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Autore: Soly_D    17/04/2016    5 recensioni
[Fanfiction partecipante allo StingYu Day indetto dal forum FairyPiece - Fanfiction&Images]
#01. Stranger – Era bella. Fiera, determinata e probabilmente forte, ma soprattutto bella. Bella nel suo tripudio di bianco e di luce.
#02. Friendship – «Hai sempre voluto vedere del buono in me, Yukino, fin dalla prima volta in cui ci siamo incontrati. Perché?».
#03. Crush – «Ti saresti potuta unire a Fairy Tail [...] Ma hai scelto Sabertooth».
#04. Fondness – «Posso capirli, in un certo senso. Domani potremmo essere morti. Perché sprecare del tempo prezioso?».
#05. Devotion – «Guardaci, master! Siamo feriti, esausti, siamo stati crocifissi, eppure siamo ancora vivi!».
#06. Love – Fare di nuovo l’amore, sposarsi e avere figli e nipoti e invecchiare insieme.
[StingYu♥] [Vaghi SPOILER sugli ultimi capitoli del manga]
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sting Eucliffe, Sting/Yukino, Yukino Aguria
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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From strangers to lovers
[StingYu Day 2016]



A happy couple is not a ‘perfect couple’ that comes together, but an imperfect couple that learns to enjoy each other’s differences, and works together every day to create something special. In other words, a great relationship isn’t luck and doesn’t just happen – it requires effort and care to endure and evolve in ways that keep both partners fulfilled.




#01. StrangerA person whom one does not know or with whom one is not familiar.

