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Autore: MarySmolder_1308    19/04/2016    0 recensioni
Sequel di "Friendzone?" (http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2098867)
L'amore non è mai facile.
In amore non sempre tutto è rose e fiori, ci sono i problemi.
L'amore ci rende felici, tristi, fortunati, devastati; ci consuma, ci consola, ci risolleva, ci distrugge, ci pervade, ci fa perdere il senno, ci fa agire d'istinto.
Mary e Ian stanno per riconciliarsi, quand'ecco un'auto giungere.
Ian scansa Mary.
L'auto lo travolge.
Dal mezzo esce una donna, che spara a Mary.
Nina guarda impietrita e terrorizzata.
Abbiamo lasciato i nostri protagonisti a quello che poteva essere il "lieto fine", a quella che poteva essere finalmente una riconciliazione, dopo tanti litigi e fraintendimenti; ma qualcosa è andato storto.
Chi è questa donna?
Perché ha agito in questo modo?
Ian e Mary sopravviveranno?
Continuate a leggere, perché l'amore vi/ti mostrerà ogni cosa.
Genere: Drammatico, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ian Somerhalder, Nina Dobrev, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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POV Ian
Il momento stava per arrivare. Riuscivo a vederla, in quell’abito bordeaux, coi tacchi in mano, intenta a leggere l’ultima lettera. Era riuscito tutto benissimo, chi l’avrebbe mai detto?
Adesso, però, mi toccava palesarmi. La domanda non sarebbe stata posta da un po’ di inchiostro su un pezzo di carta, no. Doveva essere la mia voce a esprimerla. Poco importava che si incrinasse per l’emozione o uscisse un po’ più gutturale per la gola secca. Dovevo essere io a porla.
Prima di avvicinarmi, quanto più silenziosamente possibile, alla mia amata, guardai per un’ultima volta L’anello.
 
Deglutii rumorosamente. Ero completamente disorientato, troppo colmo di consigli da persone diverse, per sapere veramente come agire. Jessica e Paul si erano offerti di accompagnarmi, ma avevo declinato. Dovevo farlo da solo, dovevo scegliere senza che qualcuno potesse ‘influenzare’ quell’idea. Avevano entrambi capito. E, seppur in modo diverso, entrambi, sorridendo, mi avevano detto la stessa cosa: “Allora cerca di chiarire l’idea che hai di lei nel tuo cuore. E di scegliere di conseguenza”.
Mai consiglio era stato più appropriato. Sembrava provenisse da mia madre, anche se non poteva essere. Non ne sapeva niente, ovviamente. Se lei avesse rifiutato, almeno ci sarebbero state meno persone da avvertire e meno che avrebbero provato pietà per me.
“Ok, Ian – sospirai – Devi entrare”.
Annuii, facendomi forza, e varcai la soglia della gioielleria.
Subito una donna mi venne incontro.
“Buongiorno, posso esserle utile?”mi sorrise.
“Buongiorno – ricambiai il sorriso – Ehm, io sarei venuto per un anello”
“Un anello o L’anello?” sottolineò la commessa.
“Il secondo” affermai, imbarazzato, mentre le gote diventavano più rosee.
“Uh, oh mio Dio! Queste cose mi esaltano alquanto!” alzò la voce eccitata.
Molte persone all’interno del negozio si voltarono a guardarci.
“Lo vedo” sorrisi nervosamente, sperando non facesse così per ogni anello.
Fino a quel momento nessuno mi aveva riconosciuto. Non volevo che a Mary giungesse la voce della proposta per qualche chiacchierone non in grado di farsi gli affari suoi.
“Ok, venga con me, le mostro subito gli anelli che, al momento, si stanno usando di più”
“Ehm, no, chiariamo subito che non voglio anelli sgargianti. Lei è una donna molto acqua e sapone, molto semplice. Voglio che l’anello la rispecchi. Inoltre, vorrei che fosse di oro bianco, lo ama; e, se possibile, che la pietra fosse del colore dell’acqua del mare”
“Ma certo, possiamo rendere possibile tutto questo” sorrise nuovamente, anche se in modo diverso.
Che l’avessi messa in difficoltà?
Dopo anelli su anelli, uno più sbagliato dell’altro, capii che effettivamente non aveva capito cosa volessi davvero. La commessa si allontanò un attimo, chiamata da, forse, il suo capo.

Ne approfittai per curiosare un po’ in giro, sperando magari di avere più fortuna da solo.
E così fu.
Non molto tempo dopo, me lo ritrovai davanti.
Un anello in oro bianco con una pietra color Acquamarina al centro e tre diamantini per lato.
Era particolare, certo, ma non come gli altri. Era più singolare. Era più da lei. Non sapevo descrivere bene la sensazione che stavo percependo, ma ero sicuro di una cosa: mi trovavo davanti all’anello giusto. Ne ero proprio certo.
Già la mia mente vagava al momento in cui gliel’avrei consegnato, affidandomi completamente a lei e al nostro amore; al modo fiero in cui l’avrebbe indossato, sempre se avesse accettato.
“Rieccomi, mi scusi, ma al mio capo servivano dei chiarimenti”
“Non si preoccupi – sorrisi, stavolta non per convenevoli, ma vittorioso – L’ho trovato”.
 
“Ok, ce la possiamo fare” mi diedi nuovamente forza e avanzai.
La sentii, mentre leggeva l’ultima parte della lettera. Aveva la voce completamente stravolta, come se stesse piangendo.
Aspettai in silenzio, fin quando, con voce sempre più emozionata, non esclamò: “Chiederti?”.
A quel punto mi inginocchiai, ignorando che lo smoking potesse rovinarsi. Aprì la scatoletta e, cercando di mantenere un tono di voce pacato, dissi: “Mi vuoi sposare?”.
Mary si voltò lentamente, forse temendo che non l’avessi detto davvero, che stesse sognando. Ma non era frutto della sua immaginazione. Stava succedendo davvero.
“Oddio!” esclamò, tentando di asciugarsi le lacrime.
Mentre lentamente mi alzavo, cominciai a parlare: “Ho preso questo, perché, beh, è oro bianco e a te piace; poi la pietra principale, anche se non sono sicuro si dica pietra, è acquamarina, come il posto che ti rende invincibile e il colore dei miei occhi. I tre diamantini per lato non erano previsti, ma alla fine non lo appesantiscono, per così dire, quindi credo possa and”
“Ian”
“Sì?” la guardai negli occhi.
“Taci” disse, secca, prima di fiondarsi sulle mie labbra.
Per poco non cademmo entrambi per terra, mentre la sua lingua cercava esigente la mia, mentre le sue dita mi scompigliavano i capelli. Cercai di sostenere il peso di entrambi, ricambiando quel bacio inaspettato.
“Ho una domanda” le sussurrai, mentre le nostre labbra erano ancora molto vicine.
“Spara” mi diede un bacio stampo.
“Questa limonata vale come un ‘sì’?”
“No, guarda, volevo sbaciucchiarti un po’ e illuderti prima di lasciarti”.
L’ironia era palese, ma stetti al gioco.
“Ah – abbassai lo sguardo, triste – allora dovrò riportare questo gioiellino al negozio” feci per andarmene, ma Mary mi bloccò.
“Tu non vai proprio da nessuna parte” mi diede un altro bacio, afferrando l’anello e mettendoselo all’anulare sinistro.
“Ti sta proprio bene” mormorai, incantato.
“Ecco fatto. Adesso sono ufficialmente tua”
“Perché, prima di chi eri?”
“Mmm” sorrise maliziosamente.
“Mary!” la guardai, fingendo di essere inorridito.
Scoppiò a ridere, ammirando l’anello tutta contenta. La presi in braccio, di modo che la sua pancia aderisse alla mia spalla sinistra.
“Ian, che fai?” rise ancora di più, agitando le gambe.
“Sta’ ferma o ti si vede tutto – scossi la testa – comunque, ho avvisato tuo fratello che avremmo ritardato a cena”
“Perché? Possiamo rientrare in tempo”
“Mary”
“Che c’è? E’ vero!”
“Passiamo prima dall’hotel”
“Perché dovremmo passare prima dal – interruppe la frase, arrivandoci – Oh. Sì, ok, faremo tardi. Decisamente tardi” parlò eccitata.
 
Aprì la porta della stanza molto tranquillo. Era stato difficile mantenere i bollenti spiriti dentro i pantaloni per tutto il tragitto, specie perché quella disgraziata amorevole della mia, ormai, fidanzata aveva fatto di tutto per aiutare la mia eccitazione a mostrarsi. Non aveva smesso nemmeno un secondo di accarezzarmi, dal petto ai gioielli di famiglia. E viceversa.
“Prima di lei, signorina non ancora per molto” accennai un inchino, indicandole la stanza.
“Grazie mille, è proprio un gentiluomo” entrò con una grazia inaudita.
Sembravamo due persone dell’ottocento. Ovviamente, non appena chiusi la porta a chiave, la situazione cambiò.
Mi voltai verso Mary, quasi mi fiondai su di lei, spingendola verso il muro. Le scarpe con il tacco e i collant volarono da qualche parte nella stanza, stessa cosa per le mie scarpe e i pantaloni. Le afferrai le cosce, permettendole di stringere le sue gambe intorno alla mia vita. Le spinsi la gonna del vestito più su.
“Non strapparlo, non è nemmeno mio” mi avvertì, senza fiato.
“Nessun problema, si può tranquillamente togliere. Tanto stai meglio senza” sorrisi malizioso e sfilai il vestito dall’alto.
Mentre ci spogliavamo a vicenda, le nostre bocche non riuscivano a starsene tranquille. Continuavamo a cercare ognuno le labbra dell’altro, a bramare le nostre parti del corpo. Non ero mai stato così eccitato in vita mia. Forse il tutto era accentuato dal fatto che per due settimane eravamo stati lontani o forse dalla proposta, non sapevo dirlo con certezza.
Le feci toccare i piedi per terra per un attimo, mentre le toglievo le mutandine coi denti.
“Stronzo” si morse il labbro inferiore.
“E’ uno dei miei nomi effettivamente, non so se ricordi” le sorrisi beffardo, mentre lasciavo che i boxer smettessero di avvolgermi il bacino.
Nel momento in cui le sue gambe riavvolsero il mio bacino, entrai in lei. Mentre andavo più in fondo, le nostre mani spaziavano lungo i nostri dorsi e i nostri petti. Era tutto un toccarsi, un desiderarsi sempre di più, come se non fosse mai abbastanza.
Mary inizialmente cercò di trattenersi; ben presto non riuscì più a farlo e si lasciò completamente andare, mentre, con tutto l’amore e l’energia di questo mondo, cercavamo di appagarci.
Restammo in quella posizione per più tempo del solito. Raggiunto l’apice del piacere, poggiai il volto sul seno della mia italiana. Per tutta risposta, lei mi accarezzò i capelli, mentre il suo respiro tornava normale.
“Se ogni volta che parto, mi ripaghi così, mi sa proprio che andrò via di casa più spesso” appoggiò il mento sul mio capo, ridendo.
Mi aveva citato.
“Dovresti solo provarci” ricambiai, citando lei, poi le diedi un pizzicotto sul sedere, seguendola a ruota subito dopo.
Stavo per farla scendere, quando, contenta, mi disse: “No, aspetta. Restiamo un altro po’ così. E’ bello”
“Non senti freddo?” le domandai.
“No. Sento solo il tuo corpo che mi avvolge. Non potrei chiedere niente di meglio”
“Attenta, la tua vena romantica si sta mostrando”
“Che si mostri! Tu oggi mi hai sorpreso in un modo che non credevo possibile. Ti meriti questo e ben altro – mi carezzò il volto – Ti amo”
“Anche io”.
 
POV Mary
Era stato davvero complicato stare al fianco di mio fratello Giorgio, mia cognata e mio nipote, senza far trasparire la felicità per la proposta. La difficoltà era aumentata appena atterrati in Sicilia, dove non dovevamo far attenzione solo a tre persone, bensì a due famiglie intere.
Finalmente, tuttavia, il giorno era arrivato: la domenica di Pasqua.
Avevamo deciso che, a pranzo da nonna, avremmo annunciato il lieto evento.
Stavamo passeggiando tutti insieme, quando la famiglia di Ian propose di fermarci a bere qualcosa, prima di pranzo.
Colsi la palla al balzo. Era l’occasione perfetta per passare da San Giorgio da soli, senza destare sospetti, e poter, in questo modo, avere una data orientativa per le nozze.
“Voi andate pure – dissi, sorridendo – io ormai volevo portare Ian a vedere San Giorgio, una delle chiese barocche di questa città”
“Ma lui è già venuto in Sicilia, non l’ha già vista?” chiese Robyn, inarcando un sopracciglio.
Ian giunse in mio soccorso: “Verissimo, ma era da tempo che le chiedevo di tornarci. Quale migliore occasione, se non la domenica di Pasqua, con il sole che ci bacia dall’alto?” sorrise anche lui.
Annuii, cercando di far risultare le sue parole convincenti.
“Ok, allora ci vediamo da tua nonna, Mary?” disse Edna.
“Sì, sì, va benissimo. A dopo e buona bevuta! Mi raccomando, però, non bevete troppo, altrimenti a pranzo non mangerete molto”
“Non preoccuparti, ricordiamo ancora la cena di Natale da noi a Covington. Cercheremo di tenere gli stomaci abbastanza vuoti” Bob mi fece l’occhiolino, sghignazzando.
Io e Ian ci avviammo verso la chiesa. Cominciò a battermi forte il cuore, presa dall’emozione. Avevamo già parlato con il mio sacerdote e lui aveva accettato di sposarci. Dovevamo solo fargli sapere la data.
‘Solo’.
Saliti tutti gli scalini, giungemmo all’ingresso. Mentre Ian non riusciva, nuovamente, a distogliere lo sguardo dalle decorazioni barocche dell’interno, io girovagai qua e là, cercando il sacerdote di quella chiesa.
Improvvisamente dalla sacrestia uscì una donna in lacrime. Il sacerdote la seguì, guardandola tristemente.
Assistetti a quella scena con il cuore stretto. Cosa le era successo? Sperai nulla di grave.
La stavo ancora osservando, mentre si allontanava sempre di più, quando il sacerdote mi domandò cosa volessi.
“Mi scusi – risposi, stringendogli la mano – Buongiorno e buona Pasqua, saremmo qui per chiedere orientativamente quando ci potremmo sposare” sorrisi.
 
