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Autore: _only_ hope_    15/04/2016    2 recensioni
Amelia Shepherd, determinata bambina di sette anni, decide di andare a giocare con la neve.
Il problema sorge quando non dice a nessuno che è uscita.
Riuscirà Derek a ritrovarla?
Che cosa c'entra papà Shepherd in tutto questo? (non fatevi illusioni, non è vivo...)
[Questa storia partecipa al contest "Let it snow, let it snow, let it snow" indetto da sasuk8 sul forum di EFP]
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Amelia Shepherd, Derek Sheperd
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'I giorni in cui eravamo a New York'
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Il giorno in cui perdemmo Amy

Il giorno in cui perdemmo Amy



Derek! Derek! Sveglia, sveglia, sveglia!” una vocina risuonò per l'intera abitazione della famiglia Shepherd, forte e chiara, felice come non accadeva da molto tempo.

Mamma, è domenica: lasciami dormire...” protestò l'interessato da sotto al piumone color grigio, mentre la bambina, con la testolina infilata nella fessura che si era creata tra la porta e lo stipite, ridacchiava.

Non sono la mamma!” puntualizzò tra le risate, ma prestò i suoi occhioni blu si rabbuiarono, dato che le sue orecchie non avevano udito risposta.

Dereeeek!” l'intensità della voce della piccola di sette anni si acutizzò nuovamente, mentre dalla stanza adiacente giungeva un nuovo grido di protesta.

Amelia, cazzo, zittisciti!” le spalle della bambina si abbassarono all'istante e gli occhi cominciarono a bagnarsi, perché Lizzie la trattava sempre male.

Non si dicono le parolacce.” sussurrò la piccola, mentre lentamente si richiudeva la porta della stanza del fratello alle spalle e ritornava con la coda tra le gambe nella sua stanzetta, con i pantaloni del pigiama a righe gialle e viola che spazzavano il pavimento a causa della loro eccessiva lunghezza.

Grazie, Liz!” le voci di Kate e Nancy la raggiunsero e le sbatterono il morale definitivamente a terra. Derek, intanto, continuava a dormire.

Ogni domenica si presentava la stessa scena: la minore dei fratelli Shepherd si svegliava alle sette del mattino e, poiché la mamma non sarebbe rientrata prima delle nove dal turno di notte in ospedale e tutti gli altri dormivano, lei finiva per rimanere da sola.

Amelia sbuffò, mentre prendeva il libro dal comodino, dove lo aveva lasciato, si infilava nuovamente sotto le coperte e tentava di riprendere la lettura: per sua sfortuna, non ci riuscì; o, più correttamente, scandì sottovoce la stessa frase per dieci volte.

Il suo papà lo prese in braccio.

In quel momento avrebbe voluto trovarsi nei panni del protagonista, rifugiarsi nell'abbraccio del padre, stringerlo forte, dargli un bacio sulla guancia: si morse il labbro inferiore per non scoppiare a piangere – i suoi compagni di classe la prendevano sempre in giro quando le lacrime sgorgavano senza che lei volesse, come in realtà agivano anche le maggiori delle sue sorelle. In quel momento, per distrarsi, la bimba portò lo sguardo verso la finestra, e improvvisamente ricordò perché era corsa da Derek.

Si affrettò ad arrampicarsi sul davanzale del grande vetro e schiacciò contro quest'ultimo il naso e i palmi delle mani, mentre la bocca si socchiudeva affascinata: piccoli puntini bianchi scendevano lentamente, danzando al ritmo del vento. A terra tutto era ricoperto di bianco: persino gli alti e tetri grattacieli avevano perso un po' del loro grigiore. Sui marciapiedi, inoltre, era ammonticchiato almeno mezzo metro di fiocchi schiacciati l'uno contro l'altro, e tutti esortavano Amelia a gran voce ad unirsi a loro per una battaglia a palle di neve. Sarebbe stato divertente anche buttarsi di peso sulla soffice montagna e scavare un angelo: con il suo papà lo faceva sempre.

