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Autore: ___Page    19/04/2016    1 recensioni
-Perché?- chiese, di nuovo sopraffatto.
Silenzio e un fremito furono la risposta. E la rabbia gli montò dentro di nuovo.
-Dimmi almeno perché, Juvia! Me lo devi! Avevi detto che ci saresti sempre stata, che non mi avresti abbandonato, che avremmo affrontato tutto insieme e ora…-
-Juvia non può!-
Genere: Angst, Guerra, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gray Fullbuster, Lluvia, Natsu, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Spoiler!
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Importante nota dell'autrice: 
Minna-san!!! 
Questo è un giorno glorioso per me, sono troppo felice perchè per la prima volta da tempo immemore riesco a mettere "Science-fiction" tra i  generi, che sì, lo so, sono pazza, ma l'ho sempre voluto fare! ** ** 
Awww! 
Okay, sproloqui a parte, devo mettere alcuni puntini sulle i. 
Questa storia è una Gruvia ambientata nell'universo riadattato di "Falling Skies", che io adoro alla follia ma questa è un'altra storia! Se qualcuno segue "Falling Skies" in italiano è bene che sappia che anche se la FF è tutta nata nella mia testa contorta  c'è un piccolissimo spoiler verso la fine della storia (per quest l'avvertimento). 
Detto ciò, sempre se qualcuno segue il telefilm e se ne frega dello spoiler, vi metto di seguito i paralleli che ho fatto nel riadattare l'universo di FS per Fairy Tail. Quindi abbiamo gli Exceed (contro cui ci tengo a precisare che non ho niente, semplicemente mi sembravano i più adatti) che corrispondono agli Skitter, gli Etherious sono gli Espheni, i Phantoms di Gajeel sono i Berserker di Pope, Fairy Tail è la II Massachusets e Magnolia corrisponde a Charleston. 
Per i paralleli dei personaggi lascio a voi e se volete chiedere sono disponibile a rispondere. 
Detto questo ringrazio tutti coloro che decideranno di leggere e che lo ship e il fangirl siano con voi! 
Piper. 







 
CHANGED MY MIND






-Che cosa?!-
La voce di Gray uscì dalle sue labbra in un soffio, dolorosamente segnato da un acuto di autentica disperazione, mista a incredulità.
-Gray ha sentito bene- affermò la ragazza dai capelli blu, ferma a pochi passi da lui, gli occhi puntati sul letto, il loro letto della loro camera.
In un gesto di disagio, Juvia portò la mano avvolta dal guanto a mezzo dito a sistemare meglio il fucile sulle proprie spalle, immancabilmente fasciate dalla sua giacca di pelle. Un gesto così famigliare a cui Gray era così abituato da non potergli far dubitare che quella fosse davvero la realtà.
Eppure dubitava. Perché semplicemente ciò che stava accadendo non era possibile.
Non poteva crederci, non poteva essere vero.
Doveva essere una visione, un’allucinazione, un sogno. Più precisamente, un incubo.
Ma Gray lo sapeva bene, fin troppo bene, come distinguere un incubo dalla realtà, lo aveva imparato durante quelle infernali settimane, prima che scoprissero il parassita, tanto piccolo quanto potente, che quegli alieni bastardi gli avevano impiantato nel cervello quando avevano rapito lui, Juvia, Natsu, Gildarts e Cana. E quella era l’innegabile, maledetta, insopportabile realtà.
E, come diceva sempre Laxus, la realtà era una gran puttana, ma Gray non aveva mai capito davvero cosa il colonello intendesse fino a quel momento.
Ora lo sapeva. Ora sapeva cosa si provava a vedersi la vita scivolare via tra le mani, tutto quello che ancora dava un senso alla sua esistenza, che gli forniva costantemente un motivo per combattere e sopravvivere e sopportare tutto quello che l’umanità stava sopportando, diventare inafferrabile, come una folata di vento.
Quello era Juvia per lui. Una boccata di aria fresca, puro ossigeno.