Mentre tutti gli altri parlavano animatamente tra di loro, io e Ian eravamo molto silenziosi, presi semplicemente ad accarezzare le rose, che i miei nonni coltivavano. Era davvero una bella giornata. Il sole splendeva, l’aria era calda e accogliente. Il chiasso dei grandi e i bimbi che giocavano rendevano quel panorama ancora più Familiare. Era incredibile come due famiglie, così lontane e linguisticamente e tradizionalmente diverse, si fossero ritrovate a legare. Ancora più incredibile era la velocità con cui questo legame si era formato. Le nostre nonne andavano d’accordo, nonostante non si capissero senza mediatore; i bambini si rincorrevano; i nostri genitori parlavano del più e del meno, sfruttando Giorgio.
L’atmosfera, effettivamente, era identica a quella natalizia, con una sola differenza. A Natale io e Ian non eravamo fidanzati ufficialmente.
“Quando credi dovremmo dirglielo?” gli sussurrai nervosamente.
“Sta tranquilla, o penseranno che abbiamo qualcosa da nascondere”
“Ma noi abbiamo qualcosa da nascondere! Mi hai chiesto la mano tre giorni fa e non lo sa ancora nessuno. Rischio di urlarlo adesso in modo isterico, se non ci diamo una mossa”
“Non ne avresti il coraggio”
“Potrei trovarlo”
“Uh, la tua versione da ragazzaccia sta per uscire alla luce del sole? Allora dovremmo prenderci una stanza” disse malizioso e mi toccò i fianchi.
“Non scherzare – gli diedi una spintarella – Piuttosto… lo diciamo o no?”
“D’accordo, d’accordo. Appena prima di pranzo vuotiamo il sacco”
“Signori, il pranzo è servito!” annunciò mio nonno contento, sfregandosi le mani sul grembiule a quadri, da cui non si separava mai.
Sorrisi. Era il grembiule che io, i miei fratelli e i miei cugini gli avevamo regalato per il suo settantottesimo compleanno, ultimo compleanno festeggiato, prima che quasi tutti ci sparpagliassimo per lavoro.
“Che ha detto?” mi chiese Ian, distogliendomi dai miei pensieri.
“Che il pranzo è pronto. Ci siamo!” risposi.
Mi prese la mano e mi portò vicino al tavolo, poi disse: “Prima che il pranzo cominci, io e Mary ci terremmo a dire una cosa”.
Ripetei la sua frase in italiano per i miei parenti, poi lo guardai, incitandolo a continuare.
“Come sapete, se non lo sapete lo dico io adesso, io e Mary stiamo insieme da quasi un anno. In quest’anno il nostro rapporto ha fatto un bel cammino, fatto di alti, ma anche di bassi. Questi bassi ci hanno colpito più volte, ma siamo riusciti a superarli con tenacia e coraggio – Ian si fermò, per darmi il tempo di tradurre tutto, poi riprese – Tre giorni fa, Mary era ancora a Londra dopo le due settimane di servizio al London Memorial. Io l’ho raggiunta di nascosto con l’aiuto di Giorgio, ma non ho detto nemmeno a lui il perché. Vedere Londra? Ipotesi plausibile. Mi mancava? Sicuramente. Ma non sono queste le motivazioni. La verità è che… Creiamo la suspance” sorrise.
“Al posto di tenerci sulle spine, parla!” s’intromise Robyn e Ian rise.
“D’accordo, d’accordo. La verità è che, poco prima che partisse, ho realizzato che la amo davvero in un modo non proprio descrivibile. Perciò tre giorni fa l’ho raggiunta di nascosto per chiederle la mano”
“E io ho detto sì” sorrisi e strinsi la mano di Ian.
L’anello tornò in un attimo al suo posto, il mio anulare sinistro. Era bellissimo poterlo indossare nuovamente.
Tutti ci guardarono sconvolti, poi si alzarono in piedi e cominciarono ad abbracciarci di qua e di là.
“E chi se l’aspettava. Stavolta non ho capito niente nemmeno dal tuo sguardo, sorellina” disse Giorgio, mentre mi stringeva.
“Almeno questo sono riuscita a nasconderlo – risi – è stato davvero difficile”
“Immagino. Avete già in mente qualcosa?” domandò Robyn.
“Ehm, sì. Ecco, c’è di più – diventai rossa, mordendomi il labbro inferiore – Ho chiesto a Ian se ci potessimo sposare qui, nella mia città natale. Lui ha accettato, per cui oggi siamo andati a San Giorgio per sapere più o meno una data orientativa per le nozze” mentre parlavo, gesticolavo.
“Parlando col sacerdote, ci ha detto che c’è una lista lunghissima di matrimoni eccetera, eccetera, ma ci ha anche detto che siamo arrivati in un momento fortunato. Infatti, poco prima di noi, una donna ha disdetto le sue nozze, quindi si è liberato un posto. Per cui”
“Per cui ci sposiamo il 13 Maggio, fra tre settimane!” urlammo insieme, nelle nostre rispettive lingue.
“Cosa?!” esclamarono tutti in coro.
“Ma come faremo a organizzare tutto?” mia madre cominciò a sventolarsi con un tovagliolo.
“E i voli da prenotare” Edna si guardava intorno intontita.
“E gli invitati da avvisare, la lista nozze, insomma, è un macello” Addison fece una smorfia.
“Ci rendiamo conto che è molto presto – cercai di tranquillizzare le famiglie – ma tra il 13 Maggio, per altro giorno in cui ci siamo messi insieme, e un giorno a caso tra tre anni, abbiamo preferito così. Ci rendiamo anche conto che sarà difficile organizzare un matrimonio in tre settimane, quando, di solito, ci vogliono minimo sei mesi; ma speriamo vivamente che ciascuno di voi contribuisca. Non vi chiediamo soldi o quant’altro di materiale. Vi chiediamo semplicemente di darci una mano con l’organizzazione”.
Ci fu qualche momento di silenzio. Mi stava prendendo l’ansia. Erano tutti così confusi e sorpresi.
Ma, alla fine, esclamarono: “Per voi questo e altro, cari ragazzi!”.
Dopo aver riempito dei calici, brindammo tutti a me e Ian.
Finito di pranzare, dovevamo vederci con i miei parenti e amici italiani per sputare il rospo anche con loro. Sospirai profondamente, poco prima che cominciassimo quel lungo giro.
“Tutto ok?” domandò Ian, stringendomi una mano.
“Sì. Sono solo un po’ preoccupata”
“Per cosa?”
“Beh, intanto il matrimonio è fra tre settimane. C’è così poco preavviso che probabilmente molti non riusciranno a venire. E poi penso che Iris mi ammazzerà per non averglielo detto il secondo dopo che quest’anello è finito intorno al mio dito” feci una risatina.
“Per il poco preavviso lo capisco. E’ una cosa che preoccupa anche me. Ma – esitò un attimo – non pensarci adesso. Magari tutti gli invitati ‘esteri’ hanno le ferie arretrate come te e possono prendersi dei giorni” mi sorrise e mi diede un bacio.
“Carino, davvero – scossi la testa, ricambiando comunque il bacio – andiamo, su, o non finiremo mai”.
Andammo prima dai parenti. Alcuni dei miei cugini non erano potuti venire per le vacanze di Pasqua, quindi fu parecchio esilarante comunicarglielo via Skype insieme ai miei zii e ai cugini, invece, presenti. Inutile dire che tutti avevano esultato, non solo complimentandosi, ma anche dicendo, in termini diversi, un bell’ ‘Era ora!’.
Per Stefano e Francesca, dalla Spagna con furore, non era un grande problema prenotare un volo.
“Non devi preoccuparti di niente, cugi, sul serio. Abbiamo tutto sotto controllo e ci saremo! Non potremmo mai mancare” avevano detto entrambi, sorridendo.
Colei che mi preoccupava era Serena. Non era vicina come loro, non era in Europa. Australia. Maledizione, era lontanissima! Come avrebbe fatto a trovare un volo per un tempo così ravvicinato? Appena ricevuta la data del matrimonio, anche lei aveva visibilmente tentennato, sicuramente facendo il mio stesso pensiero.
Subito parlai: “Scusami, forse avevi bisogno di più preavviso, ma è successo tutto così in fretta, che”
“Non dirlo neanche! – mi interruppe subito, mostrando nuovamente sicurezza – Lavoro tutti i giorni instancabilmente da Capodanno! Posso permettermi una settimana di ferie per tornare a casa. Ci sarò, stanne certa”
“Mi fai commuovere con la tua sicurezza”
“Commuoviti pure, non ti giudicherò. Come al solito” mi fece una linguaccia.
“Ti voglio davvero bene”
“Anche io”
“Uh, cugi, un’ultima cosa”
“Dimmi”
“Tu, Giorgio e Iris sarete i miei testimoni”
“Ovviamente” sorrise fiera.
Scoppiai a ridere.
“Effettivamente, non c’era bisogno di dirvelo. Lo sapete già da parecchi anni”
“Già, ma anche non sapendolo – tenne il fiato sospeso per un attimo – sei dannatamente prevedibile, Mary”
“Anche” scossi la testa.
“Devo lasciarti e mettere Francesco a letto. Però, Mary, credimi: sono felicissima per te e per voi”
“Ti credo. Vai tranquilla! Salutami il mio figlioccio e Daniel. Ci sentiamo presto, d’accordo?”
“Ma certo, baci” riattaccammo.
Ultimato il giro dei parenti, ci dirigemmo verso il pub per parlare con gli amici, rientrati per la settimana santa.
Prima, però, dovevo dirlo a Mel. Lei, ovviamente, non era qui, essendo originaria di Torino e vivendo a Londra. Sapevo che fosse rientrata, quindi cercai in rubrica il numero italiano. Stavo per premere sul tasto ‘chiama’, quando fu lei a chiamarmi.
“Mel? – dissi sorpresa – Stavo per chiamarti io”
“Ma davvero? Toh, siamo proprio telepatiche – fece una risatina – Come va in Sicilia, rockstar della medicina?”
“Bene e tu?”
“Bene pure. Ehm, ho una notizia da darti”
“Pure io. Chi comincia?”
“Inizia tu, dai. Magari è più importante”
“Non dirlo neanche per scherzo. Devo preoccuparmi?”
“No – sospirò – semplicemente – esitò un attimo, accrescendo la mia ansia – Luca mi ha chiesto la mano oggi. Riesci a crederci? Cioè, abbiamo iniziato a frequentarci a ottobre e siamo ad aprile e sembra una pazzia, forse siamo davvero usciti di senno, ma, comunque, ho accettato, perciò a ottobre avrai un matrimonio a Torino – parlò d’un fiato, non riuscendo a trattenere l’eccitazione – Ovviamente se Ian sarà libero, potrà venire pure lui”
“Mel”
“Sì?”
“Scherzi?”
“No, perché? Pensi che sia una pessima idea?” la sua voce divenne incerta.
“No, è che… Ian mi ha chiesto la mano tre giorni fa e ci sposiamo fra tre settimane” parlai intontita.
Che si fossero messi d’accordo?
“Cosa?! Oddio, non ci posso credere – Melania quasi urlò dall’altro capo del telefono – Oddio, Mary, ti rendi conto? E’ come se Luca e Ian avessero deciso insieme”
“L’ho pensato pure io” feci una risatina.
“Aspetta, ma hai detto ‘tre settimane’?”
“Sì, ehm, ci sposiamo il 13 Maggio”
“Ok, Mary, perdonami, ma dobbiamo riattaccare. Devo volare a prenotare tutto. Non posso mancare”
“Certo che non puoi, sei una delle damigelle”.
Mel urlò.
“Sì, sì, sì! – continuò estasiata – Mi raccomando, scegli bene i vestiti o non so che ti faccio”
“Tranquilla, sarai divina sicuramente”
“E mi raccomando, tu non dovrai mancare a ottobre”
“Puoi contarci – sorrisi – Mel, ti voglio bene”
“Anche io, sposina numero uno”
“Buona serata, sposina numero due”
“Anche a te” riattaccammo.
“Mel e Luca si sposano?” Ian era incredulo.
“Sì, a Ottobre. Non so ancora il giorno, ma penso sia quello in cui si sono messi insieme”
“Copioni” fece una smorfia, ironico.
“Ma smettila – lo baciai – Pronto per l’ultimo round con gli italiani?”
“Sì – sorrise – e tu sei pronta al mega round con tutti gli amici americani stanotte?”
“Uh, è vero – stavolta fui io a fare la smorfia – mi ero dimenticata che dovessimo avvertirli. Ora che ci penso, Rose, Steve e Alex non saranno poi così sorpresi”
“Come mai?”
“Beh, a Miami ti vedevo strano, perciò ho chiesto consiglio a loro e, mentre Steve ipotizzava una relazione clandestina, mandandomi ancora di più nel panico, Alex aveva già pensato che potesse esserci una proposta di mezzo”
“Ragazzo perspicace”
“Molto – la mia espressione mutò, ricordando una cosa – Ian, se i miei amici sono in ospedale, le telecamere riprenderanno il momento”
“Ti da’ fastidio che il mondo possa saperlo?”
“No, è che vorrei che quel momento fosse nostro, non ripreso e mandato in onda in una tv nazionale”
“Questo è vero. Beh, se sei d’accordo, dopo averlo detto a tutti, possiamo anche mettere una foto sui social con cui annunciamo quest’evento”
“Si potrebbe fare”
“Bene, ora scendiamo o i ragazzi ci ammazzano – fece una risatina – pronta?”
“Come non mai” sorrisi convinta e scesi dall’auto.
Entrammo nel locale di sempre, che aveva caratterizzato tutta la mia adolescenza e ogni mio ritorno a casa da Firenze. Quel locale in cui, dopo le prove del coro, ci riunivamo a divorare cibo, come se non avessimo mai messo qualcosa sotto i denti; in cui avevo annunciato la mia partenza per gli Stati Uniti; in cui Mattia aveva proposto a Iris di sposarlo; in cui le tre Cerruto avevano annunciato le loro rispettive gravidanze. Insomma, quel posto era come il McLaren’s di How I met your mother, come il Central Perk di Friends. Era il nostro punto di riferimento.
Varcai la soglia del locale, mano nella mano con Ian, mentre il mio cuore cominciava a battere all’impazzata.
“Rilassati, andrà tutto bene” Ian mi sussurrò.
“Sono l’ultima del gruppo siciliano che si sposa, l’agitazione ci sta. No?” lo guardai con la coda dell’occhio.
“Ssssh” si limitò a dire, mentre Iris si sbracciava.
Come se non sapessi che tavolo avessero preso!
“Buonasera a tutti” esordimmo, sorridendo.
“Ciao ragazzi” ci salutarono in coro.
“Come mai Giorgio non è venuto?” domandò Nadia.
“Addie non si sentiva molto bene” abbassai un attimo lo sguardo, incerta se sapessero della seconda gravidanza di mia cognata.
“Sì, purtroppo nel primo trimestre è sempre così”
“Già, scusami, dimenticavo che stavo parlando con l’ostetrica del gruppo” sorridemmo entrambe.
Una volta accomodati, con Ian ci guardammo un attimo, per poi posare i nostri occhi sulla parte di comitiva presente.
“Dove sono i marmocchi?” mi guardai intorno, non vedendoli da nessuna parte.
“A casa coi nonni. Avevamo bisogno di una sera di pausa” Tatia si passò una mano tra i capelli.
“E poi nonna Cerruto è felice di avere a che fare con tre maschietti, dopo aver allevato tre femminucce”
“Giustamente – risi, poi sospirai – Ascoltate, devo parlarvi di una cosa” divenni molto seria.
Le tre sorelle si agitarono sulla sedia, divenendo immediatamente preoccupate.
Matt, Andrea e Francesco posarono lo sguardo su Ian, cercando di capire cosa stesse succedendo, cosa – apparentemente – mi turbasse.
“Ecco, io” lasciai il discorso sospeso, mentre, con le mani sotto il tavolo, rimettevo l’anello all’anulare sinistro.
“Mary, ci stai facendo venire l’angoscia!” disse Iris, quasi esasperata.
“Esatto! Vuoi parlare o no?” Nadia e Tatia corrugarono la fronte.
“Ecco, io – tirai fuori la mano sinistra, cambiando l’espressione del volto – mi sono ufficialmente fidanzata!” alzai il tono della voce, estasiata.
Il momento divenne uno di quelli da inserire negli annali e ricordare per sempre.
Le ragazze e i rispettivi mariti guardarono me, Ian e l’anello con la bocca aperta minimo dieci volte, prima di alzarsi in piedi e farci le congratulazioni.
Nemmeno a specificarlo, le ragazze stavano urlando come matte.
“Ragazze, prima di prenotare da mangiare, dobbiamo tirare fuori il foglio” fece notare Tatia.
“Oh mamma! Ma ve lo portate dietro?” mi misi le mani ai capelli.
“Certo che sì! Non si può mai sapere nella vita. Allora, Ian, preparati” Iris si legò i capelli, nemmeno dovesse picchiare qualche teppistello.
Matto scoppiò a ridere.
“Che succede?” Ian lo guardò dubbioso.
“Oh, vedrai!” dissero Andrea, Francesco e Matt in coro.
“Allora – spiegò Tatia – questa è una lista che già Andrea, Francesco, Matt e Daniel conoscono. L’abbiamo stipulata noi tutte insieme una volta a Firenze da Mary e Mel e si legge ogniqualvolta una del gruppo sta per sposarsi. Diciamo che comprende una serie di raccomandazioni da parte nostra in modo molto tranquillo”
“Diciamo tranquillo, sì” Iris sventolò l’indice, d’accordo con la sorella.
“Nota bene: la presente lista è stata scritta quando avevamo circa 20 anni. E ho detto tutto”.
Distolsi lo sguardo da Ian, in imbarazzo, ripensando a quella sera di Maggio in cui, mezze ubriache, avevamo creato questo ‘mostro’.
 
