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Autore: Stella Dark Star    18/04/2016    3 recensioni
Leia Jinn ha tutto ciò che può desiderare. E’ segretamente sposata con l’uomo che ama, ha tre figli bellissimi (Alastair, Benjamin e Han), di cui due aspiranti Jedi, e vive su Coruscant.
In realtà la sua vita è colma di sofferenze. Obi-Wan è sempre lontano per via dei doveri Jedi e il loro rapporto è tutt’altro che amorevole. Leia, inoltre, considera Mace Windu l’autore della sua sofferenza, in quanto colpevole di aver portato Alastair via da lei in tenera età, costringendola così ad un trasferimento su Coruscant per potergli stare accanto. Pur potendo contare sul sostegno di Yoda, al corrente del suo segreto, e sull’amicizia di Anakin, a volte rivelatosi qualcosa di più di un amico, Leia nutre un profondo odio per l’Ordine Jedi che l’ha privata di due figli e di un marito. Per questo riversa tutto l’amore sul neonato Han e spera che non sia destinato a seguire le orme dei fratelli, del padre e del nonno Qui-Gon.
Una serie di nefasti eventi e la comparsa di uno “spirito guida” l’aiuteranno a ritrovare la via. Ma questo potrà bastare a rinforzare un amore che sembra destinato a finire?
Genere: Avventura, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anakin Skywalker/Darth Vader, Mace Windu, Nuovo personaggio, Obi-Wan Kenobi, Padmè Amidala
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'La saga dei Kenobi'
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Star Wars II
Obi-Wan&Leia
Il potere della verità
 
Stivali ben lucidati, cappa marrone distesa sulle ampie spalle, cappuccio calato sul volto. L’uomo misterioso stava attraversando il marmoreo corridoio del Palazzo Reale con passo sicuro, quando una palla luminosa comparve dal nulla. La osservò rotolare sul pavimento e attese che fermasse la sua corsa giusto contro il suo piede. La doppia porta in fondo al corridoio si aprì  e ne uscì un bimbo biondissimo e dai grandi occhi azzurri che si diede alla corsa tenendo gli occhi incollati al pavimento. L’uomo prese la palla da terra e chiese: “E’ tua questa?”
Il bimbo alzò lo sguardo e sgranò gli occhioni sulla figura che aveva appena parlato. Sul viso comparve un gran sorriso ed ecco che il piccolo corse verso l’uomo che poi gli porse gentilmente la palla luminosa. Il misterioso uomo si chinò su un ginocchio e si rivolse nuovamente al bambino: “Sei tu Alastair Jinn?”
Il bimbo rispose con decisione: “Sì, Signore!”
“Un uccellino mi ha detto che ieri era il tuo compleanno. E’ così?”
Il piccolo Alastair fece un marcato cenno positivo con la testa.
“E quanti anni hai compiuto?”
Il piccolo sollevò la manina per indicare il numero con le dita.
“Tre? Oh allora sei un ometto!” Disse gioviale l’uomo.
Il piccolo sorrise: “Grazie, Signore.”
“Ascolta, Alastair. Ho bisogno di parlare con tua madre. E’ all’interno dell’appartamento?”
Il bimbo si voltò per indicare la porta dal quale era uscito: “E’ là! Stavamo giocando con la palla che attraversa i muri!”
L’uomo si rimise in piedi, parlando tra sé. “Questo spiega tutto. Ecco il motivo per cui è comparsa dal nulla.”
Il piccolo si voltò di nuovo per guardarlo, ma questa volta dovette fare un passo indietro visto l’imponente altezza dell’uomo.
“Vuoi che chiamo la mamma?”
L’uomo chinò il capo e rispose gentilmente: “Saresti molto gentile ad annunciarmi a lei.”
Alastair gli regalò un altro sorriso e si ridiede alla corsa verso l’appartamento. L’uomo si incamminò, senza fretta, e man mano che si avvicinava riuscì a sentire sempre meglio le voci all’interno dell’appartamento. Oltre a quella del bambino, udiva una voce dolce e allegra di ragazza.
“Tesoro, sei riuscito a trovare la palla! Forse dovremmo giocare con quella normale, la prossima volta!”
“Mamma, c’è un Signore che vuole vederti!”
“Un Signore? Di chi stai parlando?”
“Ha un cappuccio sulla testa e la faccia scura. Dice che deve parlare con te!”
L’uomo sorrise nell’udire quella innocente esclamazione sul suo viso e sentì che anche la ragazza lasciò una risatina, prima di rispondere.
“Va bene, andiamo a vedere di chi si tratta.”
Pochi istanti ed ecco che la porta si riaprì e sulla soglia comparve Leia con in braccio il piccolo Alastair. L’uomo allora si rivelò togliendosi il cappuccio.
Il volto di Leia divenne livido nel constatare che si trattava di Mace Windu.
Lui fece un cortese inchino: “Damigella Leia Jinn. Sono lieto di rivederti.”
“Che ci fai tu qui?” Chiese secca lei. Il suo tono era tutt’altro che ospitale, esattamente come la sua espressione.
“Mi manda l’Ordine.”
Lei sfoggiò un sorriso amaro: “Non avevo dubbi.”
“Ho urgenza di parlarti di una questione importante.”
Leia manifestò il proprio disprezzo ancora per alcuni secondi, giusto per essere sicura che lui avesse capito di essere sgradito, e solo dopo gli lasciò il passaggio libero: “Prego, accomodati.”
Windu entrò, la sua attenzione fu subito attirata dalla curiosa disposizione di sofà e poltrone disposti in un cerchio stretto proprio al centro della sala. Evidentemente servivano più alla sicurezza del bambino che non ad accogliere ospiti.
Leia richiuse la doppia porta e andò dritta a prendere posto sul sofà, quindi Windu si accomodò sulla poltrona accanto a lei. Vide che teneva ancora il piccolo stretto a sé, in segno di protezione.
“Non capisco da dove provenga tutto questo astio. Ci siamo parlati appena due volte in questi anni.”
“Non mi piaci. Non mi piace il modo in cui mi guardi e nemmeno questa tua visita improvvisa.”
“Sei sicura che lo sia? Dal modo in cui stringi tuo figlio mi sembra che tu sappia già il motivo per cui sono venuto qui.”
“Non oserai.” Disse sibilando con tono minaccioso.
Windu si schiarì la voce ed attaccò col discorso: “Come saprai, al compimento dei tre anni i bambini che possiedono un’elevata quantità di midichlorian vengono prelevati dalle famiglie e condotti al Tempio per dare inizio all’addestramento.”
“Allora sei venuto inutilmente. Il mio bambino non c’entra niente con questa storia.”
“Non è esatto, damigella Leia. Alastair ha tutto ciò che gli serve per diventare un…”
“Non mi interessa.” Gridò Leia per non fargli terminare la frase. Tanto che il bimbo tremò tra le sue braccia.
“Capisco il tuo rancore. Per un genitore non è mai facile. Ma tu devi pensare al suo bene.”
“Al suo bene? Voi dell’Ordine siete dei mostri! Strappate i bambini alle famiglie e li portare via per tenerli sotto il vostro controllo. La loro vita finisce. Li trasformate in schiavi.”
“E’ un onore servire la Repubblica. Ogni Jedi è fiero di essere utile.”
“Jedi?” La vocina squillante del bimbo attirò l’attenzione di entrambi.
“Vuoi fare di me un Jedi, Signore?”
Lui sorrise gentilmente: “Sì, Alastair. Sei contento?”
“Sì! Mamma, posso andare, vero?”
Lo sguardo di Leia tremò: “Piccolo mio, non sai quello che ti aspetta se andrai via con lui. Ti verrà tolto tutto, forse ti impediranno di vedermi.”
“Io voglio diventare un Jedi, mamma.”
“Ricordi quando siamo andati alla fattoria a prendere le uova fresche? C’erano tanti pulcini e tutti stavano con le loro mamme chiocce. Perché i pulcini sono piccoli e hanno bisogno della mamma.” Accarezzò i capelli del piccolo con la mano: “Capisci cosa voglio dire?”
“Io sono il pulcino e tu sei la mamma chioccia. Ma per diventare Jedi devo andare via.”
Leia aveva le lacrime agli occhi: “Davvero vuoi lasciarmi sola?”
“Io non voglio. Devo.”
“No, tesoro. Non sei costretto. Manderò via questo signore cattivo e resterai con me a Theed, se lo vorrai.”
Windu intervenne: “Tuo figlio è più saggio te, damigella Leia.”
Leia si voltò verso di lui e gridò isterica: “Chiudi quella bocca!”
“Potresti fare anche tu l’addestramento. In fondo sei figlia del Maestro Qui-Gon.”
“Mio padre mi ha tenuta lontana da voi perché mi amava. Non voleva che finissi nelle vostre grinfie.”
Windu si lasciò sfuggire un perfido sorriso: “Ma guardati. Più che una madre apprensiva sembri una bambina che non vuole separarsi dal bambolotto.”
“Non ti permetto.”
“Leia, non hai ancora compiuto diciannove anni. Sei una ragazzina.”
“Smettila!” Gridò, assestandogli uno schiaffo in piena faccia.
“Mamma.” La voce triste del piccolo la richiamò, Leia si accorse che i suoi occhi erano lucidi.
“Mamma, non arrabbiarti. Prometto che verrò a trovarti tantissime volte.”
Leia era devastata. Tutto ciò che desiderava era crescere la sua creatura personalmente e ora non solo quel mostro di Windu glielo voleva portare via, ma la cosa peggiore era che lo stesso Alastair voleva andarsene. Quegli occhioni blu pieni di tristezza sembravano supplicarla. Come poteva lasciarlo? Era così piccolo. Abbassò lo sguardo sulle sue manine che ancora stringevano la palla speciale che nel frattempo si era oscurata. Si morse un labbro per non scoppiare a piangere. Le manine di Alastair allentarono la presa. La palla pian piano scivolò via dalle sue dita e cadde sul pavimento.  Il contatto col suolo la fece illuminare. Il cuore le si infranse nel petto per quell’incredibile coincidenza. Come la palla era scivolata dalle mani del bimbo, Alastair stava scivolando dalle sue braccia per lanciarsi in una nuova vita. E come la palla si era illuminata, anche Alastair avrebbe trovato la luce lontano da lei. Il messaggio era chiaro, eppure la paura la invase come un’ondata. Nei timpani un suono acuto che la stava facendo impazzire.
Leia prese respiro rumorosamente e si sollevò di scatto dal cuscino. Il cuore le rimbombava nelle orecchie, il respiro ansante, gli occhi sbarrati. Nella stanza era tutto tranquillo, la porta era chiusa, dall’ampia vetrata filtravano le numerose luci artificiali, ma in lontananza, al di là dei grattaceli della città, la fioca luce preannunciava l’alba. Leia era in un bagno di sudore. Attese che il respiro e il battito cardiaco tornassero alla normalità e che le mani smettessero di tremare per la paura provata. Sul comò accanto al letto teneva sempre un asciugamano, allungò un braccio sul piccolo scomparto sotto il ripiano e lo prese. Con una mano sollevò i lunghi capelli umidi e spettinati, mentre con l’altra si premurò di tamponare il sudore dal viso, dal collo e dalle spalle scoperte. Si sentiva come se avesse fatto il bagno vestita. Scivolò fuori dal letto con un po’ di impaccio per via delle lenzuola umide e della gonna della veste che le si era incollata alle gambe. Gettò l’asciugamano nel contenitore della biancheria sporca e si avvicinò alla vetrata per guardare fuori. La città era sempre in movimento, giorno e notte. Il grigiore copriva praticamente ogni cosa. Coruscant era un mondo completamente diverso da Naboo, ma ormai era diventata la sua casa. Presa dalla tristezza, Leia abbassò lo sguardo e fu allora che si accorse di un fatto: i seni gonfi avevano straripato. Che la veste fosse umida dei sudori causati dall’incubo era una cosa, ma le ampie bolle sui seni erano chiaramente causate dalla fuoriuscita di latte. Attraversò la stanza per raggiungere il mobile della toeletta, da cui prese un fiocco con cui si legò i capelli in una svelta coda di cavallo, poi prese al volo la vestaglia dall’appendino e se la infilò di volata mentre si affrettava ad uscire dalla stanza. Percorse il corridoio velocemente, seguita dal volante strascico della vestaglia, e raggiunse la stanza desiderata.
“McGee, aspetta! Ci penso io.”
Il droide pediatrico si fermò all’istante. In una mano meccanica ricoperta di pelle sintetica teneva un biberon pieno di latte che stava per riporre all’interno di uno scaldino. Per la precisione, lo scaldino era un meccanismo che faceva fuoriuscire dalla propria scatola toracica quando era necessario.
Lo sguardo di luci intermittenti verdi si posò su Leia e una voce leggermente robotica ma femminile rispose: “Come desideri, padrona Leia.” Dopodiché mise in funzione le rotelle sotto ai piedi per recarsi in un angolo della stanza, dove si mise in standby.
Leia si sporse sulla culla, dove un piccolo di un paio di mesi stava agitando le braccine con impazienza. Leia lo sollevò delicatamente: “Buongiorno, piccolo Han! La mamma è venuta a darti la pappa!”
Prese posto sulla comoda poltroncina accanto alla culla e mise il neonato in posizione per la poppata. Con rapido gesto, Leia abbassò la sottile spallina e liberò un seno a cui il piccolo si attaccò per istinto.
Le bastava guardarlo nella sua innocenza per provare splendide sensazioni, quali tenerezza, dolcezza e serenità. Amava i propri figli allo stesso modo, incondizionatamente, solo che con Han sentiva un legame, qualcosa di forte che non sapeva spiegarsi.
Il simpatico rumore del piccolo che si nutriva la fece sorridere. Parlò sottovoce per non disturbarlo.
“Oggi è un giorno importante per la tua mamma, sai? Appena avrai il pancino pieno ti lascerò un po’ alle cure di McGee. Ho davvero bisogno di fare un bel bagno! Mi farò bella e poi verrò da te per farti diventare bellissimo! Sì sì! La zia Padme sta arrivando qui a Coruscant e noi le faremo una sorpresa.”
Han emise un piccolo rumore di gola, quasi volesse rispondere. Leia sorrise divertita.
“Ma la cosa più importante, riguarda anche te, piccolino. Oggi il tuo papà torna a casa. Sei contento?”
Il sorriso dapprima luminoso si spense pian piano, un velo malinconico si posò sul suo volto. Sollevò lo sguardo verso l’ingresso della stanza, anche se non c’era nessuno. Sospirò tristemente: “Il tuo papà.”
*
La porta automatica degli appartamenti si aprì con un leggero rumore metallico ed una voce preannunciò chi stava per entrare: “Dormé, sii gentile, prepara l’abito che devo indossare per incontrare il Consiglio Jedi. Io ho bisogno di bere qualcosa.”
Padme fece il proprio ingresso nell’appartamento dalle pareti blu che le era stato assegnato dopo la sua nomina a Senatrice. La sua ancella personale fece un inchino e si diresse verso la camera da letto della sua signora.
Padme svoltò verso sinistra, dalla parte opposta dell’ampio salone, per dirigersi verso la vetrina delle bevande. Il suo sguardo era perso nel vuoto, come se la Senatrice stesse camminando senza nemmeno guardare dove andava. Un gemito infantile attirò la sua attenzione, facendole finalmente mettere a fuoco ciò che aveva di fronte. Nel vedere la cara amica con in braccio il neonato, Padme si illuminò di gioia.
