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Autore: _joy    19/04/2016    5 recensioni
«Dai: esprimi un desiderio!»
Io mi mordo un labbro, poi scuoto il capo.
«Ma non bisogna esprimerlo mentre la vedi cadere?»
«Come fai a sapere quando cadrà una stella? No, dai, adesso!»
«E tu?» gli chiedo «Non hai un desiderio da esprimere?»
 
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quando la necessità ci porta a usare parole sincere, cade la maschera e si vede l'uomo.
Lucrezio





Una mano forte stringe la mia e mi aiuta a uscire dall’auto.
 
Alzo gli occhi e resto accecata dai flash.
Batto le palpebre e, mentre Ashanti mi sistema lo strascico dell’abito, metto a fuoco il sorriso scanzonato di Ben.
La mia mano è ancora stretta nella sua e lui si china a baciarmi sulla guancia.
«Pronta?» chiede, come se fosse normale trovarci qui, adesso.
Insieme.
 
Annuisco.
Ashanti si rialza, mi dà un’ultima occhiata e annuisce.
«In bocca al lupo» dice soltanto «Ricordati di citare i produttori nel discorso di ringraziamento se…»
«Se vincerò» la interrompo «Regista, produttori, sceneggiatore, troupe. Ma tanto non vincerò»
Lei sorride, serafica.
«Lo vedremo» dice, prima di sparire nella folla.
 
 
Muovo i primi passi sul tappeto rosso stretta al braccio di Ben.
Lui sorride con naturalezza, ma è attento a ogni mia espressione.
Sembra così rilassato che non posso fare a meno di dirgli:
«Sembra che tu ti stia divertendo un sacco»
Scoppia a ridere.
I flash ci bombardano.
«Tu non ti diverti?» chiede.
«Non lo so» rispondo con sincerità «Non l’ho ancora capito»
La sua mano copre brevemente la mia.
«Abbiamo tante ore per scoprirlo… Questa notte è ancora lunga»
Ci fermiamo ogni pochi passi per farci fotografare.
Attorno a noi è un delirio.
Fotografi che gridano, giornalisti che balzano in avanti brandendo i microfoni; telecamere che zoomano.
«Non ho mai pensato che il red carpet degli Oscar somigliasse al mercato del pesce» commento a un certo punto.
Ben ride di nuovo.
«Spero che lo dirai anche sul palco, quando ringrazierai l’Academy per il tuo Oscar!»
Arriccio il naso, consapevole che se Ashanti fosse qui me ne direbbe quattro.
«Vedremo» rispondo «Tu hai il discorso pronto?»
Lui fa un sorriso enigmatico.
«Forse. Non dico nulla… scaramanzia, sai»
«Non pensavo fossi scaramantico!»
«Tesoro, sono un attore» sorride Ben «Certo che sono scaramantico»
«Io non sono pronta, ma non dirlo ad Ashanti. Ho fatto finta di studiare e di accettare tutti i suoi suggerimenti»
Ben mi sorride dolcemente.
«E invece?» chiede «Non ti piacevano?»
«No, è che non posso impararmi le cose a memoria: si capisce appena apro bocca che sto ripetendo. Mi affiderò all’ispirazione… Se mai servirà. Ma non servirà»
Ben sorride ancora e mi stringe brevemente la mano.
«Sei pessimista di natura o è scaramanzia?» domanda, divertito.
«Sono razionale di natura» dico, convinta «Dovresti saperlo»
«Lo so, infatti. Ma questa serata è diversa… Dovresti concederti di essere folle, imprudente e irrazionale»
«Perché mai? Posso godermela lo stesso… Anzi, me la sto godendo lo stesso! Che diamine, sto sfilando sul tappeto rosso degli Oscar! Posso godermelo da donna razionale. Essere qui è già il mio traguardo»
Ben scuote il capo.
«Dovresti volere di più, Miki. Per te, per la tua famiglia… Puoi toccare il cielo: perché fermarti a questo tappeto rosso?»
«Non è che non voglio volare, anzi… Ma penso sia importante anche riconoscere i traguardi intermedi. Sai, a volare si rischia comunque di schiantarsi»
Altro sorriso mozzafiato.
«Fino a ora pensavo fossi tu quella coraggiosa, tra noi due»
Gli lancio un’occhiatina di sottecchi, prima di ribattere:
«Per certe cose lo sono certamente»
 
