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Autore: mamma Kellina    05/04/2009    9 recensioni
Dedicato a chi ama le storie un po' retrò, è un romanzo d'amore ambientato tra la Napoli e l'Inghilterra di fine ottocento. Chi vorrà leggerlo, farà un tuffo in un passato che ho cercato di ricostruire con accuratezza, ma nelle tormentate vicende di lord Christopher Riddell e della giovane Maria de Oliveira, benché condizionate dalla mentalità e dalle consuetudini dell'epoca, troverà sviscerati temi sempre attuali quali la difficoltà di esprimere i propri sentimenti o, più semplicemente, la paura d'amare. Non mancheranno i colpi di scena ed i momenti di intensa commozione in un racconto che spero potrà avvincere ed interessare i lettori.
Poiché sono una esordiente su questo sito, aspetterò con ansia e gratitudine i vostri pareri.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
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Quando  la vide entrare nella stanza senza che neanche Rodolfo de Oliveira avesse detto “avanti” , Christopher pensò che quella era una delle donne più belle che avesse mai visto.

Poteva avere una ventina d’anni e la sua figura perfetta era messa in risalto dalla luce che le arrivava alle spalle attraverso la porta socchiusa. I capelli neri come l’ebano contrastavano con il biancore della pelle di porcellana ed il corpo, fasciato in un elegantissimo abito di seta e pizzo rosa, era perfetto.

- Insomma, Maria, che modi sono mai questi! – la rimproverò Rodolfo senza alzarsi dalla scrivania e facendo quasi sussultare l’ospite che per un istante era rimasto ad osservare incantato quella inattesa apparizione.

- Scusatemi papà, ma Ruggiero ed io stiamo aspettando voi per fare l’annuncio ed è già tardi! – si giustificò la ragazza guardandolo con gli occhi luminosi ed un’espressione  mortificata.

Era talmente garbata che nessuno avrebbe potuto resisterle e Christopher sospettò che fosse abituata a farsi perdonare in questo modo i suoi sbagli. Ma non doveva essere una richiesta tanto strampalata perché il padre sospirò e gli disse:

- Dovete scusare mia figlia: è una pazzerella viziata e capricciosa ma le avevo promesso che durante la festa per il suo ventunesimo compleanno avrei annunciato anche il suo fidanzamento con il tenente Ronghi e così adesso non sopporta che me ne stia nello studio a parlare d’affari …

L’aveva giustificata con il sorriso bonario di chi era abituato a dargliele tutte vinte, però, almeno per forma, si rivolse alla figlia ancora con un tono di rimprovero.

 – Vieni qui e saluta come si deve il marchese di Norhal, lord Christopher Riddell.

Quest’ultimo si era alzato in piedi senza staccare gli occhi dalla ragazza che intanto gli faceva un inchino grazioso.

- Non ho il titolo, cavalier de Oliveira. Per ora l’unico  marchese di Norhal è mio nonno – ci tenne a precisare rispondendo al saluto con un cenno cortese del capo.

Maria lo osservò e notò quanto quel gentiluomo fosse affascinante. Aveva una figura imponente, lunghi capelli color del rame, una curatissima barba dello stesso colore ed un viso aristocratico, sul quale spiccavano gli occhi penetranti di un meraviglioso colore tra l’azzurro ed il verde. Era ancora giovane, doveva avere forse una trentina d’anni ma  l’ aspetto severo e l’abbigliamento fin troppo austero lo facevano sembrare più anziano. Però era un bell’uomo e lei se ne sentì immediatamente attratta. Se ne  vergognò perché in quel momento non doveva ammirare altri che il suo Ruggiero e così si affrettò a scusarsi ed a  sollecitare ancora una volta il padre a far presto.

- Chiedo di nuovo scusa per aver interrotto il vostro colloquio, però per me è un momento davvero importante e non vorrei che papà, come fa di solito, si facesse prendere dagli affari e si dimenticasse di tutto il resto.

- Non vi preoccupate, signorina, abbiamo finito ed io stavo andando via – la rassicurò Christopher prendendo la tuba ed i guanti poggiati sulla scrivania.

- Perché allora non venite a bere una coppa di champagne con noi? – lo invitò lei con un sorriso -  Diteglielo anche voi, papà, ve ne prego.

Un’espressione un po’ strana che il giovane uomo colse benissimo passò sul volto di Rodolfo.

- No, signorina, grazie, devo andare.

Ma la ragazza insistette, con un piglio deciso anche se molto seducente.

- Come? Dovrei dedurre che non volete brindare al mio compleanno ed al mio fidanzamento? Potrei offendermi, sapete! Vi prego, papà, spiegate a questo signore a cosa va incontro suscitando la mia collera.

Rodolfo rise.

- In effetti quando Maria si mette in testa una cosa non è facile farle cambiare idea. Perdonatela, ma non ditele di no, per favore, ve la fareste nemica! – intervenne perorando la richiesta della figlia.

- Quand’è così, non mi resta che arrendermi – osservò l’altro scherzosamente – se dobbiamo concludere un affare insieme non mi converrà farmi nemica la vostra deliziosa figliola.

- Oh bene, così mi piace!  - esclamò questa e  si girò per ritornare nel salone da ballo seguita dai due uomini.

Quando si fu un po’ allontanata, Rodolfo de Oliveira afferrò l’ospite per un braccio e piano, per non farsi udire, gli sussurrò:

- Per carità signore, non una parola del nostro accordo con nessuno, soprattutto con la mia famiglia!