“Ok, ragazze, calma. Cosa scriviamo in  questa fatidica lista? E come la chiamiamo?” chiese Mel.
“Il più o meno decalogo prematrimonio?” propose Nadia.
“Mmm, naah” commentammo in coro.
“Le 13 regole da osservare in vista del matrimonio con una del gruppo”disse Serena.
“Oppure ‘Le 13 regole che il povero Cristo che si prende in sposa una del gruppo deve conoscere prima del matrimonio’” propose Iris entusiasta.
“Iris, tesoro, prima di finire la frase, il matrimonio è già stato celebrato, la coppia di sposi è tornata dal viaggio di nozze e ha avuto il tempo di andare in ospedale per la nascita del primogenito” le feci notare.
Scoppiammo tutte a ridere.
“Dai, ok, accettiamo il titolo di Serena” rispose Iris stizzita.
“Ok, dai, due regole ciascuno. Chi ha idee? Venghino, signori, venghino! Non abbiate paura”disse Nadia, imitando un presentatore del circo.
“Io ho seriamente paura di cosa potrebbe venire fuori” dissi, nascondendomi gli occhi.
“No, dai, Mary, sarà divertente!” dissero tutte in coro, versandomi da bere.
 
“Non potremmo saltare questa parte?” proposi, continuando a non guardare Ian.
“No, no, è la nostra tradizione. Si fa, punto” non vollero sentire ragioni.
“Allora – Iris cominciò a parlare in inglese, tirando fuori il fatidico foglio dalla borsa – Queste sono le 13 regole da osservare in vista del matrimonio con una del nostro gruppo, caro Ian. Ovviamente, non tutte le regole parlano di Mary, diciamo che sono quasi tutte nominali, perciò ti leggo quelle che si riferiscono a lei. Pronto?”.
Ian annuì, un poco spaventato.
“Regola n. 4: questa regola riguarda Mary. Visto che crede di rimanere gattara a vita e che nessuno le farà mai avere un orgasmo, si prega il futuro marito della Floridia di donarle un orgasmo a settimana. Iris lo prega di regalargliene uno al giorno, considerando la tensione e l’ansia perenne in cui vive sta ragazza, ma ci accontentiamo anche di uno a settimana. Sappiamo benissimo che soddisferai questa nostra richiesta, così da ammutolire quella deficiente – per ora – gattara; regola n. 8: turno di Mary, parte 2. Preghiamo il futuro marito della Floridia, che sia un Ermenegildo o un John, di avere cura di lei. E’ un fiore molto delicato e paranoico, che talvolta ha bisogno di supporto psicologico. Sembra che stiamo parlando di una matta, rinchiusa in un manicomio, e potrebbe essere, visto che abbiamo bevuto un po’ troppo, ma… il punto non è quanto abbiamo bevuto, ma che Mary, nonostante i mille difetti, ha mille e uno pregi. E merita di essere amata per tutte queste cose. Possibilmente tu, o futuro marito, ti sarai fermato alla parola “paranoico” o “manicomio” e sarai già fuggito via, confermando la nostra idea per cui non tutti meritano una donna come Mary. Ma, nel caso in cui tu non sia fuggito, sappi che ti ammiriamo. Vuol dire che la ami davvero, tanto da voler fare una famiglia con lei. E anche perché magari sei anche il tipo della regola n. 4 (parte scritta da Iris, un po’ fissata stasera con il sesso, perché le manca Mattia)”
“Oh, amore mio” Matt fece la voce dolce, carezzandole una mano.
“Sì, amore, lo so – Iris gli diede un bacio stampo, proseguendo poi la lettura – Comunque, sappi che se riuscirai ad andare oltre alla paranoia, alla bipolarità occasionale e all’ipocondria, ti troverai per le mani una persona d’oro, molto rara di questi tempi (Sì, Carlo, ci stiamo riferendo a te e a quella zoccola e speriamo che non sia tu l’uomo a cui stiamo leggendo questo foglio)”
“Ma chi è Carlo?” Ian interruppe la lettura, quasi non curandosi di tutte le altre cose imbarazzanti scritte.
“Un coglione, ma non importa al momento” Tatia lo liquidò.
Iris riprese a leggere: “E, infine, regola n. 13: questa regola riguarda tutte. Ognuna di noi è molto protettiva nei confronti dell’altra. Non importa se non tutte siamo sorelle di sangue, perché lo siamo diventate per scelta nostra. Pertanto, se uno dei sei futuri mariti di queste stratosferiche ragazze si ritrova a tradirle o comunque a fare loro del male, il gruppo interverrà. E la castrazione, come minima punizione, sarà assicurata. Sottolineiamo la parola minima. Nessuna di noi sei si merita di soffrire. Quindi siete avvisati. E mezzi salvati. Fine”.
Ian mi prese la mano e guardò Iris, Nadia e Tatia: “Ragazze, credetemi se vi dico che non ho la benché minima intenzione di fare del male a Mary. Tutt’altro. Voglio solo renderla felice per come merita, starle accanto per il resto della mia vita e donarle orgasmi ogni volta che vuole, visto che li avete citati”.
Scoppiammo tutti a ridere.
Ian riprese: “Davvero. Credetemi. Sono sincero. Ho avuto molte donne nella mia vita, ma nessuna è stata come lei. Nessuna mi ha fatto sentire di poter avere tutto. Nessuna mi ha fatto sentire l’istinto di costruirmi una famiglia. Questo mi ha fatto capire che è Lei, la donna giusta. E lo sarà per sempre”.
Mi voltai sconvolta. E, ovviamente, con le lacrime agli occhi.
“Grazie, Ian. Lo apprezziamo molto” le tre sorelle erano visibilmente commosse.
Andarono ad abbracciarlo e poi abbracciarono me.
La serata poté proseguire, tra cibo e risate.
 
POV Ian
“Ragazzi, sì, ma, quello che vorrei dirvi è” cercava di parlare Mary, mentre i suoi colleghi non la consideravano minimamente.
Continuavano imperterriti a guardare lo schermo dell’Ipad di Steve, commentando qualcosa.
“No, dai, secondo me è impossibile che si siano potute ridurre così per un palo. Mi rifiuto di crederci” Alex scuoteva la testa, convinto.
“Al adesso avrà il terrore dei pali per tutta la vita” Rose commentò, scoppiando a ridere.
“Ragazzi, ma che dite?” cercò di intromettersi Mary.
“E’ venuto quest’individuo al pronto soccorso, lamentando dolore inguinale. Steve va per visitarlo, quando – Alex creò la suspense – Sbam!” disse ad alta voce.
“Questo aveva i gioiellini di famiglia tutti tumefatti e strani” Rose storse la bocca.
“Lui mi ha detto per l’anamnesi che è successo perché si è imbattuto in un palo della luce. Ma io non credo che un palo della luce possa provocare questi danni” Steve parlava, continuando a indicare qualsiasi cosa ci fosse sullo schermo del suo prodotto Apple.
“Nessuno ci crede. Sembrano sopravvissuti a un conflitto mondiale, e dai!” Alex si passò una mano tra i capelli.
“Ok, sebbene passerei davvero volentieri il mio tempo per dormire, visto che, per la cronaca, qui sono le tre, a parlare di gioiellini di famiglia con voi, ho ben di meglio da dirvi”
“Sarebbe? Perché noi entro domani mattina dobbiamo scoprire il materiale di questo fantomato palo, se ha ridotto i testic” Alex non concluse la frase.
Mary parlò prima che potesse.
“Io e Ian ci sposiamo il 13 Maggio, qui nella mia città natale e siete tutti invitati” disse d’un fiato, prima che le impedissero nuovamente di dare la notizia.
Rose e Steve cominciarono a urlare come dei forsennati, congratulandosi prima con noi e poi andando a dare la notizia a mezzo ospedale, mentre Alex, con un sorriso a trentadue denti, a mio parere un po’ troppo tirato, ci disse: “Ragazzi, ne sono davvero contento. Vi meritate tutta la felicità di questo mondo. Congratulazioni! – ci fece l’occhiolino, o forse solo a Mary, poi disse – Ora vado a recuperare quei due, buona notte” e concluse la chiamata.
“Adesso lo sanno” carezzai la spalla a Mary, sorridendole.
Lei, tuttavia, non sembrava soddisfatta.
“Non potevi di certo aspettarti che anche lui facesse i salti di gioia” commentai serio.
“No, non è questo – scosse la testa – E’ solo che – esitò per un momento – che nei suoi occhi si leggeva quanto stesse soffrendo. Mi sento una persona orribile. Forse non avrei dovuto dirglielo davanti agli altri o a te” scossa nuovamente il capo, passando una mano tra i capelli e sospirando.
“Mary, ricordi cosa disse Meredith Grey verso la fine della seconda stagione? Quando Denny si propone a Iz”
“Non possiamo decidere di chi innamorarci”
“Esatto. Non possiamo. Tu ti sei innamorata di me, mentre io non ero disponibile e mi hai lasciato andare. Certo, siamo finiti insieme noi due, ma non è questo il punto. Il punto è che mi hai permesso di provare a salvare la mia relazione, l’hai permesso pure a Nina, nonostante non fosse la cosa giusta per te, nonostante ti facesse stare male. Lui sta facendo questo. Ti sta lasciando andare. Ti ama, ma… ti sta lasciando a me”
“Hai ragione” sospirò nuovamente.
Le diedi un bacio sulla fronte.
“Sperò solo possa trovare una persona che lo renda felice. Se lo merita. So che sembra strano che io parli così, ma – esitò un attimo – prima non lo conoscevo bene. O, perlomeno, quasi non mi ero sforzata di conoscerlo bene, mentre adesso sì. E di questo sono felice – sorrise, poi batté le mani – Ok, adesso dobbiamo dirlo al tuo amato cast. Stanno girando in questo momento?”
“Credo di sì. Chiamiamo” sorrisi anche io, eccitato di poter dare quella notizia.
Skype squillò un paio di volte a vuoto, poi rispose Nina.
“Ciao ragazzi!” sventolò la mano.
“Ciao – salutò Mary contenta – come va?”
“Bene, bene, siamo in pausa dalle riprese notturne. E a tal proposito – Nina lasciò il discorso in sospeso, smuovendo il computer – salutate” urlò, riprendendo tutti gli altri membri della crew, rilassati sul divano.
“Ciao!” si udì un boato.
“Ciao, ragazzi, mi mancate – dissi ad alta voce, cercando di non svegliare comunque nessuno – Vorrei darvi una notizia e vorrei darvela proprio adesso che siete in pausa. Posso?”
“Ma certo” dissero tutti in coro.
Li guardai tutti, riuniti nello schermo, per un attimo, soffermandomi su Paul, che già sapeva tutto, e sorridendo.
“Beh, ecco, il 13 Maggio qui a Modica, in Sicilia, siete invitati a un matrimonio: il nostro”
“Ci sposiamo” Mary mi strinse il braccio, sorridendo e mostrando a tutti l’anello.
Tutti cominciarono a urlare felici. Anche Nina. Ma il suo sguardo diceva ben altro.
Ripensai per un attimo al giorno dopo la nostra rottura.
 