Ci fermiamo davanti a una giornalista seguita da un cameraman.
Sorridiamo automaticamente, ma vedo che Ben ha colto la mia allusione.
La giornalista ci intervista velocemente, attorno rimbombano voci, risate e saluti.
Mi chiede del mio abito, se sono emozionata.
Le solite domande banali.
Ci liberiamo velocemente e veniamo agguantati da un altro giornalista.
La trafila delle interviste procede per un po’, finché non artiglio il braccio di Ben in un attimo di panico.
«Che succede?» fa subito lui, preoccupato.
«Non voltarti!» gli bisbiglio «Dietro di noi c’è Leonardo di Caprio!»
Ben scoppia in una fragorosa risata.
Mi trattengo appena in tempo da sbottare in modo poco elegante.
Le persone vicine a noi ci guardano con curiosità.
«Cosa ridi?» bisbiglio, furiosa.
Lui si morde un labbro.
«Attenta, bisbetica. Stai spaventando Cate Blanchett»
Mi giro a bocca aperta e lui ride di nuovo.
«Oh, Miki» scuote il capo «Ma davvero non te ne rendi conto? Sei a Hollywood, piccola»
«Lo so, lo so» borbotto.
Insomma… Lo so, me lo dicono tutti…
Ma essere qui, ora, è un altro paio di maniche.
 
 
Quando raggiungiamo l’ingresso del teatro sono sfinita da tutti questi sorrisi.
Che ansia doversi mostrare sempre raggianti e impeccabili.
Qui sembrano tutti sereni, mentre io ho i crampi a forza di tenere la schiena ben dritta, ho fame e vorrei togliermi le scarpe.
Incontriamo Sergei, che ci abbraccia velocemente.
«Pronti per vincere, ragazzi?» domanda, contento.
Non aspetta risposta e anzi ci spinge in direzione di Julianne e Jeff, che ci salutano velocemente e si mettono in posa con noi per altre foto.
«La cosa più bella che ti è successa oggi?» mi chiede a un certo punto Jeff, sistemandosi la cravatta.
Sospetto che questo continuo posare per le foto lo annoi a morte.
Gli sorrido.
«Mia madre che mi ha detto che sono bellissima»
Bridges sembra stupito, poi scuote il capo.
«Allora meriterà un ringraziamento speciale, dal palco degli Oscar!»
Scuoto il capo.
«Non capisco se siete scaramantici o lo fate appositamente per farmi innervosire»
Sergei ridacchia.
«Stai veramente chiedendo a un attore se è scaramantico?»
Ben gli fa subito eco:
«Gliel’ho detto anche io»
Si guardano scuotendo il capo, mentre Julianne si china verso di me e bisbiglia:
«Non ascoltarli… Sei stupenda stasera tesoro! Goditi la festa e non permettere a nessuno di rovinartela»
Le sorrido, grata, e lei aggiunge:
«E, giusto nel caso poi succeda davvero… ricordati di ringraziare solo me e non questi due orsi, dal palco!»
Ridiamo tutti, quindi una pr ci fa garbatamente cenno di entrare in teatro.
Ben mi si affianca e mi offre il braccio.
«Non mi ringrazierai, allora?» mi punzecchia.
Lo guardo di sottecchi.
«Non credo lo vorresti» ribatto, leggera «Pensavo che la tua privacy vincesse su tutto, anche sui ringraziamenti della notte degli Oscar»
Lui finge di pensarci su.
Almeno, credo che finga.
«Be’… stanotte è diverso» dice poi «Tutto è permesso»
«Vuoi un ringraziamento speciale?» lo sfido «Davanti a tutti?»
Lui sorride.
«Stai pensando di vincere, quindi»
«Assolutamente no» rispondo.
 