 

Christopher era davvero soddisfatto di villa Helena perché  era proprio quanto cercava a Napoli. Quella città, così viva e movimentata, a suo avviso andava presa a piccole dosi per cui poter rifuggire la confusione ed il sovraffollamento delle strade del centro per rifugiarsi nella pace quasi campestre della collina, era il massimo delle sue aspirazioni. Rodolfo gliel’aveva appena mostrata per bene: era una bella e moderna abitazione in puro stile Liberty con un grande giardino e dalla quale si godeva anche una vista stupenda del golfo. Ancora una volta però, il Cavaliere lo aveva pregato di non far menzione con nessuno dell’affare appena concluso,  almeno fino a quando non fossero passati i tre mesi concordati nel contratto.

Stava per l’appunto lasciando la villa quando, nella bella strada alberata antistante, incontrò una carrozzella da cui stavano scendendo Maria de Oliveira e sua madre Helena, seguite da una cameriera che reggeva molti pacchi e pacchetti.

- Buongiorno! –  lo salutò la più giovane con un sorriso ed anche la madre gli si rivolse con molta cordialità. Per lei, londinese di nascita, l’aver conosciuto il gentiluomo erede del titolo dei marchesi di Norhal era stato un vero onore.

Riddell rispose ai saluti con cortesia e dopo qualche convenevole si stava accingendo ad andar via quando Maria gli chiese a bruciapelo:

- Si potrebbe sapere, di grazia, quali sono i misteriosi affari che state trattando con mio padre? È molto strano che lui non ce ne voglia parlare ed io sono curiosa come una scimmia.

- Niente che possa riguardarvi – mentì lui per tener fede alla parola data, mitigando il tono un po’ brusco della risposta con un sorriso che gli fece brillare i denti candidi.

Intanto guardava la giovane donna che da sotto il largo capello ornato di piume, lo osservava come a volergli leggere dentro.

- Va bene,  prometto di non essere indiscreta, ma  in cambio non ve ne scapperete così. Su, entriamo.

Con molta disinvoltura, lo prese a braccetto ed incurante delle sue proteste, lo condusse all’interno della casa, in un salotto che dava sul terrazzo  dove stavano giocando una bambina di cinque o sei anni ed un maschietto più grandicello.

- Scommetto che mio marito si è dimenticato di offrirvi il tè – gli stava dicendo la signora de Oliveira – Dovete perdonarlo, in tanti anni non sono mai riuscita a convertirlo a questa nostra sana abitudine né a fargli parlare l’inglese in casa.

- Vostra figlia lo parla benissimo però – osservò l’altro senza staccare gli occhi da quelli neri ed intensi di lei che lo fissavano a loro volta senza alcuna timidezza.

- Oh certo anche i due più piccoli lo parlano bene! – rise la donna – Aspettate, ora vi faccio conosce i miei tesorini.  Roberto! Angela! Venite qui a presentarvi a lord Riddell.

I due bambini corsero ad inchinarsi allo sconosciuto mentre la madre gli spiegava che entrambi erano arrivati quando lei stessa era già abbastanza in là con gli anni e per questo motivo erano divenuti la luce dei suoi occhi.

All’uomo i bambini piacevano molto e li trovò deliziosi, soprattutto la piccolina che mostrava già la grazia e la bellezza della sorella maggiore anche se a differenza di questa, aveva i capelli biondi come il grano. Scambiò con loro qualche parola in italiano.

- Anche voi parlate bene l’italiano, però – osservò Helena -  È da molto che siete a Napoli?

- No, non da tanto. Sono stato a Firenze prima.

- Ed intendete fermarvi qui?

- Sì, a lungo. C’è un clima ideale per la mia salute.

- Siete  malato? – s’informò la ragazza con un tono stupito.

- Lo sono stato, ma ora sto benone e non c’è niente di meglio dell’aria di  questa città.

Helena s’incupì.

- Eppure questa città ha ucciso due dei miei figli! – esclamò.

- Mamma, per favore …  – la implorò Maria afferrandole una mano tra le sue.

- Perché non vuoi che ne parli? Sono passato undici anni oramai, ma non dimenticherò mai che per le pessime condizioni igieniche e l’abbandono in cui era lasciata Napoli, qui il gran flagello del colera fu più terribile che altrove.

Si passò una mano sul viso ad asciugarsi le lacrime che le erano spuntate e poi proseguì il suo racconto.

- Nel 1884 Rodolfo ed io avevamo quattro figli,  Maria era ancora piccina e Roberto non aveva nemmeno due anni. C’erano due maschi prima di loro, due giovanotti già grandi oramai, e quando l’epidemia si propagò, essi furono tra i primi a prodigarsi nell’assistenza, entrando persino nei tuguri infetti e negli ospedali per portare medicinali ed assistere gli ammalati. Non sopravvissero al contagio. Per salvare almeno i piccoli, mi rifugiai con loro qui sul Vomero  in una casa colonica.

- Allora qui non c’era nulla – spiegò la ragazza – ed è stato dopo quella immane tragedia che questa zona ha cominciato a svilupparsi con la costruzione di molte ville ed abitazioni anche se è considerata ancora solo un luogo di villeggiatura.  Mio padre è uno di quelli che invece crede nelle potenzialità di questo nuovo rione e per questo motivo si è impegnato tantissimo sia come banchiere che come uomo.

- Mi dispiace davvero. Comunque questo luogo è un vero incanto ed avete tre figli stupendi, signora Helena, potete essere contenta - osservò Christopher, senza sapere cosa dire.

- Oh sì,  ringraziando il Signore,  ora siamo felici – gli disse la donna mentre rivolgeva un sorriso affettuoso al marito che era entrato nel salotto ed aveva salutato di nuovo l’ospite con un cenno del capo, poi le si era avvicinato e le aveva preso una mano tra le sue con molta tenerezza.