La prima volta che lei aveva varcato le porte di Sabertooth, Sting, seduto a tavola e intento a dialogare con Rogue, si era ammutolito tutto d’un tratto, lo sguardo fisso sulla nuova arrivata che avanzava nella gilda con passo lento e cadenzato.
In vita sua Sting non aveva mai, mai visto un tale tripudio di bianco.
I capelli a caschetto, ornati da un’elegante rosa blu posta sul lato della testa, erano così chiari e lucidi che sembravano emanare luccichii argentei; incorniciavano un viso dai tratti dolci e un paio di grandi occhi castani che guardavano orgogliosi davanti a sé. Il vestito corto e scollato, di un bianco candido, pulitissimo, evidenziava con grazia il suo fisico snello, dal seno prosperoso alla vita stretta e ai fianchi morbidi. Ai piedi calzava un paio di stivali con il tacco, altrettanto bianchi, mentre un mantello dello stesso colore avvolgeva la sua elegante figura, terminando in più punte che sfioravano il pavimento ad ogni passo.
Era bella. Fiera, determinata e probabilmente forte, ma soprattutto bella. Bella nel suo tripudio di bianco e di luce.
Un ghigno si delineò sul viso di Sting. Con una bellezza del genere nella gilda, ci sarebbe stato da divertirsi.
Aspettò che master Jienma la presentasse agli altri e, quando la vide accomodarsi al fianco di Minerva, la raggiunse da dietro.
«Sting Eucliffe», si presentò porgendole una mano.
La maga si voltò a guardarlo da sotto le lunghe ciglia chiare, stringendogli la mano. Sorrise appena e a Sting parve ancora più bella. «Lo so, sei uno dei due Draghi Gemelli».
«Esattamente», rispose Sting, orgoglioso della fama che si stava costruendo. «Io e Rogue siamo Dragon Slayer».
«Dragon Slayer?», chiese perplessa la maga.
«Significa che siamo stati allenati da un drago».
Lei sgranò gli occhi, evidentemente non era a conoscenza della loro storia.
«Draghi?! Credevo che “Draghi Gemelli” fosse solo un soprannome!».
Sting ghignò. «No, affatto. Il mio drago si chiamava Weisslogia. Era come un padre per me».
La maga lo scrutò per qualche secondo alla ricerca di chissà cosa. «...era?».
«Sì, l’ho ucciso». Sting lo disse senza indugio, con disinvoltura, credendo che quelle parole l’avrebbero impressionata, invece l’espressione della sua interlocutrice non cambiò di una virgola.
«Con che coraggio hai ucciso tuo padre, Sting-sama?». Il tono della domanda non era accusatorio, la sua sembrava pura e semplice curiosità.
«L’ho dovuto fare», rispose Sting. Non ricordava molto di quel giorno, solo immagini sfocate e poco nitide, ma sapeva per certo di averlo ucciso con le sue stesse mani. «Sai, per diventare più forte...».
«Tu pensi che valga la pena uccidere il proprio padre per diventare più forte?», chiese ancora la nuova arrivata, questa volta con tono più insistente.
Sting si sentì infastidito. Non gli piaceva essere messo alle strette in quel modo.
«Sì», rispose convinto.
Lei attese qualche secondo, poi parlò. «Non è vero».
«Sì che è vero!», si impuntò Sting.
«Stai stringendo i pugni», gli fece notare la maga, indicando con lo sguardo le nocche sbiancate per lo sforzo. «Sei teso, non pensi davvero quello che stai dicendo. E poi, quando l’hai nominato, i tuoi occhi hanno brillato per un attimo».
Sting aprì la bocca per ribattere, ma non gli venne fuori alcun suono. Odiava essere psicanalizzato in quel modo, tantomeno da una sconosciuta. Non era il master, ma pretendeva comunque un certo rispetto, dato che lui in quella gilda ci stava da molto più tempo di lei. E invece quella ragazza lo stava trattando come uno stupido marmocchio. Poggiò il gomito sul tavolo e si piegò verso di lei fino ad arrivare ad un palmo dal suo naso.
«Chi diavolo ti credi di essere, eh? Cosa ne sai tu di me?», sibilò, lo sguardo duro e la fronte aggrottata. «Non sai nulla... nulla».
«Perdonami», disse allora lei, arrossendo appena sulle guance. «Evidentemente devo essermi sbagliata». Gli sorrise in segno di scuse e Sting, di fronte a quegli occhi dolci, non riuscì a mantenere un’espressione arrabbiata. Aveva ottenuto ciò che voleva, eppure non si sentiva soddisfatto. Distese la fronte e si risollevò in piedi, ticchettando le dita sul tavolo.
«Non mi hai detto il tuo nome».
«Yukino», rispose la maga. «Mi chiamo Yukino Aguria. Sono una maga degli Spiriti Stellari».
Yukino, ripetè Sting mentalmente.
Yukino, insopportabilmente bella e intelligente. Yukino, che l’aveva fatto sentire piccolo, umiliato, indifeso con poche e semplici parole. Yukino, che era stata in grado di penetrare fino in fondo al suo cuore, abbattere tutte le sue false – perché lo sapeva, Sting, che erano false − certezze e tirare fuori la verità con un solo sguardo.
E chissà quante e quali altre sfumature, tutte ancora da scoprire, si celavano in quel tripudio di bianco che rispondeva al nome di Yukino.
Da quel giorno il bianco divenne il colore preferito di Sting.



#02. Friendship A relationship of mutual affection.