Ma, ovviamente, di fronte alla sua sfida mi sono subito infiammata.
La mia mente sta già componendo parole per lui.
Parole pericolose, che espongono il mio animo e che temo Ben non sia pronto a sentire.
Mi do una scrollata mentale: a che serve, dopotutto?
La mia regola non era forse quella di rilassarmi e godermi il momento.
Ecco: è pericoloso indulgere in fantasie inutili.
Ormai dovrei averlo imparato.
 
*
 
Il fatto è che ci credevo davvero.
Ci credevo con tutta me stessa.
 
Quindi, quando chiamano il mio nome dal palco, sul momento non reagisco.
Resto seduta, a fissare lo schermo gigantesco del teatro che mi rimanda l’immagine enorme del mio viso, attonito, in diretta mondiale.
 
È Ben che mi tira in piedi e mi abbraccia per primo.
Mi dice qualcosa, sorride, ma io non capisco.
Passo dalle sue braccia a quelle di Julianne, di Bodrov, di Jeff.
Poi arriva Luna, che piange, e poi mia madre, che sembra più spaventata di me.
Mi aggrappo forte a lei, contro ogni logica, ma dopo un attimo mamma si scosta dolcemente e mi dice:
«Vai tesoro, vai»
Con una carezza fa un passo indietro e io guardo ancora il festoso gruppo che mi circonda.
Stanno tutti gioendo, gioendo per me, ma io all’improvviso mi sento sola.
Devo salirci da sola, su quel palco.
Non può andare nessuno al mio posto.
 
Raddrizzo le spalle, mi volto e muovo qualche passo esitante.
Sento la gonna che fruscia, la seta che mi accarezza le gambe.
Un passo.
Un altro ancora.
Salgo timidamente i gradini del palco.
Vengo accolta da sorrisi gentili e mi viene messo tra le mani l’Oscar.
Abbasso gli occhi sulla statuetta: è pesante e fredda tra le mie mani.
Quando alzo lo sguardo e vedo una platea enorme che applaude improvvisamente è come se tornasse il sonoro: sento le voci, le grida festose.
C’è un gran fracasso… ed è per me.
Tutto per me.
Ho la testa completamente vuota. Potrei restare qui, imbambolata, per sempre.
Poi, all’improvviso, un pensiero mi balena in mente.
Buffo. Non avrei mai creduto che potesse essere questa la molla.
Non posso deludere mia madre, non adesso.
Stringo forte la statuetta e avanzo verso il microfono.
Ok. Ce la posso fare.
«Grazie… Grazie a tutti» esordisco, incerta.
 
Oddio, perché sono tutti in silenzio e mi ascoltano?
Come si fa a tenere un discorso qui sopra?
Davanti a Leonardo Di Caprio, per di più?!
 