 

Solo qualche mese dopo, aspettando in anticamera di essere introdotto, Christopher Riddell non riusciva a togliersi dalla mente quelle parole pronunciate dalla signora Helena: “Ringraziando il Signore, ora siamo felici”.

Gli veniva da riflettere sulla facilità con la quale la vita può cambiare da un momento all’altro. Appena l’autunno precedente la povera donna non sapeva che suo marito, accusato di aver concesso crediti su sollecitazioni politiche e con troppa leggerezza  a diverse imprese edilizie, dopo aver cercato in ogni modo di coprire gli ammanchi con i propri mezzi, senza più denaro ed incapace di sopportare la rovina ed il disonore, si sarebbe tolto la vita sparandosi un colpo di rivoltella.

Quando ne era venuto a conoscenza, si era sentito molto dispiaciuto per quella povera donna ed i suoi figli ma purtroppo non poteva farci nulla. Ora, convocato dal notaio, attendeva di parlare alla vedova per far valere i suoi diritti.

Una cameriera lo introdusse nell’ampio salotto dove una volta aveva partecipato alla festa di fidanzamento di quella giovane che ora lo guardava dritta in piedi, interamente vestita di nero e con i gli occhi rossi per il troppo piangere. Gli fece cenno di accomodarsi e si sedette lei stessa, le mani in grembo.

- Dovete perdonare, mia madre non è in grado di conferire con alcuno. Dopo quanto è successo, è come se tutto il dolore della sua vita fosse tornato a travolgerla come un’onda dalla quale non  riesce a riemergere.

- Lo immagino – le sussurrò - E voi come state?

La ragazza sorrise tristemente, il capo basso e gli occhi pieni di lacrime.

- Come volete che stia una persona il cui padre si è suicidato, che deve affrontare la frenesia dolorosa della madre, lo smarrimento dei fratellini ed in più la povertà? Perche siamo poverissimi adesso, non  abbiamo più neanche un tetto visto che siete voi il legittimo proprietario di villa Helena. Erano dunque questi gli affari che vi legavano a mio padre? E diceste pure che non ci riguardavano!

A quel velato rimprovero, Christopher si sentì alquanto imbarazzato. La loro situazione gli dispiaceva ma lui non aveva fatto nulla di male a comprare una casa in vendita, anzi, aveva dato a Rodolfo già tutto l’importo pattuito ed ora i tre mesi per poterne entrare in possesso stavano quasi per finire.

- Mi dispiace signorina de Oliveira, era stato proprio il Cavaliere a chiedermi di non parlare alla sua famiglia della vendita ed io non potevo certo  immaginare che non avesse previsto dove portarvi – si difese.

- Lo aveva previsto, infatti. Aveva preso in affitto un semplice appartamentino in via Costantinopoli dove, anche se ci saremmo dovuti molto adattare,  avremmo potuto ugualmente continuare ad essere felici. Ed invece! Ormai neanche più quello possiamo concederci perché per pagare i creditori che si sono avventati tutti su di noi come tanti squali non appena si è saputo del suicidio, siamo rimaste prive di mezzi. Mio Dio, ma come ha potuto farlo – singhiozzò la giovane – come ha potuto pensare che lo avremmo disprezzato per tutte le calunniose accuse che gli sono state mosse! Mio padre era un uomo onesto,  ve lo giuro!

- Non ce n’è bisogno. Anche se l’ho conosciuto per poco, ho sempre avuto molta stima di lui e poi so bene quanto sia facile perdere il consenso altrui anche quando non si ha colpa – le disse mentre un’ombra cupa gli passava sul viso.

Come se fosse stato mosso da un’improvvisa solidarietà verso quell’uomo lasciato solo da tutti, si sentì in dovere di offrire il suo aiuto:

- Se posso fare qualcosa per voi, non esitate a chiedermelo.

La ragazza sollevò il viso a guardarlo e lui notò come, nonostante il dolore, fosse sempre molto bella.

- Sto cercando di recuperare più denaro possibile. Come vi ho appena detto, mio padre  ci ha lasciato molti debiti ed io devo pensare alla mamma che sembra aver perso completamente il senno ed anche ai ragazzi.  Ruggiero, quando ha saputo della disgrazia, mi assicurato che appena potrà verrà a Napoli per fissare la data del matrimonio e mi aiuterà a sistemare le cose, ma per adesso è in Africa, impegnato nella guerra coloniale.  Nel frattempo . . .  no, non posso chiedervi tanto!

Si era coperta il volto con le mani, cercando di trattenere i singhiozzi ed esitava a parlare.

- Avanti, ditemi – la invogliò con dolcezza.

- Lasciateci restare qui, vi prego, non sappiamo dove andare – gli disse d’un fiato tornando a guardarlo con il viso pieno di rossore.

- Ma se anche vi lasciassi restare, non sareste in grado di mantenere una casa, la servitù, la carrozza e tutto il resto – obiettò lui.

- Lo so e so anche che tra nemmeno quindici giorni dovreste prendere possesso della casa libera da persone e cose.

- Vivo in un albergo sul lungomare. È un posto piacevole ma vorrei sistemarmi, far venire il mio maggiordomo, avere anch’io una casa, insomma – le spiegò l’uomo, piuttosto freddo per timore che lei insistesse.

- Vi faccio una proposta semplice, allora. Potreste comprare voi tutti gli arredi della casa, tanto dovreste comunque arredarla. I soldi che ne ricaverei, insieme a quelli della vendita di una casetta di campagna che ci è rimasta a Benevento, ci consentirebbero di tirare avanti fino all’arrivo di Ruggiero.

- Ma certo! – acconsentì sir Riddell che non aveva problemi di denaro.

