Vita
Ferite,
che lacerano l’anima.
Cadono in un mare di sangue
e rugiada,
come farfalle schiacciate dal vento.
Sbattono le ali,
disperate,
cercano di rialzarsi, di volare
ancora,
ma il sangue le trattiene,
viscoso,
inesorabile.
Anelano al cielo azzurro
lontano
e irraggiungibile;
i suoi occhi di cristallo
le fissano,
misere prigioniere
delle loro sofferenze.
Le antenne smorzano a poco a poco
l’alito di vita
che ancora le smuove;
e gli occhi,
scuri,
tristi,
vivi,
annegano nel silenzio
delle loro urla mute,
i corpicini dilaniati,
feriti,
straziati,
chiedono riposo,
un lento oblio senza fine.
Eppure, eppure,
non riescono a rassegnarsi,
a smettere di anelare ancora un pò di cielo,
per volare solo un’altra volta
- solo una -
e provare, - ricordarsi -
l’ebbrezza di quel volo,
quell’immensa avventura
che qualcuno più grande di loro
ha chiamato
vita.