“Ehi, Nina, sei in casa? Sono venuto a prendere le mie cose e a lasciarti le chiavi. Questa è l’ultima volta che le uso, lo prometto – mi guardai intorno, notando che era tutto in ordine e non c’era anima viva; persino Lynx sembrava sparita nel nulla, quando, solitamente, mi accoglieva passandomi tra le gambe – Nina?”la chiamai nuovamente.
Niente.
Sospirai e salii al piano di sopra, lentamente, diretto al mio studio.
Non appena aprii la porta, notai Nina appollaiata con Lynx sulla mia sedia nera.
Teneva qualcosa tra le mani, anche se non riuscivo a capire cosa.
“Ehi” mormorai, cercando di attirare la sua attenzione.
Non mi rispose, né tantomeno mi guardò.
“Ok” mi limitai a dire, andando verso la libreria con uno scatolone in mano.
“Avevi intenzione di dirmelo o” parlò secca la Dobreva, girando la sedia e guardandomi.
Mi voltai anch’io verso di lei e, finalmente, capii. Aveva trovato l’anello di fidanzamento che avrei voluto darle.
“Non c’è stata mai occasione e poi – rimasi in silenzio per qualche secondo – è cambiato tutto ormai”
“Come puoi dire così? Avevi comprato il fottutissimo anello”
“Nina, smettila”
“No, non posso smetterla. Come puoi comprare l’anello e poi non proporti? Anzi, addirittura lasciarmi?”
“Non mi pare che tu fossi così contrariata al lasciarci andare, visto che non funzionava più”
“Sì, ma tu hai comprato l’anello”
“Prima che tutto questo uragano ci inondasse. Prima che la nostra storia finisse. L’ho comprato in un momento di pazzia e non sono mai riuscito a dartelo, perché”
“Perché non c’è stata occasione. Certo. Come no. Credici, Ian, credici. Ma se l’unico. Io non ci credo. A meno che”lasciò la frase in sospeso, sgranando gli occhi.
Non riuscii a reggere e abbassai lo sguardo.
“Ah. Adesso capisco. Non è che non c’è stata occasione. E’ che ti sei pentito di averlo comprato. Ci hai ripensato. Non è così?”.
Rimasi in silenzio.
Purtroppo era vero. C’era stato un momento in cui avevo seriamente pensato che potesse essere lei, ma poi… poi mi ero dovuto confrontare con la realtà. E la realtà non prevedeva questo. Tuttavia, non ero mai riuscito a riportare indietro quel gioiello.
“E’ così – ammisi – Scusami”.
“Solo una domanda e pretendo sincerità: perché?”
“Vuoi sincerità?”
“Sì. Credo di meritarmela”
“Perché ci stavamo distruggendo a vicenda, ecco perché. Perché non sembravamo più una coppia da ‘ti amo e voglio passare il resto della mia vita con te’, più una coppia da ‘fingiamo che vada tutto bene, anche se stiamo cadendo a pezzi’”
“Come puoi dire questo? Sai benissimo che ti amo”
“A tal punto da impegnarti così tanto da sposarmi? Da costruire una famiglia con me? Non credo”.
Nina non rispose.
Quando il silenzio stava ormai diventando fin troppo assordante, continuai: “O non è così? Ora voglio io – sottolineai quel pronome – porti una domanda e anche io pretendo sincerità, perché anche io credo di meritarmela: mi vuoi davvero far credere che, se mi fossi proposto, tu avessi accettato su due piedi? Che, se mi fossi proposto, mi avresti sposato?”
“Gradirei non rispondere”
“L’hai appena fatto” scossi la testa, tornando a sistemare quei libri sulla fondazione e sull’ambiente all’interno dello scatolone.
Non parlammo più. Svolsi quella mansione in silenzio e, non appena ebbi finito, uscii da quella stanza, sperando di non tornarci mai più.
 
Tornato alla realtà, parlammo ancora un po’ tutti insieme, dopodiché riattaccammo. Si erano fatte le quattro, dovevamo decisamente andare a dormire o non avremmo mai superato la giornata di Pasquetta.
Ero in bagno a lavarmi i denti, quando l’Iphone vibrò.
<< So che hai notato il mio sguardo. Ammetto che sono rimasta un po’ intontita, ma vorrei dirti la conclusione a cui sono giunta. Posso chiamarti?>>
<< Ti chiamo io con FaceTime. Ma posso stare davvero poco.>>
<< D’accordo.>>
Finii di lavarmi i denti, poi, prima di indossare il pigiama, tornai nuovamente in salotto, dicendo a Mary di aver dimenticato di dire una cosa alla mia collega bulgara.
L’Iphone squillò un paio di volte, prima che il volto della Dobreva invadesse il mio schermo.
“Ehi, sono tutt’orecchie” affermai, accennando un sorriso.
“Ho capito dai tuoi occhi che hai ripensato a quel giorno. Lo so, perché, beh, ci ho pensato anch’io. Ma, ecco, volevo darti finalmente una risposta a quella domanda. Possibilmente tu l’avevi già capita allora, ma io non proprio, perciò”
“Nina, non c’è bisogno”
“Sì, invece. Sento che devo farlo”
“D’accordo – sospirai – continua”
“La risposta è no. Se tu ti fossi proposto, la mia risposta sarebbe stata no. Una parte di me già lo sapeva, ma il resto di me la opprimeva, come se questa verità non dovesse venir fuori. E ho davvero realizzato questa cosa dopo che abbiamo entrambi affermato di non essere le nostre anime gemelle. Lì questa mia parte completamente consapevole ha preso il sopravvento. Ma mi sono vergognata di dirtelo”
“Perché lo stai dicendo adesso?”
“Perché credo sia giusto. Non solo. Sono certa che non stai facendo una cazzata, come sarebbe stato con me, perché sei riuscito a darle l’anello. Sei riuscito a proporti. Ed è una cosa meravigliosa. Sono davvero felice per voi, ragazzi – sorrise – e sono fiera di dire ciò”
“Niki, grazie. Davvero” sorrisi anche io.
“D’accordo, ti lascio andare a nanna. Dolce notte, Ian”
“A te, Nina”.
 
POV Mary
Mi buttai come un sacco di patate sul divano. Ero stremata. Era passata una settimana da quando avevamo annunciato le nozze e da allora non ci eravamo più fermati un momento. Prima di rientrare ad Atlanta eravamo riusciti a prenotare il ristorante per il ricevimento e qualche addobbo floreale. Dagli Stati Uniti, invece, ero in trattativa con i fotografi e gli animatori della serata. Sapevo che parlarne via Skype non era l’ideale, ma fare tutto in loco era risultato impossibile. Il tempo non era stato abbastanza, ergo dovevamo accontentarci di Skype. Nel mentre, le mie damigelle mi stressavano per il loro abito, Edna per il mio, mia madre per quello di Ian. Capivo benissimo che il tempo era poco, ma tra i preparativi e l’ospedale ero davvero stanca. Senza contare i giornalisti, stressanti più del solito per via della foto che avevamo messo su Instagram, annunciando la bella notizia sui social. Ah, basta! Non sapevo più dove sbattere la testa. La schiena faceva male, le occhiaie si accentuavano ogni giorno di più. Se continuavo così, il giorno del matrimonio non mi sarei presentata per un ricovero in ospedale. E non era molto carina come prospettiva. Sospirai, chiudendo gli occhi per qualche secondo, fin quando la porta di casa non si aprì.
Guardai con la coda dell’occhio Ian posare il cappello, per poi venirmi a salutare.
“Buonasera, dottoressa”
“Mmmh” risposi con voce grave.
“Stanca?” mi prese i piedi e, accomodatosi, li mise sopra le sue ginocchia, iniziando a massaggiarmeli.
“Non sai quanto” sospirai nuovamente.
“Se ti dicessi che ho il modo di farti rilassare?”
“Sarebbe?”
“Mia madre ha prenotato l’appuntamento per l’abito”
“Per quando?”
“Dopodomani”
“Dopodomani ho il turno di notte”
“Ma domani di mattina o sbaglio?”
“Sbagli, è di pomeriggio”
“Non è vero, è di mattina, ti ho fatto fare cambio turno con Steve”
“Perché?”
“Perché così, a fine turno, verrà a prenderti John, per accompagnarti all’aeroporto”
“Aeroporto? – lo guardai perplessa – Dove sarebbe questo appuntamento per l’abito?”
“Kleinfeld, New York”.
Saltai giù dal divano, sconvolta.
“C-c-c-c-cosa stai dicendo?! Cosa?!” sgranai gli occhi, mentre balbettavo.
“Che c’è? Ci teneva, nonostante per me sia un negozio come un altro”
“Non è un negozio come un altro. Nemmeno lontanamente. Ian, perché gliel’hai concesso? E’ troppo caro. Sai benissimo che non voglio spendere i milioni per questo matrimonio. Sai benissimo che non me lo posso permettere. E so che tu vuoi che questo giorno sia perfetto, ma può esserlo anche con semplicità. Ti prego, annullalo”
“Tesoro, non posso annullarlo. Ci rimarrebbe malissimo. Lei vuole che tu trovi l’abito dei tuoi sogni e Kleinfeld è il negozio più fornito, tutto qui”
“Spenderemo un sacco e i miei genitori si sentiranno estremamente in colpa. Senza contare che, per permettermelo, dovrò intaccare i risparmi ‘viaggi’, quelli che uso per tornare a casa e questo vorrebbe dire non tornare a Modica per un po’. Non posso, sul serio”
“Mary, dimentichi che questo matrimonio è anche mio. Non devi pensare come se dovessi pagare solo tu. Ci sono anche io. E anche la mia famiglia. E siamo più che felici di alleggerire le tue e le vostre spese”.
Non sapevo come ribattere, divenni rossa per l’imbarazzo, se non bordeaux. Apprezzavo che volessero aiutare, ma questo mi lasciava una sensazione di amarezza dentro, come se…
 