Lei sorrise contenta poi però abbassò di nuovo lo sguardo come se fosse stata colpita da un nuovo pensiero angoscioso.

 - Lo stesso però non avremmo dove andare! A meno che non ci lasciate stare qui per un po’ anche dopo aver preso possesso della casa.

- No, di questo non se ne parla nemmeno!

Non era disposto a cedere perché in alcun modo avrebbe acconsentito a  mettere in pericolo la sua privacy con la loro presenza.

- Vi prego, vi prego! – lo supplicò allora la ragazza con le mani congiunte.

- No, signorina, non insistete, non è possibile.

- Non vi daremo nessun fastidio, lo giuro! Al terzo piano ci sono le stanze della servitù, potremmo sistemarci in quelle e non ci vedreste nemmeno.

Christopher si alzò e cominciò a passeggiare nervosamente per la stanza.

- Ma possibile che non abbiate nessuno disposto ad aiutarvi? Io cosa c’entro? Perché devo tenervi qui? Non avete parenti, che so, cugini, zii …   – sbottò.

La ragazza scosse la testa desolata.

- L’unico parente che abbiamo è un fratello di mia madre che vive a Londra. Non lo conosciamo neppure, però. Si era opposto al matrimonio della sorella con un semplice impiegato di banca, per giunta italiano e cattolico e quando lei ha voluto sposarlo lo stesso, non ha voluto saperne più nulla. Anche se è ricco perché possiede un’importante ditta commerciale, non vorrà mai prendersi cura di noi. Siamo sole, signore, non abbiamo nessuno che voglia aiutarci, tutti quelli che sembravano nostri amici ora ci hanno voltato le spalle, persino Ruggiero a cui avevo proposto di chiedere alla sua famiglia la disponibilità ad ospitarci fino al matrimonio, non mi ha fatto sapere ancora una risposta …

La voce le morì e scoppiò a piangere a dirotto.

Christopher sapeva bene cosa volesse dire sentirsi abbandonati da tutti e quella giovane donna oltre a piacergli infinitamente, gli faceva anche pena.  

- Non fate così – la invitò alla fine – non sopporto veder piangere.

- Aiutatemi allora – proruppe  lei  e gli si buttò ai piedi.

- Smettetela!  Non mi piacciono queste scene! Su, rialzatevi e decidiamo insieme il da farsi, ma senza lacrime o suppliche strazianti.

L’aiutò a risollevarsi prendendola per le braccia di cui avvertì tutta la morbidezza. Notò un lieve sorriso sulle sue labbra tumide e rosse e si chiese se avrebbe ceduto lo stesso così facilmente se non fosse stata bella com’era.

 

Rientrando, aveva porto il mantello ed il bastone al maggiordomo con un moto di fastidio.

- Si può sapere cos’è tutta questa confusione, Anthony? – gli chiese indicando le valige che ingombravano l’ingresso.

Il compito servitore sospirò tra sé: sapeva di essere stato troppo permissivo a consentire a miss de Oliveira di lasciare lì i bagagli in attesa dell’arrivo del vetturino, ma proprio non riusciva a dire di no a quella creatura così graziosa e gentile che sapeva chiedere le cose con tanto garbo. Bisognava però giustificarsi con il padrone e lo fece senza che il viso facesse trasparire la minima emozione.

- Sono i bagagli dei bambini. A momenti partiranno per il collegio – spiegò.

Christopher sospirò e si diresse in salotto, ancora seguito dal maggiordomo.

- Le signore sono di sopra? – gli chiese.

- Solo mrs Helena, la signorina è andata a chiamare Don Mariano che accompagnerà i piccoli nel viaggio.

Lo congedò con un cenno del capo e poi andò ad accendersi un sigaro.

La situazione in cui si era cacciato diveniva giorno dopo giorno sempre peggiore. Aveva fatto tutto quanto lei gli aveva chiesto ed ora, dopo quasi due mesi, si stava avvicinando il momento che avrebbero finalmente lasciato la casa. Ne era contento perché sebbene  avessero cercato di dargli il minor fastidio possibile, le più elementari regole di cortesia gli avevano imposto ogni tanto di passare qualche ora in loro compagnia o di invitarli a pranzo. Erano stati quelli i momenti peggiori perché avrebbe desiderato starsene per conto suo, senza doversi intenerire per quei deliziosi bambini che apparivano disorientati dal fatto che oramai erano solo ospiti in quella che una volta era stata la loro casa o dover provare pietà per la povera Helena, diventata oramai l’ombra della donna che aveva conosciuto tanto il dolore le aveva devastato la mente e la malattia il fisico.

Si avvicinò al pianoforte a coda posto davanti alla grande balconata da cui si godeva uno stupendo panorama del mare e della collina di Posillipo e lentamente ne toccò i tasti quasi a sentire su di essi ancora il tocco delle mani di Maria. In quei mesi trascorsi, l’aveva udita tante volte suonare. Aveva capito che per lei  quel pianoforte, appartenutole sin da quando era bambina, era il modo per sfogarsi.

Molte volte se ne era restato incantato ad ascoltarla suonare ed attraverso le note melodiose aveva indovinato se era serena o in preda alla tristezza ancor prima di vederla in volto e leggerne lo stato d’animo sul bellissimo viso.

Tra poco anche quel piano avrebbe taciuto per sempre e Maria se ne sarebbe andata lasciando lui e quella casa che era stata illuminata dalla sua presenza. Era questa la cosa che gli pesava di più e non poteva consentirsela.

 

Erano passati solo pochi giorni dalla partenza dei bambini e da allora non aveva più veduto nessuna delle due donne le quali, benché sotto il suo stesso tetto, sembravano essersi dissolte nel nulla. Per questo motivo fu molto stupito di veder apparire Maria in salotto una sera di aprile così fredda e ventosa che aveva dovuto chiedere ad Anthony di accendere il fuoco nel camino.

