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Autore: TheSlavicShadow    20/04/2016    0 recensioni
Una serie di oneshot incentrate sulla figura di Natasha e il suo rapporto con la figlia del compagno.
[Bucky/Natasha + Elizabeth(OC)]
{Forse un giorno le cambierò nome, ma per ora non riesco a trovarne uno decente...}
Genere: Fluff, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James 'Bucky' Barnes, Natasha Romanoff/Vedova Nera, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Marzo 2016

 

Natasha Romanoff aveva sempre avuto un pessimo gusto in fatto di uomini. La sua vita sentimentale era stata costellata da relazioni finite male, relazioni finite ancora prima di iniziare, relazioni che non erano mai state delle relazioni ma lei si era illusa che lo fossero. Non aveva ancora compiuto neppure trent’anni e già vedeva la propria vita sentimentale conclusa. Si immaginava da vecchia, completamente da sola e circondata da gatti. Tutti i suoi amici di stavano sistemando, mentre lei ancora cercava l’uomo giusto.

Era sicura che dopo il suo ultimo quasi partner avesse finito con gli appuntamenti.

Bruce Banner era un uomo fantastico. Troppo concentrato sul suo lavoro di scienziato, ma poteva funzionare. Del resto aveva anche lei degli orari strani e non lo avrebbe mai incolpato se non potevano vedersi, dovevano annullare all’ultimo qualche appuntamento. Ma non c’era stata nessuna scintilla, e lo scienziato era semplicemente scomparso.

Salvo poi ricomparire in un imbarazzante uscita a quattro perché uno dei suoi migliori amici non aveva fatto due più due quando le aveva presentato il migliore amico del proprio fidanzato. Tony Stark lo aveva trovato esilarante e aveva continuato a prendere Steve Rogers per i fondelli.

Successivamente, lo stesso Steve che aveva cercato di presentarle un suo ex, le aveva proposto di uscire con il suo migliore amico. Un ex soldato come lo era stato lui stesso e che poteva essere perfetto per lei.

E Natasha aveva accettato. Era uscita con James Barnes e al primo appuntamento ne erano seguiti molti altri.

La prima cosa che aveva notato di quell’uomo era il suo sorriso. Era particolare, sembrava sempre malizioso anche se mentre sorrideva i suoi occhi sembravano innocenti e puri. Poi aveva notato il suo braccio sinistro e doveva essere opera di Stark perché non aveva mai visto una protesi così ben fatta.

James aveva quattro anni più di lei. Si era arruolato non appena aveva finito le superiori e Steve lo aveva seguito l’anno dopo. Avevano compiuto diverse missioni insieme e tutto era sempre andato per il meglio. Fino a quando non si erano trovati nel posto sbagliato al momento sbagliato e James aveva perso un braccio a causa dello scoppio di una bomba. Una volta tornato a casa si era sposato con la ragazza che frequentava all’epoca, per divorziare solo un paio di anni più tardi.

La guerra per fortuna si era portata via solo il suo braccio. La sua voglia di vivere e di essere felice era rimasta. Dai racconti di Steve e anche di James stesso questa era una cosa più che chiara.

Nonostante soffrisse da sindrome da stress post traumatico, riusciva a condurre una vita normale, tanto che nel divorzio aveva ottenuto la custodia della figlia. Anche grazie all’aiuto di uno degli avvocati di Tony Stark, questo non poteva essere negato.

E questa era l’unica cosa a cui non era pronta in quella relazione. Una graziosa bambina di 5 anni che aveva ereditato gli occhi chiari del padre e di cui lui non faceva altro che parlare anche se lei non l’aveva mai incontrata. In sei mesi che frequentava James, erano stati d’accordo che sarebbe andati entrambi cauti soprattutto quando si trattava della bambina.

Si era svegliata quando aveva sentito dei rumori provenire dal corridoio. Aveva aperto un occhio per controllare l’ora ed erano solo le 8 del mattino. Di domenica. Dopo che avevano passato la serata con Steve e Tony.