“In sostanza, ti senti come se stessero facendo la carità a te e alla tua famiglia? O come se loro stessero mostrando i loro soldi, tutti fieri di poterli spendere in questo giorno?” gracchiò Alex, mangiucchiando un cornetto.
“Purtroppo sì. E’ vero che le spese dei matrimoni si fanno in due, perché le famiglie coinvolte sono due, ma così loro pagherebbero molto di più rispetto a noi. E mio padre è orgoglioso, non credo lo permetterebbe. E, pur di non permetterlo, finirebbe per indebitarsi. E’ una situazione alquanto spiacevole” mormorai, a testa bassa.
“Mary, secondo me non devi prenderla così – Rose mi carezzò una mano, cercando di rassicurarmi – non vederla in questo modo,  vedila come un ‘non trattenetevi in certe cose per via del budget, perché noi possiamo contribuire’. E secondo me non deve essere per forza negativo. Per esempio, ok, da Kleinfeld spesso hanno abiti che costano quanto casa mia, ma non sempre è così. E tu puoi chiedere alla commessa di aiutarti in questo. Vuoi un abito semplice, non pomposo e non troppo costoso? Benissimo, stai sicura che lo troverà. Insomma, è Kleinfeld! Se non fossero così assortiti, non sarebbero così famosi in tutto il mondo. Pensa a questo” sorrise.
“Hai ragione. Ci proverò” le strinsi la mano.
“Va bene. Ora possiamo tornare a lavoro? Queste ‘emergenze matrimonio’ si stanno facendo troppo numerose, non so se saprò reggere tutte queste cose così femminili” Alex parlò disgustato.
“Vai pure” dicemmo in coro io e la Crane.
Subito si alzò dal tavolo della mensa e se ne andò.
Finito il caffè, anche io e Rose rientrammo a lavoro.
“Gli hai parlato?” chiese, mentre camminavamo fianco a fianco.
Nonostante non avesse fatto nomi, io avevo capito.
“No. Sono tornata da una settimana e non abbiamo minimamente toccato l’argomento. Io c’ho provato, ma lo incontro solo quando non siamo soli. Credo mi stia evitando”
“Costringilo a rimanere solo con te. Fai una cosa alla ‘Grey’s Anatomy’, quando Meredith blocca George in ascensore per dirgli quello che pensa”
“Credi che mi ascolterebbe?”
“Secondo me sì. Deve. Insomma, è stato lui ad azzeccare che Ian volesse farti la proposta, se ha pensato una cosa del genere vuol dire che si era già mentalmente preparato a quest’evenienza. Non può tenerti il muso adesso”
“Forse non voleva che glielo dicessi davanti a voi e a lui”
“Non lo so, ma comunque è successo. E se davvero entrambi tenete all’amicizia che si sta costruendo, dovete parlarne”
“Grazie, Rose” la abbracciai.
“Di niente” ricambiò l’abbraccio.
Dopodiché, lei tornò in chirurgia, io andai verso pediatria, reparto in cui ero stata assegnata per i consulti di quella settimana.
Non appena varcai la soglia del reparto, lo strutturato, la dottoressa Melanie White, mi ordinò di andare al pronto soccorso con una certa urgenza.
“Che succede?” domandai preoccupata.
“Sarah è tornata e non sta bene”.
Sgranai gli occhi e corsi giù per le scale, più in fretta che potevo. Strinsi il ciondolo della collanina di Jodie, mentre, senza fiato, giungevo al pronto soccorso.
“Che succede alla mia paziente?” dissi ad alta voce, incrociando lo sguardo terrorizzato sia della piccola che del padre.
“Non voleva alzarsi dal letto, credevo fossero capricci, ma quando sono entrato si toccava il petto spaventata e respirava malissimo”
“Aveva l’ossigeno?”
“Sì, ma respirava comunque affannata. I-io non so che dire – Kevin si passò una mano tra i capelli – Puoi fare qualcosa, vero, Mary?”
“Faremo un’ECG su in reparto e vediamo – presi un respiro profondo e fermai Nancy, l’infermiera, sussurrandole – Nancy, se è quello che penso io, avvisate il centro trapianti. Non so quanto sia grave, ma se Sarah non avrà il cuore entro questa settimana, potrebbe” lasciai la frase in sospeso.
“Certo, dottoressa, avviso subito che deve eseguire un’ECG d’urgenza su, le faranno trovare tutto pronto” parlò ad alta voce, per sviare Kevin.
La ringraziai con un cenno del capo, portando poi la piccola su.
Ordinariamente, dovevo lasciar eseguire questo tipo di esami agli specializzandi più giovani, essendo io ormai del quinto anno, ma non potevo con Sarah. Dovevo essere io a fare tutto.
Lo dovevo a Jodie.
Cercai di calmare la piccola il più possibile, per eseguire l’esame.
Il quadro clinico non era dei migliori e, purtroppo, avevo visto giusto: il cuore di Sarah stava iniziando a cedere. Non importava più quanto lei cercasse di evitare sforzi per preservarsi, il cuore stava arrivando al capolinea. Scossi la testa, staccai il referto dell’esame dal macchinario e feci per dirigermi dalla dottoressa White, quando Sarah mi bloccò, afferrandomi il camice.
Tolse per un attimo la maschera dell’ossigeno e sussurrò: “Va male, vero?”.
Chiusi per un attimo gli occhi, poi mi voltai e le risposi: “Tesoro, non preoccuparti. Farò il possibile per farti stare meglio. D’accordo?”.
Annuì col capo, indossando nuovamente la mascherina.
Sorrisi e andai da Melanie.
“Allora?” mi chiese, tendendo una mano per visualizzare il referto.
“Non va affatto bene. Siamo arrivati al grado più alto del danno. Ci serve un cuore entro la fine della settimana”
“A giudicare dall’ECG, la tua prognosi qual è?”
“Cinque giorni. Massimo. Se peggiora così velocemente, anche prima. Vorrei sbagliarmi, però, quindi dimmi che”
“Purtroppo hai ragione” Melanie sospirò.
“Mel, come possiamo fare? Se non chiamano per il cuore, morirà”
“Lo so”.
Chinai il capo, non riuscendo a sopportare quell’opzione. Non poteva succedere, proprio no.
“Mary, devo rimuoverti dal caso? Sei troppo coinvolta emotivamente, non credo sia una buona idea”
“No, per favore, non farlo. Voglio occuparmene io. Voglio fare tutto il possibile. Per favore”
“D’accordo. Ma non voglio scenate come quella estiva, sia chiaro”
“Mi scuso ancora”
“Non devi scusarti, il modo di affrontare la morte di un paziente e di un amico è diverso per tutti, ma purtroppo in un ambiente come questo non possiamo permetterci di crollare. Non davanti agli altri. E’ brutto da dire, ne sono consapevole, ma”
“Ma è così. Lo so. E non succederà, promesso”
“Bene”.
 
Roteai gli occhi, cercando di respirare il più possibile. Adoravo davvero tanto Edna e Robyn, ma a volte esageravano fin troppo.
“Dai, ma che ha che non va?” lo indicò la madre di Ian, con gli occhi che brillavano.
“Semplicemente non rispecchia ciò che voglio. Nemmeno lontanamente. E non mi valorizza. Io non sono un belvedere a livello fisico, questo lo so, ma almeno il giorno del matrimonio vorrei essere più presentabile” borbottai.
“Tesoro, ma se stai d’incanto”
“Beh, io non lo credo. E credo che la mia opinione sia importante!”.
Mi rendevo conto di sembrare infantile, ma quell’abito era davvero un no per me. Quasi tutto il vestito era luccicante con degli strani addobbi floreali, persino a livello delle spalline, insomma era appariscente. E stretto. Sembravo un tacchino bianco, reso bello per il giorno del Ringraziamento. E non volevo sembrare un tacchino il giorno del matrimonio, ma una sposa, maledizione!
Sospirai, forse per la centesima volta in quella mattinata. Era, probabilmente, il settimo vestito che provavo e nessuno era andato bene, anzi, tutt’altro. I vestiti erano stati, per altro, scelti tutti dalle donne Somerhalder. Questo rendeva il rifiutarli ancora più difficile. Loro li adoravano, perché “Sembri una bellissima principessa”, testuali parole di entrambe.
Era così difficile da capire che io non volevo sembrarlo? Che, nonostante fosse il mio giorno, volevo risultare il più sobria possibile?
Ma no, ovviamente no. Avevo provato di tutto, pizzo, brillantini, taffetà, ancora brillantini, ancora pizzo, gonne pompose.
Non sapevo dire quanto ancora avrei retto.
Vera Skenderis, colei che era stata affidata a me per scegliere l’abito, prese in mano la situazione, possibilmente vedendomi sul punto di esplodere.
“Mary, che ne dici se facciamo un po’ una pausa e ci parli un altro po’ di te e di Ian? E poi proseguiamo con la ricerca dell’abito” sorrise.
“D’accordo” ricambiai il sorriso e, dopo aver indossato nuovamente i miei vestiti, la seguii nello stanzino di qualche ora fa.
Mi accomodai nuovamente dove mi indicò.
“Prima che iniziamo, volevo scusarmi. Di solito non sono così irascibile, ma è un periodo davvero stressante, tra il matrimonio e un caso difficile in ospedale” ripensai a Sarah.
Poco prima di entrare da Kleinfeld, avevo chiamato Melanie. Non c’erano novità sul cuore, ma almeno Sarah si era stabilizzata nel corso della notte. Non solo, anche un’altra delle bambine cardiopatiche, Elizabeth ‘Liz’ Williams, stava cominciando a peggiorare. Non sembrava ancora essere al livello di Sarah in quanto a gravità, ma comunque non scherzava.
Mi rabbuiai un po’ e la mia consulente per l’abito lo notò.
“Non preoccuparti” Vera mi strinse una mano, rassicurante, poi si accomodò di fronte a me e accese la telecamera.
“Allora, Mary, prima ci hai raccontato di quando tu e Ian vi siete conosciuti, ma da quanto tempo state insieme?”
“Quasi un anno. A dire il vero ci sposiamo proprio il giorno in cui ci siamo messi insieme”
“E’ stato un caso o è stata una scelta voluta?”
“No, è stato totalmente un caso. Vedi, Vera, eravamo in vacanza nella mia terra natia per le vacanze di Pasqua la settimana scorsa e”
“Lui si era già proposto?”
“Sì. Gli avevo chiesto se potessi sposarmi nella mia città, è stato sempre uno dei miei sogni. Lui ha accettato, per cui siamo andati nella Chiesa Madre, per chiedere orientativamente quando avremmo potuto sposarci. Il caso ha voluto che ci fosse un posto disponibile quel giorno”
“Il prossimo disponibile quando sarebbe stato?”
“Beh, essendo San Giorgio una chiesa molto importante, avremmo dovuto aspettare minimo due anni e mezzo. Cosa che non ci avrebbe fermati dal compiere il passo, anzi eravamo pronti a sentire una, come dire, durata di tempo simile – gesticolai – ma quando ci hanno nominato il 13 Maggio… insomma, l’abbiamo visto come un segno. E abbiamo accettato”
“Molto romantico. Ma, dimmi, come si è proposto?”
“Quel pazzo ha organizzato una caccia al tesoro per Londra. Può sembrare assurdo, lo so – risi, scuotendo la testa – Mi trovavo lì per lavoro e lui ha organizzato tutto e mi ha raggiunta. Ed è stato folle, strappalacrime, bellissimo. Londra è una delle città che conservo nel mio cuore, per cui ricevere la proposta lì, al tramonto è stato… sì, mi ha lasciata senza parole. Così come il fatto che abbia scelto la caccia al tesoro, che è essenzialmente un gioco infantile, per farmela. Una cosa semplicissima ma tanto speciale”
“Con il rischio di farti arrossire, devo dirti che ti stanno brillando gli occhi”
“Sì, beh, per quanto io cerchi di nasconderlo, sono un’inguaribile romantica, per cui queste cose hanno un certo effetto su di me”.
Vera sorrise e spense la telecamera.
“Torniamo di là, ti va?”
“Sì, ma ho una richiesta”
“Dimmi”
“Posso farmi un giro tra gli abiti tra cui posso scegliere?”
“Ma certo, sei tu la sposa – sorrise – ma alle tue future suocera e cognata lo dici tu”
“D’accordo” risi.
Tornammo di là. Edna mi corse subito incontro, esaltata.
“Mary, ci sono altri abiti che abbiamo scelto che potresti”
“Edna, apprezzo che vogliate darmi una mano, ma – lanciai uno sguardo a Vera – voglio provare a scegliere qualcosa io. So che la sposa dovrebbe risaltare secondo voi e questo implica pizzi e luccichii, ma per me non è così. Per me la sposa deve sentirsi a proprio agio in quel giorno e questo implica scegliere un abito che più si addice al carattere della sposa. In questo caso, al mio. Per favore”
“D’accordo – Edna sorrise – ma se non trovi niente, provi questi che abbiamo trovato adesso”
“Ci sto”.
Vagai per un po’ con Vera in giro per il negozio, fin quando non venni attirata da un abito. Non sapevo dire cosa mi colpisse a primo impatto, ma sentivo che mi apparteneva. Che era Mio.
“Voglio provare questo” le dissi.
La Skenderis lo prese, controllò il cartellino, assicurandosi che il prezzo fosse accessibile e che ci fosse la mia misura, e lo portò nel mio camerino. Mi aiutò a indossarlo, mi pose una tiara sui capelli, tuttavia non mi permise di osservarmi. Mi pregò di chiudere gli occhi, almeno fino a quando non saremmo state dinanzi alle mie accompagnatrici.
“Ok” affermai.
Ritornai in sala guidata da Vera.
“Eccoci qua – disse ad alta voce; poi aggiunse – Ok, puoi tornare a vedere”.
Quando riaprii gli occhi, Edna e Robyn erano in lacrime e i fazzoletti che avevano in mano non bastavano.
“E’ così brutto?” chiesi titubante.
Vera scoppiò a ridere, facendomi semplicemente segno di voltarmi e guardarmi.
Lo scollo a cuore, con il tessuto arricciato, risaltava il mio petto, senza esagerare; l’arricciatura del corpetto si congiungeva lateralmente con dei brillantini, non troppo appariscenti, per poi cadere morbidamente verso il basso, come una cascata di tessuto. La tiara riprendeva questo ritmo ondulatorio del vestito.
Vennero le lacrime anche a me. Non era un sacco della spazzatura anonimo, ma non era nemmeno un’esplosione di visibilità. Era una straordinaria ed equilibrata via di mezzo.
Vera mi passò un fazzoletto, che accettai volentieri.
“E’ l’abito giusto?” mi chiese.
Mi guardai un’ultima volta, immaginandomi in quel giorno.
“Sì. E’ questo” affermai, senza pensarci ancora.
Edna, Robyn e Vera esultarono contente.
L’avevo trovato come volevo io.
Ero splendida.
L’avevo trovato.
 