“Leia, amica mia! Perdonami, con quell’abito in tono con le pareti non ti avevo proprio vista!”
Bruciò la distanza tra loro in tre salti.
“Padme, finalmente! Sei stata via così tanto tempo che quasi dimenticavo i lineamenti del tuo viso!”
Padme lasciò una risatina: “Suvvia, faccio la spola tra qui e Naboo da un paio di anni!”
“Sì, ma quando sei qui sei talmente impegnata nelle riunioni che non riesco quasi mai a vederti!”
La Senatrice scosse il capo divertita per quello scherzo e spostò la propria attenzione sul piccolo fagottino.
“Quanto è bello, Leia! Ogni volta che lo rivedo assomiglia sempre più a tuo padre.” E insieme recitarono: “Tranne che per il naso!” E a seguire una risata.
Leia porse il bimbo all’amica e, una volta assicuratasi che fosse in buone mani, gli sfiorò il nasino con il polpastrello del dito indice: “Siamo stati fortunati, vero? Amavo mio padre ma…non avrei mai accettato di ereditare il suo naso!”
Padme non rispose, era già ipnotizzata dalla tenerezza per il piccolo Han.
“Se non sbaglio dicevi che hai bisogno di bere, ti verso qualcosa?”
L’amica sollevò lo sguardo: “Oh no, non ne ho più bisogno. Questo piccolino mi ha tranquillizzata subito.”
Leia la guardò con sospetto: “E’ successo qualcosa?”
“Sì, ma non preoccuparti. Adesso non voglio parlarne. Piuttosto, andiamo a sederci?”
Fianco a fianco camminarono fino al sofà posto all’incirca a metà del salone, di fronte alla vetrata che prendeva l’intera lunghezza dell’ambiente. Una volta sedute, Padme avviò il discorso: “Come stai, Leia? Quando sono partita non eri al meglio. Sono stata in pensiero per te.”
Leia fece spallucce: “Fisicamente sto bene. I Guaritori mi hanno assicurata che sia io che Han godiamo di ottima salute. A parte il fatto che io non potrò più avere figli.”
Padme si mostrò comprensiva: “Dunque non c’è rimedio. Mi dispiace davvero.”
“Non mi do’ pena, in realtà. Ho pur sempre dato alla luce tre figli in questi dieci anni!”
Padme sorrise: “Già! E sono uno più bello dell’altro! A proposito, come stanno i bambini?”
Leia prese respiro per darsi il tempo di raggruppare i pensieri, quindi rispose: “Alastair è sempre più testardo, infatti i suoi insegnanti lo hanno spostato al Clan del Dragone.”
“Oh. E cosa è cambiato? Cosa c’è di diverso?”
“Non molto. Quello dell’Orso è per gli impavidi e quello del Dragone per i testardi che non cambiano mai idea!”
Come poteva non ridere all’ennesima battuta di spirito dell’amica? Semplice, non poteva!
“E Benjamin? E’ sempre dolce o sono riusciti a trasformarlo a suon di allenamenti?”
“Mai al mondo! Ben è la dolcezza fatta persona. Onestamente credo che la vita da Jedi non faccia per lui, è troppo buono e pieno d’amore. Sono fiduciosa che presto gli faranno lasciare l’addestramento, così avrò il mio bambino tutto per me e potrò farlo crescere in modo sano.” La sua espressione gioviale era sparita, durante quel discorso. E Padme sapeva bene il motivo. Liberò una mano da sotto il corpiccino del neonato per poterla posare su quella di lei.
“Lo so come ti senti.”
Leia scosse leggermente il capo, sorridendo a stento. “No. Tu non hai figli. Non puoi sapere cosa ho provato quando me li hanno strappati dalle braccia. E’ solo per loro che mi sono trasferita qui. Per potergli stare accanto.”
“E Yoda ti ha dato il suo appoggio. Non devi essere triste, Leia. E’ stata fatta un’eccezione per te. Il regolamento prevede che i bambini non abbiamo più contatti con la famiglia. Tu invece puoi vedere i tuoi tutti i giorni.”
Leia le lanciò uno sguardo penetrante: “Avrei preferito che l’Ordine non li scegliesse. Che crescessero felici su Naboo.”
Gli sguardi delle amiche si fissarono l’uno sull’altro, era chiaro che Leia non stava ancora bene e Padme non sapeva cosa fare per aiutarla.
“Milady, dovreste cambiarvi d’abito se volete incontrare il consiglio.”
Dormé si era avvicinata con tanta cautela che nessuna delle due donne l’aveva sentita. La sua voce flebile giunse a loro come il fruscio del vento.
Padme rispose gentilmente: “Sì, ora vengo.”
Si alzò dal sofà assieme a Leia e le porse il piccolino.
“Mi dispiace doverti congedare.”
“Oh non preoccuparti.” Leia le accennò un sorriso e continuò: “In effetti devo andare. A momenti dovrebbe arrivare….” S’interruppe, la presenza dell’ancella le impediva di pronunciare il nome dell’ospite tanto atteso.
Capendo perfettamente, Padme fece un cenno col capo: “Certo, capisco. Che il vostro incontro sia pieno di gioia, amica mia.”
*
Il fatto che non avesse incontrato ancora nessuno sul suo cammino era propizio, ma anche se fosse accaduto, non si sarebbe fermato. Era sempre così quando si trattava di lei, quando era il momento di rivederla dopo un periodo di assenza, quando le sue energie mentali erano esaurite per la fatica di non pensare a lei, di non manifestare emozioni che lo avrebbero tradito. Non era facile mantenere segreto il loro rapporto, ma di certo era molto più complicato per lui in quanto Jedi, poiché se qualcuno avesse visto in lui o letto nella sua mente, sarebbe stato perduto. Un solo errore e addio Ordine, addio spada laser, addio vita da Jedi. Ormai prossimo ai trent’anni, Obi-Wan sapeva che essere radiato equivaleva a buttare al vento tutta la sua vita.
Quando finalmente arrivò in prossimità dell’appartamento di Leia, i suoi timori diminuirono. La porta principale si aprì automaticamente grazie ai sensori di riconoscimento, giusto qualche passo e si ritrovò al sicuro da tutto. La sala d’ingresso era esattamente come l’ultima volta in cui l’aveva vista, con le sue pareti dipinte di un rilassante verde salvia, la raffinata mobilia proveniente da Naboo e qua e là appese le immagini in movimento ritraenti i bambini. Le ricercò tutte con lo sguardo, amava guardare i visi sorridenti dei suoi figli. Alcune mostravano Alastair dalla nascita fino ai tre anni di età, e tutte erano state scattate nei prati fioriti di Naboo. Sulle altre invece si vedeva Benjamin, neonato tra le braccia di Leia o mentre muoveva i primi passi o mentre giocava con il fratello maggiore, queste tutte scattate all’interno dell’appartamento di Coruscant. Di Han non c’era ancora nulla, ma presto anche lui avrebbe avuto il suo posto sulla parete.
Obi-Wan si mosse verso le camere da letto. Senza entrare poteva percepire che all’interno lei non c’era e sapeva che Alastair e Ben si trovavano al Tempio per studiare assieme ai bambini dei clan cui facevano parte. Svoltò sul corridoio di destra, passò di fronte alle camere dei bambini e si diresse in fondo dove si trovava la nursery. La porta era aperta, l’interno semibuio. Si avvicinò senza far rumore e si sporse leggermente dallo stipite. L’ologramma di una luna, dal soffitto, emanava una fioca luce bianca che illuminava candida l’interno della piccola stanza. Leia, seduta sulla poltroncina, stava cullando il piccolo affinché si addormentasse. Gli mancò il fiato nel guardare quant’era bella. I lunghi capelli biondi lunghissimi le avvolgevano le spalle come un mantello, l’abito blu notte le fasciava il corpo audacemente e il corpetto dall’ampia scollatura sembrava sul punto di scoppiare. Si rese conto di essere a bocca aperta, quindi la richiuse. Leia si accorse della sua presenza e gli regalò un dolce sorriso. Continuando a cullare il piccolo, si alzò dalla poltroncina, quindi fece segno col capo a lui di avvicinarsi.
Obi-Wan non se lo fece ripetere, quando le fu accanto lei gli porse il bambino, che lui prese con cura. Osservando la perfezione della creatura a cui aveva contribuito a dare la vita, gli vennero le lacrime agli occhi. Sporse le labbra per stampargli un bacio sulla fronte, facendo attenzione che la barba non lo ferisse.
“Dormi, mio piccolo sole. Ti voglio tanto bene.” Bisbigliò dolcemente, quindi lo ripose con cura all’interno della culla e si premurò di avvolgerlo bene nella copertina. Risollevò lo sguardo e incontrò quello di lei. Era un momento di grande sintonia tra loro. Le porse la mano a cui lei si aggrappò e uscirono insieme dalla stanza. La porta automatica si richiuse alle loro spalle.
Si ritrovarono lì, in quel corridoio, soli, una di fronte all’altro, senza dire una parola. Le loro mani ancora unite. Obi-Wan sollevò la sinistra e carezzò delicatamente una guancia della sua amata. Leia si sporse verso di lui, lentamente, fino a che avvenne il contatto. Le loro labbra si unirono in un dolce bacio, mentre la mano di lui scendeva furtiva sul collo e sulla spalla di lei. Leia, di rimando, portò le braccia al collo di lui, inducendolo così ad avvolgerla in un abbraccio per stringerla a sé. Ora il bacio era diventato più forte, più marcato, più assetato. Le mani di Obi-Wan si stavano facendo sempre più possessive sul corpo di lei. La sollevò da terra e la strinse ancora più forte a sé, riaprì gli occhi per poter vedere il tragitto che conduceva alla camera da letto. La loro.
Ritrovarsi avvinghiati fra le lenzuola era il momento più bello dei loro incontri, quando non c’erano limiti, non c’erano regole, nell’unico luogo in cui potevano essere loro stessi e amarsi senza riserve, dove non dovevano nascondere emozioni e sentimenti, dove potevano donarsi completamente l’uno all’altra. Per Leia era più importante di un rito. La sua pelle calda, il suo respiro, il suo sguardo, i suoi capelli, la sua barba, i suoi gemiti. In quei momenti sapeva che Obi-Wan era solo suo, che ogni piccolo particolare le apparteneva. Il bisogno di stringerlo e di sentirlo fino in fondo all’anima era una necessità primaria a cui non avrebbe mai potuto rinunciare. Soprattutto dopo un periodo di lontananza a causa delle missioni Jedi. Aveva ancora le dita fra i suoi capelli quando la loro danza finì. Quei capelli erano un trionfo per lei, poiché era stata proprio lei a convincere Obi-Wan a lasciarli crescere almeno fino alle spalle. E aveva avuto ben ragione, perché crescendo erano diventati di un bel biondo chiaro.
Come d’abitudine, Obi-Wan si sdraiò accanto a lei e le cinse i fianchi col braccio per mantenere il contatto fisico. Quello visivo invece era ben saldo, come se i loro sguardi si fossero fusi.
“Sei bellissima.” Bisbigliò Obi-Wan, ottenendo così un dolce sorriso da parte di lei.
“Talmente bella da essere quasi illegale. Non oso immaginare quanti Jedi siano costretti ad affidarsi alla Meditazione dopo averti vista. Specialmente con le tue scollature da panico!”
Leia si finse offesa, gli diede una pacca sul braccio: “Non è colpa mia! I miei seni si sono gonfiati col latte!”
Obi-Wan lasciò una risata.
“E comunque, per tua informazione, le mie scollature da panico mi facilitano l’allattamento! Non ho intenzione di rifarmi tutto l’armadio, tanto tra qualche mese tornerà tutto alla normalità.”
Obi-Wan continuò a scherzare: “E cioè continuerai ad affollare le sale di Meditazione!”
Leia, seppur divertita quanto lui, gli fece una smorfia: “Se è così, perché non vai anche tu a meditare invece di venire qui?”
Lui l’attirò a sé, smettendo subito di ridere: “Perché il fuoco che ho dentro può estinguersi solo così, amore mio.”
“E’ il vantaggio di essere sposati!” Voleva essere una battuta, ma stranamente nessuno dei due aveva più voglia di ridere. I loro sguardi magnetici era di nuovo avvolti dal desiderio.  Fu Leia a fare la prima mossa ricercando le labbra di lui. Pensando di dare il via ad un altro giro della loro danza d’amore, si avventurò con la mano sul corpo di lui, ma quando fece per avventurarsi verso il basso, Obi-Wan le bloccò la mano  e interruppe il bacio.
“Leia, non posso. Tra poco ho un colloquio importante.”
Sorpresa e irritata, Leia sbottò: “Ancora? Sei appena tornato!”
“Lo so, ma non posso rimandare. Devo vedere la Senatrice.”
“Padme?” Si tirò su a sedere e riprese: “L’ho vista poco fa. In effetti mi è sembrata strana. Che sta succedendo?”
“Niente di cui tu debba preoccuparti.” Scostò le lenzuola e scivolò fuori dal letto.
“Che significa? Perché tutto questo mistero?”
Obi-Wan prese la tunica dal pavimento, quindi ripose: “Nessun mistero. Voglio solo evitarti preoccupazioni. Non stai ancora bene.”
“Ma…?” Prima che potesse chiedere qualsiasi altra cosa, Obi-Wan si infilò nella stanza da bagno per darsi una rinfrescata e rivestirsi.
Quando ne uscì, vestito ordinatamente e coi capelli lisciati all’indietro, trovò Leia con un inequivocabile broncio. Camminò attorno al letto fino ad arrivare al lato dove si trovava lei, immobile e con il lenzuolo stretto al petto. Si sedette sul bordo: “Amore! Farò presto, promesso. Devo solo prendere degli accordi. Poi tornerò da te.”
Leia sospirò: “Se me lo prometti, allora va bene. Hai avuto modo di vedere i bambini?”
Lui scosse il capo: “No. Appena ho messo piede sulla piattaforma sono stato chiamato da Windu perciò ho dovuto raggiungerlo. E appena finito di parlare con lui sono venuto da te.”
“Allora…” Leia sentì la timidezza affiorare dalle guancie: “Magari dopo potremmo andare assieme a trovarli. A quest’ora saranno già iniziati gli allenamenti pomeridiani. Credo che non sia un problema se guardiamo restando all’ingresso della sala.”
Lo sguardo di Obi-Wan ebbe un leggero tremore: “Insieme, io e te? Lo sai che preferisco evitarlo.”
Leia lo prese per mano, cercando di rassicurarlo: “Obi-Wan, non c’è niente di cui aver timore. Se qualcuno avesse voluto farti del male lo avrebbe già fatto. I nostri figli sono sotto gli occhi di tutti, credi che nessuno si sia accorto di quanto ti assomigliano?”
Obi-Wan cercò di buttare fuori quel timore con un profondo sospiro: “Hai ragione tu. Farci vedere assieme, ogni tanto, non può danneggiarmi. Solo cerchiamo di non attirare l’attenzione. Forse tutti sanno, ma Ben e Alastair lo ignorano.”
“Prima o poi dovremo dirglielo. Hanno il diritto di sapere chi è il loro padre.”
Obi-Wan liberò la mano da quella di lei e si risollevò.
“Devo andare. Ci rivediamo più tardi.”
Uscì dalla stanza senza voltarsi indietro.