«Togliti i vestiti».
«Sì, come desidera».
Yukino si sfilò il mantello con un movimento fluido e lo lasciò cadere per terra, poi portò le mani dietro la schiena per aprire la zip del corpetto e anche questo scivolò sul pavimento, subito seguito dalla gonna e dagli stivali.
Con un po’ di difficoltà dovuta al tremore, si sfilò anche il reggiseno e gli slip. Quando rimase completamente nuda, si coprì il seno con le braccia, ma ciò servì a poco, dato che lo sguardo di ogni singolo membro di Sabertooth era fisso sul suo corpo nudo.
Arrossì sulle guance e sentì gli occhi umidi, non tanto per l’imbarazzo di essersi dovuta spogliare davanti a tutti, ma per la vergogna bruciante di essere stata appena espulsa da Sabertooth.
Aveva fallito, aveva deluso tutti. Era giusto essere trattata in quel modo dopo una sconfitta del genere, no?
«Il marchio della gilda... cancellalo», le ordinò il master senza pietà.
«Sì». Yukino fece come le era stato detto e, quando il suo addome tornò immacolato, libero da quel tatuaggio che aveva custodito gelosamente al di sotto dei vestiti e che era stato la sua più grande forza e la sua peggiore colpa, si inginocchiò ai piedi di Jienma.
«È stato solo per poco tempo, ma... grazie di tutto», si sentì in dovere di dire.
«Sparisci dalla mia vista, rifiuto».
Con un sospiro Yukino si alzò in piedi e, cercando di coprirsi malamente con le mani, si fece spazio tra i membri della gilda e sparì nel corridoio.
Barcollò per alcuni metri, incespicando nei suoi stessi piedi a causa della vista offuscata, ma le lacrime presero presto il sopravvento e si ritrovò ad accasciarsi lungo la parete. Si strinse le gambe al petto scosso dai singhiozzi e si abbracciò, nascondendo la testa contro le cosce.
Aveva perso tutto. Da quel momento non ci sarebbero state più missioni, non avrebbe più avuto una casa a cui fare ritorno. Dove sarebbe andata? Chi l’avrebbe accolta? Quale altra gilda avrebbe potuto accettare una perdente?
Sobbalzò dalla paura quando sentì addosso un qualcosa che sembrava stoffa e, nel rialzare gli occhi pieni di lacrime, vide Sting che la guardava dall’alto con aria di rimprovero.
Le aveva dato il suo gilet.
«Perché?», chiese Yukino tirando su col naso.
«Sbrigati ad andartene o il master si arrabbierà», le disse lui evitando il suo sguardo.
Yukino si asciugò gli occhi con il dorso della mano e si rialzò a fatica, sistemandosi il gilet di Sting a mo’ di vestito, in modo da coprirsi tutto il busto.
«Grazie», sussurrò.
«Non ringraziarmi», rispose Sting minimizzando con un gesto veloce della mano. «Ora vai».
Yukino si voltò e riprese a camminare verso il fondo del corridoio. Fatti pochi passi, però, si bloccò, avvertendo il bisogno di voltarsi a guardare Sting. La stava guardando anche lui e quello confermò la sua opinione.
«Sei diverso da loro, Sting-sama».
Il Dragon Slayer piegò le labbra in un sorriso amaro. «Hai sempre voluto vedere del buono in me, Yukino, fin dalla prima volta in cui ci siamo incontrati. Perché?».
«È solo quello che sento», rispose lei, stringendosi nel gilet. Era caldo e comodo, la pelliccia le solleticava piacevolmente la pelle. «Se non ci fosse del buono in te, non saresti venuto fin qui e ora non staremmo a parlarne».
Sting si portò una mano tra i capelli, visibilmente combattuto. «Non posso aiutarti, Yukino...».
«Hai già fatto abbastanza». Sting era quanto di più vicino ad un amico avesse mai avuto. Aveva creduto in lei, le era stato accanto fino all’ultimo. Yukino gli sorrise, poi si voltò e riprese a camminare. «Addio, Sting-sama», concluse, sentendo le lacrime rigarle le guance.
«Addio, Yukino», sussurrò Sting più a se stesso.
E guardando la figura della maga allontanarsi con il proprio gilet addosso, il Dragon Slayer immaginò una Sabertooth diversa, una Sabertooth forte e determinata, ma che non umiliava i suoi membri, che se ne prendeva cura, che li proteggeva. Immaginò una Sabertooth più simile a Fairy Tail, fondata sull’amicizia.
Che stupidaggine, pensò. L’amicizia rendeva deboli.
Eppure non riusciva a smettere di pensare che forse Yukino non meritava tutto quello. Che nessuno lo meritava.



#03. CrushA brief but intense infatuation for someone.