POV Alex
Turno di notte.
Fantastico.
Più cercavo di evitarla, più il destino sembrava mettermi i bastoni tra le ruote per avvicinarmi a lei. Sapevo benissimo che stavamo finalmente costruendo un rapporto, cosa che non si era minimamente avverata negli anni precedenti, ma, non appena avrebbe varcato la soglia dello spogliatoio, avrebbe iniziato a parlare di quanto fosse meraviglioso l’abito, del fatto che l’avesse trovato, di quanto fosse perfetto per lei e io… beh, non riuscivo a capire se avrei retto quel discorso. Ero felice per lei, sul serio, ma… mentre per lei quell’abito e quel giorno rappresentavano l’inizio di una nuova fase della sua vita, per me segnavano la fine. Insomma, chi sarebbe stato così matto da amare una persona anche dopo il suo matrimonio? Ah, faceva male il solo pensiero di vederla attraversare la navata, diretta verso un altro uomo! Ma che potevo fare?
Scossi la testa, sorridendo amaramente.
Non potevo fare niente. Dovevo solo lasciare che questo giorno arrivasse ed essere lì per lei.
Diamine, che masochista!
Fui distolto dai miei pensieri, quando, giunto nello spogliatoio, notai che lei era già arrivata.
In mutande.
Come al solito.
Battei le palpebre un paio di volte, giusto per non soffermarmi sulle sue curve, e indossai la mia maschera preferita, quella da sbruffone.
“Sera, Mary – dissi ad alta voce – Sfoggiamo la carrozzeria per qualcuno in particolare stasera?”
“Quanto sei idiota – Mary alzò gli occhi al cielo, con voce irritata – Sto per indossare i pantaloni, se te lo stessi chiedendo”
“Mh, peccato” abbassai lo sguardo.
A Mary quel gesto non scappò.
Dannazione, mi ero fatto beccare!
“Al, scherzo – addolcì immediatamente il tono – comunque, vorrei parlarti. Se non hai da fare adesso, potremmo”
“Mi spiace, ma sì, ho da fare. Devo cambiarmi e poi andare subito in reparto”
“D’accordo, sarà per un’altra volta”.
Il silenzio scese in quella stanza. Mary si cambiò in fretta e uscì.
Sospirai.
Mi sentivo tremendamente in colpa a comportarmi in quel modo, ma… non me la sentivo di parlare.
 
Guardai l’orologio. Erano ancora le due. Che palle, perché quel turno sembrava non passare mai?
Avevo ancora sei ore da trascorrere nel mio luogo di lavoro e non c’era molto da fare. Le infermiere si riposavano a turno, gli specializzandi studiacchiavano per gli esami di specializzazione, il che era assurdo visto che i primi cominciavano a luglio. Ma dettagli.
Io non riuscivo a smettere di pensare. Dovevo trovarmi qualcosa da fare.
“Care, vado a prendere un caffè giù alle macchinette. Ne vuoi uno?”
“Ti fa schifo la macchinetta in fondo al nostro corridoio?” l’infermiera Caroline fece una risatina.
“No, voglio solo sgranchirmi di più le gambe”
“D’accordo, maratoneta, ma al ritorno prendi l’ascensore o i nostri caffè verranno bevuti dalle scale dell’ospedale e le signore delle pulizie tra sei ore ti faranno il sederino”
“Giusto” sorrisi.
Andai al piano terra già più sveglio di prima. Presi i caffè e prenotai l’ascensore. Al primo piano, tuttavia, le porte si aprirono e…
“Alex” Mary mi salutò con un cenno del capo.
Merda!
Ma perché?
Cazzo, avrei dovuto fare le scale o utilizzare la macchinetta del piano.
Stupido, Alex, stupido, stupido!
“Mary” ricambiai il saluto, cercando di non lasciarmi scappare qualche imprecazione.
Non appena le porte si richiusero e l’ascensore ripartì, Mary fece scattare l’allarme.
“Bene, adesso sei bloccato con me e non puoi uscire” si voltò trionfante, guardandomi negli occhi.
“Emuli Grey’s? Sul serio?”
“Mi hai costretto tu – incrociò le braccia – Alex, ti prego. Mi sento una merda, perché sono certa che non te la stai passando tanto bene, per favore, parliamone”
“Cosa dovrei dirti?”
“La verità, per esempio!”
“La verità è che verrò al matrimonio, perché ci tieni e perché io tengo a te, ma non mi chiedere altro. Per favore”
“Il problema è che c’è dell’altro e io non riesco a metterlo da parte, solo perché io sono felice”
“Mary, ma porca miseria! – alzai la voce, senza nemmeno rendermene conto; la Floridia sussultò – Vuoi davvero che ti dica quanto sia doloroso sforzarsi di lasciarti andare, convincersi di averlo fatto, guardarti da lontano e ricominciare tutto da capo? Bene. Lo ammetto. E’ doloroso. Estremamente. Da morire. Ma devo farlo, perché tu tra non molto sarai sposata e io non posso continuare a stare male per te. Tengo al rapporto che stiamo costruendo e non voglio che vada perso, ma perdonami se fa comunque un mal”.
Mary non mi fece finire la frase. Si sbilanciò in avanti, abbracciandomi forte.
“E cane” conclusi con un sussurro, mentre ricambiavo inevitabilmente l’abbraccio.
“Scusami. Ti ho messo in una situazione orribile”
“Mary, non è colpa tua. La saggia Meredith Grey diceva che non si sceglie di chi ci si innamora ed è così. E, come non me ne faccio una colpa io, non devi neanche tu. Al cuor non si comanda”
“Al, puoi anche non venire. Non voglio che tu stia male. Sul serio” intrecciò le sue mani alle mie.
Volevo rispondere, anzi, stavo per farlo, quando il cercapersone di Mary suonò.
“Oh mio Dio” disse senza fiato, rispondendo alla chiamata, dopo aver mollato la presa.
Subito sbloccò l’ascensore.
“Che succede?” chiesi.
“Hanno trovato un cuore per Sarah”.
 
POV Mary
Uscii dall’ascensore alla velocità della luce, mi catapultai in reparto, urlando per la gioia.
“Kevin, Kevin” svegliai il marito di Jodie alla velocità della luce.
“C-cosa?” chiese, visibilmente spaventato.
Immediatamente guardò Sarah, che, tuttavia, continuava a dormire, mentre l’ossigeno non la abbandonava mai.
“C’è un cuore. Lo stanno andando a prendere. Dobbiamo preparare Sarah per l’intervento, c’è un cuore”
“Oddio – i suoi occhi si velarono di lacrime – non è uno scherzo, vero?”
“Ti sembra che io stia scherzando?” sorrisi.
Kevin mi abbracciò forte.
“Corri, fai tutto quel che devi” mi diede una spintarella, piangendo di gioia.
 
Eravamo tutti lì.
Equipe pronta.
Sarah addormentata.
Guardai il contenitore del suo quasi cuore e sorrisi.
“Bisturi dieci” dissi con decisione, sorridendo attraverso la mascherina.
L’infermiera mi passò lo strumento.
Avvicinai le mie mani al torace della piccola, quando la porta si aprì di scatto.
“Mary, ferma, metti giù quel bisturi!” Melanie parlò ad alta voce, agitata.
“Mel, che succede?”
“Esci un momento” mi fece cenno col capo.
Seguii lo strutturato di pediatria al di fuori della sala operatoria.
“Il centro trapianti si è riunito e”
“Perché?”
“Questo cuore non spetta a Sarah”
“Cosa? Le sue condizioni sono gravi, è in cima alla lista”
“Sì, ma, per quanto gravi, il suo cuore batte ancora. Quello di Liz no”
“Cosa? Che succede a Liz? – sgranai gli occhi, pensando all’altra bimba cardiopatica del reparto – L’ho visitata prima di prepararmi per l’intervento, non ho notato niente che non andasse”
“Invece il cuore ha ceduto. La saturazione è scesa drasticamente, l’abbiamo mandata di corsa in sala operatoria e l’abbiamo aperta. Il ventricolo sinistro è praticamente andato, necrotico e il resto del cuore lo sta raggiungendo. Non c’è nemmeno il tempo per pensare a un cuore artificiale. Abbiamo avvertito il centro trapianti e”
“Ed essendo compatibile con questo stesso cuore la priorità spetta a lei. Non è così?”
“Sì”
“Capisco. Quante probabilità ci sono di trovare un altro cuore compatibile entro un giorno e mezzo per Sarah?”
“Non lo so, Mary. I trapianti sono imprevedibili”
“Potremmo – agitai l’indice, annuendo – potremmo dare il cuore a Liz, ma operare ugualmente Sarah. Il cuore artificiale potrebbe andare a lei. E’ fattibile, giusto? Perché non ci abbiamo pensato prima?”
“Potrebbe funzionare. Tentiamo” anche Mel annuì.
“Bene. Liz in che sala si trova?”
“Sala otto”
“Ok, allora, tieni d’occhio Sarah in questa sala e organizza il tutto per l’impianto di un cuore artificiale, io vado a trapiantare il cuore a Liz”
“Non c’è una modulistica per richiederlo?”
“Sì e solitamente si impiegano giorni per avere l’autorizzazione, ma non abbiamo giorni, abbiamo ore. Chiama il Capo, capirà l’urgenza e ti darà una mano volentieri”
“Bene. Andiamo”.
Rientrai in sala e, spiegata la situazione a tutti i miei colleghi, mi diressi verso la sala otto, dove un’altra piccola umana era in attesa di quel cuore.
 
POV Nina
“Ok, possiamo andare tutti in pausa! – urlò Julie – Riprendiamo tra un’ora”.
Corsi verso la sala relax degli studios, bramosa di caffè. Lì trovai già Ian, intento a far funzionare la macchinetta.
“Che succede?” gli domandai.
Sembrava nervoso.
“La macchinetta non vuole far scendere il dannato caffè e mi sto innervosendo” sbottò, colpendo la parte superiore del macchinario.
“Strano che non vada, il tecnico l’ha riparata la settimana scorsa” mi avvicinai lentamente per dargli una mano.
La osservai per un po’, poi, facendo una risatina, dissi: “Ian, sicuro di aver seguito tutti i passaggi?”
“Sì, perché?”
“Perché hai dimenticato la cialda – lo guardai con aria di superiorità, scuotendo la testa divertita – La povera spia rossa sta cercando di fartelo capire da un bel po’”
“Oh, chiaro – si passò una mano sui capelli – giusto, non ci avevo pensato”.
Decisamente qualcosa non andava e non era la macchinetta il problema!
Ian era fin troppo serio. Se fosse stato solo il caffè il problema, a quest’ora starebbe ridendo a crepapelle.
“Ian, davvero, che succede?” incrociai le braccia.
“E’ che Mary, rientrata da New York, è andata direttamente in ospedale per il turno di notte e ancora non mi ha chiamato. Sono un po’ preoccupato”
“Vedrai che non sarà niente. Possibilmente, appena tornata a casa, si è buttata a peso morto sul letto, cadendo in un sonno profondo. Non ricordi quanto sono sfibranti le notti?”
“Sì, però è strano. Non lo so, sento che qualcosa non va”
“Mm – poggiai una mano sulla sua spalla, cercando di essergli di conforto – riproviamo a chiamarla insieme? Ti va?”
“D’accordo”
“Bene” sorrisi e tirai fuori il cellulare.
Cercai velocemente il numero di Mary in rubrica, poi premetti il tasto verde sullo schermo.
Dopo un paio di squilli, Mary rispose.
“Pronto?” domandò stanca, come sul punto di sbadigliare.
“Mary, ehi, sono Nina – dissi allegra – Come va?”
“Sono molto stanca, sto andando a casa proprio adesso e non vedo l’ora di mettermi a letto. Tu?”
“Aspetta, sei in macchina? Ma non avevi il turno di notte?”
“Mh mh”
“E perché stai rientrando a casa alle cinque del pomeriggio?”
“Perché ho dovuto fare due interventi e si sono protratti parecchio – sbadigliò – ma fortunatamente entrambe le mie pazienti stavano benone, quando sono andata via, perciò non mi importa di rientrare a casa a quest’ora” sbadigliò nuovamente.
“Ok, spero per te che tu sia quasi arrivata, perché stai sbadigliando un po’ troppo, non vorrei ti succedesse qualcosa”
“Non preoccuparti. Piuttosto, tutto bene? Come mai hai chiamato?”
“Perché qui un certo Ian non riesce nemmeno a far funzionare la macchinetta del caffè per via della tua mancanza – feci una risatina – Fallo rinsavire tu, ti prego, altrimenti viene fuori un Damon moscio” detto ciò, misi il vivavoce.
“Amore, stai tranquillo, sto tornando a casa a riposare. Perché eri preoccupato?”
“Perché non ti sentivo da ieri sera”
“Scusami, è stato proprio un turno difficile – sospirò – per che ora rientri oggi?”
“Spero per le nove o le dieci”
“Bene, allora io adesso mi riposo, così quando torni a casa mi trovi sveglia. D’accordo?”
“Va bene” Ian rispose anche annuendo con la testa, come se Mary potesse vederlo.
“A dopo, ti amo”
“Anche io”
“Ciao Nina e grazie per aver chiamato”
“Ciao a te, Mary”.
Riattaccammo.
Preso il caffè con Ian, tornammo sul set per proseguire le riprese.
 