- Perdonate, vorrei dirvi una parola – gli disse la donna entrando,  la voce quasi un sussurro.

Lui scattò in piedi nel vederla e si affrettò a farla accomodare accanto a sé sul divano, notandone l’aspetto stanco e triste.

- Come sta la mamma? Ho saputo che è molto malata e me ne dispiace – le disse.

- Infatti, da quando i bambini sono andati via sta ancora peggio. Erano tutta la sua vita ed ora per lei averli lontano è come aver perduto anche loro.

- Bisogna capirla. D’altronde avete preso una decisione saggia. In questo modo potranno essere meglio seguiti ed avere un’educazione migliore.

- Lo so, anche a me dispiace essermi separata da loro, ma non potevamo tenerli. Padre Mariano mi ha aiutata a trovare dei buoni istituti dove staranno gratis e così sono riuscita a mettere da parte anche qualcosa per il futuro. Almeno potremo sopravvivere.

- Avanti signorina de Oliveira, non siate tanto pessimista, tra poco vi sposerete ed i vostri problemi saranno finiti.

Lei si mise a ridere, ma di un riso amaro. Trasse da una tasca una lettera tutta spiegazzata e guardandola  quasi come a volerne rileggere mentalmente il contenuto, gli disse:

- No, non mi sposerò affatto. Vedete questo foglio? È tutto quanto il mio amato Ruggiero ha saputo fare: scrivermi per farmi sapere che è costretto a rompere il nostro fidanzamento perché la sua famiglia si oppone ad un’ unione con la figlia di un uomo morto nel disonore.

- Come può un giovanotto essere tanto pusillanime  da accettare una simile imposizione!? – osservò lui corrugando la fronte, davvero indignato.

- Forse perché non è un’imposizione. Probabilmente la pensa allo stesso modo. Non sono abbastanza per lui, almeno non tanto da fargli accettare di prendermi senza un soldo di dote, con due fratelli ed una mamma malata a carico e con il marchio infamante di essere la figlia di un malfattore. A nessuno importa se mio padre era innocente, neanche a Ruggiero che, avendolo conosciuto, dovrebbe ben saperlo!

- E l’amore che vi portava?

 Maria rise di nuovo, nervosamente.

- L’amore? No signore, io non ci credo più all’amore, ma forse è meglio così: è inutile farsi illusioni. E poi il tenente Ronghi non è certo l’unico uomo sulla terra, sopravvivrò di sicuro al suo vile abbandono. Comunque sono venuta non per lamentarmi del trattamento riservatomi dal mio ex fidanzato ma per salutarvi. Padre Mariano ha trovato anche a noi una sistemazione e presto toglieremo il disturbo. È solo una stanzetta a piazza San Gaetano ma la padrona di casa ce la dà quasi gratis in cambio delle lezioni di latino che darò a suo figlio.

- Potevate restare qui, almeno fino a  quando non trovavate qualcosa di meglio – le disse senza riuscire ad apparire del tutto sincero.

- Non siate ipocrita, lo so bene che non vedete l’ora di sbarazzarvi di noi, solo siete  troppo gentleman per venirmelo a dire in faccia come fanno gli altri! Grazie, comunque.

Lo salutò con un sorriso mesto e se ne andò.

Christopher pensò che tutto sommato aveva ragione. La sua situazione gli dispiaceva ma sarebbe stato molto meglio per entrambi se fosse uscita dalla sua vita. 

 

Ma non fu affatto così. Appena qualche giorno dopo la loro partenza, la vide ricomparire. Avrebbe voluto far dire ad  Anthony di non essere in casa. Questi però gli disse che Maria gli era apparsa veramente sconvolta.

Non se la sentì di mandarla via senza nemmeno aver ascoltato quel che aveva da dirgli e così la fece accomodare.

Gli apparve bella come al solito ma sofferente e stanca. Sembrava riluttante a rivelargli il motivo della visita in fine dovette trovare il coraggio di parlare.

- So bene di stare approfittando della vostra pazienza però ci è successa una cosa orribile e devo implorarvi di aiutarmi ancora una volta – gli disse.

- Se posso, lo farò volentieri.

- Io sono fuori tutto il giorno per dare qualche lezioncina privata che ci aiuti a sbarcare il lunario e, come sapete, la mamma è molto malata.

- Avete bisogno di denaro signorina? Non esitate a chiedermene, se è così.

- No, non è questo. Purtroppo mia madre non ci sta più con la testa. Ed è anche  naturale se si considera tutto quello che abbiamo passato! Negli ultimi tempi però  le era presa la smania di andare dal banchiere Rotondi per costringerlo a dire la verità per riabilitare la memoria mio padre.

Lui la guardò perplesso, senza capire dove volesse arrivare.

La ragazza sospirò e cercò la forza di proseguire.

- Io ho provato a trattenerla, a calmarla. So bene che non riesce più a controllarsi e neanche a vestirsi decentemente e poi  ritenevo una tale cosa inutile, se non addirittura dannosa per noi. Però un giorno che era restata da sola in casa, l’ha fatto. È uscita ed ha a cercato di entrare durante un consiglio di amministrazione per affrontare quell’uomo ed i suoi degni compari. Sono stati loro a gettare le colpe su mio padre spingendolo alla disperazione, loro che hanno causato con la propria disonestà lo scandalo che ha investito la banca! Come prevedevo, non l’hanno voluta neanche ricevere. Il fatto di essere stata respinta da chi soltanto qualche tempo fa l’accoglieva con tutti gli onori le  ha causato una forte crisi. Ha dato in escandescenze, perdendo del tutto l’autocontrollo per cui hanno chiamato la pubblica sicurezza che l’ha condotta in Questura.