Leia si ritrovò sola, come sempre. I suoi occhi sembravano poter oltrepassare la porta bianca e posarsi sulle spalle dell’uomo che amava.
“Nemmeno un droide saprebbe contare le volte in cui l’ho visto andarsene e lasciarmi sola. In questi dieci anni.”
Obi-Wan stava attraversando la sala, ma all’improvviso si fermò. Poteva sentire il dolore di Leia dentro sé come se facesse parte di lui stesso. Chiuse gli occhi: “Perdonami.”
*
I corridoi del Tempio erano un capolavoro di architettura classica, con le maestose arcate e i preziosi marmi poteva mettere in soggezione perfino il Palazzo reale di Theed. Sotto quell’aspetto era l’unico luogo di Coruscant in cui Leia amava passeggiare quotidianamente per ritrovare l’equilibrio psichico e per scacciare i cattivi pensieri. E il vasto archivio era il rifugio in cui ritrovare suo padre attraverso le schede di memoria.
Quel pomeriggio, passeggiando al fianco di Obi-Wan, Leia avrebbe potuto essere scambiata per una sacerdotessa, il morbido abito beige cadeva armoniosamente fino alle caviglie, le lunghe maniche ricadevano fino alle dita delle mani e, soprattutto, il petto e le spalle erano ben coperti per rispetto del luogo. Vi era anche un cappuccio sulla schiena, ma la lunga distesa dorata di capelli lo copriva completamente. Passi tranquilli, volti sereni, giusto un piccolo distacco tra loro per salvare le apparenze, i due coniugi non avevano proferito verbo, tanto erano immersi nella beatitudine del luogo.
La loro prima tappa fu la sala d’addestramento per i più giovani componenti del Clan del Bergruufta, ovvero gli Iniziati dal cuore puro e leale. Si fermarono all’ingresso della sala, da cui potevano osservare l’allenamento senza disturbare e senza essere disturbati. Il piccolo Benjamin, o più semplicemente Ben, stava praticando degli esercizi con la spada, prima di confrontarsi con il compagno a lui assegnato quel giorno. Gli sguardi dei suoi genitori erano così fieri e carichi di tenerezza, che se li avesse notati di certo si sarebbe distratto. Potevano decidere di prendere qualunque precauzione, la verità è che gli occhi di un genitore traboccano sempre d’amore per un figlio. Il bimbo, nei suoi quattro anni di età, era di una dolcezza incomparabile. Nonostante fosse innocente come gli altri suoi compagni, indossasse la stessa tunica e portasse i capelli corti, c’era qualcosa nei suoi occhi azzurri che lo distingueva da tutti gli altri. Sembrava l’unico a possedere ancora l’innocenza infantile nello sguardo, l’unico a non aver dimenticato di essere effettivamente un bambino. I suoi movimenti leggermente impacciati suscitavano simpatia, si capiva che per lui quello non era più di un gioco.
“Ben Jinn. Tocca a te.”
Ben si portò al centro della sala dove era già pronto il suo compagno e il duello iniziò. Entrambi i bambini avevano sguardo fermo, ma la loro tenera età rendeva i loro movimenti imprecisi e gli errori abbondavano. L’incontro durò pochi minuti. L’avversario vinse, disarmando Ben.
Come Leia aveva già visto fare molte volte nell’arco di un anno, cioè da quando Ben era stato scelto come Iniziato, il suo figlioletto venne rimproverato per ogni errore. Ancora una volta il cuore di Leia batté pesante nel petto e il suo volto trasparì il dispiacere. Al contrario di lei, Obi-Wan seguiva il rimprovero con grande interesse e alcuni cenni del capo indicavano che concordava con il Maestro. La predica finì con una leggera pacca sulla spalla e con un “puoi uscire due minuti”. Ben finalmente vide chi c’era all’ingresso e il suo volto si illuminò. Corse gridando: “Mamma!”
Leia lo accolse a braccia aperte ed in ginocchio, per essere alla sua altezza.
“Piccolo mio!”
Ben, seppur tra le braccia della madre, sollevò lo sguardo verso l’altro ospite: “Obi-Wan, sono contento che sei venuto a vedermi assieme alla mamma!”
Obi-Wan si chinò su di lui: “Lo sai che sono felice di vedere i tuoi progressi, giovanotto! Anche se ho notato che le cose non vanno molto bene.”
Leia si voltò di scatto: “Obi-Wan, che stai dicendo? Ben fa tutto quello che può.”
Lui rispose saggiamente: “L’impegno non è mai troppo. Come gli ha detto poco fa il Maestro.”
Vedendo il visetto di Ben rattristarsi, Leia gli posò amorevolmente una mano sulla guancia e lo consolò: “Non preoccuparti, tesoro. Non devi dimostrare niente a nessuno. Tu sei perfetto così come sei.”
“Se avesse duellato contro un avversario armato di spada laser vera, ora staresti piangendo su un corpo senza vita.”
Leia si rialzò in piedi, fingendo di non aver sentito: “Torna dai tuoi compagni, piccolino. Ci rivediamo stasera. Farò preparare una cena squisita con tutti i tuoi piatti preferiti.”
Il piccolo saltò dalla gioia e corse dai suoi compagni.
I genitori abbandonarono l’ingresso senza dar segno del loro vero stato d’animo, ma appena si furono allontanati abbastanza, Leia tirò fuori gli artigli: “Dovevi proprio parlare in quel modo?”
“E tu devi sempre contrariarmi? Scommetto che anche il Maestro ti ha sentito dire quelle sdolcinatezze.”
“E’ un bambino! Possibile che nessuno lo capisca?”
“Diventerà un Jedi un giorno. Deve imparare sin da subito l’importanza degli allenamenti e dell’apprendimento delle tecniche.”
“Dì quello che vuoi, Ben non diventerà mai un Jedi. E’ troppo buono e onesto per intraprendere quella carriera.”
“Cosa vorresti insin…?”
Leia lo zittì con un gesto della mano. Erano arrivati all’ingresso della sala del Clan del Drago, dove gli Iniziati un po’ più grandi si allenavano. Gli allievi erano stati suddivisi in gruppi di tre ragazzi ciascuno, i quali lottavano tra loro. Leia cercò il figlio maggiore con lo sguardo, nel trambusto non era facile orientarsi. Lo vide in fondo alla sala, con la sua tunica marrone, intento a combattere contro due avversari con la tunica grigia. Il combattimento era diverso rispetto a quello dei piccoli. In quella fascia di età gli Iniziati avevano circa sette anni di allenamenti sulle spalle, i loro movimenti erano scattanti e precisi. Alastair aveva le gote arrossate, lo sguardo duro e concentrato. Se i suoi avversari puntavano sulla precisione, lui sapeva compensare qualche piccola carenza con la forza fisica. Il combattimento era a tratti brutale. Al contrario del fratellino, Alastair era un vincente bell’e fatto e alla fine sconfisse gli avversari. Ad uno intorpidì un braccio con un possente colpo di spada e l’altro lo atterrò colpendolo alle gambe di netto. Leia non ne era contenta, temeva che il combattimento incoraggiasse l’aggressività del ragazzino, cosa che degli sani studi a Theed non avrebbero certo fatto emergere. Si attese che tutti i gruppi avessero un vincitore, quindi il loro Maestro ordinò ai vincitori di mettersi in fila. Si complimentava bisbigliando e li criticava alzando il tono di voce. Leia non approvava. Questa volta non poterono incontrare il ragazzo, Alastair li aveva visti e si era limitato a fare due cenni di saluto con la testa. La sua attenzione era tutta assorbita dall’allenamento. Dopo un po’, Leia e Obi-Wan si congedarono.
Leia abbozzò timidamente una richiesta: “Verresti con me all’archivio? Vorrei fare una cosa.”
“Certo.” Rispose lui, puntando già lo sguardo vero il luogo appena nominato. Con sicurezza camminò fino ad arrivare alla Sala degli Olocroni dove sapeva che lei era solita andare. Fece per svoltare in una precisa sezione, ma Leia lo fermò: “Non qui. Seguimi, per favore.”
Obi-Wan le lanciò uno sguardo sorpreso: “La scheda di memoria riguardante tuo padre è in questa sezione.”
“Lo so. Non sono venuta per questo, oggi.” Riprese a camminare e lui non poté far altro che seguirla.
Arrivarono in fondo alla Sala e, proprio quando Obi-Wan credette che stessero per uscire, ecco che Leia svoltò. Continuò a seguirla in quel vicolo cieco, attorno a loro solo ripiani di schede di memoria perfettamente allineate, tutte illuminate d’azzurro. Leia si fermò giusto in fondo al corridoio.
“Cosa cerchi di preciso?” Chiese Obi-Wan raggiungendola.
Leia attese che lui le fosse di fronte e lo prese alla sprovvista gettandogli le braccia al collo e baciandolo. Inizialmente lui partecipò, stringendola a sé e ricambiando il bacio, ma poi all’improvviso si fermò.
“Leia, che stiamo facendo? Potrebbero vederci.”
“Non m’importa.” Sospirò per poi riattaccarsi alle sue labbra.
Obi-Wan dovette fermare tutto di nuovo e mostrarsi severo: “Lo so che il tuo più grande desiderio è di farmi espellere, ma così stai davvero esagerando.”
Gli occhi di Leia si riempirono di lacrime, il suo sguardo era un grido disperato che però uscì dalle labbra in un sussurro: “Ti prego. Solo qualche minuto. Dammi l’illusione di una vita normale. Fammi credere che non dobbiamo nasconderci per paura ma solo per pudore.”
A Obi-Wan venne spontaneo scherzare: “Chi si nasconderebbe in un archivio per baciarsi?”
Leia abbozzò una risata, si passò la manica sugli occhi per asciugare le lacrime: “Se fosse una biblioteca normale forse lo farebbero molti innamorati!”
La tensione svanì come una nuvola di vapore, Obi-Wan l’avvolse in un abbraccio, questa volta voluto.
“Se ti accontento poi prometti di non arrabbiarti?”
“Arrabbiarmi per cosa?”
“Questa sera devo tornare negli appartamenti di Padme per fare la guardia assieme ad Anakin. Il che significa che non potremo dormire assieme io e te, questa notte.”
Leia abbassò lo sguardo, indecisa sul da farsi, per poi optare per il patteggiamento: “Se rimani a cena con me e i bambini, non dirò una parola.”
Obi-Wan sorrise divertito: “Agli ordini, mio Generale! E farò di meglio. Proporrò ad Anakin di concederci un po’ di riposo a turno, verso mattina, così potrò venire da te.”
Leia sussurrò: “Dormirò beatamente sapendo di averti accanto.”
Uno sguardo d’intesa e le loro labbra suggellarono l’accordo con un lungo bacio.
*
Tutti attorno ad una tavola in principio imbandita di leccornie ma ora solo piena di stoviglie sporche, la famiglia Kenobi era di umore allegro, come sempre quando trascorrevano del tempo assieme senza l’intromissione di esterni.
Leia osservava con ammirazione ciò che la circondava, cercando di memorizzare quei momenti felici. Accanto a lei, Alastair stava cullando un beatamente addormentato Han. Insieme erano così teneri, nonostante l’apparente distacco del figlio maggiore. La sua ostinazione a mostrare il peggio di sé era incredibile, però Leia sapeva che il figlio aveva un cuore sincero e poteva vedere che dai suoi occhi traspariva l’amore per il fratellino. Di fronte a lei, invece, la scena era decisamente più movimentata. Ben, seduto sulle ginocchia di Obi-Wan, ammirava incantato un piccolo trucco Jedi. Un bicchiere che eseguiva piccoli salti mortali e due forchette che gli piroettavano attorno. Più Ben era felice, più Obi-Wan si divertiva ad assorbire le emozioni del figlio.
“Ancora, Obi-Wan!”
“Va bene, giovanotto!”
Come sarebbe stato bello se avesse potuto chiamarlo papà…
“Mamma, Han si è svegliato.”
Leia spostò l’attenzione su Alastair, o meglio sulla creaturina che si stava agitando tra le sue braccia.
“Il mio piccolino si è svegliato! E direi che ha tanta fame!”
Lo prese delicatamente dalle braccia del figlio maggiore e se lo accomodò al petto. Han era sempre più agitato.
“Sì, adesso ti do’ la pappa! Che prepotente!”
Il tono giocoso con cui lo aveva detto aveva fatto ridere Ben, che ora aveva abbandonato le acrobazie delle stoviglie per guardare il fratellino.
Leia di denudò un seno per allattarlo e finalmente Han si calmò. Sapeva che quello spettacolo sarebbe durato solo qualche mese ancora, come sapeva che sarebbe stato l’ultimo, però non avrebbe lasciato che la malinconia le rovinasse un momento così dolce.
Vedendo la voracità con cui si nutriva, le venne spontaneo lo scherzo: “Non essere così ingordo!”
Ben scoppiò a ridere di gusto e Obi-Wan peggiorò la situazione facendogli il solletico ai fianchi: “Cos’hai da ridere, tu? Sappi che eri uguale! Me lo ricordo bene!”
Mentre il bimbo continuava a ridere, Leia e Obi-Wan si scambiarono uno sguardo colmo d’affetto e di nostalgia. Poi Leia gli fece un cenno con la testa. Lui scostò lo sguardo e si accorse a cosa si riferiva. Alastair, credendo di non essere notato, aveva abbandonato la serietà per uno sguardo molto più tenero rivolto al fratellino più piccolo.
*
Leia aveva percepito il calore umano che l’avvolgeva, il respiro contro i capelli. Non aveva aperto gli occhi e nemmeno si era svegliata, sapeva che era notte anche se non poteva dire che ora fosse di preciso, le bastava sapere che Obi-Wan era tornato dalla guardia, che l’aveva abbracciata e aveva dormito con lei come aveva promesso. Eppure quella sensazione di serenità parve durare un attimo, per lei. Era come se avesse appena terminato di pensarlo che un bacio sulle labbra la destò. Un allarme interiore la indusse ad aprire gli occhi, ma la luce dell’alba glieli fece quasi richiudere.
“Buongiorno, amore.” La voce sussurrante e delicata di Obi-Wan le arrivò come una carezza sonora.
Per proteggere gli occhi dal sole, Leia si fece scudo con la mano e tentò di mettere a fuoco il volto di Obi-Wan. La voce ancora un po’ roca: “Devi già andartene?”
“Sì.”
“Hai dormito poco. Non puoi fermarti ancora un po’?”
“Mi dispiace, non posso. Questa notte ci sono state delle complicazioni.”
Leia si tirò su per essere faccia a faccia con lui: “Padme sta bene? Perché non ti decidi a dirmi la verità?”
Nonostante il tono irritato, Obi-Wan non reagiva, si limitava a restare calmo e placido: “Lei sta bene ma la sua vita è in pericolo. Credo che tu capisca quanto sia importante il mio compito in questo momento.”
“I tuoi compiti sono sempre più importanti di me e dei nostri figli.”
Lui sapeva cosa stava facendo, la conosceva bene. Era solita lanciare accuse quando voleva dare inizio ad un litigio, uno scontro diretto dal quale nessuno dei due poteva uscire vincitore e dove entrambi finivano sconfitti. Ma ora non aveva tempo da perdere.
Si mise in piedi e rispose solamente: “Prova a riaddormentarti. Credo tu ne abbia bisogno più di me.”
Fece per andarsene dalla stanza, seguito dallo sguardo fulminate di lei.
“Una volta o l’altra pagherò qualcuno per uccidermi così sarai costretto a proteggermi. Visto che è l’unico modo per avere la tua attenzione.”