«Yukino, ti va di ballare?».
La maga si voltò. Sting, nel suo elegante completo blu e bianco con rifiniture dorate, le sorrideva speranzoso, la mano tesa in avanti in segno di invito. Era bellissimo, sembrava un principe. E stando al suo fianco, con addosso quel lungo vestito verde pastello, Yukino non poteva fare a meno di sentirsi una principessa, in qualche modo. Allora ricambiò il sorriso di Sting e posò la mano sulla sua, lasciandosi guidare verso il centro della pista da ballo.
«Ti avverto, non sono una brava ballerina».
«Vale lo stesso per me».
Sting le afferrò una mano, stringendola nella sua all’altezza delle loro spalle, e pose l’altra sul suo fianco. La condusse nei primi passi, incerti e scoordinati. Si pestarono i piedi un paio di volte, ma a nessuno dei due sembrava importare. Volteggiarono intorno alla sala stretti l’uno all’altro, sorridendosi di tanto in tanto. Poi Sting avvicinò la bocca all’orecchio di Yukino.
«Volevo chiederti scusa».
«Sting-sama, ne abbiamo già parlato... è tutto finito».
«No». Sting bloccò all’improvviso il loro ballo nel bel mezzo della pista, afferrandole il polso. «Sono stato fermo a guardare, ho lasciato che tu te ne andassi senza muovere un dito». Abbassò lo sguardo colpevole. «Mi sono comportato alla stregua di Jienma».
Yukino strinse a sua volta la mano con cui Sting le teneva il polso, guardandolo intensamente negli occhi.
«Ma ora sono qui», gli ricordò. «Con te a capo della gilda, tutto sarà diverso. Sabertooth sarà migliore. La ricostruiremo insieme, un passo alla volta».
Sting la fissò per qualche attimo, poi sorrise, come se si fosse appena ricordato di qualcosa.
«Una piscina».
Yukino sbatté le palpebre, perplessa. «Cosa?».
«Ho sempre voluto una piscina nella gilda», spiegò lui, grattandosi la nuca un po’ imbarazzato.
Yukino annuì, immaginando il giovane master che giocava in acqua allegro come un bambino. «Sarebbe fantastico, Sting-sama».
Si sorrisero l’un l’altro e Yukino pensò che ne era valsa la pena. Era valsa la pena combattere, perdere, soffrire, per poi rialzarsi più forti di prima, insieme, uniti. Era valsa la pena affrontare tutto quello pur di vedere quel bel sorriso sul volto di Sting e di ballare tra le sue braccia.
«Dove eravamo rimasti?», gli chiese allora, volendo riprendere il ballo, ma prima che potesse cingergli il collo con le braccia, Sting la attirò a sé e se la strinse addosso, facendole poggiare la fronte contro la sua spalla.
«Sono contento che tu abbia scelto noi. Insomma, a Mermaid Heel saresti stata a tuo agio, lì sono tutte donne. O ti saresti potuta unire a Fairy Tail, che è sempre così allegra e protettiva verso i suoi membri. Ma hai scelto Sabertooth».
«Io appartengo a Sabertooth», mormorò Yukino, stringendo tra le mani la giacca di Sting. Ringraziò che lui non potesse vederla: era rossa in volto e le batteva forte il cuore.
E mentre riprendevano a muoversi per la sala, Yukino trovò la forza di ammetterlo almeno a se stessa.
Si era presa proprio una bella cotta.




#04. Fondness Affection or liking for someone.