- Mio Dio, mi dispiace!

-  Non aveva fatto nulla di male ma si vedeva che non era in sé. Così l’hanno fatta visitare …. insomma, è da una settimana che è chiusa nel manicomio di Santa Maria Apparente ed io non riesco a tirarla fuori! - concluse in fretta.

Christopher non commentò nulla ed allora lei lo incalzò:

- Potete aiutarmi in qualche modo? Un bravo medico mi ha detto che la sua pazzia è innocua e non può costituire una minaccia per nessuno. Ma a quei tali signori forse fa comodo che rimanga rinchiusa lì: una povera folle di certo non ha alcun credito. Però ci vorrebbe qualcuno di autorevole che garantisse per lei e consentisse così al dottor Rispoli di poterla dimettere. Secondo lui un ambiente del genere  sta facendo peggiorare moltissimo la sua malattia e la cosa non mi meraviglia affatto, nemmeno riesco a spiegarvi quanto sia orribile un manicomio! Io sono disperata,  ma non so a chi rivolgermi. Per questo sono venuta da voi: siete l’unica persona importante che conosco e la mia unica speranza.

- Non sono così importante come credete e poi qui a Napoli non conosco nessuno. Forse l’unica cosa che potrei fare è rivolgermi al console di Gran Bretagna, lui di sicuro dovrebbe essere in buoni rapporti con il Prefetto ….

Christopher però era esitante. Per validi motivi preferiva stare alla larga dai suoi connazionali ma Powell era l’unico che avrebbe potuto fare qualcosa e davvero desiderava aiutare le due povere donne.

- Vi prometto che se si può fare qualcosa lo farò, signorina – le disse alla fine.

Maria gli lesse la sincerità negli occhi e fu certa che non glielo stesse dicendo solo per tenerla buona. Pensò che  Christopher Riddell fosse una persona meravigliosa.

Grazie al suo interessamento, qualche giorno dopo la madre fu dimessa dal manicomio. 

Poiché lo stesso medico che l’aveva così ben consigliata le suggerì pure di non lasciarla da sola tutto il giorno senza  sorveglianza e soprattutto di tenerla in un ambiente a lei noto, la giovane fu costretta a chiedere a Riddell il permesso di occupare di nuovo la stanzetta della servitù a Villa Helena. Quando lui glielo concesse, provò ancora di più gratitudine, una gratitudine immensa che andò ad aggiungersi all’attrazione di sempre. Pian piano  sentì nascere dentro di sé un sentimento che non osava confessare nemmeno a se stessa ma che si portava dentro come un tesoro e le dava conforto nei momenti peggiori. Però non voleva farglielo capire.

Dopo il soggiorno in manicomio la salute della mamma era ancora di più peggiorata. Helena spesso urlava o dava in escandescenze soprattutto quando nella sua mente ottenebrata tornava l’enormità dell’ingiustizia subita che aveva portato alla disperazione il marito.  Quando era costretta a lasciarla, Maria si sentiva sicura perché restava sotto la sorveglianza di Anthony e delle fidate cameriere, ma tutti i rari momenti di libertà dagli impegni di lavoro, li trascorreva chiusa con lei nella loro stanzetta.  Non voleva dar fastidio a Christopher o forse non accettava di suscitarne la pietà. Lui le piaceva molto ma forse proprio per questo,  l’orgoglio la spingeva ad accettarne l’aiuto e non la compassione.

Purtroppo le sventure della famiglia  de Oliveira sembravano non avere mai fine.

Una notte Christopher  fu svegliato da un gran trambusto in casa. Indossata la vestaglia, uscì nel corridoio per capire cosa stesse succedendo.

- Mrs Helena sta molto male – gli spiegò il maggiordomo – con il suo permesso mando il cocchiere a chiamare il medico che abita qui vicino.

- Sì, d’accordo – gli disse e poi si diresse nella stanzetta occupata dalle due donne dove trovò Maria in grande agitazione e la madre in deliquio.

Doveva essersi sentita male all’improvviso perché la ragazza indossava ancora la camicia da notte ed aveva i lungi capelli neri sciolti.

Quando le fu vicino, alzò il viso a guardarlo. Aveva gli occhi impauriti.

- Mettetevi qualcosa addosso – la invitò cercando di rassicurarla  – il medico sta arrivando.

Lei arrossì e si affrettò ad indossare una vestaglia.

Nelle ore drammatiche che seguirono restarono fianco a fianco nell’assistere l’ammalata le cui condizioni però peggiorarono così tanto che all’alba spirò.

Quando il dottor Mattioli, dopo averle tastato il polso, si alzò dalla seggiola accostata al letto e scosse la testa desolato, Christopher si voltò a guardare la figlia e la vide ritta ed immobile, senza piangere né lamentarsi sebbene il tremore delle labbra e l’estremo pallore del viso ne denotassero tutto l’immenso dolore.

- Su venite – la invitò allora – Anthony ci farà preparare una tazza di tè.

- Certo, mamma lo dice sempre: non c’è niente di meglio di una buona tazza di tè per tirarsi su – sussurrò come imbambolata e poi lo seguì docilmente in salotto.

Dritta davanti alla grande balconata, restò muta a guardare l’aurora che illuminava il cielo e le cose che pian piano uscivano dalle tenebre della notte.

Quando le si avvicinò con la tazza fumante tra le mani ma lei neanche si volse a guardarlo. Allora la posò su di un tavolino e con dolcezza le mise una mano sulla spalla.

- Maria – le disse solo, ed era la prima volta che la chiamava così.