E poi, per fortuna, come mi succede sempre nei momenti di maggiore stress, il mio cervello si scollega dalle labbra e quelle vanno avanti da sole.
«Grazie per questo incredibile momento che mi state regalando» proseguo, con voce che si fa più sicura e forte «Non avrei mai immaginato potesse succedere a me. Giuro che non è una frase di circostanza. Un anno fa ero una stagista senza prospettive… E guardatemi ora!»
Percorro con lo sguardo la platea, finché non trovo il viso sorridente che stavo cercando.
«Quindi il mio primo ringraziamento è per te, Sergei Bodrov: grazie per avermi convinta che non era un’idea stupida accettare di fare questo film»
Il pubblico scoppia a ridere e io riprendo fiato.
«Grazie per la pazienza con cui mi hai seguita, capita e accettata. Grazie a Jeff, Julianne, Kit e tutti quelli che hanno lavorato con me sul set: ora non riesco a ricordare tutti – e so che la mia pr mi ucciderà per questo – ma voglio ringraziarvi di cuore per avermi fatta sentire, dal primo giorno, una di voi»
Riesco a infilare nel mio discorso almeno i produttori e spero che questo plachi Ashanti, ma probabilmente commetto una dozzina di errori di bon ton cinematografico.
Pazienza: c’è qualcosa che mi preme ben di più.
«Grazie a Luna, mia sorella: non c’è momento nella vita in cui non mi sei stata accanto e so che ora mi dirai che te lo aspettavi, che per te era scontato che vincessi io, perché tu credi sempre in me… Ma io no, non sono brava a credere in me stessa, e avere te al mio fianco mi rende la persona più fortunata della terra»
Luna è in piedi e sta battendo le mani forsennatamente.
«Grazie mamma per essere qui stasera» la mia voce si incrina un po’ «So che non è questo che volevi per me… E francamente nemmeno io so bene cosa sto facendo, ma averti qui, adesso, significa tutto. Io… io cerco sempre di somigliarti, anche se non mi riesce ancora bene: guardo alla tua forza, alla tua determinazione e ai tuoi successi e spero di riuscire a replicarne almeno una parte. Non so se ne sarò capace... Ma ci provo. Ogni giorno»
Vedo mia madre nascondere il viso tra le mani: non capisco se sta piangendo oppure no.
Da parte mia, sento le lacrime che corrono liberamente sulle guance e con una mano cerco di limitare il disastro.
Spero che il mascara che mi hanno messo sia waterproof… Oppure ormai somiglierò a un panda.
«In ultimo, ma non meno importante… Grazie Ben, per ogni singolo giorno, per le risate, i consigli… per tutto. Se penso a quanto sia bello questo momento per me, non è l’Oscar che mi viene in mente»
Ormai piango, sorrido e singhiozzo insieme, per cui mi sembra una buona idea quella di lasciare il campo, prima di rovinare tutto balbettando istericamente.
Sollevo la statuetta e accenno a un inchino.
C’è tantissima gente in piedi che batte le mani, ci sono flash e voci…
Non capisco più bene cosa succede: mi accompagnano a lato del palco e mi fanno scendere.
Ci sono persone sconosciute che mi stringono la mano, che mi abbracciano, che mi rivolgono complimenti e domande.
Io sono ammutolita.
All’improvviso, per fortuna, un braccio forte mi circonda la vita e mi accorgo che Jeff è accanto a me, alto, forte e protettivo.
Gentilmente, mi sospinge verso i posti del nostro gruppo.
A fatica riguadagno la mia poltrona: mi lascio sprofondare e vengo subito circondata da mia madre e da Luna. Julianne cambia persino poltrona per lasciare loro spazio.
Non parliamo (io probabilmente nemmeno ci riuscirei) ma stringo forte le loro mani e cerco di fingere di ascoltare la cerimonia che prosegue.
In realtà sono scombussolata, tesa e sussulto ogni volta che vedo qualcuno guardarmi, indicarmi o farmi una foto.
 
Si susseguono altri premi; io sono totalmente disinteressata.
Il tempo sembra passare in blocchi disomogenei.
Un attimo vedo Kate Winslet, quello dopo Mattew mcConaughey.
E all’improvviso siamo di nuovo tutti in piedi: Seventh Son vince l’Oscar per la sceneggiatura.
È un omaggio dovuto al grandissimo Dante Ferretti e il cast gli tributa un applauso infinito.
Il suo discorso è garbato e pieno di stile ed è così carino da dedicarmi due parole, rallegrandosi della vittoria di entrambi per il film.
Prima che la serata sia finita, Ashanti mi si avvicina discretamente e mi fa cenno di seguirla.
Mi alzo e mamma e Luna mi imitano subito.
Passando lancio un’occhiata a Ben, che mi sorride e strizza l’occhio.
 