Sting uscì dalla tenda che condivideva con Rogue, percorse qualche metro oltrepassando resti di falò e raggiunse la tenda di Yukino. Si inginocchiò di fronte all’apertura.
«Yukino, posso entrare?», bisbigliò per non svegliare il resto della gilda che riposava.
La testa di Yukino fece capolino dall’interno della tenda. «Sting-sama».
Sting le sorrise. «Rogue mi ha sfrattato dalla tenda per non so quale motivo... non è che potresti ospitarmi qui per un po’?».
Yukino annuì comprensiva e aprì la tenda, permettendogli di entrare. Sting constatò che era molto più grande di quello che appariva. In un angolo c’erano vestiti, alcune buste di cibo e cartine geografiche contrassegnate da croci, dall’altra parte due sacchi a pelo e una piccola lampada che illuminava l’intero abitacolo. Vi si respirava un’aria familiare, odore di casa, in un certo senso.
Yukino era seduta sul sacco a pelo, con le gambe piegate contro il petto. Indossava una canotta leggera e un paio di pantaloncini che la coprivano ben poco. Sting cercò di non guardarla più del dovuto e si sedette al suo fianco a gambe incrociate.
«Dov’è Lady Minerva?», chiese, sapendo che Yukino condivideva la tenda con lei.
«Non saprei, è uscita poco fa. Ha detto che non sarebbe tornata prima di qualche ora».
Sting inarcò un sopracciglio, accarezzandosi il mento con due dita. «Rogue che mi sfratta, Lady Minerva che sparisce...». Immaginò i due che si sbaciucchiavano nella foresta al chiaro di luna. «Qui gatta ci cova».
Yukino lo guardò di sottecchi. «Be’, che male ci sarebbe?».
«Mi pare solo un po’... strano. Insomma, Rogue e Lady Minerva non mi sembrano tipi da... imboscarsi».
Yukino ridacchiò. «Posso capirli, in un certo senso. Domani potremmo essere morti. Perché sprecare del tempo prezioso?».
Già, perché? Sting cercò di non ascoltare la vocina nella sua mente che gli ricordava che quelle parole valevano anche per lui, che stava solo perdendo tempo. Avrebbe potuto dire a Yukino che la trovava bella anche con il viso sporco, i capelli spettinati e qualche straccio addosso. Avrebbe potuto dirle che la amava e poi baciarla fino a toglierle il fiato, ma le conseguenze gli sembravano tutte negative: Yukino avrebbe potuto rifiutarlo e ciò avrebbe irrimediabilmente incrinato il loro rapporto proprio nel momento in cui dovevano sentirsi tutti uniti per combattere contro un nemico comune, o avrebbe potuto dirgli di sì e in tal caso Sting l’avrebbe stretta a sé tutta la notte, ma il giorno dopo e quello dopo ancora sarebbe stato continuamente distratto dal pensiero di lei in pericolo.
«Tu non hai paura, Sting-sama?».
Yukino aveva poggiato la testa sulla spalla di Sting, chiudendo gli occhi.
«Ci vuole ben altro per sconfiggere un master giovane e potente come me!», dichiarò Sting sventolando un pugno in aria con fare teatrale.
«Io ho paura, invece», ammise Yukino.
Sting sospirò. «... di morire?».
«...di vedervi morire. Non lo sopporterei, non una seconda volta».
Il Dragon Slayer non ebbe bisogno di chiedere per capire che Yukino si stava riferendo alla se stessa bambina che aveva assistito all’uccisione dei genitori e al rapimento della sorella.
«Non succederà, vi proteggerò con tutte le mie forze», le promise.
Yukino sollevò la testa per guardarlo negli occhi. «Rimani qui con me, stanotte».
Per quanto quella richiesta suonasse ambigua e generasse nella mente di Sting immagini ben poco caste, il ragazzo capì che quella notte Yukino aveva solo bisogno di calore, di forza.
«Va bene». Le cinse le spalle con un braccio e, quasi senza accorgersene, scivolarono insieme nello stesso sacco a pelo, stretti l’uno all’altro, la schiena di Yukino premuta contro il petto di Sting, le braccia di lui intorno alla vita di lei. Il Dragon Slayer, all’inizio, dovette fare uno sforzo tremendo pur di non muoversi – il fondoschiena di Yukino a diretto contatto con il suo bassoventre avrebbe potuto generare situazioni sconvenienti – ma poi stringerla a sé gli risultò talmente semplice e naturale che si addormentò quasi subito e la notte passò velocemente.
All’alba, quando i primi raggi di sole penetrarono attraverso la tenda, la paura non era scomparsa, ma affrontarla insieme sembrava l’unica speranza, l’unica fonte di vita.



#05. DevotionPassionate and selfless affection and dedication to a person.
 