Certo non era sempre stato così, c’era stato un tempo in cui lui le aveva puntato contro un fucile e sarebbe stato anche pronto a premere il grilletto. Ma all’epoca Juvia faceva parte della squadra di Gajeel e Gajeel non era per niente incline a voler collaborare con loro, all’epoca. E anche Juvia sarebbe stata pronta a piantargli un proiettile in testa se necessario, almeno finché tutti non avevano capito che collaborare era meglio che scannarsi, se volevano avere una chance di vincere contro gli alieni invasori. Una guerra su tre fronti sarebbe stata insostenibile per gli umani e avrebbe fatto solo il gioco degli Etherious. E gli elementi della squadra di Gajeel si erano rivelati una manna dal cielo per Fairy Tail.
Ma, nonostante tutto, Gray ce ne aveva messo di tempo per imparare a fidarsi di lei, fare squadra con lei. Per poi finire per innamorarsi irrimediabilmente di lei.
 E siccome la realtà era proprio la gran puttana che diceva Laxus, mai l’aveva amata così disperatamente come in quel momento in cui la stava perdendo.
-Io non capisco-
-Non è necessario che tu capisca. Juvia ha riflettuto a lungo e preso la sua decisione e…-
-E ciò che penso io non conta niente!- alzò la voce il moro, sentendo la disperazione e la paura convertirsi in rabbia.
Juvia chiuse gli occhi un istante.
-Certo che conta ma ciò che Gray pensa non può far cambiare idea a Juvia-
Gray si sentì vacillare, le gambe instabili, il corpo scosso dai tremiti.
Lo comprese in quel momento.
Era finita davvero. Juvia era ancora lì, tecnicamente lo stava ancora lasciando ma di fatto era già finita perché non ci sarebbero stati ripensamenti, non c’era margine per discuterne. Conosceva bene Juvia, più di quanto non conoscesse se stesso da quando era  stato impiantato e controllato dagli alieni anche se solo temporaneamente, e sapeva che se si metteva in testa una cosa non c’era modo di farle cambiare idea. Soprattutto se era convinta che fosse la cosa migliore per lui.
Però, in effetti, Gray faticava a vederci qualcosa di positivo per lui in quella decisione.
-Perché?- chiese, di nuovo sopraffatto.
Silenzio e un fremito furono la risposta. E la rabbia gli montò dentro di nuovo.
-Dimmi almeno perché, Juvia! Me lo devi! Avevi detto che ci saresti sempre stata, che non mi avresti abbandonato, che avremmo affrontato tutto insieme e ora…-
-Juvia non può!-
Il tono fermo, lo sguardo determinato, i pugni chiusi lungo i fianchi furono peggio di un pugno in faccia per Gray.
-Cosa…-
-Juvia sa, ha visto… Ha visto nei tuoi occhi e sa che non può più essere la persona che credeva di poter essere per Gray- spiegò, mentre lacrime cocenti e salate offuscavano le sue iridi blu, impedendole di vedere nitidamente l’espressione scioccata di Gray -Juvia non ha creduto a Gray. Quando Gray sospettava di essere stato plagiato e sosteneva che i suoi sogni non erano realmente sogni, Juvia non gli ha creduto. Juvia dormiva accanto a te ogni notte e non si è accorta che sparivi dal letto! Non si è accorta del tuo sguardo diverso, ha cercato di aiutarti nel modo sbagliato, nel modo più sbagliato, cercando di convincere Gray che in realtà non aveva nessun problema!- avanzò di un passo, piena di rabbia verso se stessa -E se Gildarts non si fosse accorto che qualcosa non andava, se gli Exceed non avessero fornito a Natsu la cura, se… se Gray fosse stato accusato di essere la talpa?!? Gray merita una persona più forte al suo fianco! Una persona che affronti la realtà anziché cercare di scappare!-
-Juvia!- la chiamò deciso il ragazzo, già pronto a stringerla e calmarla, ricordandole che lei era tutto ciò che voleva e di cui aveva bisogno.
-No!-
Juvia indietreggiò quando Gray avanzò di un passo per avvicinarsi. Lentamente, portò una mano ad asciugarsi gli occhi e le guance, trattenendo fiera i singhiozzi e sostenendo il suo sguardo.
-Juvia ha chiesto a Gajeel di poter rientrare nei Phantoms- lo informò, dandogli il colpo di grazia -Juv… Io non… non sono la persona giusta per te, Gray- mormorò in un soffio rantolato la ragazza.