Papà, vieni fuori a giocare con me?” chiese, alzando lo sguardo verso il cielo. “Oppure non puoi scendere perché ci sono troppe nuvole?” proseguì, non ottenendo risposta. “Ok, fai come vuoi...” sussurrò poco dopo, abbattuta. “Sai per caso dove la mamma ha nascosto la tuta da sci?” ancora nessuna risposta: forse Derek le aveva mentito, il suo papà non la poteva sentire... Sennò le avrebbe risposto, no?

Sbuffò, decisa ad arrangiarsi, come sempre: si tuffò nel suo armadio e dopo qualche minuto di ricerca trovò dei vestiti che giudicò adatti: due felpe enormi e i pantaloni pesanti della tuta rosa. Li infilò, felice: non badò al fatto che i tre metri quadrati del pavimento della sua cameretta fossero interamente coperti di abiti colorati.

Giunta nell'ingresso, Amelia infilò la giacca impermeabile, la sciarpa di lana, il cappello, i guanti e le scarpe da ginnastica, poi uscì sbattendosi la porta alle spalle: nessuno udì quel rumore, neppure le altre tre famiglie presenti nel condominio.

La bambina rideva mentre scendeva le scale, ed il sorriso non la abbandonò neppure quando giunse in giardino: lì l'accolse il silenzio.

Prima della morte del suo papà non aveva mai notato che la città tacesse quando nevicava: aveva imparato ad apprezzarlo da un paio d'anni, da quando, a causa della sparatoria, aveva iniziato ad essere terrorizzata dai suoni forti. Per un anno, quasi ogni notte si era infilata nel letto di Derek di soppiatto dopo aver udito i rumori che popolavano la notte: con il buio, infatti, ogni suono si amplificava, e neppure accendere la luce era in grado di placare il suo cuore che batteva quasi come se fosse in fibrillazione. Solo la neve ne era capace, assieme all'abbraccio del suo fratellone.

Lentamente, i fiocchi danzanti cominciarono ad atterrare sui lunghi capelli mori di Amelia, mentre lei iniziava a volteggiare e a correre felice: i suoi fratelli non sapevano che cosa si perdevano. Tanto, lei si divertiva anche da sola; anzi, si divertiva di più.

Giocò alla casetta, vide il suo papà che la costruiva assieme a lei, poi gli servì il tè e assieme si buttarono a pancia in giù nella neve: era tutto così perfetto; era felice.

Finché, circa un'ora dopo, un camion spazzaneve non percorse il viale che costeggiava il giardino del condominio: l'intermittente e prolungato rumore delle catene che cozzavano contro l'asfalto portò la bambina a sussultare e successivamente a tremare; si rifugiò nel suo igloo, ed improvvisamente ritornò alla realtà. Al suo papà avevano sparato; non era lì con lei.

Amelia restò lì, accoccolata in posizione fetale nella neve fresca che continuava a cadere, le lacrime che le si ghiacciavano sul volto, i vestiti che si inzuppavano. Il camion percorse quel tragitto altre tre volte, e ad ognuna la bambina si tappava le orecchie con più forza.

Talmente tanta che ad un certo punto percepì soltanto il suono del suo respiro non regolare.

Amelia!” la chiamavano intanto le sue sorelle e la sua mamma.

Amy, dove ti sei cacciata?” sussurrava invece Derek, mentre odiava se stesso per non essere riuscito a proteggerla. Di nuovo.

Aveva percorso l'intero isolato, ma di Amelia nessuna traccia; anche Liz, Kate e Nancy erano in strada, anche loro erano scosse. Nessuno di loro si era accorto dell'assenza della sorellina finché Carolyn, dopo essere rientrata, non era andata a cercare la piccola per stringerla in un abbraccio.

Mentre la cercavano ovunque, i fratelli Shepherd non potevano fare a meno di pensare al corpicino della piccola steso senza vita sull'asfalto; spesso odiavano Amelia ed il suo essere una bambina ingenua, sognatrice e vitale, ma non riuscivano ad immaginarsi una vita senza di lei. Dopotutto, però, fino a due anni prima non riuscivano a pensare neanche a come sarebbe stato senza il loro papà.

La neve aveva ormai inzuppato il corpo di Derek, compresi i suoi capelli indomabili, così i suoi piedi lo riportarono in casa a sedersi a gambe incrociate accanto al camino, vicino alla grande finestra che dava sul giardino.