Ashanti mi conduce in un camerino, perché mi venga risistemato il trucco.
E, finalmente, mi sembra di tornare a respirare.
Abbasso lo sguardo sulle mie mani, che stringono la statuetta.
«Oh, wow» dico «Wow! Ma… Ma come è possibile tutto questo?»
Luna mi stringe in un abbraccio.
«Mic, sei stata incredibile! Stupenda! Voglio dire: ero sicura che avresti vinto, non avevo dubbi, ma poi… Non so, eri lì sopra, in piedi sul palco… ed eri così bella! Io… Io non ci ho capito più nulla!»
«Già» annuisce mia madre.
Anche lei sembra sottosopra, esattamente come me.
Forse ci assomigliamo più del previsto.
«E hai fatto un discorso bellissimo!» aggiunge Luna, impetuosamente «Così spontaneo! Non riuscivo a smettere di piangere!»
Incrocio lo sguardo di mamma e sento le lacrime riempirmi nuovamente gli occhi.
«Su, su!» fa lei, brusca, ma con gli occhi rossi «Ti cola tutto il trucco se piangi!»
«Sta arrivando la MUA» dice Ashanti «E il discorso non andava bene per niente: ti sei dimenticata metà dei ringraziamenti che dovevi fare»
Ma sorride: si vede che è felice anche lei.
Le tendo la mano.
«Non ti ho ringraziata» dico «Ma avrei dovuto: mi hai portata tu qui. Non sarei durata due giorni, senza di te»
Ashanti sembra imbarazzata.
«Ho fatto solo il mio lavoro…» ribatte.
Salto in piedi e la stringo in un abbraccio.
«Grazie» mormoro «Davvero»
Mi abbraccia anche lei, quindi mi risiedo per farmi truccare di nuovo.
Dopo qualche minuto di silenzio inizio a rilassarmi, almeno finché Ashanti non dice:
«Bello il ringraziamento a Ben, alla fine»
Mia madre assottiglia subito lo sguardo.
«Infatti» dice «L’ho notato anche io!»
Divento cremisi, ma per fortuna Luna corre in mio soccorso:
«Milena, ma se stavi singhiozzando come una pazza!» dice alla mamma «Non è possibile che tu abbia sentito nulla!»
Ashanti ridacchia, mia madre sbuffa.
«Io ci sento benissimo» ribatte «E comunque, chi è questo Ben?»
«E che lavoro fanno i suoi genitori?» chiede Luna, imitando il suo tono altero.
 
Io mi tormento le mani.
In effetti… cosa ho detto?
Avrò mica esagerato?
Sul momento ho proferito le parole che mi sono venute dal cuore, ma…
A conti fatti non so se Ben possa averle apprezzate.
A prescindere dagli scherzi sul red carpet non so se ci credeva davvero, fino in fondo.
Io, di sicuro, no. Assolutamente no.
 
Non ho molto tempo per commiserarmi, tuttavia.
Battibecco con Ashanti perché non voglio cambiarmi d’abito.
Lei insiste che tutti si cambiano per l’after party; io me ne frego.
Questo vestito è un sogno e voglio tenerlo addosso il più a lungo possibile.
 
Devo posare per le fotografie per un tempo infinito, quindi vado a farmi incidere sulla targhetta dell’Oscar il nome.
È il momento forse più emozionante e lo condivido con mamma e Luna.
Tutte e tre fissiamo in silenzio la ragazza che delicatamente prepara la mia targhetta, mentre tutto attorno scattano i flash.
Quando mi ricongiungo con il cast è notte fonda.
Vengo accolta da un applauso fragoroso e io, miseramente, scoppio in lacrime.
Ashanti geme per il trucco, Julianne corre ad abbracciarmi e Jeff scoppia a ridere fragorosamente.
Io, a dirla tutta, non ne posso più; eppure la notte è ancora lunga.
Mia madre rifiuta di venire al celebre party di Vanity Fair; Luna, dopo aver studiato Ben con aria assorta, scuote il capo e dice che andrà a dormire.
Io mi oppongo, ma lei non cede.
«Vai a divertirti con lui» mi bisbiglia nell’orecchio «Noi ci vediamo domani»
 
Senza Luna mi sento persa.
Non posso affrontare tutta questa gente che mi guarda come se fossi l’attrazione principale allo zoo.
Insomma, so che le spose si agitano nel giorno del matrimonio perché sono sotto la lente di tutti; ma almeno quelli sono parenti e amici.
Questi sono estranei.
Estranei abituati a ben altre dive, per di più.
 