La ragazza si voltò a guardarlo con gli occhi neri smarriti e poi, di colpo, gli si gettò tra le braccia prorompendo in un pianto dirotto.

L'uomo la strinse forte, carezzandole il capo, le labbra posate sulla sua fronte.

- Sono sola, sola! – si lamentava la giovane singhiozzando – Oh mamma, mamma, perché te ne sei andata anche tu? Cosa farò mai adesso?

- No, non sei sola, ci sono io con te, mi prenderò io cura di te – le disse, stringendola sempre più forte.

Tra le lacrime, la donna gli sorrise, poi si strinse ancora di più sul suo petto. Questa volta lui la scostò, dolcemente ma deciso.

- Ora farai la brava però.  Chiederemo al  dottor Mattioli di darti un calmante affinché tu possa riposare un poco – le disse con dolcezza.

- Non posso. C’è il funerale a cui pensare, tante questioni da risolvere . . . - obiettò la ragazza ricominciando a piangere.

- Non devi fare nulla tu, penserò a tutto io.

- Perché dovresti farlo?

Lui non le rispose, solo la trasse di nuovo a sé, stringendola ancora tra le braccia. Nel farlo provò uno struggimento infinito ma anche una paura immensa di cui conosceva bene la causa.   

 

Mantenne la promessa e si occupò davvero di tutto. D’altra parte per le sue cospicue sostanze pagare le spese del semplice funerale e del viaggio dei bambini  non rappresentava nulla. 

Benché avesse provveduto egli stesso a far mettere un necrologio su “Il Mattino”, al servizio funebre non era intervenuto nessuno ad eccezione di una cameriera, della cuoca e di Padre Mariano che lo officiava.   Durante tutta cerimonia, non aveva fatto altro che guardare i tre poveri orfani, la sorella maggiore al centro, bella e dignitosa dietro la veletta nera, ed i due bambini piangenti al suo fianco, chiedendosi che fine avessero fatto tutte quelle ricche ed importanti persone che avevano riempito il salotto di casa de Oliveira una sera di ottobre per festeggiare il compleanno ed il fidanzamento di una giovane a cui ora avevano voltato le spalle senza alcuna pietà.

Si sentiva rimescolare dalla rabbia, soprattutto perché aveva provato sulla propria pelle quanto fosse terribile sentirsi abbandonati. Continuava a dirsi che l’aiuto dato a Maria era stato un atto di giustizia. Era stato suo dovere farlo, ma il giorno successivo, quando i ragazzi sarebbero ritornati in orfanotrofio, se ne sarebbe dovuta andare anche lei. Per fortuna anche Don Mariano aveva concordato su questa necessità e si era dato da fare per sistemarla altrove.

Christopher aveva capito però che la giovane donna c’era rimasta assai male. Infatti, ogni volta che lo guardava,  sembrava rimproverarlo delle parole sconsiderate che le aveva detto la sera della morte della madre  tenendola stretta tra le braccia e promettendole di prendersi cura di lei. Di sicuro si era lasciato troppo andare, ma ora era venuto il momento di riprendere il controllo ed andare ognuno per la propria strada. Non c’era posto per quella donna nella sua vita ed anche se il cuore ed i sensi lo avevano spinto verso di lei, ora doveva solo ripetersi che aveva fatto il possibile per aiutarla nel bisogno, augurarsi che non si fosse fatta assurde speranze e che accettasse senza fare storie una separazione tanto giusta quanto inevitabile.

 

I timori di Christopher però erano del tutto ingiustificati anche se i suoi sospetti non erano stati errati.

Per un istante, stretta tra le sue braccia forti, Maria aveva creduto che la sventura abbattutasi su di lei fosse più sopportabile ed il futuro meno angoscioso. Presto però aveva capito la sua illusione e l’orgoglio l’aveva spinta ad affrontare a testa alta la propria sorte cercando di non  far trasparire la delusione.

Don Mariano le aveva trovato una sistemazione come dama di compagnia presso la vecchia baronessa D’Atri.  Ora, in attesa che la venisse a prendere, gironzolava per l’ultima volta nella casa che l’aveva vista crescere ed in cui era stata felice insieme alla famiglia.

Intanto non smetteva di rimproverarsi. Come poteva essere stata ancora una volta così sciocca?  Ruggiero l’aveva abbandonata nonostante tutti gli anni e la tenerezza che li avevano legati ed ora quell’uomo sconosciuto e riservato avrebbe dovuto prendersi cura di lei per amore? Forse l’amore nemmeno esisteva, era solo un suo sogno di fanciulla. Era venuto il momento di crescere ed affrontare la realtà.

Nonostante tutti i ragionamenti però, si sentiva molto impaurita e le sembrava che staccarsi dalla casa, dal giardino del quale conosceva ogni pianta ed ogni fiore, dall’amato pianoforte, dai mobili, dai quadri e da ogni cosa a lei cara, non fosse solo lasciare la vita di sempre per affrontarne una nuova fatta di povertà e solitudine, ma come morire anche un po’ lei stessa.

Era disperata però non voleva darlo a vedere a nessuno, tantomeno a Riddell.

Si trovava nello studio ad accarezzare con infinita nostalgia la scrivania del padre, quando lo vide apparire sotto la porta. Ricacciando indietro le lacrime, riuscì persino a fargli un sorriso, sebbene un po’ tirato.

- Siete pronta? – le chiese lui.

- Sì.

- Padre Mariano mi ha assicurato che si tratta di una delle migliori famiglie della città. Vi troverete bene, vedrete. A che ora passerà a prendervi?

Maria lo guardò con attenzione. Aveva il viso bellissimo ed impenetrabile di sempre ed anche gli occhi chiari non facevano trasparire alcun sentimento.