Il gelo calò nella stanza e Gray rimase dov’era, come se le suole delle scarpe si fossero fuse con il pavimento, incapace di muoversi o reagire, persino quando Juvia gli voltò le spalle per andarsene senza più una parola.
E prima ancora che potesse pienamente realizzarlo, Juvia se n’era andata così com’era entrata nella sua vita.
Come una folata di vento.
 

 
§

 
Si guardò intorno, le dita intrecciate e il busto piegato in avanti. Si guardò intorno, studiando nella penombra, con i suoi occhi grigi, le rovine di quella che un tempo era stata Magnolia.
Non l’aveva mai vista prima dell’attacco alieno, il che voleva dire che per Gray Magnolia era da sempre un mucchio di macerie e basta. Ma un gruppo di macerie che ora rappresentavano casa, un mucchio di macerie che Gray era in grado di distinguere da tutti gli altri mucchi di macerie sparsi per Ishgar. E non aveva mai trovato coerente come in quel momento il fatto di sentirsi a casa in un posto del genere. Perché in quel momento, dentro di sé, si sentiva proprio come Magnolia.
Un mucchio di macerie.
-Ehi!-
Un voce amica, una pacca sulla spalla, qualcuno che si sedeva accanto a lui.
-Ehi- salutò atono, lanciando solo un’occhiata di striscio a Natsu.
Il rosa lasciò vagare lo sguardo sulla loro base, in silenzio, lanciando preoccupate occhiate a Gray.
-Vuoi parlarne?- chiese dopo un po’.
Gray si passò una mano tra le ciocche scure e scompigliate.
-Di cosa esattamente?-
Natsu puntò gli occhi al suolo, assumendo la stessa posa di suo fratello maggiore, senza insistere oltre. Gray era fatto così, aveva un modo tutto suo di affrontare il dolore.
Tutti in quella guerra avevano dovuto sviluppare un modo personale per affrontare il dolore.
-Oggi Happy ha disarmato e ricaricato il fucile in appena dieci secondi-
Gray piegò le labbra a imbuto e rilasciò un suono acuto e prolungato.
-Ormai quel piccoletto ci da la merda!- commentò ridendo, il tono intriso d’affetto per il loro fratellino.
-Puoi scommetterci!- rise anche Natsu.
Il momento di gioia condivisa però non sembrava destinato a durare a lungo.
-A volte mi dimentico che ha solo undici anni. A undici anni non dovrebbe neppure sapere da che parte si tiene un fucile-
-Non dovremmo saperlo nemmeno noi, Natsu. Se le cose fossero andate diversamente, nostro padre ci avrebbe insegnato a tenere in mano una mazza da baseball non un mitra. E comunque Happy ha undici anni solo all’anagrafe ormai-
-Immagino tu abbia ragione- commentò il rosa, passandosi una mano tra i capelli -Come dice sempre Gildarts “la guerra cambia le persone”. Spero almeno di essere cambiato in meglio-
-Gildarts è più saggio di quello che sembra e tu non porti più gli occhiali, giusto?! Mi sembra un cambiamento positivo questo!- lo prese un po’ in giro Gray ma con meno verve di prima.
Natsu ridacchiò, prima di lanciare un’occhiata serissima al fratello.
-Anche tu sei cambiato-
Gray sospirò.
-Sì ma non so se in meglio-
-Io dico di sì! Una volta eri molto più arrogante!-
-Ah grazie-
-Figurati! Quando vuoi!-
Il moro scosse la testa, piegando suo malgrado le labbra in un ghigno e un nuovo silenzio scese sui due fratelli, immersi nel buio della notte di Magnolia.
Passarono alcuni minuti prima che Gray lo rompesse di nuovo, dopo aver lanciato un’attenta occhiata agli spuntoni che fuoriuscivano dalla schiena del fratello. Non gli faceva più alcuna impressione vedere quell’impianto alieno incastonato nella sua colonna vertebrale, senza contare che Natsu ormai lo considerava quasi parte di sé.
-Hai deciso cosa fare con l’impianto quando la guerra sarà finita?-
Natsu gli lanciò un’occhiata di striscio e raddrizzò la schiena, cambiando posizione, prima di girarsi totalmente verso di lui.