Nessuna risposta, Obi-Wan uscì e la porta automatica si richiuse alle sue spalle.
Leia sbuffò per la rabbia e batté i pugni sul materasso. Con movimento brusco scostò le lenzuola, ormai era così arrabbiata che non avrebbe potuto dormire nemmeno dopo aver preso a testate il muro.
“Ma perché l’ho sposato? Chi me l’ha fatto fare?” Aprì l’armadio, ma prima che potesse anche solo dare uno sguardo a cosa conteneva, un rumore richiamò la sua attenzione. Si sporse dall’anta e lo vide, fuori dalla vetrata c’era Anakin a bordo di uno speeder ultramoderno. Con la mano gli chiese un minuto di tempo per prepararsi e sparì di nuovo dietro l’anta dell’armadio. Fu una preparazione velocissima, giusto il tempo di infilare un paio di pantaloni attillati, una maglia abbinata e un paio di scarpe comode e legare i capelli in una coda di cavallo. Pigiò il pulsante per aprire uno dei vetri, quindi salì sul cornicione e saltò dentro lo speeder.
“E’ da un po’ che non ci facciamo un giro, io e te!” Il sorriso gioviale di Anakin era il miglior rimedio contro la rabbia che avesse mai provato.
Leia si mise comoda sul sedile del passeggero, come scrollandosi di dosso la figura aggraziata che era solita usare in pubblico e che a volte le stava davvero stretta. Gli fece l’occhiolino e rispose: “Allora divertiamoci!”
Anakin partì a razzo, dando prova delle sue capacità di pilota e sfogando tutta quella gioia di vivere e quella spericolatezza che gli era proibito esternare a causa dei suoi giuramenti all’Ordine. Da quando avevano scoperto di avere molto in comune, lui e Leia approfittavano di ogni occasione per scappare dal Tempio a bordo di uno speeder, fare acrobazie tra i grattaceli, salire e ricadere in picchiata, e poi sostare da qualche parte per parlare, per confrontarsi, per scherzare, per consolarsi. Avevano bisogno di sostenersi a vicenda per sopravvivere in quella prigione spirituale.
Dopo una buona dose di grida e di risate, e anche di espressioni colorite da parte di alcuni piloti in cui si erano imbattuti, Anakin adocchiò un posticino tranquillo in cima ad un grattacelo di media altezza, dove arrivava uno spiraglio di sole.
Spense il motore e si abbandonò sul sedile per godersi la tranquillità e la compagnia dell’amica.
Voltò la testa verso di lei, che già lo stava guardo in attesa di cominciare un dialogo.
“Cominci tu o comincio io?” Chiese scoppiando quasi a ridere.
Leia infatti abbozzò una risata: “Cosa posso dire? Sono una povera illusa. Ogni volta spero che qualcosa possa cambiare e ogni volta rimango con un pugno di mosche.”
“Ti riferisci a lui?”
Leia sospirò: “A tutto. Spero che i miei figli vengano congedati dall’addestramento Jedi e non succede. Spero che Obi-Wan lasci l’Ordine per stare con me e non succede.”
“Temo che dovrai rassegnarti. Una volta entrati nel sistema non c’è modo di uscirne.”
“E allora fammi tornare indietro nel tempo. Impediscimi di conoscerlo e di innamorami di lui.”
Anakin abbozzò un sorriso: “Mi sembra una soluzione drastica. Lo vorresti davvero?”
Leia vagò con lo sguardo verso l’alto, nel cielo grigio azzurro: “A volte sì.”
“Potrei desiderare la stessa cosa per me. Se quel giorno invece di trovarmi nella bottega fossi uscito per una commissione, non avrei mai incontrato tuo padre e ora non sarei un Padawan.”
Leia si voltò a guardarlo, nei suoi occhi non c’era traccia di inganno.
“Avresti preferito restare uno schiavo?”
Anakin rispose serio: “Avrei preferito diventare un campione di corsa con gli sgusci e usare il denaro per liberare me e mia madre.”
Si scambiarono un sorriso triste, era evidente che entrambi soffrivano delle scelte che avevano fatto in passato. Leia gli prese la mano con affetto.
“E’ così terribile come maestro?”
“No, anzi. Lui è una brava persona, un uomo giusto e giudizioso.” Le fece un cenno con la testa: “E’ così terribile come amante?”
Leia abbozzò una risata: “Come amante è perfetto. Peccato che non lo sia anche come marito e padre.”
“Lo so. Non dev’essere facile mantenere il segreto.”
“Il che è un termine non appropriato. Lo sai tu, lo sa Padme e lo sa Yoda.”
“Be', nel mio caso è diverso. Obi-Wan non sa che io lo so. E nemmeno Padme.”
Nel dire quel nome una luce gli aveva illuminato gli occhi e Leia se ne accorse.
“Hai fatto progressi? Dopo anni trascorsi a parlare di lei finalmente hai potuto incontrarla.”
Anakin sorrise: “Sto cercando di instaurare un rapporto, ma non è facile. Sono fiducioso di fare passi avanti durante il soggiorno su Naboo.”
Leia si illuminò: “Andate su Naboo? Posso venire con voi? E’ da mesi che non rivedo il mio adorato pianeta! Vorrei portarci Han, l’aria pura gli farebbe bene!”
Anakin si morse le labbra: “Accidenti, non avrei dovuto dirtelo.”
“Perché mai?”
“Devo partire con Padme di nascosto. Per la sua sicurezza. Viaggiare con te e il bambino attirerebbe troppo l’attenzione.”
Leia non nascose di essere delusa, ma d’altronde non era giusto prendersela con lui.
“Capisco. La sicurezza di Padme viene prima di tutto. Non voglio che sia in pericolo per causa mia.” Appoggiò la testa sullo schienale e chiuse gli occhi come per godersi il calore del sole sul viso.
Anakin si ritrovò a guardarla, ad ammirare la bellezza di quel viso, senza contare che aveva ancora la mano nella sua e questo gli permetteva di leggerle dentro con più facilità. Fu percependo il suo bisogno d’amore che si ritrovò a sporgersi verso di lei e a posare le labbra sulle sue.
Non ci fu alcun movimento, da parte di nessuno dei due. Rimasero solo così. Almeno fino a quando Anakin non si scostò e si ritrovarono a guardarsi con sorpresa.
“Anakin!” Gridò lei, imbarazzata, facendolo saltare via come una cavalletta.
“Scusascusascusa!”
“Quante volte te lo devo ripetere? NON-PUOI-BACIARMI!”
“Lo so! Per chi mi hai preso? E’ che ho sentito le tue emozioni e mi sono lasciato andare!”
“Accidenti a te! Sono la moglie del tuo maestro, è come se fossi tua madre!”
Anakin emise un suono contrariato: “Abbiamo quasi la stessa età, difficile da credere.”
“Beh allora lavora d’immaginazione. I tuoi baci improvvisi mi mettono a disagio.”
“Bugiarda! Lo sento che ti piacciono. Non puoi mentire.”
“In ogni caso non puoi appiccicare le tue labbra alle mie ogni volta che mi senti triste o che ne hai voglia.”
“Se ben ricordo alcune volte sei stata tu a baciare me. Senza contare quella volta in cui eri disperata e abbiamo fatto…”
Leia lo interruppe posandogli due dita sulle labbra. La sua espressione non era più imbarazzata.
“Non vantarti dei miei errori, Anakin. Specialmente quello. Il nostro legame è più forte dell’amicizia, però non sarà mai quel tipo di amore. Il fatto che ci consoliamo a vicenda è più triste che ammirevole. Se Obi-Wan lo sapesse mi ucciderebbe. E poi ucciderebbe te. Io ho bisogno di te come amico, Anakin.”
Lui la pensava allo stesso modo, Leia era l’unica persona che gli era accanto in ogni momento difficile e che poteva capiva i suoi problemi. No, la loro non era una relazione clandestina, erano solo due ragazzi giovani a contatto con una dura realtà che non sapevano come gestire.
“Non lo faccio, Leia. Io ti voglio bene e so che tu ne vuoi a me. Non potrei mai trarre vanto dai nostri incontri segreti e dai nostri baci immotivati.”
Leia si quietò nell’udire quelle parole, gli fece un cenno: “E poi se riuscirai a conquistare il cuore di Padme non avrai più motivo di cercarmi.”
“Non così, magari. Un’amicizia alla luce del sole non è sbagliata.”
Leia gli lasciò la mano e si rimise a posto sul sedile: “Sarà meglio tornare. Han si sarà già svegliato.”
“Sì, a quest’ora Palpatine avrà dato ordine a Padme di partire e lei sarà amareggiata come non mai!”
*
Entrò nella propria camera da letto mentre ancora si stava sistemando la spallina della veste. Era stanca, dopo aver allattato Han. Lanciò un’occhiata ai vestiti che si era tolta prima, quando era tornata dalla breve gita sullo speeder, e che aveva gettato a terra per la fretta di cambiarsi e andare da Han. Non era una cosa necessaria allattarlo al seno, in fondo aveva un eccellente droide ad occuparsi del piccolo giorno e notte, però lei sentiva il bisogno di darsi da fare, di essere presente e di averne cura come aveva fatto con Alastair e Benjamin prima di lui.
Raccolse i vestiti da terra e li gettò nel cestone. Ebbe un momento d’esitazione. Aveva bisogno di dormire e di staccare la spina da tutto.
“Oscuramento dei vetri di terzo grado.”
Il comando vocale attivò la procedura, i vetri iniziarono ad oscurarsi come richiesto. Il terzo grado era intermedio, come se fosse sera ma non ancora notte. Giusto quel che bastava perché potesse addormentarsi senza il tormento della luce del giorno.
Si infilò sotto le morbide coperte, sospirando di piacere.
“Dopotutto, Obi-Wan aveva ragione. Ho davvero bisogno di dormire.”
Si accoccolò sul cuscino con piacere, cercando di svuotare la mente. Non sapeva se Obi-Wan era ancora arrabbiato con lei per via delle brutte cose che gli aveva detto all’alba, non sapeva nemmeno cosa stesse facendo. Anakin non l’aveva inserito nel piano di fuga con Padme, quindi sicuramente aveva un altro compito. Qualunque cosa fosse, non la riguardava. Il sonno era l’unico compagno che bramava in quel momento.
Dormì fino all’ora di pranzo. Si era svegliata a causa dei morsi della fame. Il suo primo pensiero fu: “I bambini saranno a mensa a quest’ora.”
Si fece portare un pasto ultracalorico per recuperare energie e buonumore, dopo di che si concesse un bel bagno caldo mentre il droide domestico si occupava delle faccende quali pulire le stanze dell’appartamento e occuparsi della lavanderia. Indossò un abito simile a quello del giorno precedente, ma di colore viola, nonostante lei fosse un’eccezione a molte regole, quella sul decoro all’interno del Tempio non voleva assolutamente trasgredirla. Non avendo particolare voglia di acconciarsi i capelli, decise di raccoglierli in una crocchia e di coprirli con il cappuccio dell’abito.
La sua passeggiata era iniziata da poco all’interno del Tempio quando in fondo al corridoio che stava percorrendo vide tre figure familiari. Yoda a bordo del suo piccolo velivolo per spostarsi senza dover affaticare le gambe provate dagli anni, Windu con la sua solita aria minacciosa e Obi-Wan. I tre stavano parlando con volto grave, a quanto sembrava c’erano problemi scottanti da risolvere. Vide Yoda andarsene. I due colleghi invece restarono lì, continuando a parlare gravemente. Leia li raggiunse senza che loro se ne accorgessero. Troppo strano per dei Jedi.
“Buongiorno a voi, Maestri Jedi.”
Obi-Wan in effetti fu sorpreso di ritrovarsela accanto, Windu al contrario non manifestò nessuna emozione, restando fedele a se stesso. Fece un cenno col capo: “Buongiorno a te, damigella Jinn.”
“Vedendo i vostri volti gravi, mi stavo chiedendo quale fosse la causa.”
“Affari segreti, sono spiacente di non poterli condividere con te.”
Leia sfoggiò un amaro sorriso: “Non chiederei tanto, Mastro.”
Obi-Wan poteva vedere, oltre che percepire, la tensione fra i due perciò pensò bene di intromettersi con un nuovo argomento: “Il Maestro Windu mi stava giusto dicendo che ammira i progressi del giovane Alastair.”
Leia spalancò gli occhi con sfacciataggine: “Oh davvero? E perché mai dovrebbe parlarne con te, Obi-Wan?”
Lui desiderò per un istante di poterla prendere per il collo, ma sapendo che il collega avrebbe potuto percepirlo, dovette ricomporsi all’istante: “Per il semplice motivo che il rapporto d’amicizia che mi lega a te ha fatto sì che mi interessassi anche dei tuoi figli. La promessa fatta al mio Maestro, tuo padre, si estende anche a loro.”
L’abilità con cui si era districato dall’imminente imbarazzo e dal rischio di catastrofe era davvero ammirevole. Suo malgrado, Leia si sentì in colpa per aver cercato di metterlo nei guai con la sua linguaccia. La connessione tra loro si era stabilita, i loro sguardi si erano uniti. Questa volta fu Windu ad intromettersi: “Uno di questi giorni chiederò un colloquio con te, damigella Jinn. Ho un’importante questione da illustrarti.”
“Non vedo l’ora!” Disse Leia con evidente sarcasmo.
Il Maestro salutò entrambi e andò per la sua strada.
Ci fu almeno un minuto di silenzio tra loro, fino a che Obi-Wan non uscì con un: “Non dirò niente, Leia. Lo sai cosa penso del tuo modo di comportarti.”
Leia aggrottò le sopracciglia: “Quell’uomo deplorevole ha portato via…mio figlio. Nel caso lo avessi dimenticato.”
Obi-Wan sollevò un mano a mezz’aria per stabilire la tregua: “Leia, sarei passato da te dopo il colloquio coi miei colleghi per dirti che devo partire.”
Lei si limitò ad abbassare lo sguardo: “Immagino che non puoi dirmi dove andrai.”
“Infatti, per questioni di sicurezza, come ben sai.”
“Almeno puoi dirmi quando tornerai?”
“Il prima possibile. Voglio arrivare a capo di questa faccenda una volta per tutte.” Con la mano sotto al mento le risollevò il viso, per poterla guardare negli occhi, quindi disse gentile: “Lo so che per te è difficile, ma spero con tutta l’anima che un giorno saprai accettare ciò che sono e ciò che faccio.”
“Lo spero tanto anch’io, amore.” La sua risposta era sincera, avrebbe voluto chiedergli di stringerla tra le braccia prima della partenza, ma sapeva che non era possibile lì, in piena vista.
Obi-Wan accennò un sorriso: “Torno presto.”
La lasciò così, senza dire altro, ma almeno fece una cosa che la rincuorò. Mentre se ne andava, si fermò un attimo per guardarsi indietro. Lei era ancora là e lo stava guardando con occhi già carichi di nostalgia. Le regalò un sorriso di conforto trasmettendole così un po’ di serenità.
*
“Ti ringrazio, McGee. Non mi sono resa conto dell’ora e ho mancato l’appuntamento della poppata!”
Il droide pediatrico rispose con la sua particolare voce: “E’ il mio compito, signora.”
