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Autore: mendingmysoul    16/04/2016    0 recensioni
A volte basta un attimo, un solo istante per comprendere che, forse, tra loro non c'è solo amicizia.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
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"Che idiota!" commentò con enfasi il mio migliore amico quando ebbi terminato il mio racconto. Il mio ragazzo mi aveva dato buca per l'ennesima volta e io, ovviamente, iniziavo a perdere la fiducia nei suoi confronti. Sospettavo che mi tradisse da qualche mese ormai, ma non ne avevo prove certe, dunque con lui fingevo che tutto andasse bene, quando in realtà piangevo una sera sì e l'altra anche. Tuttavia, quel giorno avevo deciso che non mi sarei depressa nella mia stanza, così mi ero precipitata a casa di Leonardo ed in quel momento eravamo abbracciati sul suo letto. Il suo petto poggiava sulla mia schiena, mentre un suo braccio mi stringeva, ma senza farmi male. Giocava distrattamente con l'orlo della manica della mia maglietta, mentre io fissavo un punto indefinito della parete. Eravamo entrambi in silenzio, ma non mi sentivo a disagio. Con lui, ogni cosa era perfetta. "Hai voglia di fare qualcosa? Scusa se sono piombata qui senza preavviso, specialmente nella tua ora quotidiana di studio. Se tuo padre venisse..." iniziai a blaterare, ma smisi immediatamente quando il ragazzo alle mie spalle sghignazzò leggermente e mi strinse ancor di più. "Rilassati, Mati. Mio padre non è nemmeno a casa e poi non devi mai più scusarti per una cosa del genere: lo sai che ci sono e ci sarò sempre per te" mi rassicurò. Rilasciai un sospiro di sollievo. Io e i suoi genitori non andavamo molto d'accordo, dato che pensavano fossi solo una distrazione per il figlio. Con sua madre avevo alcune conversazioni civili, ogni tanto, ma suo padre mi terrorizzava: ogni volta che mi vedeva mi rivolgeva un'occhiata di puro disprezzo o accennava qualcosa sul mio abbigliamento a dir poco deplorevole. "Ehi, perché sei così tesa? Mio padre ti ha detto qualcosa l'ultima volta?" mi chiese accigliandosi. Era nervoso e irritato, lo percepivo dal tono grave della sua voce. Io chiusi gli occhi e scossi la testa, ormai completamente affondata nel cuscino. Leonardo mi stava guardando in silenzio: il suo sguardo marchiava la mia pelle come fosse fuoco. Non dovevo aprire gli occhi o mi avrebbe fregata. Quei suoi occhi color ambra mi incastravano sempre con la loro intensità e il loro repentino cambio di colore. Era persino riuscito a farmi mangiare le patatine frullate con la Coca Cola. Inutile dire che ero stata male per i tre giorni successivi. Prese a pizzicarmi il braccio nel tentativo di farmi girare. "Apri gli occhi e giurami che non ti ha detto nulla di offensivo" mi sussurrò a pochi millimetri dal mio orecchio. La mia spina dorsale venne percorsa da un brivido e rotolai di scatto su un fianco per porre una certa distanza tra noi, confusa e desiderosa di far luce su quella strana sensazione. Per un attimo, sentii che qualcosa non andava, prima di ritrovarmi spalmata sul pavimento della sua camera. Accidenti! Mi rialzai barcollando e, senza guardarlo, borbottai una scusa per andarmene. Sgattaiolai fuori dalla sua stanza e feci per raggiungere la porta, quando il braccio di Leonardo mi sbarrò la strada. "Cos'è successo?" mi domandò, sistemandosi gli occhiali. Vorrei saperlo anch'io. Avrei voluto rispondergli con queste semplici parole, ma rimasero incastrate nella mia gola, che si fece secca e arida. Il riflesso delle lenti dei suoi occhiali mi permise di notare come la preoccupazione fece dilatare le sue pupille, scurendo l'ottava meraviglia del mondo. Concentrati, Matilde! Inspirai lentamente cercando di rallentare la mia frequenza cardiaca. Deglutii a vuoto, improvvisamente a disagio. Andiamo! Fatti coraggio ed esci. Ora. Tentai di superarlo stringendo la maniglia, ma la sua mano bollente sul mio polso mi fece voltare. Piegò la testa verso destra, tentando di leggermi dentro. Purtroppo per me, era bravo nel farlo. Mi guardava in cerca di risposte che sentivo di non avere. In quel momento, preferivo rispondere prima a me stessa. Mossi il polso per liberarmi, ma Leonardo strinse la presa, sempre senza farmi male. Il suo tocco era forte e delicato allo stesso tempo: pareva surreale. "Di cosa hai paura, Matilde?" Aveva utilizzato il mio nome intero. Brutto segno. La cosa strana è che il mio nome pronunciato dalle sue labbra inviò un'ulteriore scarica di brividi lungo la mia schiena e mi fece venire la pelle d'oca. Abbassai la testa. "Ti prego, Leonardo," mormorai "devo andare" Sentii la sua mano lasciare il mio polso, prima che si avvicinasse a me e mi sollevasse il mento con l'indice. I nostri occhi si incontrarono, mentre i miei si stavano lentamente appannando per via delle lacrime che, di lì a poco, avrebbero bagnato le mie guance. Il mio migliore amico sospirò, facendo un passo indietro e girando la testa di lato. Non mi guardò mentre spalancai la porta e corsi lungo la rampa di scale. I miei passi rimbombarono nell'intero condominio rendendo ancora più pesante la mia fuga. No, io non stavo fuggendo. Mi stavo allontanando da una situazione che non ero in grado di sostenere o che, forse, non volevo accettare. Finalmente, raggiunsi l'attico in cui vivevo con i miei genitori. Per fortuna, entrambi erano troppo impegnati per badare a me, così corsi nella mia stanza, senza salutare nessuno. Avevo bisogno di restare sola.
   
 
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