Mentre Ian e Paul stavano girando una scena, il mio cellulare cominciò a vibrare. Mi alzai dalla sedia e mi allontanai, in modo da non disturbare le riprese.
Era Mary.
“Pronto? Hai sbagliato numero?” domandai ironica.
“Nina, Ian sta ancora girando, vero?” rispose con voce spenta.
“Sì, perché? – guardai l’orologio, erano le dieci e mezza – Oh, è in ritardo! Scusalo, non è affatto colpa sua, Julie si è impuntata in una scena e non sta lasciando andare a casa nessuno stasera”
“N-no, solo digli che sono dovuta tornare in ospedale e che non so a che ora rientrerò a casa”
“Mary, ma che succede?”
“Niki, per favore, riferisci il messaggio. D’accordo?”
“Va bene” mormorai.
Mary riattaccò.
Guardai il telefono basita. Che le era preso? Perché era dovuta tornare in ospedale? Tornai sul set, mentre Julie rimproverava Paul di non essere al massimo.
“Direi! E’ la sesta volta che proviamo questa scena e ancora non ti va bene – incrociò le braccia – Stiamo iniziando a scocciarci”
“Beh, allora la rifaremo mille volte, se non vi impegnate come si deve. Non mi importa se vi scocciate. Il lavoro deve essere fatto bene” sbottò Julie.
Ian roteò gli occhi.
“Psst” sussurrai, cercando di attirare la sua attenzione.
Tutti, non solo Ian, si voltarono a guardarmi.
“Sì, Niki?” Kevin mi guardò interrogativo.
“E’ che dovrei dire una cosa a Ian” sorrisi nervosamente.
“D’accordo, cinque minuti di pausa” dichiarò Julie.
Ian si avvicinò disinvolto.
“Dimmi”
“Mi ha chiamato Mary, mi ha detto che è dovuta tornare in ospedale e che non sa se rientrerà stasera”
“Per quale motivo?”
“Non me l’ha detto, ma sembrava abbastanza provata”
“Non ci voleva. Io sono bloccato qui, non posso nemmeno andare da lei” sbuffò.
“Se Julie acconsente, potrei andare io”
“Lo faresti?”
“Sì, con piacere. Mi sto preoccupando anche io”
“Va bene, chiedi a Julie”.
Diedi una pacca sulla spalla a Somerhalder, dopodiché andai dal mio capo per chiederle il favore di lasciarmi andare via. Per lei non ci furono problemi, le mie scene potevo anche girarle il giorno dopo. La ringraziai di cuore e corsi verso l’auto, dirigendomi immediatamente verso il Saint Joseph.
Non appena misi piede in ospedale, notai parecchia calma. Perché diamine Mary era stata richiamata in servizio, se non c’era nemmeno un uomo morente in pronto soccorso?
Sempre più sospettosa, andai verso il bancone delle infermiere.
“Buonasera, so che questo non è il centro informazioni, ma vorrei sapere dove si trova la dottoressa Floridia” sorrisi.
“Penso la troverà o agli spogliatoi o a mensa, insieme al dottor Walker, al dottor Crane e alla dottoressa Davis. Non è stata una bella giornata per lei”
“Oh – mi rabbuiai un attimo – grazie mille, vado subito a trovarla”.
Andai prima agli spogliatoi, ma non c’erano. Mi diressi, allora, verso la mensa, dove li vidi. Mary e Alex erano abbracciati, mentre Mary stava chiaramente piangendo.
Mi avvicinai titubante.
 
POV Alex
Mi risvegliai di botto, rendendomi conto di non essere a casa, bensì ancora in ospedale.
“Aaah, ma chi è?” risposi arrabbiato al telefono.
“Al, conferenza stampa. Urgente. E’ successo un casino” Steve parlò serio.
“Dove? Cosa? Perché? Diamine, Steve, stavo dormendo!” grugnii.
“Beh, Mary ha bisogno di noi. Muovi il culo a mensa” riattaccò.
Che diavolo era successo? Mary aveva spifferato a Steve della nostra bizzarra chiacchierata? Possibile, ma non sembrava una cosa tanto grave, da farlo agitare in quel modo. Mi diressi verso la mensa ancora assonnato.
Mary era china sul tavolo, coperta dalle braccia, mentre Rose e Steve le accarezzavano la schiena e le parlavano.
No, ma seriamente… che diamine era successo?
“Ragazzi” mormorai, non appena li raggiunsi.
Mi accomodai di fronte a Mary, senza ancora aver capito un tubo.
Rose mi guardò tristemente e scrisse su un tovagliolo, che mi passò.
<< Sarah è morta. >>
Il sangue mi si gelò nelle vene.
Maledizione!
Guardai la Floridia intontito, incapace di accarezzarla.
“Mi dispiace, Mary” dissi serio, chinando il capo.
Rimanemmo per un bel po’ in silenzio, con i soli singhiozzi della donna italiana che rimbombavano.
I cercapersone di Rose e Steve suonarono, interrompendoli.
“Maledizione, dobbiamo proprio andare” sospirarono.
“Non preoccupatevi, resto io con lei” sorrisi loro, sedendomi al fianco di Mary.
Rose annuì, Steve mi ringraziò, dopodiché andarono verso gli ascensori.
“Posso fare qualcosa? Magari ti chiamo Ian” proposi tentennante.
“Ho già avvisato Nina, non preoccuparti” sollevò lievemente il capo, guardandomi.
Aveva gli occhi rossi, le ciglia imperlate di lacrime, le guance bagnate, il labbro inferiore che tremava.
“Oh, Mary!” la guardai tristemente, mentre si buttava tra le mie braccia.
Il suo volto trovò rifugio nel mio petto. Circondai il suo corpo, ricambiando l’abbraccio.
“Madre e figlia sono morte per mano mia. Sono morte per colpa mia” disse disperata.
“Vuoi dirmi com’è successo? Non credo nemmeno per un secondo che è stata colpa tua”.
Mi raccontò di come avesse dovuto trapiantare il cuore a Liz, dell’intervento per l’inserimento del cuore artificiale a Sarah, di come entrambe stessero bene, quando lei le aveva lasciate, fino alla drammatica morte della piccola per un’inarrestabile emorragia, incrementata dagli anticoagulanti.
Continuai a stringerla, mentre i brividi percorrevano la mia schiena.
“Quindi, sì, è colpa mia” concluse.
“Mary, non lo è affatto. Gli anticoagulanti erano necessari, sai benissimo anche tu quanti trombi possono formarsi dopo interventi così delicati. Tu hai agito bene, hai fatto di tutto per salvare la piccola. Non sei stata negligente, non sei stata ‘non abbastanza’, anzi!”
“Meriterei una denuncia. Kevin era distrutto” singhiozzò più forte.
“Non meriti una denuncia. E’ stato un orribile scherzo del destino. Secondo me Kevin lo sa. E’ normale che stia soffrendo, ha perso sua figlia. Ma non ti farà causa. Sa quanto vali e sa quanto ti sei impegnata per salvare la vita della bambina. Purtroppo questi eventi fanno parte del nostro lavoro. C’è la gioia, c’è la celebrazione della vita, ma tutto questo è presente insieme all’altra faccia della medaglia. Forse dicendo così non sono molto d’aiuto, scusami”
“Scusami tu, ti ho bagnato tutto il camice”
“Non fa niente, piccola”
“Al”
“Cosa?”
“Non chiamarmi piccola” fece una smorfia.
“Ok, scusa” sorrisi, stringendola nuovamente.
“E, soprattutto, grazie”.
Riuscii a percepire il suo sorriso.
“Ehm, scusatemi, tutto bene?” disse una voce femminile.
Alzai il capo e mi ritrovai Nina Dobrev davanti.
“Oh, ma guarda, oggi è il mio giorno fortunato. Riecco la seconda Europea che dice di resistere al mio fascino” parlai beffardo.
Mary alzò il capo e, vedendo la bulgara, si separò da me, abbracciando lei.
“Dico solo la verità – Nina mi guardò in cagnesco, per poi ricambiare l’abbraccio dell’amica – Mary, cosa ti è capitato? Ian non poteva allontanarsi, perciò sono venuta io, siamo entrambi preoccupati per te”
“Ti ricordi la mia amica morta durante un nostro turno? Quando voi facevate volontariato” mormorò Mary.
“Sì, mi pare si chiamasse Jodie, giusto?”
“Sì – annuì – beh, stasera è morta sua figlia, la piccola cardiopatica. Ed è colpa mia”
“Non è colpa sua, non le credere”scossi la testa, convinto.
Nina prese per mano Mary e si accomodarono nuovamente.
“Ti va di parlarne?” chiese amorevolmente.
“Ne ha parlato fino a ora, forse è meglio farla distrarre un po’” proposi, cercando di sviare il discorso.
“Hai ragione, scusami, Mary”la bulgara sospirò.
“Ah, mi stai dando ragione! Attenta, la terra potrebbe allontanarsi dal proprio asse, se continui così”
“Non sei per niente spiritoso – Nina tornò a rivolgersi alla Floridia – Ti va se andiamo a casa mia o a casa tua, mangiamo qualche schifezza e guardiamo un film? E poi, appena Ian finisce di girare, può raggiungerci”
“D’accordo. Vado a cambiarmi allora” Mary parlò come se fosse un’automa.
“Ti aspetto all’ingresso – rispose apprensiva, poi mi disse con tono scocciato – Tanti saluti”
“A lei” feci un semi inchino.
Non appena l’attrice andò via, accompagnai Mary agli spogliatoi.
Ci cambiammo entrambi in silenzio, un po’ come a inizio turno.
“Senti, se vuoi – parlai impacciato – potrei farvi compagnia anche io”
“Credo che Nina ti farebbe volare dalla finestra”
“Uh, la defenestrazione di Atlanta!” dissi, sperando scoppiasse a ridere.
Lo fece.
Il mio cuore perse un battito. Era questo il bello di lei. Cadere mille volte e rialzarsi mille e uno. Piangere e disperarsi, ma poi tornare a sorridere, per quanto fosse faticoso. Aveva una forza micidiale e nemmeno se ne rendeva conto.
Feci un respiro profondo e distolsi lo sguardo, prima che potesse prendermi in giro per averla fissata un po’ troppo.
“Al, non preoccuparti – mi diede una pacca sulla spalla – e grazie. Sul serio. Dolce notte”
Soppressi con tutto me stesso l’istinto di baciarla.
“A te” risposi, accennando un sorriso.
Mary uscì dallo spogliatoio.
 
POV Nina
Dopo essere rientrate a casa e aver divorato degli hamburger, ci sistemammo sul divano, cercando di decidere quale film guardare. Mary si muoveva lentamente, come se fosse sofferente. Io, dal canto mio, ero infinitamente preoccupata. Quando aveva perso Jodie, era iniziato quell’orribile periodo nero, sfociato poi nell’incidente.
E se si ripetesse?
Scossi lievemente la testa.
Non dovevo pensarci. Dovevo semplicemente cercare di essere lì per lei.
“Allora, hai deciso quale film” cominciai a dire, ma Mary mi bloccò: “Sai, questo film una volta lo vidi insieme a Jodie, Sarah e Kevin. In teoria Sarah non poteva vederlo, insomma – agitò il dvd de ‘Il matrimonio del mio migliore amico’ in aria – è un bel film, per carità, ma in certi momenti ci sono delle scene che una bambina di cinque anni non dovrebbe conoscere” fece una risatina amara.
“Mary”
“L’ho praticamente vista crescere” scosse la testa, guardando nel vuoto.
“Mary, hai fatto tutto quello che potevi”
“E adesso il cuore destinato a lei aiuterà una bambina a crescere, mentre lei marcirà sotto terra, accanto a sua madre – i suoi occhi si velarono di lacrime – è orribile”
“Vieni qui” tesi le braccia nella sua direzione, accogliendola.
“Scusami, Niki, sto rovinando la serata anche a te”
“Scherzi? Sarei dovuta rimanere sola a casa, perché Joseph gira stasera, oppure sul set a rompermi le scatole, giusto per rientrare a casa con lui. Invece no, sono con te, questo mi fa piacere, seppur per una motivazione triste. Dimmi, come vanno i preparativi del matrimonio?”
“Bene, ho trovato il vestito” sorrise tra le lacrime.
“Sul serio? – sorrisi anche io – E com’è?”
“Non riesco nemmeno a descriverlo per quanto è bello e perfetto per me. Lo vedrai quel giorno, ma è davvero semplicissimo. Ed è proprio questo che lo rende speciale”
“Ti stanno brillando gli occhi! Sarai una sposa bellissima, ne sono certa” la strinsi.
“Niki, tu sei troppo buona”
“Non è vero. Tu e Ian lo meritate. Sono sincera”
“Grazie”
“Mary?”
“Sì?”
“Ti voglio bene”
“Anche io”.
Restammo in silenzio abbracciate per un po’, mentre dentro di me non potevo fare a meno di essere preoccupata. Sempre di più. Il pensiero che quel periodo nero poteva essere vissuto nuovamente, mi faceva accapponare la pelle. Dovevo parlare.
“Mary, sono preoccupata per te. Non voglio rattristarti, è solo che – esitai un attimo – l’ultima volta sei stata malissimo, c’è stato quel periodo orribile, poi l’incidente… insomma, ho paura che si ripresenti e non voglio che tu passi nuovamente tutto questo. Non te lo meriti, sei così brava nel tuo lavoro. Non dovresti nemmeno incolparti, il centro trapianti ha dato quel cuore a un’altra bambina, non tu. Anzi, tu hai cercato in tutti i modi di accontentare entrambe e magari è finita male, ma, vorrei ricordarti le parole che dicesti a me e agli altri una volta e cioè che non siete dei, siete Umani – sottolineai quel termine – E a volte questo non basta. E possibilmente sto straparlando, ma ci tenevo solo a dirti tutto questo”
“Niki – mi guardò negli occhi – non ho nessuna intenzione di ricadere nel baratro. Sono disperata per Sarah, mi prenderei a sprangate, mi autodenuncerei, se potessi. Ma il baratro – si arrestò per qualche secondo – no, quello sta benissimo dov’è”
“Sono felice di sentirti parlare così. Piangi le sconfitte e non evitarle, ma non lasciarti sopprimere da esse. Abbi sempre il coraggio di andare avanti”.
Mary sorrise.
“Allora, che film vediamo?”.
La vedevo e la percepivo molto più tranquilla. Mi rilassai anche io, poi le indicai ‘Una settimana da Dio’.
 