Sting era seduto su una roccia, i gomiti poggiati sulle ginocchia, e si teneva la testa tra le mani. Una larga fasciatura gli copriva tutto il costato, nascondendo due ferite profonde causate dalla punta aguzza di due frecce. Tra tutti quelli che erano stati crocifissi, lui era forse quello ridotto peggio.
«Fanno male, dannazione!, fanno malissimo...», sibilò sofferente.
Yukino, seduta al suo fianco, gli accarezzò delicatamente la schiena, stando attenta a non toccare le bruciature e i lividi. «Devi avere solo un po’ di pazienza, Sting-sama. Presto il dolore passerà».
«No». Sting si premette un pugno sul petto, come a voler strappare la fasciatura. «Fanno male perché non sono servite a nulla».
Yukino, allora, capì che il malessere del master non era fisico, che quelle ferite gli pesavano sulla coscienza perché non era riuscito a proteggere la sua gilda come si era ripromesso all’inizio della guerra. Gli si avvicinò maggiormente e poggiò le mani sui suoi zigomi graffiati. «Ehi», sussurrò, «siamo ancora tutti qui».
Sting scosse la testa, stringendo gli occhi. «Avreste potuto morire... avreste potuto morire...», continuò a cantilena, e allora Yukino si disse che non poteva andare avanti in quel modo. Non avrebbero vinto quella guerra piangendo l’uno sulla spalla dell’altro. Sting aveva fatto così tanto per lei, forse era il momento di infondergli un po’ di quella forza e di quella fiducia che lui le aveva sempre trasmesso.
Gli afferrò bruscamente la testa, quasi conficcando le unghie nella sua pelle, e lo costrinse a guardarla in viso. Gli occhi azzurri erano vacui, pronti a cedere. Le si strinse il cuore, non aveva mai visto Sting in quelle condizioni, sembrava quasi un altro, ma Yukino non demorse.
«Guardaci, master. Siamo feriti, esausti, siamo stati crocifissi, eppure siamo ancora vivi! E se questo non è il segno che dobbiamo continuare a combattere, allora non so proprio cosa sia».
Sting la baciò. Portò una mano dietro la nuca di Yukino e la attirò verso di sé, facendo cozzare duramente le loro labbra, baciandola con disperazione, ma Yukino lo allontanò di colpo, facendolo cadere indietro.
Sting la guardò disorientato. «L’hai detto tu, no? Perché sprecare tempo?».
Yukino si sollevò in piedi, pulendosi con una mano i vestiti sporchi di terra. Prese un respiro profondo nel tentativo di calmare il battito frenetico del proprio cuore. Desiderava Sting almeno quanto la desiderava lui, ma quello non era né il posto né il momento adatto.
«Se non reagisci immediatamente, tu non avrai proprio un bel nulla da me. Vinci questa maledetta guerra, resta vivo e... sarò tua per sempre». Arrossì nel dire le ultime parole, ma non distolse lo sguardo da quello del master.
Sting sorrise. «Me lo prometti, Yukino?».
«Sì», rispose la maga senza battere ciglio.
Sting si rialzò da terra, si rimise il gilet addosso e poi si voltò verso gli altri membri della gilda che, stanchi e ammaccati, riposavano in mezzo alle tende dell’accampamento.
«Avanti, idioti, che cazzo ve ne state lì a poltrire?! Abbiamo una guerra da vincere, noi!».
Qualche minuto dopo, il master era lì che dava ordini ai suoi compagni per un nuovo attacco.
Yukino sorrise. Sting, il suo Sting, era tornato.



#06. LoveIndefinable.