-Se sarò ancora qui per prendere una decisione…-
-Natsu!- lo ammonì il moro, sgranando appena gli occhi.
-Okay, okay!- ridacchiò l’altro, alzando le mani in segno di resa.
Si prese qualche secondo per riflettere prima di dargli una risposta.
-In realtà, non ne sono sicuro. Finché siamo in guerra, l’impianto mi permette di essere più forte della media e comunicare con gli Exceed che sono nostri alleati… è utile. All’inizio odiavo gli alieni per avermi impiantato questo coso nella schiena ma ora le cose sono cambiate. Senza l’impianto sarei stato solo un peso per voi e non avrei mai conosciuto Lucy. Ora lo sento quasi parte di me- spiegò con calma, piegando una gamba e usando il ginocchio a sostegno del braccio -E poi chi mi dice che senza la mia dose giornaliera di DNA alieno non rischio di tornare miope?!-
-Non vedo il problema sinceramente, almeno gli occhiali ti coprivano la faccia- riuscì a dire prima che Natsu lo colpisse con uno dei suoi ormai micidiali pugni sulla spalla.
-Stronzo!-
-Ehi!!! Impara a dosare la forza!- lo rimproverò Gray, senza fastidio né rabbia, sapendo che in fondo se l’era meritato.
-Mi scusi, mister umano!-
-Tu e Lucy non avete paura degli effetti a lungo termine che l’impianto potrebbe avere sui vostri corpi?-
-Finora le analisi che ci hanno fatto non hanno rivelato niente di anomalo. L’unica preoccupazione che abbiamo è in caso di gravidanza ma… la verità è che non sappiamo nemmeno se Lucy possa avere figli dopo le torture subite mentre eravamo ancora prigionieri degli Exceed ma comunque… ne parlavamo l’altro giorno… ci saranno così tanti bambini senza più genitori quando tutto sarà finito…-
Gray si girò verso il fratello, incredulo.
-Natsu, tu e Lucy avete appena diciannove anni!- esclamò, sinceramente colpito da quel discorso così maturo.
-E Happy ne ha solo undici, giusto?!- fece presente il ragazzo, flashando il fratello con un ghigno.
Il moro boccheggiò per un attimo, preso in contropiede, prima di scuotere la testa in una specie di resa e sorridere.
-Suppongo tu abbia ragione- mormorò, sentendo una punta di malinconia nel petto.
Non era un vero problema che suo fratello pensasse già a una famiglia senza avere nemmeno raggiunto i vent’anni. Il vero problema era che lo invidiava, perché anche lui avrebbe voluto poter fare dei progetti di quel tipo, fantasticare sulla fine della guerra e sul proprio futuro ma non aveva più qualcuno con cui farlo.
-Gray…-
Il tono di Natsu si fece improvvisamente grave e serio, così come il suo sguardo.
-I Phantoms sono partiti per una missione stasera-
Il cuore del moro si fermò per un istante mentre un brivido freddo lo attraversava. Trattenne il fiato, lasciando che il panico attraversasse i suoi occhi solo per un attimo.
-Gildarts mi ha assicurato che non è niente di che, figurati che ha lasciato andare anche Cana, ma se vuoi ho saputo che Levy sarà in diretto contatto con loro per tutta la durata della missione. Se vuoi aggiornamenti, ti basta andare alla stazione radio. Non è necessario che i Phantoms sappiano che sei lì anche tu-
-Grazie Natsu…- soffiò a mezza voce Gray.
-Io… dovrei andare da papà ma se vuoi resto con te. Sono certo che capirebbe-
-No, vai- rispose, un po’ troppo in fretta e subito s’impose di calmarsi, esibendo un tirato sorriso -Io me la caverò, come sempre. Non preoccuparti-
-Okay- annuì un po’ esitante Natsu, prima di alzarsi in piedi e dare una pacca sulla spalla alla fratello in segno di saluto -Se hai bisogno, sai dove trovarmi-
 

 
§
 

Mai, neppure dopo il primo attacco a sorpresa degli Etherious alla loro base, Gray aveva visto Magnolia così nel caos.
Gente che correva da tutte le parti, famiglie riunite, nomi urlati nella notte, pianti e lacrime.