POV Ian
“Rose, mi senti?” sussurrò Mary, chiudendosi in bagno.
Ci fu qualche minuto di silenzio, poi disse: “No, parlo piano perché Ian sta ancora dormendo. Stanotte è tornato alle quattro per colpa delle riprese e sono solo le otto, non mi va di svegliarlo”.
Il silenzio tornò, finché Mary non disse: “Uffa, e va bene, arrivo. Ma potevo aiutarvi anche da qui”.
Riattaccò e uscì dal bagno.
“Amore, apprezzo il fatto che non volessi svegliarmi, ma ti avviso che l’hai fatto lo stesso” brontolai, aprendo gli occhi per guardarla.
“Oddio, scusami, davvero – il suo volto apprensivo mi guardò dall’alto – Solo che Rose ha chiamato all’improvviso e beh, il bagno era il posto più vicino per rispondere. Mi dispiace”
“Non preoccuparti – mi misi a sedere – Cosa devi fare in ospedale? E’ il tuo giorno libero!”
“Come sai, il 10 Giugno ci sarà l’anniversario dell’ospedale e la serata conclusiva dell’anniversario. Dovendo organizzare qualcosa si questa serata, ci siamo buttati su una cosa che ha proposto – si arrestò un attimo, riflettendo – chi diamine l’aveva proposto? Vabeh, comunque – scosse la testa, cominciando a gesticolare – il punto è che questa cosa era tipo su tutta la storia dell’ospedale, ma molto, molto noiosa; noi abbiamo accettato solo perché il Capo aveva dato il suo ok, ma a quanto pare stamattina si è svegliato e vuole qualcosa di diverso, ergo dobbiamo nuovamente decidere. E non ne abbiamo la minima idea” si sedette scoraggiata al mio fianco.
“Su cosa dovrebbe basarsi questa serata?”
“Non saprei sinceramente. Dovrebbe essere qualcosa di spettacolare, ma non saprei dirti cosa”
“Perché non provate con una serata a tema? Sono divertenti. Noi le facciamo spesso a fine riprese, oppure anche le serate di beneficenza, tipo quelle che organizziamo per la fondazione” dissi con la voce bassa per il sonno, sperando di essere d’aiuto.
Mary mi guardò per un po’, poi sfoggiò il suo sorriso smagliante e mi baciò.
“Sei un genio – mi baciò nuovamente, poi disse – Torno tra un’oretta, anche meno se accettano la mia proposta, promesso” mi carezzò il volto e se ne andò.
“Lieto di essere stato d’aiuto” pensai e tornai a dormire.
 
POV Mary
Corsi in ospedale. Ian mi aveva dato un’idea a dir poco geniale e dovevo assolutamente dirla agli altri.
Arrivai all’ingresso col fiatone.
Poco prima di entrare, trovai Kevin, in piedi, di fronte all’edificio.
“Kevin! – dissi sorpresa – Cosa ci fai qui?”.
Si voltò con uno sguardo vuoto e confuso, poi disse: “Sono venuto a prendere le cose della mia Sarah”
“Oh – mi avvicinai – Vorresti una mano?”
“No, tranquilla. Farò da solo. Devo. Nessuno può aiutarmi. Solo una cosa”.
Il suo tono di voce cambiò. Mi sembrò più rabbioso.
Feci un respiro profondo e risposi: “E cosa sarebbe ciò che può aiutarti?”
“Rendere giustizia alla mia piccola Sarah. Non voglio trattenerti oltre. Entra, tranquilla. Io me la caverò”
“D’accordo – annuii, anche se poco convinta – Buona giornata, Kevin”
“Oh, lo sarà di sicuro!” biascicò.
Turbata per quell’incontro, entrai in ospedale, con l’idea di Ian ancora in testa.
“Buongiorno, Mary. Ma oggi non è il tuo giorno libero?” mi chiese l’infermiera Amy all’ingresso.
“Buongiorno a te, Amy. Lo è, ma sono stata chiamata da Rose per risolvere una cosuccia. A tal proposito, sai dov’è?”
“Sala riunioni sud”
“Ok, grazie, ci vediamo dopo” le sorrisi e corsi verso la sala.
“Ma lo capisci che è impossibile?” Rose sembrava fuori di sé.
“Ma sarebbe divertente!” ribatté Kate.
“Che succede?” chiesi, mettendo piede in sala.
“Kate avrebbe proposto una cosa, ma a me sembra molto impossibile da mettere in atto” Rose alzò gli occhi al cielo.
“Quale sarebbe?” mi incuriosii.
“Fare qualcosa simile a un film per narrare la storia dell’ospedale”
“Sarebbe una bella idea” sorrisi verso Kate.
“Sì, ma Rose ha ragione. Abbiamo un mese per organizzare il tutto e realizzare progetti del genere è un po’ difficile. Ci vorrebbero più tempo” Steve scosse la testa.
“Ragazzi, io avrei avuto un’idea – dissi esitante – A dire il vero, è stata di Ian, ma dato che avete bocciato quella di Kate, credo che anche la mia”
“Spara, tranquilla, siamo tutti orecchi”
“Che ne pensate se facessimo una serata di beneficenza? I soldi raccolti andrebbero all’ospedale e magari ogni tot potrebbe essere destinato a ogni reparto”
“E’ una bellissima idea, Mary – Rose sorrise – come quella di Kate, d’altronde; ma una serata di beneficenza ha bisogno di qualcosa che faccia, come dire, versare dei soldi da parte delle persone! Cosa dovremmo fare?”
“Io proporrei l’asta umana. Non ci vorrebbero di certo lavori impegnativi” Alex sorrise beffardo.
“Al, i pensieri sconci ti si leggono in faccia!” gli diedi una spintarella disgustata.
“Che ne dite di uno spettacolo? Con musica dal vivo e anche qualche video che narra la storia dell’ospedale, dalla costruzione ai giorni nostri”
“Steve, è un’idea meravigliosa! Potremmo cantare noi stessi senza ingaggiare una band e organizzare persino un corpo di ballo. O una cosa simile. E poi, montare i video sarà semplicissimo, ne abbiamo a migliaia” dissi io, esaltandomi.
“Sì, ma per cantare noi dovremmo prima provare. Quando dovremmo farlo? Secondo me è impegnativo tanto quanto il film”
“Non è detto. Kate sa ballare benissimo, inventare coreografie semplicissime per accompagnare le canzoni non deve essere così difficile; Steve e Alex sono portentosi nel suonare e cantare; Rose, tu hai una voce fantastica e conosci tantissime canzoni – mi voltai verso gli altri colleghi – e poi, Jason, Margaret, Lisa e Graham sono bravissimi nel montaggio. Considerate tutti gli altri dello staff ospedaliero, infermiere, tecnici e paramedici inclusi, e abbiamo un gran numero di persone con dei talenti. Secondo me, se dopo la fine dei nostri turni ci organizziamo, riusciremo a fare tutto quello che è necessario. In fondo, nei vostri licei canto, ballo e, perché no, anche montaggio sono corsi regolari. Sono certa che quasi tutti in questo ospedale riescono a fare queste cose! Non solo, potremmo pure fare, non so, un paio di canzoni e un paio di montaggi a reparto, così da dividerci i compiti e non gravare tutto su pochi”
“Sei stata convincente” Rose si illuminò.
“Allora, chi è d’accordo, a parte Mary e me?” disse Steve.
“Io ci sto” Rose, Alex e gli altri colleghi risposero all’unisono.
“Perfetto, andiamo a comunicarlo al Capo” Steve sorrise e andò con Rose nell’ufficio del Dr. Richardson.
Contenta, stavo per dirigermi verso la mensa per prendere un caffè, giusto per svegliarmi bene, prima di guidare verso casa, quando pensai a Liz, la piccola a cui avevo trapiantato il cuore la settimana precedente, che aveva ricevuto il cuore al posto della bimba di Kevin.
Chiusi per un attimo gli occhi, ricordando quel giorno di fuoco, cominciato con la felicità di un cuore per Sarah, concluso con il risveglio di Liz e la morte di Sarah.
Mi rattristai, ripensando al volto di Kevin. Doveva stare d’inferno.
Cambiai direzione e presi le scale. Kevin non poteva sopportare di vedere e rassettare le cose della sua bambina da solo, aveva bisogno d’aiuto, anche se l’aveva rifiutato.
Mentre salivo le scale, sentii l’altoparlante gracchiare.
“Avviso a tutti i dipendenti, i pazienti e i parenti. A breve arriveranno le forze armate. Non allarmatevi! Vengono per controlli di routine” la voce del Capo, solitamente calma, era segnata da un filo di agitazione e nervosismo, come se stesse nascondendo qualcosa.
In effetti, era stato un avviso molto strano. Quando mai le forze dell’ordine erano venute per controlli? In cinque anni e mezzo non era mai successo.
Scossi la testa, stranita da quella comunicazione e continuai a salire.
Arrivata al quinto piano, in pediatria, mi sorpresi. C’erano molte persone, tutte ammassate che parlottavano. Alcune urlavano addirittura.
“Ma che…?” dissi curiosa, avvicinandomi.
Mi feci strada tra la gente. Arrivata in prima fila, mi bloccai.
Tutte le immagini della morte di Jodie e di quella di Sarah mi passarono davanti, come tanti flash, uno più doloroso dell’altro: Jodie, piena zeppa di ferite, sorridente nonostante il dolore; il suo cuore forte che non ne voleva sapere di riprendere a battere; la sua espressione serena, appena morta; Sarah, forte tanto quanto la madre, che cercava di infondere speranza nel padre dopo l’inserimento del cuore artificiale; il suo monitor che, improvvisamente dopo qualche ora, segnalava un’anomalia; il suo cuore che si arrendeva sotto le mie mani.
Tornai alla realtà, incredula per la scena che avevo davanti.
Kevin era in piedi con una pistola e teneva in ostaggio Liz.
Non era venuto per prendere le cose di Sarah.
Ecco perché aveva detto che doveva renderle giustizia.
“Mary, che diavolo ci fai qui?” mi rimproverò Melanie, il primario di pediatria, distogliendomi dai miei ragionamenti.
“Ero venuta ad aiutare Kevin. Mi aveva detto c-che doveva prendere le cose di sua… s-sua figlia” balbettai e fissai la pistola, sbilanciandomi in avanti.
“Non ti avvicinare, potrebbe sparare” Melanie mi bloccò per un braccio.
“Non lo farà”
“Mary, il Capo ha già avvisato la polizia. Arriveranno a breve, perciò”
“Ha sparato a qualcuno?”
“Mary”
“Mel, rispondimi. Ha sparato a qualcuno?” mi liberai dalla stretta.
“No, Mary. Non ha sparato a nessuno. Non ancora perlomeno”
“Mel, non dire così. Lo sai che lo conosco, non userà la pistola. Lasciami parlare con lui – la guardai e lei acconsentì; cautamente mi avvicinai di poco a lui – Kevin, che stai facendo?”
“Lei è la causa del mio dolore. E’ tutta colpa sua!” urlò con rabbia e strinse la presa sulla bambina.
“No, la prego mi fa male” piagnucolò Liz.
“Kevin, sta’ calmo. Abbassa la pistola e spiegami tutto quanto” dissi.
“Lei ha avuto il cuore al posto suo. E non doveva, lo sai bene. Il cuore era di Sarah, non suo. L’ha rubato! E ora merita di morire”
“Kevin, questa bambina stava peggio di Sarah. Non è colpa sua se Sarah non ha avuto il cuore”
“Ma Sarah è morta! Le serviva quel cuore, dannazione!”.
Le sue urla di dolore erano strazianti.
Ebbi i brividi.
“Kevin, ascoltami. E’ vero, Sarah non ha avuto il cuore e purtroppo non ce l’ha fatta. Hai ragione a essere così straziato, in meno di un anno hai perso tua moglie e tua figlia; ma non puoi fare così, non puoi minacciare quella bambina. Questo gesto non rende di certo giustizia a Sarah, né tantomeno alla persona buona e gentile che in realtà sei. Abbassa la pistola, su”
“Quella persona è morta per ben due volte. Non esiste più”
“Non dirlo, io so che è dentro di te. Cosa penserebbero Jodie e Sarah di questo? Ragiona, non agire d’istinto. Colpire questa bambina non ti farà riavere Sarah. Niente potrà farti riavere indietro tua moglie e tua figlia. Non fare qualcosa di cui sicuramente ti pentirai”
“E’ troppo tardi”
“No, non lo è. Ancora non hai fatto alcun male. Sei ancora in tempo. Lasciala andare, coraggio” accennai un sorriso, sperando di essere convincente.
Kevin annuì, guardando il vuoto, e lasciò andare la bambina, che corse verso Melanie.
“Bravissimo – il mio sorriso divenne più grande, ma l’agitazione che scatenava quella pistola era sempre presente – Ora, io mi avvicinerò, ti prenderò per mano e ti toglierò quella pistola e così sarà tutto finito, d’accordo?”
“No, non ti avvicinare o sparo” i suoi occhi puntarono su di me.
Così come la sua pistola.
Deglutii terrorizzata.
































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Note dell'autrice: 
Ce l'ho fattaaaaaaa!!!! Ecco qua il nuovo capitolo! Sono successe parecchie cose, alcune felici, altre un po' meno, scriverlo non è stato affatto semplice, ma spero che attendere sia valsa la pena!
Cosa succederà a Mary? Kevin sparerà o no? 
Chi lo sa :P lo scopriremo nel prossimo capitolo (o forse dovrei dire "scoprirete", visto che io già lo so ahahahah :P)


Grazie mille per aver letto/recensito/messo la storia tra seguite/ricordate/preferite e per aver atteso con tanta tanta tantissima pazienza!! Siete i migliori!!


Ricordo il link del gruppo per chi si volesse unire: https://www.facebook.com/groups/265941193578737/


Alla prossima, 
Mary :*
  
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