Vedere Yukino che piangeva stretta tra le braccia di Sorano fu uno dei momenti più commoventi della vita di Sting. La sorella che aveva tanto amato e cercato non si era mai davvero allontanata da lei, le era sempre rimasta molto più vicina di quanto avesse mai pensato.
Il momento successivo, invece, fu per Sting uno dei più terribili: «E così tu sei il ragazzo della mia sorellina, eh?», gli aveva chiesto Sorano, o Angel, che dir si voglia, squadrandolo da capo a piedi.
«Tecnicamente, non ancora», tentò di difendersi Sting, ma Sorano lo afferrò ugualmente per la gola e sibilò a denti stretti un «Attento», che tradotto doveva significare “Non fare del male alla mia sorellina o ti spezzo le gambe”.
E Sting ci teneva, sia a Yukino che alle gambe.
Non riusciva a credere che fosse tutto finito. Avevano vinto grazie all’unione di tutte le gilde. C’era chi aveva ancora la forza di esultare e chi si reggeva a malapena in piedi ma con il sorriso stampato sul volto.
Ognuno si apprestava a tornare a casa, dato che la gilda era caduta a pezzi e andava ricostruita.
Sting si voltò verso Yukino. «Vieni a stare da me», le propose e la maga gli sorrise grata, aggrappandosi al suo braccio. Il Dragon Slayer, allora, la condusse a casa sua, e quando si ritrovarono da soli, tra quelle quattro mura, lui la prese improvvisamente in braccio, strappandole un urletto divertito.
«Sbaglio o mi avevi promesso qualcosa, un po’ di tempo fa?».
Yukino arrossì, facendo finta di niente. «Non mi risulta».
«Bugiarda», la rimbeccò lui con un ghigno e la portò nel bagno, dove chiuse la porta.
Uniti da un tacito accordo, quasi si fossero sempre conosciuti e amati, si spogliarono a vicenda, lasciando cadere i vestiti per terra, senza curarsi di mostrarsi nudi l’uno di fronte all’altro. Si immersero insieme sotto il getto caldo della doccia che li investì in pieno, bagnandoli da capo a piedi, lavando via il sangue, la terra e le sofferenze, purificandoli dagli orrori della guerra. Stretti l’uno all’altro, bagnati fradici, si baciarono con calma, con dolcezza. Sting si schiacciò addosso il corpo di Yukino, godendo delle sue dita affusolate tra i capelli, dei suoi seni grandi e sodi premuti contro il torace, dei loro bacini che slittavano l’uno sull’altro alla ricerca di piacere. L’uno baciò e guarì le ferite dell’altro e, quando sentirono di essere giunti al limite, Sting afferrò Yukino per le cosce e uscì dalla doccia, poggiando la maga sul tappeto. La guardò dall’alto, trovandola bellissima: i capelli gocciolanti, gli occhi liquidi di aspettativa e di piacere, le labbra rosse e gonfie di baci, il corpo bianco e sinuoso che si contorceva sotto il proprio. Affondò in lei con lentezza, bevendo i suoi gemiti direttamente dalla sua bocca, baciandola sulla mandibola e sul collo, sprofondando il viso tra i suoi seni e mordendoli teneramente, mentre Yukino inarcava la schiena, aggrappata alle sue spalle, e diceva che lo amava e lo aveva sempre amato.
Più tardi, la maga avrebbe indossato un delizioso grembiulino rosa e si sarebbe affaccendata tra i fornelli per preparare la cena. Sting l’avrebbe abbracciata da dietro, le avrebbe sussurrato nell’orecchio parole sconnesse e sconclusionate. Fare di nuovo l’amore, sposarsi e avere figli e nipoti e invecchiare insieme. Yukino avrebbe riso e l’avrebbe baciato. Sì, sì, sì.
La sera sarebbero andati a dormire nello stesso letto cigolante, abbracciati, e la mattina dopo sarebbe stato l’inizio di una nuova era di pace e libertà, di una vita migliore che si erano costruiti con le loro forze, di un futuro ancora tutto da scoprire e da vivere.











Note dell'autrice:
BUON STINGYU DAY! .... che era ieri.
Come al solito, ogni volta che c'è una ricorrenza/iniziativa nel mondo delle fanfiction, io arrivo sempre in ritardo (senza contare che questa volta sono una delle organizzatrici del day ahaha).
La struttura della fanfiction si rifà a questo post trovato su Tumblr.
Scriverla è stata un parto, sia per la lunghezza e complessità, sia perchè ho perso più volte il documento dove l'avevo scritta .-. Alla fine, comunque, ce l'ho fatta, e sono anche abbastanza soddisfatta del risultato. Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate ♥
GRAZIE A TUTTI VOI CHE AVETE PARTECIPATO! Il fandom aveva proprio bisogno di una ventata di StingYu :D

Soly Dea
  
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