, presi un respiro profondo, e parlando, dissi tutta la verità. “Avevi ragione, e loro sono i miei figli.” Ammisi, incontrando il suo sguardo e le sue auree iridi per un singolo e sporadico attimo. “Ora si spiega tutto.” Continuò lui, esprimendosi in maniera alquanto enigmatica. Mantenendo il silenzio, lo guardai senza capire. “Nei mesi autunnali il tuo ululato ho sentito, e grazie alla gioia il tuo dolore è svanito.” Aggiunse, adoperando rime che avevo imparato a conoscere e amare. Ad ogni modo, tale stratagemma di comunicazione divertì mia figlia, e spostando il mio sguardo e la mia attenzione su di lei, non potei fare a meno di ridere a mia volta. Silenzioso come era solito essere, Owen non faceva che fissarci, e scuotendo leggermente il capo, notai la presenza di un particolare nella neve. Oggetti piccoli e vagamente somiglianti a sassi, rilucevano a contatto con il timido e tiepido sole, e sembravano essere appena stati fatti a pezzi. Chinando il capo, mio figlio Murdoch si fermò per annusarli, e ritraendosi, mi invitò a fare lo stesso. Sfortuna volle che quell’odore non riportasse alla mia mente nessun ricordo, e stanca di provare a risolvere tale mistero, guardai di nuovo il mio alato amico. “Come sta India?” gli chiesi, per poi tacere nell’attesa di una sua risposta. “Mi avete scoperto.” Rispose, tentando forse con quelle parole di depistarci. “Quelle sono, o meglio erano, le sue uova.” Continuò, rivelando con quella semplice e triste frase una forse scomoda verità. “Cos’è successo?” indagò Cora, spinta da una comprensibile e genuina curiosità. “Sono diventato padre, ma solo uno è sopravvissuto.” Disse poi, riprendendo la parola e parlando in tono mesto.” Avvicinandomi, sfiorai la sua ala con una zampa, mio modo di dirgli che mi dispiaceva. “Volete vederlo?” si informò, sperando nella positività di una nostra risposta. Mantenendo il silenzio, ci limitammo ad annuire, e seguendo il suo volo, giungemmo al suo nido. Volgendo il mio sguardo verso una forte quercia, notai il suo caldo nido, nel quale la moglie India giaceva intenta a nutrire il proprio piccolo. Spettacolo disgustoso agli occhi di Murdoch e Cora, ma completamente naturale ai miei. Fu quindi questione di un attimo, e abbandonando il piccolo, India ci raggiunse volando elegantemente verso di noi. Non appena la vidi, ne rimasi colpita. Il suo piumaggio scuro risaltava con il sole, e gli occhi sembravano brillare di felicità. “Tu devi essere Runa.” Esordì, avvicinandosi lentamente e scambiandosi con il marito una veloce occhiata d’intesa. “Esatto.” Risposi, indietreggiando di qualche passo al solo scopo di inchinarmi per gioco di fronte a lei. “Il gufetto lassù è il nostro Casper. Disse, sollevando leggermente un’ala al fine di indicarcelo. Spostando lo sguardo in quella direzione, lo vidi. Il loro unico figlio, una creatura dolce e indifesa, che solo con la crescita avrebbe potuto imparare a difendersi dai pericoli e dai predatori che dominavano il bosco. Avevo appreso da Owen che non aveva dei fratelli, ma a quanto sembrava, quello era forse il minore dei mali. Ad ogni modo, il pomeriggio sfumò nell’ imbrunire, e con il suo arrivo, tutti noi ci congedammo dai nostri cari amici. La mia vita continuava, e la calma instaurava il suo regno. Giunta alla mia tana, mi acquattai in un angolo per dormire, e scivolando nel sonno, mi convinsi di poter volare sulle ali della fantasia e dell’amicizia, un legame che mai avrei spezzato.
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Avventura / Vai alla pagina dell'autore: Emmastory