Lacrime di gioia per lo meno, anche se non tutte. Qualcuno quella notte avrebbe dovuto piangere ancora una volta i propri cari.
Finita. La guerra era finita.
Avevano vinto, gli Etherious erano stati sconfitti, i pochi superstiti alieni avevano finalmente lasciato Ishgar sulle loro maledette navi, l’avevano lasciata per non tornare mai più.
Era stato uno scontro all’ultimo sangue, aveva pensato che non ce l’avrebbe fatta, che molti di loro non ce l’avrebbero fatta ma, come sempre, Fairy Tail aveva dimostrato ancora una volta di che pasta erano fatti i loro membri.
Certo, sarebbe potuta andare meglio di così.
Lo pensava da sempre, da quando l’invasione aveva avuto luogo lo aveva pensato ogni giorno Gray.
Era il suo pensiero costante dopo ogni battaglia, ogni vittoria. Sarebbe sempre potuta andare meglio.
Sarebbe stato meglio se sua madre non fosse morte, se Happy fosse rimasto un bambino più a lungo di quanto gli era stato concesso, se suo padre non fosse stato costretto a imbracciare un fucile per poter difendere i propri figli. Sarebbe stato meglio se Ultear non fosse stata catturata e trasformata dagli alieni nella sua peggior nemica e loro migliore arma, se Mira non avesse perso una gamba, se Levy non avesse avuto quelle cicatrici sul volto a causa di quell’esplosione. Sarebbe stato meglio se Meldy non fosse stata impiantata come lui, solo con un centinaio di parassiti anziché uno solo, sebbene ricordasse ancora la serenità nei suoi occhi un attimo prima di andarsene e la sua speranza di poter riabbracciare presto Rogue. Sarebbe stato meglio se Rogue non fosse morto, sarebbe stato meglio se Wendy non fosse stata un esperimento alieno, se Cana non fosse rimasta paralizzata dalla vita in giù.
Sarebbe stato meglio se Lucy non fosse stata colpita e non si fosse trovata in quel preciso momento nel loro ospedale, affidata a Wendy e Mira, in bilico tra la vita e la morte.
C’erano almeno un centinaio di cose che sarebbero potuto andare infinitamente meglio e mentre si studiava le mani graffiate e sporche di terra, come il resto del suo corpo e i suoi vestiti, Gray si chiese perché lui dovesse essere vivo, indenne e integro, mentre suo fratello stava lasciando il cuore e l’anima nel corridoio dell’ospedale, aspettando e pregando in un miracolo, trovando la forza di credere ancora in qualcosa nonostante tutto ciò che era successo, solo per lei.
Perché lui era vivo quando Gerard, Freed, Alzack e Sorano non ce l’avevano fatta? Per cosa era rimasto in vita? Perché proprio lui?
Un rombare di motori in lontananza lo obbligarono a interrompere il filo dei propri pensieri e si girò di scatto verso quello che fino a poche ore prima era stato il posto di blocco all’ingresso di Magnolia e ora non era che un cancello sfondato senza più alcun presidio a proteggerlo.
Il cuore prese a battergli nel petto, così furiosamente da rischiare di spaccargli le costole.
I fari delle moto dei Phantoms lo accecarono per un attimo e Gray portò rapido una mano a schermarsi gli occhi, sbattendo le palpebre a velocità sostenuta per recuperare l’uso della vista il prima possibile.
Aveva bisogno di vedere, di guardare, di cercare.
Nella battaglia e nelle riflessioni in cui si stava crogiolando un attimo prima era riuscito a trovare un momento di pausa dal panico assassino che gli divorava lo stomaco da due giorni, da quando l’operazione “Liberi o morti”, la missione finale per vincere la guerra, la loro ultima opzione, aveva avuto inizio e le loro squadre si erano separate.
Ogni singola forza disponibile era stata dispiegata e impiegata in quell’ultimo atto di una guerra che sembrava impossibile vincere, e non c’era stato modo, per lui che combatteva in prima linea, di ottenere informazioni su come la situazione stesse andando sugli altri fronti se non in modo sommario, a fini puramente strategici. Impensabile mandare uno dei soldati a chiedere informazioni alla stazione radio, nodo nevralgico dell’intera operazione tramite cui tutte le squadre avevano potuto sincronizzare le proprie mosse, di una specifica persona che doveva trovarsi a Est ma che, da quanto ne sapeva Gray, poteva essere finita da tutt’altra parte.