Automaticamente cerco Ben, ma lui sembra schermirsi.
«Ecco…» dice «Forse non… forse dovresti andare da sola, Miki… dopotutto sei quella che vogliono vedere tutti…»
Non faccio quasi in tempo a restarci male che uno dei produttori piomba su di noi come un falco.
«Ben, accompagnala!» esclama, perentorio «Siamo tutti un cast e stasera festeggiamo insieme! E poi da quando si delude una signora così bella?»
Ben arrossisce, borbotta una scusa, poi mi porge il braccio.
Lo prendo, ma sono ancora perplessa.
Il punto è che non abbiamo modo di parlarne: in macchina non siamo soli; al party entriamo in massa e ci dividiamo solo per le foto.
 
Ed è un vero delirio.
Gente che mi chiama, che viene a presentarsi, che mi coinvolge in lunghe chiacchierate nemmeno fossimo amici di vecchia data.
Giornalisti che mi subissano di domande, pr e registi che mi offrono lavori su due piedi.
Presto sono terrorizzata.
Ben non si muove dal mio fianco – e sospetto che in parte dipenda dagli sguardi omicidi che i produttori ci rivolgono dal bordo della pista da ballo – ma non sembra a suo agio.
Ci chiedono mille volte se stiamo insieme.
 
Ok, lo so: è colpa mia.
Del mio discorso, almeno.
Devo rimediare, prima che Ben mi uccida.
Quindi sorrido e rispondo a tutti che no, siamo solo amici. Solo colleghi.
Dubito ci creda qualcuno, ma io tengo il punto.
 
Verso le quattro del mattino sono spossata.
Mi appoggio al fianco di Ben e mormoro:
«Non ce la faccio più. Scappiamo?»
Lui si guarda attorno, indeciso.
«Ci uccideranno» osserva.
«Non importa, me ne assumo la responsabilità. Se resto ancora cinque minuti non rispondo di me»
Lui fa un sorriso, poi mi prende la mano e si dirige deciso verso la porta.
«Dovrai abituarti, party girl» mi stuzzica.
«Per carità!» borbotto «Mi sento soffocare… Non c’è proprio nulla di divertente!»
«Non sei felice di essere la reginetta della festa?» chiede lui, evitando abilmente un tizio che ci fissa da mezz’ora, aspettando l’occasione di braccarci.
«Non sembra tanto una festa… O almeno, io non conosco nessuno»
«E cosa sembra?»
«Un carrozzone» rispondo, convinta.
Lui ride.
«Non hai tutti i torti»
 
In macchina, mi appoggio contro lo schienale.
Restiamo in silenzio, Ben guarda fuori dal finestrino.
Allungo la mano e cerco la sua.
Le nostre dita si intrecciano, ma non ci diciamo una parola.
All’improvviso, Ben si china in avanti e dà all’autista l’indirizzo di casa sua.
Io non dico nulla, lui non mi chiede niente.
Quando arriviamo, scende e mi tende la mano.
«Troppo stanca per un ultimo ballo?» chiede a bassa voce.
Scuoto il capo, mentre raccolgo nella mano libera lo strascico dell’abito.
 
Appena tocco il marciapiede mi stringe tra le braccia e io, finalmente, mi sento al sicuro.
 
 
***
Carissimi lettori, eccomi qui!
Non sono sparita, lo giuro. Solo che lavoro tantissimo e questo purtroppo rallenta enormemente la scrittura e persino la lettura. Volevo solo rassicurarvi che ci sono, che non vi abbandono!
Vi ricordo anche che mi trovate su Facebook: al momento sono perseguitata da una stalker (internet è uno strano ritrovo di pazzi, a quanto pare), per cui se mi vedete sparire non temete, è colpa sua, ma io torno sempre!
Sono qui: 
https://www.facebook.com/Joy10Efp/
e qui:
https://www.facebook.com/profile.php?id=100011928871523&fref=ts
Grazie per il supporto che mi dimostrate continuamente, vi adoro!
Vostra, 
Joy




 

   
 
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