Sono Amy... dove mi vado a cacciare? Sono Amy...

Si trattava di sua sorella: la conosceva, dannazione! Avrebbe dovuto riuscire a mettersi nei suoi panni!

Fu in quel momento di disperazione che il giovane notò un piccolo angelo di neve ormai quasi sommerso: gridò e si alzò di scatto, rovesciando la tazza di tè caldo che la madre gli stava porgendo, per poi correre al piano inferiore senza infilarsi né gli stivali, né il cappotto.

Fu così che trovò la porta dell'igloo, e si sorprese che la costruzione avesse retto.

Amy?” sussurrò, entrando, e per un momento pensò che lei fosse morta congelata: lo guardava ad occhi spalancati, ma non lo vedeva. Derek ci mise alcuni secondi per accorgersi del fatto che stava respirando.

Amy?” ripeté.

Se n'è andato?” chiese lei, e il fratello dovette avvicinarsi per udirla: in un attimo furono occhi negli occhi, naso contro naso. Le tolse delicatamente le mani dalle orecchie, per poi stringerle tra le sue.

Chi?” le chiese.

Quel rumore...”

Cosa ha fatto?”

Mi voleva fare del male.”

Nessuno ti farà del male: ci sono qui io ora.” commentò, mentre la piccola si rannicchiava contro di lui.

Anche papà lo diceva, ma lui non c'è più.”

Il fratello non rispose: la pensava esattamente come lei.

In quel momento vide davanti ai suoi occhi una frase letta sul quaderno di filosofia europea di Addison, la quale recitava ‘La felicità è di coloro che sono sufficienti a sé medesimi’: ricordò come lo avesse colpito, e, steso nella neve gelida di fronte alla sorella, comprese quanto fosse vera. Lui e Amelia non riuscivano ad essere felici perché avevano bisogno del loro papà, che però era morto.

Cambiò argomento. “Sei gelata, Amy: come minimo ti sei buscata un raffreddore.” come a conferma delle sue prole, udì la bimba starnutire. “Senza contare che sono tutti preoccupatissimi: sei sparita.” aggiunse.

Tu non volevi venire a giocare con me nella neve...” Amelia lasciò in sospeso la frase, perché si ricordò di un altro particolare. “Ho fatto un disastro in camera!” esclamò, balzando a sedere.

Ho visto. Mamma si arrabbierà anche per quello: stanne certa.”

La sorella sorrise, furbetta. “Mi aiuti tu a mettere in ordine?”

Derek sorrise, intenerito, e per un attimo pensò di cedere: in fondo, la causa scatenante degli eventi di quella mattina era stato lui.

Assolutamente no.” rispose alla fine, solo per il gusto di vedere l'adorabile broncio che spuntò poco dopo sul suo faccino.

Sapevano entrambi che l'avrebbe aiutata.

Dai, andiamo!” esclamò, trascinandola fuori e prendendola per mano.

Si sarebbero preoccupati più tardi del disordine; in fondo, sapevano che parlarne era stata soltanto una scusa per lasciar cadere l'argomento “papà”.

Quando Amelia entrò in casa, mano nella mano con Derek, sua madre l'abbracciò stretta stretta, e persino le sue sorelle, che non la sopportavano quasi mai, agirono allo stesso modo: si strinsero in un abbraccio di gruppo, e tutte le paure scivolarono via.

Intanto, in giardino, l'angelo di neve Amelia e quello papà scomparivano alla vista.





Angoletto di Hope-barra-Gio:

Questa storia è stata scritta perché io amo Derek e Amelia, adoro il rapporto che hanno. E perché nesuno ci ha mai raccontato nulla del loro passato.
La citazione filosofica sul quaderno di Addie è di Aistotele: l'ho scelta tra le altre citazioni proposte da sasuk8. La neve, invece, era il tema del contest (e mi sono buttata soprattutto perché di neve quest'inverno non ce n'è stata abbastanza u.u). Sta di fatto che in questo periodo sembra che io scriva solo se ho un tema datomi da un contest ;)
Beh, spero che abbiate gradito la FanFiction: fatemi sapere che cosa ne pensate!
Alla prossima :)

  
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