E in effetti, non la vedeva lì, insieme ai suoi compagni.
Riuscì a individuare Cana, mentre faceva leva con le braccia sui lati del side-car per spostarsi sulla sedia a rotelle che Romeo non aveva perso tempo a recuperare e portarle, un graffio sulla guancia e un trionfante sorriso sul volto. Vide Jet spostarsi in testa alla squadra per guidare le moto al deposito con un gesto secco del braccio e i veicoli gli sfrecciarono accanto mentre una voce quasi disperata bucava l’aria e sovrastava persino il rumore dei motori truccati.
-Gajeel!!!-
A volte se lo chiedeva, Gray, come da un corpo così minuto potesse uscire una suono così potente ma Levy lo aveva sempre stupito con la sua capacità di farsi ascoltare, nonostante la sua apparente debolezza fisica. Che fosse dietro al microfono della radio, attraverso cui dava informazioni essenziali alla sopravvivenza di tutti o semplicemente li intratteneva quando la pressione si faceva troppo insostenibile, o a viva voce nel mezzo del casino più assoluto, Levy McGarden sapeva sempre come far sentire la propria voce e ne aveva fatto la sua più grande arma e la loro più grande forza.
Il capo dei Phantoms si voltò, sconvolto da quel grido, e sgranò gli occhi quando si vide l’azzurrina arrivagli incontro veloce come un siluro.
-Gamberetto che suc…- fece per domandare ma la voce gli si mozzò in gola quando Levy gli gettò le braccia al collo, saltandogli in braccio per compensare la loro differenza di statura.
-Mio dio- singhiozzò sul suo collo, ridendo e piangendo al tempo stesso -La comunicazione si è interrotta di colpo e io… credevo che vi avessero sterminato, credevo che fosse tutto perduto… credevo che… io…- provò ad articolare, parlando sconnessa e agitata, ma non riuscì a finire la frase.
Serio come raramente Gray lo aveva visto, Gajeel le afferrò il mento tra due dita e le sollevò il viso in modo da poterla baciare, passionale e disperato, come un uomo che era stato a un passo dal perdere tutto. E Levy non perse tempo, rispondendo immediatamente al bacio con altrettanta passione.
Gray ghignò, passandosi una mano tra i capelli. Finalmente il guerriero corazzato aveva tirato giù la corazza. Doveva essersi preso davvero un bello spavento, Gajeel Redfox, durante quell’ultima missione, lui che si era rifiutato di ammettere i propri evidenti sentimenti persino quando il rischio di non rivederla più era praticamente una certezza, esattamente due giorni prima.
-Era ora eh?!- commentò Cana, passandogli accanto e ridendo divertita quanto lui, mentre spingeva la propria sedia a rotelle con maestria.
-Direi!- commentò il moro.
-Voglio vedere chi lo dice a Jet e Droy!- aggiunse senza smettere di gongolare, senza fermarsi e alzando un po’ la voce per farsi sentire.
Gray liberò una lieve risata  per poi perdere di nuovo il sorriso e ritrovarsi con il cuore di nuovo stretto in una morsa. Riprese a guardarsi intorno, sempre più febbrile e agitato, la pelle ricoperta da una patina di sudore freddo.
Non la vedeva da nessuna parte e il panico cominciò ad avere la meglio sulla sua proverbiale freddezza.
Dov’era?! Non poteva essere che…
Lanciò un’altra occhiata a Gajeel e Levy, ancora impegnati a perdersi l’uno nell’altra e strinse i pugni. Era poco ortodosso interromperli, lo sapeva, ma non aveva altra scelta. Doveva sapere.
-Gajeel…- chiamò ma un’altra voce risuonò nella notte di Magnolia.
-Gray!!!-
Si girò di scatto e un’ondata di caldo sollievo lo pervase quando la vide corrergli incontro dalla zona del deposito mezzi, viva, illesa e sorridente, nonostante gli occhi pieni di lacrime.