Leia sorrise gentilmente, nonostante quel droide fosse un macchinario con la testa quadrata bianca, gli occhi nient’altro che due lampadine verdi e le braccia di forma umana, restava pur sempre una presenza importante per lei e aveva ottima cura nel piccolo. Macchinario o no, aveva più sentimenti lei di molte persone umane. Fece per andarsene, dando giusto un’ultima occhiata nella culla dove Han dormiva beato, ma prima di uscire si fermò sulla soglia della stanza.
“Se ti faccio una domanda mi dai una risposta sincera?”
Gli occhi della droide lampeggiarono: “Certamente, signora.”
“Ti dà fastidio che io ti chiami McGee invece che col tuo codice?”
Ci fu qualche istante di silenzio, poi la droide rispose: “Mi piace questo nome. Mi fa sentire quasi umana.”
Leia abbozzò una risata: “Mi fa piacere! Avevo un dubbio ma non trovavo mai il coraggio di chiedertelo!”
Uscì dalla stanzetta e si diresse verso la sala principale, dove prese posto sull’ampio sofà color verde bosco. Sul mobiletto accanto vi erano una brocca in vetro e un servizio di bicchieri di media grandezza. Leia si riempì il bicchiere del liquido arancio e ne bevve un lungo sorso.
“Mh! Zuccherino ma dissetante! Per fortuna i miei droidi hanno trovato delle piacevoli varianti all’alcol, visto che non posso berne durante l’allattamento.”
Posò il bicchiere sul bordo del mobile e si stese sul sofà per rilassarsi un po’. Nella sua vita non c’era mai stata molta pace e ogni giorno che passava si sentiva sempre più stanca e in preda alla malinconia. Ripensò al sorriso di Obi-Wan… Avrebbe tanto voluto che tra loro le cose ricominciassero ad andare bene. Le venne in mente il bacio di Anakin, l’ultimo di una lunga serie. Non aveva mai provato rimorso, in fondo quei baci non avevano un secondo fine ed erano sempre capitati in momenti particolari. C’era solo un episodio che avrebbe voluto cancellare e che continuava a tormentarla. Chiuse gli occhi e rivisse quel momento con profondo dolore.
In lacrime, correndo per un corridoio, era giunta di fronte alla stanza assegnata ad Obi-Wan, per poi prendere a pugni alla porta d’acciaio gridando il suo nome. Di lui nessuna traccia, ma la porta della stanza accanto si era aperta rivelando la presenza di Anakin. Sull’attimo era rimasto turbato nel vederla così, ma poi l’aveva accolta in un abbraccio e l’aveva fatta entrare nella propria stanza. Lei aveva iniziato a gridare tra le lacrime: “Hanno preso anche lui! Hanno preso anche lui! Il mio piccolo Ben!”
“Cosa stai dicendo? Chi l’ha preso?”
“Quei mostri Jedi! Prima Alastair e adesso anche Ben!”
Anakin l’aveva stretta ancora più forte, assorbendo una parte del suo dolore e poi le aveva detto: “Non puoi fare niente, Leia. Mi dispiace. Sono stati scelti.”
“E lui non ha fatto niente per impedirlo. Sono i suoi figli e non ha fatto niente.”
Anakin allora aveva allentato la stretta e si era scostato per poterla guardare in viso: “Leia, voglio aiutarti anche se sarà inutile. Potrei parlare col padre dei tuoi bambini e magari fare in modo che si interessi di più a loro.”
Leia aveva scosso il capo: “E’ inutile. Qualunque cosa tu faccia non puoi forzare la sua volontà. Lui è più forte di te.”
“Io diventerò presto un Jedi, anche se il mio addestramento è ancora in corso sono senz’altro più forte di un normale uomo.”
“Ma lui non è un normale uomo, Anakin. Tu lo conosci bene. Il padre dei miei figli è Obi-Wan.”
Anakin era rimasto come paralizzato, lo sguardo fisso su di lei. Già turbato per la notizia e soggiogato dalle sensazioni di lei, si era ritrovato a baciarla di punto in bianco. Non era la prima volta che accadeva, perciò Leia non reagì. Non subito. Senza che nessuno dei due se ne rendesse conto, al bacio ne erano seguiti altri sempre più struggenti e intensi. Poi le mani si erano avventurate per sfilare i vestiti e….in capo a mezz’ora giacevano tra le lenzuola, accaldati e colpevoli.
Leia riaprì gli occhi, aveva il cuore che batteva all’impazzata. Si rimise seduta, fece dei bei respiri profondi come le era stato insegnato e finalmente si calmò. Riprese il bicchiere e bevve il resto del contenuto tutto d’un fiato. Un suono la fece sobbalzare. Era solo il sensore che l’avvisava che qualcuno era di fronte alla porta dell’appartamento.
Si alzò, cercò di ricomporsi e andò ad aprire.
“Porgo omaggio alla tua bellezza, damigella Leia. Come anticipato sono qui per discutere con te di un fatto importante.”
Il viso austero di Windu fu come un pugno allo stomaco e la sua gentilezza simulata rischiò di farle rigettare la bevanda appena bevuta.
“Prego, entra.”
Presero posto sul sofà dove prima si era sdraiata, in qualche modo quella scena le ricordava tanto l’incubo ricorrente riguardo Alastair. Pregò che fosse solo una coincidenza.
Windu attaccò a parlare: “Ho sempre avuto grande interesse per Alastair, come saprai. Dall’esterno ho seguito il suo addestramento di base e trovo che sia molto forte e volitivo come ragazzo. Ha un carattere severo ma sa prendere decisioni giuste. Questo gli fa onore.”
“Dunque? Non credo tu sia qui solo per tessere le lodi di mio figlio.”
“No, di certo. Sono qui per dirti che sono intenzionato a prenderlo come mio Padawan e continuare ad addestrarlo personalmente.”
Leia si incendiò all’istante: “Non puoi farlo. E’ ancora un bambino.”
“Non sarebbe il primo ad essere scelto così giovane.”
“Non ha ancora compiuto dieci anni. Non è pronto per diventare un Padawan.”
“Io sono convinto di sì. La sua abilità va oltre i suoi anni.”
“E cosa vorresti fare? Portarlo in giro per la galassia, in luoghi sperduti e malfamati per farlo ammazzare?”
Windu accennò un sorriso amaro: “Leia, parliamo chiaro senza giri di parole. Tu sei convinta che lo scopo della mia vita sia sottrarti tuo figlio, ma ti sbagli. Sono un Cavaliere e faccio parte del Consiglio. Alastair sarebbe al sicuro con me.”
Leia era talmente arrabbiata che le sue mani tremavano. Dovette stringerle l’una con l’altra per non farlo notare a Windu.
“Trattandosi di mio figlio, voglio essere io ad avere l’ultima parola. Inoltre desidero chiedere consiglio al Maestro Kenobi.”
“Ti dirà le stesse cose. Ho già avuto modo di parlarne con lui e si è dichiarato entusiasta dell’idea.”
Leia sentì una voragine aprirsi nel petto. Ancora una volta era stata tradita dall’uomo che avrebbe dovuto amarla e sostenerla. Si alzò di scatto: “Vattene, voglio stare sola.”
Windu fece per ribattere, ma lei gridò: “Vattene!”
Non gli restò altro che obbedire e uscire dal suo appartamento.
Presa da un’incontrollabile rabbia, Leia corse fino alla propria stanza, dove si precipitò sulla cassettiera. Aprì uno dei cassetti più piccoli, usati per contenere vari monili e vi frugò con foga finché non trovo ciò che stava cercando. Sollevò l’oggetto all’altezza del viso, si trattava di un medaglione in vetro infrangibile contenente una treccia di capelli biondi arrotolata. Era appartenuta ad Obi-Wan, la sua treccia di Padawan. Lui gliel’aveva donata dopo il taglio, ovvero dopo l’avanzamento di grado, e lei ne aveva fatto un medaglione da indossare come pegno d’amore e da baciare quando lui era lontano. Ricordava bene il giorno in cui lo aveva tolto e gettato alla rinfusa dentro quel cassetto. Era accaduto il giorno in cui aveva messo piede in quella stanza; il giorno in cui Obi-Wan le aveva confessato di essere stato lui a proporre a Windu di portare Alastair a Coruscant; il giorno in cui qualcosa nel loro rapporto si era spezzato; il giorno in cui lei aveva iniziato ad odiare l’uomo che aveva sposato.
In preda alla rabbia, Leia gridò selvaggiamente e scaraventò il monile contro la parete. Un gesto inutile visto l’infrangibilità del vetro.
*
“Maestro Yoda, ho bisogno del tuo sostegno e della tua amicizia. Se non ne parlo con qualcuno diventerò pazza.”
Yoda osservò la giovane donna che si stava prostrando dinanzi a lui, disperata.
“Nella debolezza, sempre forza trovare si può. Ma se di me hai bisogno il mio aiuto non ti negherò. Parla, mia cara.”
Leia sollevò il viso da terra, le lacrime continuavano a rigarle le guance: “Non riesco a cancellare l’odio che c’è in me. Tutto sembra volermi portare al lato oscuro. Ho paura di fare una pazzia. Windu vuole portare via mio figlio ancora una volta, Obi-Wan non mi è mai accanto e io vivo nel terrore che mi porteranno via anche Han.”
“Dunque questo il problema è. Ossessione verso il neonato tu manifesti.”
“Io… Io sto cercando di vivere ogni momento come fosse l’ultimo. Tre anni passano in fretta, posso già vedere il giorno in cui un Jedi si presenterà alla mia porta per dirmi che deve portarlo al Tempio. Non ce la faccio più a vivere così.”
“Tu  e il bambino la morte in faccia avete visto, alla sua nascita. Forse questo aver spezzato il tuo equilibrio mentale può.”
Leia si asciugò gli occhi con la manica dell’abito, ma le lacrime non le davano tregua: “Ma adesso stiamo entrambi bene. L’ho superato. La mia paura non è causata da questo. Io non sono pazza, Yoda.”
“I miei consigli seguito non più hai, giovane amica.”
“Lo so. Ho smesso di praticare la Meditazione, ho smesso di allenarmi con la spada laser d’addestramento. Ma tu sai cosa è accaduto. Allenandomi con Alastair l’ho ferito. Ho fatto del male al mio bambino.”
“Spada d’allenamento pericolosa non è, Leia. Il braccio del bambino solo intorpidito fu. Te stessa invano hai colpevolizzato.”
Leia deglutì, forse la crisi si stava esaurendo: “Tu credi, che dovrei ricominciare ad allenarmi per dar sfogo alla mia rabbia? Ma anche se lo facessi, niente placherebbe la mia paura di perdere anche Han.”
“Tu al lato positivo pensato non hai. L’unica donna della galassia tu sei a cui concesso di vivere qui fu. Tu vedere ogni giorno i tuoi figli puoi. Cenare con loro puoi. E loro ogni notte nel tuo appartamento dormono, invece che nelle stanze del dormitorio. Un enorme privilegio concesso ti fu.”
Leia si portò una mano al cuore: “E io ne sono riconoscente. Dico davvero. Se fossi stata costretta a non vederli più credo che mi sarei uccisa. Ma come posso rassegnarmi ad una vita così? Io vorrei solo poter crescere i miei bambini senza intrusioni.”
“Questo, mia cara, impossibile sarà. Tu solo il peggio in Ordine Jedi vedi.”
“Mi dispiace, Yoda. Io ti devo così tanto, però…  E’ così difficile, per me.” Abbassò il capo e sospirò: “Ti prego, dammi un consiglio. Prometto che lo seguirò senza esitare.”
Yoda posò una mano sul capo di lei: “Il mio miglior consiglio ti darò. Tuo padre ascoltare devi.”
Leia risollevò il capo, deviando il tocco di lui sulla fronte: “Mio padre? Mio padre è morto. Di cosa stai parlando?”
“La morte la fine non è. Ascoltalo. Lui indicarti la tua via saprà.”
“Ma cosa devo fare per…”
“Ora congedarti, io devo.”
Leia, seppur confusa, si rimise in piedi e salutò il Maestro con un inchino. Una volta uscita dalla sala del Consiglio tentò di convincersi. “Tanto vale tentare. Mi auguro solo che abbia ragione.”
*
Come sempre, scelse una postazione dell’Archivio che non fosse troppo in vista e dove avrebbe potuto sentirsi a contatto con la persona che aveva bisogno di vedere. Inserì la scheda di memoria e digitò sulla tastiera le parole chiave ‘Qui-Gon Jinn immagini’.
Dal ripiano si levò il fascio di luce azzurra e in breve comparve una serie di miniature tra cui poter scegliere. Leia selezionò digitalmente la prima in alto e in un attimo si ritrovò faccia a faccia con suo padre. Era un suo primo piano e risaliva all’anno antecedente la sua morte. Anche se il file conteneva decine di immagini, quella era la preferita di Leia perché le sembrava quasi che il padre la stesse davvero guardando negli occhi. Quante volte era rimasta lì a guardarlo, a pensare di conversare con lui con la mente non potendo farlo con le labbra per non disturbare la quiete del luogo o passare per folle.
Il consiglio di Yoda non era facile da seguire. Cosa intendeva con quelle parole? Ora era lì a fissare la foto di suo padre come aveva fatto centinaia di volte e non aveva idea di cosa fare per trovare una soluzione ai suoi problemi.
“Vorrei che tu fossi qui, papà. Senza di te mi sento persa.”
Parlò in un sussurro, eppure l’emozione di quelle parole le riempì gli occhi di lacrime. Sollevò la mano e immaginò di poter accarezzare il viso del padre. Se solo gli ologrammi avessero avuto corpo… Attorno a lei, persone andavano e venivano come ombre senza volto. Senza che lei se ne accorgesse, le ore passarono.
“Mamma, stai bene?”
Si destò come da un sonno ad occhi aperti, accanto a lei vide Alastair.
“Tesoro, come mai sei qui?”
Il ragazzino rispose con un pizzico di preoccupazione nel tono: “Gli allenamenti sono terminati, mamma. Stavo per tornare a casa, ma poi ho percepito la tua presenza. Ho seguito il mio istinto e ti ho trovata.”
Leia notò come suo figlio stava crescendo in fretta. Era alto per la sua età, i suoi lineamenti erano marcati, una combinazione tra quelli del padre e i suoi, e stava già mutando la voce. L’espressione sempre seria e talvolta severa di certo non contribuiva a ringiovanirlo. Non la sorprendeva il fatto che Windu volesse già prenderlo come apprendista.
Chiese in modo distratto: “Tuo fratello?”
“Credo sia ancora in addestramento. Se vuoi passiamo da lì a prenderlo e torniamo a casa tutti e tre insieme.”
Leia estrasse la scheda di memoria, si alzò dalla sedia e la sollevò tra due dita: “Mi aiuti a rimetterla a posto?”
Il ragazzino fece un cenno positivo e seguì la madre tra i corridoi. Quando giunsero a destinazione, Leia indicò con l’indice: “La scheda va qui. Fammi vedere quello che sai fare.” Sollevò la mano in cui teneva la scheda di memoria e l’aprì in modo da sostenerla sul palmo.
Alastair prese un respiro profondo e si concentrò sull’obbiettivo.
Leia attese, concentrandosi a sua volta sui battiti del cuore del figlio. Sapeva che sarebbe riuscito a sollevare la scheda solo quando  avesse trovato la pace interiore. Lo vide sollevare lentamente una mano, trattandosi di un oggetto piccolo e molto leggero, la forza necessaria era minima e infatti la scheda si librò senza alcuna difficoltà. Lo scopo dell’esercizio era più che altro saper guidare l’oggetto con precisione dentro lo spazio in cui andava riposto. Alastair fu bravissimo, guidò la scheda senza nemmeno farle urtare un angolo.