- Tra poco – gli rispose poi aggiunse – Com’è strana la vita, non è vero? Appena pochi mesi fa ero io sotto quella porta e voi seduto qui dove sono io adesso. Ora le parti si sono invertite: voi avete tutto ed io non ho più nulla!

- Non potete rimproverarmi per questo – protestò lui corrugando la fronte – quello che vi è accaduto non è stata colpa mia!

- Per carità, non volevo muovervi alcun rimprovero, anzi, voglio ringraziarvi per quello che avete fatto per me! Il vostro aiuto è stato ancora più meritevole perché è venuto solo dalla vostra bontà in quanto siamo dei perfetti estranei.

Un leggero rossore le animava le gote e, pur vestita  di un abito nero assai semplice e dimesso, gli apparve immensamente bella. L’uomo dovette fare uno sforzo per controllare la voce.

- È stato mio dovere, signorina de Oliveira, ma poiché è vero che non c’è alcun tipo di legame tra di noi, non sarebbe opportuno per voi continuare a stare qui.

- Certo, lo so bene, per voi non sono nulla – gli disse cercando di nascondere la delusione per un amore che avrebbe potuto essere e che non era stato.

Per fortuna la conversazione fu interrotta da Anthony che entrò per annunciare l’arrivo di Don Mariano.

Accompagnata da Riddell, Maria si affrettò ad andarsene, ma passando per il salotto, un moto incontenibile la spinse verso il pianoforte. Lo toccò con le lacrime che le traboccavano dagli occhi.

Si sentiva una stupida e si vergognava moltissimo di comportarsi come una bambina ma non poté trattenersi dal sussurrare al vecchio strumento, compagno di tante dolci ore: “addio!”. Poi si allontanò di corsa per raggiungere il maggiordomo che la stava aspettando per accompagnarla alla carrozza e la guardava intenerito.

Era già sull’uscio quando si sentì chiamare da Christopher.

- Maria, aspettate! Non dovete dire addio al vostro pianoforte,  potete venire qui a suonarlo ogni volta che vi aggrada  - le disse.

La voce sembrava incrinata dalla commozione. Lei si voltò a guardarlo e gli sorrise, molto mesta.

- Grazie – gli sussurrò poi si affrettò a lasciare tutte le cose amate: quelle che non le appartenevano più e quelle  che non le erano mai appartenute.

 

Christopher si era imposto di non pensare più a lei e ci era riuscito gettandosi a capofitto nella vita di quella città così variopinta e calda che sembrava l’antidoto perfetto al gelo che gli serrava il cuore.

Aveva fatto nuove conoscenze e si era crogiolato nei piaceri. D’altronde tutto a Napoli era dolce, anche semplicemente fare una passeggiata solitaria in una mattinata estiva quando ancora l’aria era fresca e profumata di mare e di fiori.

Proprio durante una di esse, una domenica mattina, aveva incontrato Padre Mariano che si affrettava ad andare a dir messa nella Chiesa di San Francesco ma che ugualmente si era fermato perché voleva dargli notizie della giovane de Oliveira.

- Sta benissimo – gli aveva raccontato – la baronessa le si è molto affezionata. Non dispera neanche di riuscire a maritarla perché, giovane e bella com’è, ha già qualche moscone che le ronza intorno.

- Davvero? – gli aveva chiesto senza riuscire a nascondere la curiosità, ma sperando di non aver fatto trasparire la strana emozione che aveva provato alla notizia.

Il buon sacerdote era stato invogliato da quella nota di interesse che gli aveva avvertito nella voce e, ricordando quanto Riddell aveva fatto per la sfortunata famiglia, gli aveva raccontato:

- Sì. L’avvocato Augusto Rigoli, che è al servizio della baronessa da più di trenta anni, ha manifestato il suo interesse per lei, ma come vi dicevo, la buona nobildonna non vuole forzare troppo Maria ad accettare la proposta di matrimonio. La ragazza è incerta, sapete, per l’età: l’avvocato ha cinquantasei anni ed è vedovo con dei figli già grandi  e poi, diciamocela tutta, non è proprio una bellezza. Io però sono certo che Maria farebbe la sua fortuna a sposarlo perché è un brav’uomo ed è benestante. Potrebbe prendersi senz’altro cura di lei. Speriamo che quella benedetta figliola si convinca che ci sono cose ben più importanti dell’amore!

- La signorina de Oliveira è una persona molto assennata, vedrete che saprà decidere per il meglio – aveva osservato ed il sacerdote aveva annuito, condividendo l’opinione.

Quando si furono lasciati, lui aveva continuato a camminare lungo la bella strada alberata, godendo dell’ombra e del  profumo dei tigli ma non era riuscito a smettere di pensare a Maria, al suo visino dolce e vivace, a quel corpo invitante. Era un vero peccato che una bellezza simile dovesse finire tra le mani di un uomo vecchio e brutto, ma molte donne non disdegnano un matrimonio di convenienza per assicurarsi l’avvenire. Dopo,  magari, riempiono di corna il povero malcapitato con chiunque faccia al caso loro e vivono felici e contente per tutta la vita. Chissà, forse anche Maria avrebbe fatto così.

Si era sentito stranamente malinconico poi,  alzando lo sguardo, aveva scorto dal belvedere posto alla fine della strada il panorama del mare e dell’isola di Capri soffusa d’azzurro e si era sentito quasi stordito da tanta armonia. Questo era venuto a cercare in una simile terra incantata: la bellezza e la pace. Anche se aveva trovato la prima cosa in una donna, lei non avrebbe di sicuro potuto dargli la seconda. Ed era di quella che avvertiva di più il bisogno. 

   
 
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