Viva, Juvia era viva e il mondo era improvvisamente più bello.
Ma… perché piangeva?! E perché stava correndo verso di lui?!
Fece appena in tempo a porsi la domanda che le sue braccia si chiusero in automatico intorno al suo corpo quando Juvia si gettò sul suo petto. La sentì posare una mano sulla sua nuca e spingere per avvicinare il suo volto al proprio.
Non si oppose. E dopo un attimo stava assaporando la cosa più buona del mondo. Le labbra di Juvia erano sulle sue, impegnate in una danza mai dimenticata, mentre le loro mani si esploravano, i loro corpi si cercavano.
Juvia lo stava baciando e, sì, in effetti anche lui stava baciando Juvia ma non era quello il punto. Il punto era che non era semplicemente viva e illesa ma, a quanto pareva, era tornata da lui.
La guardò a occhi sgranati quando si separarono, continuando a stringerla, naso contro naso e fronte contro fronte, le unghie di Juvia che rischiavano di graffiargli il collo mentre si muovevano frenetiche per accertarsi che fosse proprio vero, concreto, vivo e non solo un’allucinazione.
Fu quando cercò di parlare che si accorse di avere il fiato corto.
-Quindi…- cominciò, affannato -… che è successo al “non sono la persona giusta per te, Gray”?!- s’informò, stringendo di più la presa sui suoi fianchi.
Non l’avrebbe lasciata andare da nessuna parte.
Mai più.
Juvia sorrise, un sorriso che le illuminò il viso umido delle lacrime che, per fortuna, si erano già seccate sulle sue guance. Gray odiava vederla piangere.
-Juvia ha cambiato idea- mormorò, strusciando la fronte contro la sua e disegnando un piccolo cerchio sulla sua guancia con la punta del proprio naso.
Gray chiuse gli occhi, godendosi tutto di quel momento. Le sue parole, il suo sapore, il suo odore.
-Juvia sa di essere egoista-
Riaprì gli occhi di scatto.
-Ma Juvia non può stare senza Gray. Juvia diventerà più forte, cambierà, farà tutto il necessario per poter stare con te se… se Gray la vuole ancora-
Il moro la fissò incredulo un istante, prima di riavventarsi sulle sue labbra e si sentì morire di felicità quando Juvia si abbandonò a lui, mugugnando persa. Approfondì il bacio, fino a imprimersi il suo sapore sulla lingua prima di separarsi di nuovo da lei. Portò una mano a coppa sul suo viso mentre Juvia gli accarezzava la mandibola con i pollici.
-Se vuoi stare con me allora resta sempre come sei- le sussurrò, facendola sorridere con così tanta felicità che per un attimo a Gray sembrò che stesse già sorgendo il sole.
Se la strinse addosso e Juvia affondò il viso nel suo collo, mentre Gray portava una mano sulla sua nuca e lasciava che tutta la tensione, la paura e il dolore fluissero via, al ritmo dei loro battiti cardiaci, che rimbombavano nei loro petti, perfettamente coordinati.
Ma quando sollevò gli occhi, tornò a irrigidirsi.
Natsu era uscito dall’ospedale. Fermo sulla soglia della struttura, guardava dritto verso di lui e Gray trattenne il fiato per una quantità di tempo che a lui parve infinita.
Poi, lentamente, suo fratello alzò la mano chiusa a pugno e stese il pollice verso l’alto, prima di sorridergli e annuire.
Gray riprese a respirare.
Lucy stava bene.
Juvia stava bene.
Lui e Natsu stavano bene.
Sorrise a suo fratello, baciò il capo della sua donna.
Sarebbe andato tutto per il meglio, avrebbero avuto il futuro per cui tanto strenuamente avevano combattuto.
E Gray comprese perché era ancora vivo.
Fortuna, solo fottuta fortuna. Nessun karma, nessun disegno superiore, nessun motivo. Solo fortuna.
Sì, la realtà era davvero una gran puttana.
Ma con Juvia di nuovo tra le sue braccia aveva tutte le intenzione di non sprecare quel colpo di fortuna.
Erano vivi, giovani e innamorati.
E Gray sapeva che ne avrebbe fatto tesoro ogni giorno, per il resto della propria vita.
 
 
 
 
 
 
 
  
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