Leia sorrise soddisfatta e gli agitò i capelli sulla testa con la mano: “Bravo il mio bambino!”
Alastair si scostò, imbarazzato: “Mamma! Smettila! Mi spettini!”
“Coi capelli così corti c’è ben poco da spettinare!”
“Va bene. Però non dire che sono un bambino. Se ti sentisse qualcuno morirei di vergogna.”
Leia rise: “Il che dimostra che lo sei!”
Un’occhiataccia di Alastair la divertì ancora di più, ma per non farlo arrabbiare pensò bene di porre fine a quella conversazione: “E’ ora di andare. Ora di certo Ben avrà finito.”
*
Nel buio della stanza leggermente rischiarato dalle luci artificiali che entravano dalla finestra, Leia si chinò sul figlioletto disteso a letto per stampargli un bacio sulla fronte: “Buonanotte, amore mio.”
“Buonanotte, mamma.” La vocina di Ben era più dolce del suono di un carillon. Anche al buio i suoi occhi azzurri brillavano come stelle nel cielo e il visetto tondo richiamava ai baci. Somigliava molto a lei, ma aveva anche qualcosa di Obi-Wan.
Leia uscì dalla stanza e riuscì a dare un ultimo sguardo al figlioletto prima che la porta di chiudesse automaticamente. Fece un paio di passi diretta alla porta dell’altra stanza, quella di Alastair, e questa si aprì ancor prima che lei vi fosse davanti. Entrò, la luce era ancora accesa e il figlio maggiore stava piegando la tunica in modo che fosse pronta per la mattina seguente.
“Ho sentito che stavi per arrivare.” Le disse, terminando il lavoro.
“Ho un passo così pesante?”
Alastair la guardò di sbieco, ma poi sorrise per lo scherzo della madre. Mentre lei si avvicinava, si infilò sotto le coperte.
Leia si sedette sul bordo del letto e si schiarì la voce: “Tesoro, tu sei felice della strada che ti è stata imposta?”
“Sì, mamma. Ogni giorno miglioro e spero che da grande diventerò il miglior Jedi ti tutti i tempi!”
Poteva atteggiarsi o credersi adulto quanto voleva, ma in quei momenti la sua giovane età riaffiorava come acqua in un contenitore pieno di olio.
Leia sapeva già che era quello il destino di suo figlio. Era nato per essere un Jedi, nelle sue vene scorreva sangue Jedi da due generazioni  e lui avrebbe seguito le orme di suo padre e di suo nonno.
“Ti lascio dormire, tesoro. Buonanotte.”
Non lo aveva baciato, non lo aveva accarezzato. Se doveva abituarsi a non averlo più con sé era meglio iniziare subito.
Alastair rispose sbadigliando: “Buonanotte, mamma.”
Leia spense la luce manualmente e uscì dalla stanza con passo svelto. Appena fuori, dovette appoggiarsi spalle al muro, era così in pena da rischiare di crollare in pezzi come un bicchiere di vetro. Prese tre respiri profondi, fino a ritrovare la calma.
“Se è per la sua felicità, darò il mio consenso a Windu.” Disse al soffitto, bramando ad un’entità superiore, quindi sospirò: “Oh Obi-Wan. Dove sei?”
*
Era la prima volta che Yoda la mandava a chiamare. Il suo volto sorpreso si rifletté sulla superficie lucida del droide che le aveva riferito il messaggio.
“Vado subito. Grazie.” Osservò il droide allontanarsi, continuando ad interrogarsi sulla causa di quella chiamata inaspettata. Si erano parlati il giorno prima, forse era qualcosa che aveva a che fare con il loro dialogo.
Si scostò dall’ingresso per controllare la propria figura riflessa sullo specchio accanto. L’abito grigio era tutt’altro che allegro, soprattutto perché la copriva dal collo ai piedi, e le maniche a sbuffo erano alquanto pacchiane. I capelli invece erano graziosi, raccolti sulla sommità del capo a cipollotto e fermati da un nastro legato a formare un voluminoso fiocco, anch’esso grigio.
“Per fortuna non è un incontro romantico!”
La forza per scherzare l’aveva, era un buon segno. S’incamminò verso la Sala del Consiglio, decisa a presentarsi con aria disinvolta. Voleva apparire forte e distaccata.
Trovò Yoda in meditazione al proprio posto. Fece un inchino.
“Maestro Yoda, volevi vedermi?”
La voce roca e affaticata dell’anziano Jedi si levò come la brezza mattutina: “Sì, mia giovane amica. Una registrazione importante vedere devi. Premi il pulsante.”
Leia obbedì, non avendo idea di cosa si trattasse. Si ritrovò di fronte l’ologramma di Obi-Wan, le mancò il respiro. Il messaggio era solo un aggiornamento sulla missione. Si trovava sul pianeta Geonosis. Leia non riuscì a capire il senso delle sue parole, non sapendo pressoché nulla di quella missione, tranne il fatto che c’entrava qualcosa con Padme e la sua sicurezza. Quello che l’allarmò fu il finale della registrazione, quando Obi-Wan accese la spada laser per parare dei colpi sparati da un droide. L’ologramma sparì, rimasero il vuoto e il silenzio. Leia non riusciva a respirare.
“Aiutarlo tu devi, amica mia.”
Leia si voltò di scatto verso Yoda, la paura che le copriva il volto come una maschera: “Come? Cosa posso fare per lui? Oh Yoda, dimmelo ti prego!”
“Già ieri te lo dissi. Il consiglio di tuo padre tu ascoltare devi.”
Leia alzò il tono di voce: “Cosa significa? Non capisco, Yoda. Per ore ho guardato la proiezione di mio padre  e non è successo niente.”
“Vai. Capirlo da sola tu devi.” Riprese la meditazione lasciando Leia senza risposte e senza speranze.
Confusa e spaventata, Leia raggiunse il proprio appartamento di fretta e si precipitò nella propria stanza. Cominciò a toccare tutto, ad aprire tutto, senza logica. Non sapeva dove sbattere la testa e la preoccupazione per Obi-Wan le impediva di tornare lucida. Batté i pugni contro l’armadio con rabbia. Due lacrime le avevano appena rigato le guance quando un’idea attraversò la sua mente. Aprì le ante dell’armadio e frugò nello scaffale in cima dove erano riposti i copricapo che usava di tanto in tanto. Sentendo la stoffa sotto le dita, l’afferrò e la tirò giù senza poter vedere a causa dell’altezza. Si ritrovò la tunica al petto, quella beige che era stata confezionata per lei per permetterle di allenarsi al Tempio con le spade laser d’addestramento. Il rumore di un oggetto caduto a terra le fece abbassare lo sguardo. Era la spada laser di suo padre. Si chinò e la raccolse con una mano.
“E’ colpa mia. Se mi fossi allenata di più ora sarei in grado di aiutare Obi-Wan.”
Col pollice sfiorò i pulsanti della spada e chiuse gli occhi per abbandonarsi al pianto.
“Non piangere, tesoro mio.”
Una voce quasi lontana, dal tono calmo e rilassante. Leia la conosceva. Si voltò e vide una cosa totalmente impossibile. Era pietrificata, non poteva credere a ciò che stava vedendo, probabilmente era impazzita per il dolore  e ora la sua mente le stava giocando un brutto scherzo. La figura di fronte a lei aveva la consistenza di un ologramma, motivo in più per credere che non fosse reale.
Quella figura scosse leggermente il capo, il volto rilassato e rassicurante.
“Non stai sognando, Leia. Sono davvero io.”
“Papà.” Le uscì in un sussurro. La tunica e la spada laser le caddero dalle mani per lo shock. Sollevò una mano tremante per toccare il corpo di quello che sembrava essere suo padre, ma le dita oltrepassarono la figura creando una piccola increspatura nell’immagine.
“Mi dispiace, tesoro. Non è possibile.”
Leia deglutì per poter parlare: “A-allora non sei reale.”
Qui-Gon la rassicurò con tono deciso e amichevole: “Lo sono, Leia. Il mio corpo non esiste più, ma io non sono morto. La Forza che era dentro di me ha permesso che io continuassi a vivere come spirito guida.”
Le lacrime presero a scorrere dagli occhi di Leia: “Oh papà. Ci sono così tante cose che vorrei dir…”
“Me le hai già dette, tesoro.” La interruppe dolcemente lui: “Io ho sentito tutto quello che pensavi mentre immaginavi di parlare con me. Sappi che ho vegliato su di te ogni istante in tutti questi anni. Non ti ho mai lasciata sola, anche se tu non potevi vedermi.”
“Ma allora… Perché non ti sei manifestato prima? Perché non mi hai fatto sapere che eri ancora vivo?”
“Non mi era possibile farlo, prima. Se ora sono qui è perché negli anni tu hai creato un legame spirituale con me. Tutte le volte in cui mi parlavi e guardavi la mia foto, la tua forza e il tuo amore per me hanno fatto sì che io potessi manifestarmi in un momento di estrema necessità. E quel momento è arrivato, tesoro mio.”
“Parli di Obi-Wan? Io vorrei tanto fare qualcosa, ma non so cosa.”
“Niente ti impedisce di andarlo a salvare. Hai la tunica, hai la mia spada, hai la Forza in te. Vai da lui e salvalo.”
Leia sentì la paura invaderle il petto e lo stesso Qui-Gon la percepì.
“Non devi avere paura. Tu sei in grado di fare qualunque cosa. Sei mia figlia, hai il mio sangue nelle vene e la mia forza nel tuo spirito. Tutto ciò di cui hai bisogno.”
Leia prese un respiro e fece dei cenni affermativi col capo, più che altro per convincere se stessa: “Va bene, va bene. Lo farò. Ma papà, se adesso io parto, ti rivedrò ancora?”
L’espressione di Qui-Gon si velò di tristezza: “Non lo so, tesoro. Come ho detto, io sono sempre accanto a te, ma tu potrai vedermi solo in casi estremi. E io spero con tutto il cuore che non accada. Voglio vederti felice, non disperata.”
Leia scosse il capo, ingoiando le lacrime: “Non posso andarmene. Non così presto. Voglio stare ancora un po’ con te.”
“Obi-Wan ha bisogno di te. Più ritardi meno possibilità avrai di salvarlo. E’ con lui che hai bisogno di stare.”
“Non ne sono più sicura, papà. Tra noi le cose vanno male e…credo che lui non mi ami più.”
Qui-Gon scosse con decisione il capo: “No, Leia! Lui ti ama molto. Io lo so. Ho letto nel suo cuore.”
“E allora perché mi abbandona? Perché mi tratta in quel modo?”
Lui sorrise con un pizzico di divertimento: “E tu perché ti metti contro di lui? Perché gli dai contro in tutto ciò che dice? Perché odi tutto ciò che fa? Lui è un Jedi, ma questo non significa che abbia scelto l’Ordine invece di te. Non ha voluto rinunciare né alla sua vocazione né a te. Ha scelto di essere un Jedi, un marito e un padre. Sei tu ad aver reso completa la sua vita.”
Leia sentì i sensi di colpa aggrovigliarle lo stomaco. Sapeva che suo padre aveva ragione e che lei si era sempre ostinata a non ammetterlo.
“E se non mi perdonasse? Ho fatto così tanti errori.”
“Lo farà. Se tu dirai tutta la verità a cuore aperto, lui saprà perdonarti. Ora però devi affrettarti, Leia, c’è poco tempo.”
“Sì.” Raccolse da terra ciò che prima le era caduto e quando si risollevò si accorse che la figura di suo padre stava lentamente svanendo. Le lacrime la torturarono ancora.
“Papà, ti voglio tanto bene.”
Un lieve sorriso accompagnò le parole di Qui-Gon prima che scomparisse: “Anch’io te ne voglio, tesoro mio.”
Si ritrovò sola, ma ora sapeva di non esserlo davvero. Si concesse giusto un momento per riprendersi, quindi scacciò le lacrime e disse con sicurezza: “Sto arrivando, amore.”
*
“Non posso credere che Yoda avesse già organizzato tutto. Non so se arrabbiarmi o esserne felice. Ma ci pensi? Lui sapeva che sarei partita per andare a salvare Obi-Wan e mi ha fatto trovare pronto questo caccia stellare!”
Il droide di unità R4, dalla sua postazione all’esterno, emise dei suoni di risposta.
“Sì, certo, sono grata anche a te per avermi aiutata, R4-C6! Senza di te non avrei nemmeno saputo come far decollare questo coso!” Sospirò spazientita contro se stessa: “Se avessi prestato attenzione al modo di pilotare di Anakin durante le nostre fughe, a quest’ora sarei già una pilota provetta.”
Il droide lasciò altri suoni.
“Davvero? Abbiamo fatto presto! Bene, una volta che saremo entrati nell’atmosfera del pianeta dovrai aiutarmi anche con l’atterraggio. Mi urterebbe i nervi morire schiantandomi al suolo proprio adesso che sono arrivata a destinazione.”
Entrarono nell’atmosfera di Geonosis e il droide si occupò di rallentare la velocità man mano che il suolo si avvicinava.
“Hey, quello deve essere il caccia di Obi-Wan! Atterra lì vicino.”
In pochi minuti l’atterraggio fu completato. Leia saltò fuori dal caccia con agilità e si guardò attorno con attenzione.
“Se è stato catturato qui significa che dev’esserci qualcosa. Un’entrata nascosta o forse un passaggio segreto.”
Camminò tenendosi accostata alle rocce in modo da poter toccare con mano la superficie e verificarne l’integrità. Non le servì molto tempo per trovare il passaggio che stava cercando. Ad occhio nudo sarebbe stato impossibile da trovare, poiché era situato tra delle rocce che creavano un effetto ottico, come se fossero state una cosa sola. Invece scivolandoci all’interno, Leia poté scoprire cosa celavano. Scivolò rapida all’interno ed estrasse dalla cintura la spada laser, per precauzione. Se avesse incontrato ostacoli, non avrebbe esitato ad attivarla e usarla. Fu sensibile ad ogni rumore, scivolò tra i corridoi senza mai fare brutti incontri. Rischiò di farsi scoprire quando un uomo sbucò all’improvviso da dietro una parete di roccia. Leia rimase immobile, trattenendo il respiro, e attese che l’uomo passasse.
Il suo sguardo sospettoso lo seguì fin che non sparì. Lei conosceva quell’uomo.
“Dooku. Ma cosa ci fa qui? E perché qualcosa mi dice che non è niente di buono?”
Sicura di avere la via libera, sgattaiolò nella direzione da cui Dooku era sbucato. Sbirciò all’interno per controllare che non vi fossero pericoli e fu allora che lo vide.
“Obi-Wan!”
Corse all’interno di quella che era evidentemente una prigione, poiché Obi-Wan si trovava sopra una pedana da cui fuoriusciva un raggio immobilizzante e che lo faceva roteare lentamente.
Obi-Wan era al dir poco sorpreso di vederla, specialmente di constatare che stava indossando una tunica da Jedi, aveva raccolto i capelli in un’alta coda e indossava il medaglione dopo tanto tempo. Ma la cosa più incredibile fu vedere nella sua mano la spada appartenuta al suo Maestro Qui-Gon Jinn.
“Leia? Che ci fai vestita così? Dove sono i rinforzi?”
Lei rispose sarcastica: “Perdonami, amore, sono solamente io. Volevo salvarti ma se la mia presenza non ti è gradita posso andarmene.”
Obi-Wan ringhiò severo: “Non dire sciocchezze. Prova a vedere se trovi il modo di liberarmi.”
Ritrovandosi coi pugni serrati, Leia si lasciò andare alla rabbia: “Non osare darmi ordini. Sei solo un ingrato.”
“Ne riparliamo dopo, non è il momento giusto per litigare.”
Leia non poteva credere alle proprie orecchie: “Non è il… Non è il momento giusto? Ma chi ti credi di essere eh?”
Esasperato, Obi-Wan insistette: “Leia, per favore! Sono bloccato! Sopportare anche una delle tue scenate è davvero troppo in una sola giornata.”
Leia ripose la spada laser nella cintura, si sfilò il medaglione dal collo, legò la catenina attorno alla mano e si avvicinò con aria minacciosa, facendo roteare il medaglione.
Un sospetto fece rabbrividire Obi-Wan: “Leia…che stai facendo? Metti via quel medaglione. Ti ho già detto che non è il momento di fare scenate.”
“Se penso a tutti i sacrifici che ho fatto per te, a tutta la vita che ho buttato per amor tuo. A cosa è servito?”
“Io non ti ho mai chiesto di rinunciare alla tua vita, sei tu che…”
Leia sferrò un colpo col medaglione, colpendolo al petto.
Obi-Wan protestò: “E’ questo che vuoi? Mi odi a tal punto? Bene, allora approfittane perché quando sarò libero io ti…”
Un secondo colpo partì, questa volta su una coscia. Leia era furiosa, aveva perfino le lacrime agli occhi e un desiderio di vendetta represso per anni.  
“Tu non ci sei mai stato per me.”
“Questo non è ve…”
Il medaglione lo fece zittire, ma ormai era tardi per tornare indietro. Leia elencò tutte le cose che l’avevano ferita e per ognuna sferrava un colpo sul suo corpo, senza nemmeno guardare.
“Dov’eri quando sono nati i nostri figli? Ho sempre partorito da sola. Perfino quando io e Han stavamo per morire tu non ti sei degnato di presentarti! E chi ha consigliato a Windu di portare via Alastair? Chi ha proposto di prendere Ben come Iniziato? Ero talmente disperata che sono andata a letto con Anakin! Ed è tutta colpa tua! Mi hai fatta innamorare di te, mi hai illusa sposandomi in segreto! Hai promesso che mi saresti stato accanto e invece in questi anni l’unica cosa che ho visto è stata la tua schiena quando te ne andavi!”
Aveva colpito con tanta violenza che si ritrovò col braccio affaticato e il respiro ansante. Il suo prigioniero aveva sopportato senza un lamento, nonostante i colpi, e aveva assorbito le accuse ricevute per marcarle nel profondo nell’anima, dove poi le avrebbe esaminate con l’aiuto della Meditazione.
Quello non era il solito litigio, era un vero atto di vendetta e tutto l’odio che Leia aveva dentro era rivolto a lui. Prese un respiro profondo e azzardò una risposta: “Che tu lo creda o no, io ti amo come il primo giorno, Leia. Dal momento in cui ti ho vista ho capito che essere un Jedi non mi sarebbe mai bastato. Sei stata tu a rendere completa la mia vita.”
Nella mente di Leia riaffiorò la voce di suo padre. Era la stessa frase che avevo detto lui. Fu come una doccia fredda, un brusco risveglio, un ritorno alla realtà. La mano di Leia tremò come se all’improvviso il medaglione fosse diventato pesante. Se lo rimise al collo: “Non posso credere di averlo fatto davvero.”
“Lieto che ti sia ripresa, amore.”
Leia gli lanciò un’occhiataccia mentre correva attorno alla piattaforma per cercare i comandi. Si mise in ginocchio e cominciò ad analizzare il pannello.
“Sì, forse questo.” Non appena ebbe premuto il pulsante, Obi-Wan smise di roteare.
“E’ già qualcosa. Riesci a capire come disattivarlo?” Chiese speranzoso.
Continuando a lavorare sullo schermo digitale, Leia rispose: “Ci sto provando.”
Sullo schermo si aprì una schermata di nove caselle con sotto la sequenza di numeri da 0 a 9.
“E’ un codice. Obi-Wan mi serve la combinazione, mi serve una sequenza di nove cifre.”
Obi-Wan chiuse gli occhi per concentrarsi.
“Allora? Riesci a vederla?”
Nessuna risposta.
“Se il tuo Senso Jedi non funziona siamo spacciati!”
Obi-Wan rispose brusco: “Se tu chiudessi quella bocca forse riuscirei a concentrarmi!”
Leia strinse i pugni, ma si impose di tenere la bocca chiusa. Il silenzio e la concentrazione giovarono alla mente di Obi-Wan, qualcosa cominciava a farsi chiaro. Il primo numero arrivò.
“Quattro.”
Leia digitò.
“Nove. Cinque.” Stava per dire il quarto numero, ma il suo udito optò un rumore di passi che si dirigevano lì. Riaprì gli occhi: “Sta arrivando qualcuno. Devi nasconderti.”
“Non posso lasciarti così. Ti uccideranno.”
“Vai, ho detto. Non pensare a me.”
Il suo sguardo era severo, ma Leia sapeva che lo stava facendo solo per proteggerla, per accertarsi che lei fosse al sicuro. Si sentì in colpa per essere stata tanto sciocca.
Con un salto salì sulla piattaforma, gettò le braccia al collo di suo marito e gli diede un bacio profondo e sincero. Non sapeva come sarebbe finita, ma non voleva avere rimpianti. Quando le  labbra si separarono, i loro sguardi entrarono in contatto dicendo più di mille parole. Ma ugualmente Leia sentì il bisogno di precisare: “Ti salverò, amore mio. O moriremo insieme.”
Saltò giù dalla piattaforma, premette il pulsante per riattivare la rotazione del raggio e corse via come un fulmine. Riparata dalla roccia, rimase china ad osservare due orrendi insetti giganti che liberavano Obi-Wan per condurlo altrove. Cauta, li seguì a distanza fin che i due insetti non caricarono Obi-Wan su di un carro e lo ammanettarono al parapetto. Allungò lo sguardo per vedere dove conducesse il sentiero. Non sarebbe riuscita a seguirlo senza essere vista, però in compenso notò uno stretto passaggio che sembrava portare nella stessa direzione. Lo imboccò senza pensarci due volte.
*
Un cancello con tanto di tavole di legno inchiodate per sbarrarlo ulteriormente era tutto ciò che trovò al termine di quel passaggio.
“E questo a che serve?”
Si avvicinò, notò che da alcune fessure tra le tavole filtrava la luce del sole, questo significava che dava sull’esterno.
Quello che vide non fu affatto confortante. Obi-Wan aveva le mani incatenate ad un’altissima colonna. Spaziò lo sguardo tutto intorno realizzando che si trattava di un’arena. E anche affollata di creature rivoltanti.
“Come faccio a liberarlo davanti a tutti?”
Dei movimenti al centro dell’arena attirarono il suo sguardo.
“Padme? Anakin? Ma che ci fanno qui? Ora sì che sarà impossibile salvarli tutti!”
Per quanto assurdo, sapeva che prima o dopo sarebbe dovuta uscire allo scoperto, così pensò bene di tastare il cancello per vedere se si apriva. Era bloccato. Con lo sguardo sfiorò la spada laser che aveva nella cintura, le sarebbe stata utile al momento opportuno. Che non tardò ad arrivare.
L’entrata in scena di tre creature mostruose stimolate ad avvicinarsi ai prigionieri incateni alle colonne, non lasciavano spazio a dubbi su quale fosse l’intrattenimento del pubblico.
“Barbari.” Era il momento. Leia indietreggiò quanto bastava per attivare la spada laser e con un colpo netto distrusse il blocco del cancello. Corse verso il centro dell’arena dove, al momento, a cavarsela meglio era Padme, che era riuscita a sfuggire alla bestia feroce arrampicandosi in cima alla colonna e usando la catena come arma per difendersi. Anche Anakin riuscì a tenere  a bada il proprio mostro montandogli in groppa per tentare di domarlo. Obi-Wan invece era in difficoltà, ancora incatenato, l’unica cosa che faceva era schivare al meglio i colpi di una specie di gigantesca mantide religiosa. Leia stava quasi per raggiungerlo, ma un paio di insetti rivoltanti più grandi di lei caricarono per infilzarla con delle lance. Bastarono poche abili mosse per sbarazzarsi di loro, cosa che senza la spada laser non sarebbe stata possibile. O almeno non così facilmente.
Dal palco d’onore su cui stava Dooku assieme ai propri alleati, quell’intrusione non fu affatto gradita. Soprattutto per lui, che riconobbe il volto di quella che all’apparenza sembrava una Jedi. Il suo volto manifestò evidente sorpresa: “Leia Jinn? Non sapevo che sapesse maneggiare una spada laser.” Si lisciò la barba grigia con due dita, accarezzando un’idea: “Forse mi sarà utile.”
Quando finalmente Leia raggiunse Obi-Wan, questi si era liberato approfittando di un potente colpo di chela che aveva spezzato la catena.
“Non ti avevo detto di stare nascosta?” Le chiese, lanciandole giusto un’occhiata mentre teneva testa al mostro verde.
“Quando mai ho eseguito i tuoi ordini?” Rispose lei, abbozzando un sorriso complice.
Lottarono insieme, fianco a fianco, come mai avevano fatto in vita loro. Obi-Wan era sorpreso dall’abilità di sua moglie con la spada laser, ma d’altra parte il sangue non mentiva, per quanto rinnegasse la sua natura, lei era e restava figlia di Qui-Gon Jinn.
La situazione si stava risolvendo bene, i quattro amici stavano sconfiggendo le bestie e questo creava scontento tra il pubblico, che iniziava a lamentarsi. Leia si accorse quasi per caso che tra loro vi erano dei Cavalieri Jedi. Approfittò di un momento di copertura per guardarsi attorno, constatando che se da una parte i Jedi stavano scendendo nell’arena per combattere, dall’altra anche i cattivi stavano diventando numerosi. Come se non bastasse, Dooku prese da parte uno scagnozzo alato per dargli un ordine importante: “Portami la bionda. Che lo voglia o no la costringerò a diventare mia alleata.”
L’insetto si alzò in volo per eseguire l’ordine.
Ora la lotta nell’arena era diventata una vera e propria battaglia senza esclusione di colpi. Nonostante la bravura dei Jedi, alcuni caddero sotto l’attacco nemico e l’accerchiamento li stava stringendo sempre più. Nel bel mezzo del combattimento, Leia si sentì avvolgere il busto da un paio di braccia squallide. Era talmente inorridita che la spada laser le cadde di mano proprio mentre la creatura stava per spiccare il volo.
“Aiuto! Obi-Wan!” Gridò a pieni polmoni.
Ma lui era marcato dai nemici. Ebbe giusto il tempo di alzare lo sguardo per accorgersi di quanto stava succedendo, ma fu costretto a continuare a parare i colpi.
“Leia! Non temere, ti salverò.” Gridò in risposta, mentre lei continuava a dimenarsi per il disgusto di essere toccata da quella creatura.
Per sua fortuna, una persona che non avrebbe mai creduto dalla sua parte, accorse in suo aiuto. O meglio, saltò con agilità e sferrò un colpo con la spada laser tagliando le ali dell’orripilante insetto. Leia rischiò di precipitare al suolo, ma un paio di braccia l’afferrarono in tempo. Ancora un po’ spaventata e confusa, dovette sbattere gli occhi un paio di volte per rendersi conto che era stato Mace Windu in persona a salvarle la vita. Fece per dire qualcosa, ma le parole le morirono in gola.
Al contrario, Windu seppe esattamente cosa dire: “Io non sono mai stato tuo nemico, Leia. Tutto ciò che ho fatto, è stato per il bene dei tuoi figli, non per ferire te.”
Dopo quello che aveva appena fatto, Leia cominciava a crederlo davvero. Lasciò che Windu la rimettesse a terra delicatamente. Avrebbe voluto dire qualcosa, qualsiasi cosa, ma non trovava le parole. Quando Obi-Wan arrivò al suo fianco, rinunciò completamente a fare qualsiasi approccio.
“Leia, stai bene?”
“S-sì. Credo di sì. Windu mi ha salvata.”
Obi-Wan allungò lo sguardo sul collega: “Grazie. Sono in debito con te.”
Windu rispose: “No. Ho fatto solo ciò che era giusto.”
Ci fu appena il tempo di sferrare qualche altro colpo ai nemici e il gruppo si ritrovò in trappola, sottotiro ai droidi. Ogni speranza era svanita.
Il senso di sconfitta e la consapevolezza che ormai era la fine, riempirono il cuore di Leia di rimpianto. Afferrò la mano di Obi-Wan, lo guardò negli occhi e disse con trasporto: “Ti amo tanto, amore mio.”
Obi-Wan ricambiò la stretta, il suo sguardo limpido come il cielo sembrava voler entrarle nell’anima. Fino a quando: “Non ho intenzione di morire prima che tu mi abbia raccontato esattamente cosa c’è stato tra te e Anakin.”
Fra tutte le cose che si sarebbe aspettata di sentire, quella era proprio l’ultima. Azzardò timidamente: “Non sarebbe bastato un semplice ‘anch’io ti amo tanto’?”
“Non pensare di cavartela così. O me lo dici tu o vado a chiederlo a lui. Sempre che io riesca a trattenermi dalla voglia di staccargli la testa dal collo.”
“Non lo faresti mai! E’ sempre stato leale con noi e ha mantenuto il nostro segreto.”
Obi-Wan divenne paonazzo: “Il nostro segreto?  Glielo hai detto?”
Leia si rese conto di aver fatto una gaffe, ma ormai era inutile negare: “E’ il mio miglior amico, gli ho sempre detto tutto. Be', non da sempre. Ho cominciato a confidarmi con lui quando è diventato abbastanza grande per capire.”
“O abbastanza da condividere il letto con te?”
“E’ stato un incidente! Un momento disperato! Non avevo programmato di…”
“Vi sembra il momento? Avrete tempo all’altro mondo per chiarire le vostre tresche amorose.” Windu si era intromesso tra loro come un adulto tra due bambini. E aveva ragione. Erano così presi dal loro litigio da non aver nemmeno sentito le parole di Dooku. Non erano state importanti, però anche se lo fossero state loro le avrebbero perse.
L’arrivo di navi cariche di cloni armati e capeggiati da Yoda, fu provvidenziale.
Mentre alcune unità di droidi si occupavano dei nemici nell’arena, Padme, Anakin, Leia e Obi-Wan salirono su una delle navi e si diedero all’inseguimento di Dooku. Se fosse riuscito a scappare, sarebbe stato impossibile scongiurare la guerra. Durante l’inseguimento, per schivare i colpi laser nemici, la nave dovette virare brutalmente. Vedendo Padme perdere l’equilibrio, Leia scattò in avanti per afferrarle la mano, ma lei stessa perse l’equilibrio con la conseguenza che entrambe le amiche si ritrovarono a rotolare sulla sabbia in pieno deserto.
Leia si risollevò a fatica, un po’ stordita: “Per fortuna c’era la sabbia. Sarebbe andata molto peggio, altrimenti, vero amica mia?” Si voltò e vide che Padme era svenuta. Allarmata, Leia si buttò in ginocchio accanto a lei per soccorrerla. Le sollevò piano la testa: “Padme.” Lanciò un’occhiata attorno: “Spero che qualcuno venga a riprenderci presto.”
*
Il sole batteva, non c’era acqua, Padme era ancora priva di sensi. Leia iniziava a disperare, non tanto per la loro situazione, ma perché si chiedeva dove fosse Obi-Wan e se stesse bene. Una sensazione dentro la pungeva come uno spillo e non sapere da cosa fosse provocata la metteva ancor più in agitazione.
Padme riprese conoscenza all’improvviso con un rumoroso sospiro.
“Padme, calmati. Sono qui con te.”
La giovane Senatrice parve rilassarsi nell’udire la voce dell’amica, il suo sguardo si innalzò al cielo sereno. Deglutì a fatica: “E’ molto che siamo qui?”
“No. Sono certa che tra poco avvisteremo uno dei cloni. Chissà come sono sotto il casco!” Terminò maliziosa.
Padme sorrise, la sua amica sapeva sempre quand’era il momento di uscire con una battuta di spirito.
“Scommetto che non sono belli nemmeno la metà dei nostri uomini!”
“Nostri? Vuoi dire che tu e Anakin siete…?”
“Innamorati alla follia? Sì! Io non avrei mai avuto il coraggio di aprirgli il mio cuore, ma poi quando ho creduto che la nostra vita fosse finita ho capito che volevo morire felice. Gli ho detto tutto.”
“Sei pentita?”
Padme ci pensò qualche istante: “Solo di non averlo fatto prima.”
Leia sospirò: “Quanto vorrei che anche io e Obi-Wan risolvessimo tutto…”
“Se c’è una cosa che so per certo è che il vostro amore è forte. Lo so che avete dei problemi, ma dopo questa avventura quasi mortale vi ritroverete più innamorati di prima.”
Le amiche si sorrisero con complicità. Leia alzò lo sguardo e scoppiò entusiasta: “Un clone! Lo sapevo!” Il tempo di aiutare Padme a rimettersi in piedi e il clone fu dinanzi a loro.
“State bene? Vi riporto subito alla base.”
Padme lo contrariò con decisione. “No. Trovaci un mezzo di trasporto.” Quindi si rivolse a Leia: “Dobbiamo raggiungere Anakin e Obi-Wan.”
Quando giunsero all’hangar, trovarono Yoda sfinito, Obi-Wan a terra con una ferita al braccio e una alla gamba e Anakin posato a lui dolorante per la perdita di un braccio. Del conte Dooku nessuna traccia.
*
Il Jedi Guaritore impiegò poco tempo a curare le ferite di Obi-Wan e assicurò che, in quanto superficiali, si sarebbero cicatrizzate entro ventiquattro ore. In più si assicurò che fossero ben impermeabilizzate dallo spray, su richiesta della stessa Leia.
Aveva pensato che, se lei e Obi-Wan avessero trascorso il resto del pomeriggio rilassandosi con un bagno caldo, poi sarebbero riusciti a parlare e a chiarire tutto ciò che andava chiarito. La prima parte del piano era andata a buon fine, Leia era stata amorevole e premurosa con lui, gli aveva massaggiato le spalle e gli aveva sussurrato parole d’amore all’orecchio per farlo sentire amato. Invece una volta usciti dalla vasca, qualcosa andò storto, poiché invece di parlare si ritrovarono a rotolare fra le lenzuola. Non che fosse un male, però lei sapeva che non era quello il modo di risolvere i loro problemi e rafforzare il loro amore. Per quasi tutto il tempo, Leia aveva tenuto lo sguardo rivolto alla luce del sole che penetrava dalla vetrata, come se avesse disperatamente bisogno del suo calore. O come se volesse fuggire con la mente in un luogo completamente diverso. Perfino al termine della loro danza d’amore, invece di sentirsi completa, si sentì vuota. Magari dormire avrebbe giovato ad entrambi e al risveglio finalmente avrebbero affrontato i loro problemi a cuore aperto. Se solo Obi-Wan si fosse addormentato fra le sue braccia, cullato dalle sue carezze sui capelli…
“Sarà meglio che vada a controllare Anakin. Magari riuscirò a convincerlo a rimandare la partenza per Naboo a domani.”
Leia si lamentò: “Perché invece non lo lasci in pace? Scommetto che anche lui e Padme stanno facendo l’amore.”
Obi-Wan fece un verso contrariato: “Spero proprio di no! Dovrebbe dire addio alla sua carriera Jedi, perché i suoi sentimenti lo tradirebbero subito.”
Leia lasciò ricadere il braccio con cui l’aveva accarezzato fino a quel momento: “Non puoi essere un Jedi se hai dei sentimenti, giusto?” Sentì Obi-Wan irrigidirsi e si maledisse: “Non volevo dirlo. Perdonami, amore.”
“Non importa.” Si scostò da lei e scese dal letto per recuperare i vestiti.
Leia si mise in posizione seduta, tenendo il lenzuolo ben premuto al petto: “Devi proprio andare? Speravo che saremmo stati un po’ insieme, dopo quello che è successo.”
“Devo vedere anche Mace. Ormai avrà capito tutto riguardo a noi e voglio accertarmi che sia dalla nostra parte.” Infilò la tunica velocemente e si mise alla ricerca della fascia.
“Ascolta… Potresti dirgli da parte mia che gli do’ il mio consenso?”
Obi-Wan si bloccò mentre stava avvolgendo la fascia al girovita: “Per Alastair? Sei favorevole al suo avanzamento come Padawan?”
Leia aveva quasi voglia di piangere, ma se l’avesse fatto sarebbe stata perduta: “Sì. Se nostro figlio ha trovato la propria strada, non sarò io a fermarlo.”
Obi-Wan abbozzò un sorriso e terminò di prepararsi.
“Torno presto.” Le disse in tono rassicurante, prima di lasciare la stanza. E di lasciarla nuovamente sola.
“Niente. Non è cambiato niente.” Si disse amaramente. Allungò il braccio verso uno degli scomparti del comò e ne estrasse il caro vecchio e argentato sistema di comunicazione che non toccava ormai da lungo tempo. Lo avvicinò alle labbra con fare incerto, premette il pulsante: “Padme, se non sei impegnata, rispondi per favore. Ho bisogno del tuo aiuto.”
Una scintilla negli occhi. Una lacrima che affiorò dalle ciglia. Una decisione irrevocabile.
Obi-Wan fu di parola. Tornò all’appartamento dopo appena una mezz’ora.
“Leia, sono tornato. Alla fine non sono riuscito a convincere Anakin, ma almeno la buona notizia è che Mace non ci tradirà.”
Non udendo alcun rumore, si diresse verso la camera da letto: “Amore, sei ancora a letto?”
Il suo sguardo vagò per la stanza vuota, ma di Leia non c’era traccia. Percorse il corridoio, controllando le stanze vuote dei bambini, poi entrò in quella di Han, credendo che lei fosse lì ad allattarlo. Non c’era nessuno. Ne Leia, ne Han. E il droide pediatrico era in modalità risparmio energetico.
Obi-Wan si guardò attorno, ormai consapevole di ciò che stava accadendo. Si accorse di una piccola luce proveniente dall’interno della culla. Immerse la mano. Si trattava del comlink di Leia, che aveva ricevuto in dotazione con tutti gli altri accessori della cintura Jedi. Era la prima volta che lo usava. Il segnale luminoso indicava che vi era incisa una registrazione audio, perciò premette il pulsante. La voce triste di Leia riempì la stanza come se lei fosse stata davvero lì.
“Non sarei riuscita a dirtelo guardandoti negli occhi, per questo sto usando il comlink. Lo so, starai pensando che sono una vigliacca, ma non posso fare altrimenti. Io ho sperato fino all’ultimo che tra noi potesse sistemarsi tutto. Ero pronta ad assumermi le mie colpe, a sostenerti, a mettere da parte il mio orgoglio per te. Hai detto di amarmi come il primo giorno. Be', se questa è la tua definizione di amore non voglio più essere amata da te. In fondo avevo ragione io: non puoi essere un Jedi se hai sentimenti. Hai preso la tua decisione e ora io ho preso la mia. Io e Han torniamo a casa. Ho perso Alastair. Non posso fare nulla per Ben. Ora voglio dedicarmi ad Han e crescerlo come un bambino normale, dandogli tutto l’amore che posso. Sei libero, Obi-Wan. Ti sciolgo dalle tue promesse.” Un singhiozzo di pianto spezzò la sua voce: “Addio, amore.” La registrazione terminò.
Obi-Wan si lasciò cadere sulla poltroncina, la testa fra le mani. Aveva perso tutto.
*
Il tramonto spargeva la sua luce arancio su ogni cosa, illuminava palazzi e prati, si rifletteva lucente sull’acqua cristallina del lago. Uno spettacolo ineguagliabile. Sul prato fiorito sedevano due figure femminili, che si godevano il calore e la bellezza di quel sole meraviglioso.
Leia era incredibilmente serena: “Sei davvero un tesoro, Dormé. Sarò felice di averti accanto e di sapere che mi aiuterai a prendermi cura di Han.”
La dolce ancella, che già stava cullando il bambino tra le braccia, sollevò il viso e sorrise: “Per me è un onore, Leia. Il tuo piccolino è bellissimo, mi sono innamorata a prima vista! Sono così felice che la mia Signora mi abbia concesso di entrare a  tuo servizio.”
“Padme ha sempre pensato al mio bene. Un giorno spero di potermi sdebitare. Anche se…non è stata molto gentile a non invitarmi al suo matrimonio segreto!”
Dormé le lanciò un’occhiata allarmante: “Non dirlo a voce alta! Qualcuno potrebbe sentire!”
Leia si lasciò sfuggire una risata: “Va bene, non lo dirò più. Però, sai, in fondo la capisco. Anche io e Obi-Wan eravamo soli quella volta.”
Dormé notò che nel pronunciare quel nome, lo sguardo di Leia si era velato di tristezza.
“Sei pentita di averlo lasciato?”
Leia si umettò le labbra, probabilmente per darsi il tempo di cacciare indietro le lacrime traditrici: “Non chiedermelo, per favore.”
“Certo. Ti chiedo scusa.” Riportò la propria attenzione sul viso del frugoletto che dormiva tra le sue braccia.
“Che strano. Sento qualcosa di…” Disse Leia all’improvviso.
“Che cosa?”
“Non lo so, è come una sensazione. E’ come se…” Si voltò di scatto e lo vide. A distanza da lei, Obi-Wan era fermo immobile a guardarla.
“Torno subito.” Si alzò e camminò velocemente fino a lui. Se un attimo prima era sul punto di piangere, ora il sentimento predominante era la rabbia.
“Cosa vuoi ancora?” Ruggì contro di lui.
Obi-Wan si lasciò cadere in ginocchio sull’erba soffice, tenendo lo sguardo fisso sul suo: “Lo so che ho sbagliato. Quand’ero giovane era tutto più facile. Eravamo diversi.”
“Sì. Io non sono più quella di una volta. Non sono più quella ragazzina di quindici anni che ti aspettava mentre tu eri chissà dove in giro per la galassia.”
Obi-Wan le prese una mano: “Ti prego, lasciami finire. Avrei dovuto essere più presente, avrei dovuto ascoltarti, avrei dovuto trovare una soluzione man mano che i nostri problemi affioravano. E invece  ho preferito sommergermi di lavoro. Lo ammetto, molte volte non mi sentivo a mio agio accanto a te. Sentire il tuo rancore, la tua tristezza, la tua ostinazione. Anch’io sono cambiato, Leia. Non sono più il ragazzo che prendeva la nostra storia a cuor leggero. Ma questo non significa che io non ti ami.”
“Come faccio a crederti? Mi hai fatto soffrire troppo, Obi-Wan.”
“Sono qui per rimediare. Se desideri vivere qui su Naboo io non mi opporrò. So quanto ami il tuo pianeta natale. E non devi temere per Han. Ho controllato in laboratorio i suoi esami del sangue e ho scoperto che lui non ha la Forza. Non è destinato a diventare un Jedi. Può crescere come hai sempre desiderato tu, come bimbo normale.”
Leia non riusciva a nascondere la gioia che provava per quella buona notizia, il suo cuore ora era più leggero. Però non bastava a perdonare lui.
“Apprezzo che tu sia venuto a dirmelo di persona. Significa che gli vuoi bene.”
“Ma certo che gliene voglio. Come puoi dubitarne? Io amo i nostri figli più della mia stessa vita. Prima di incontrate te non avrei mai immaginato che avrei potuto vivere la gioia della paternità. Sei tu ad averlo reso possibile. Sei tu che hai reso la mia vita completa.”
Quella frase l’aveva già sentita due volte. Una dalle stesse labbra di Obi-Wan e una da suo padre. Possibile che fosse solo una coincidenza?
“Leia, io non voglio lasciarti. Sei mia moglie, sei il mio amore, sei la mia compagna di vita. Dammi una seconda possibilità. Non lascerò mai l’Ordine Jedi perché è il mio destino, ma posso prometterti di amarti con tutto me stesso fino alla fine dei miei giorni, come ho promesso il giorno in cui ci siamo sposati.”
Le venne un’idea. Forse era inutile, forse erano solo parole al vento, ma doveva concedersi il beneficio del dubbio.
“Alzati e vieni con me.”
Camminarono mano nella mano fino ad una villa che Obi-Wan non poteva conoscere.
“Dove siamo?”
“Diciamo che per un po’ di tempo sarà la casa di Padme. C’è una cosa che devo farti vedere.”
Entrarono dall’ingresso sul retro ed attraversarono la villa da una parte all’altra fino ad arrivare all’uscita sul davanti che dava sul lago. Più che la splendida vista, a lasciare Obi-Wan senza fiato fu vedere Padme e Anakin in un momento inequivocabile. Si erano appena uniti in matrimonio.
“Guardali. Credi che per loro sarà facile? Avranno i nostri stessi problemi, però l’amore che provano l’uno per l’altra li rende forti. Ora mi chiedo, perché io e te non ci siamo riusciti?”
“Non lo so. Non lo so proprio.” Avvolse Leia in un abbraccio, anche se lei si mostrò ritrosa, ma questa volta non l’avrebbe lasciata andare per nulla al mondo.
“Io sono tuo. Tu sei mia. Smettiamola di scappare da questa verità. Il nostro amore è stato messo a  dura prova, ma sono pronto a cucire ogni ferita e perdonare ogni colpa se tu farai lo stesso. Non ti farò più soffrire.”
Leia lo osservava, voleva credergli, ma la paura continuava a bloccarla. E lui poteva sentirlo. Per questo la baciò, per questo mise in quel bacio tutto ciò che provava. Per trasmetterlo a lei. Quando Leia riaprì gli occhi, tutto ciò che vide fu l’uomo che amava. Niente sofferenza, niente vendetta.
“Noi non abbiamo avuto una luna di miele.” Le uscì così, senza impegno.
Obi-Wan abbozzò una risata: “E’ il tuo modo per dire che mi ami e accetti la mia proposta?”
Leia sorrise: “Sì! Allora il tuo Senso funziona!”
“Avremo la nostra luna di miele, amore. Resterò qui tutto il tempo che vorrai.”
Suggellarono le promesse con un altro bacio, lungo, intenso e carico di sentimento. Qualunque cosa avrebbe riservato loro la vita, ora erano pronti ad affrontarlo.
  
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