Doveva essere sicuramente James che era andato in bagno e a causa dei postumi della sbronza aveva inciampato in qualcosa. Non ci aveva dato troppo peso, tirando le coperte sopra la testa per ritornare a dormire. Quel giorno non doveva andare a lavorare e voleva godersi quante più ore di sonno possibili.

La porta della camera si era aperta, ma non erano i passi pesanti di un James assonnato quelli che si stavano avvicinando. Erano leggeri. Troppo leggeri. E veloci.

Il materasso si era abbassato solo un po’ e quando aveva riaperto gli occhi ad osservarla c’erano due enormi occhioni azzurri.

“Hai davvero i capelli rossi.”

Era rimasta un attimo in silenzio. Aveva spalancato gli occhi e non riusciva a non guardare la bambina che si era tutta sporta sulla parte di letto lasciata libera da James.

“Papà mi ha detto che sei una ballerina. E’ vero? Mi insegni?”

Non riusciva a connettere il cervello. Avrebbe tanto voluto risponderle. O anche solo scappare da qualche parte. Ma non riusciva a muovere neppure un muscolo.

“Lizzy, lascia dormire Nat.” La voce di James arrivava dalla porta e lei era rimasta ancora nascosta sotto le coperte.

“Ma è sveglia!” La bambina aveva voltato velocemente la testa, facendo così oscillare i codini che prima le cadevano morbidamente sulle spalle.

Aveva sentito prima James sospirare e poi i suoi passi sul pavimento di legno della stanza. Era entrato nel suo campo visivo per prendere la bambina in braccio e questa aveva riso.

“Ti avevo detto di aspettare in cucina.”

“Ma lei è qui!”

Natasha non aveva spostato gli occhi dalla bambina, che ora teneva la braccia attorno al collo del padre e sembrava euforica.

James aveva scosso la testa e si era seduto sul letto per chinarsi e baciare i suoi capelli. “Scusa, c’è stato un imprevisto ed è tornata a casa prima del previsto. Puoi dormire ancora, mentre io le preparo la colazione.”

Sentiva gli occhi della bambina su di sé e non sapeva come interpretarlo. Di solito i bambini che aveva attorno erano quelli di Clint, suo collega al bar, e Clint era felicemente sposato. Non erano i figli di qualcuno che frequentava. Anche perché James era il primo.

“Papà, posso restare con lei?”

L’aveva osservata mentre appoggiava la testa sulla spalla di James che si stava alzando. L’uomo le aveva detto che la bambina sapeva che si stava vedendo con un donna che non era la sua mamma e che a volte lei gli faceva delle domande. Però erano sempre stati molto attenti a non farle incontrare. Cosa sarebbe successo se poi la bambina si affezionava a lei e le cose tra di loro non dovevano funzionare? Avrebbe perso nuovamente una figura adulta e questo non sarebbe stato giusto.

“Forse è meglio se torno a casa.” Si era messa seduta, cercando sul comodino l’elastico per capelli che vi aveva abbandonato la sera prima.

James l’aveva osservata e poi aveva guardato la figlia. “Facciamo colazione tutti e tre insieme, intanto. Poi vediamo cosa fare.”

Natasha amava il sorriso di James, soprattutto quei sorrisi che lo vedeva rivolgere alla figlia e ora finalmente li vedeva dal vivo.

“Ti aspetto in cucina.” Si era chinato di nuovo e le aveva dato un leggero bacio sulle labbra, che aveva fatto ridere la bambina. “Ma cosa ridi? Anche tu un giorno bacerai qualcuno.”

“Lo zio Steve!”

Questa volta aveva riso James, mentre usciva dalla stanza e Elizabeth si girava nel suo abbraccio per poterla guardare ancora.

Aveva legato i capelli e si era poi alzata dal letto. Sentiva James che parlava con la bambina e lei gli rispondeva con un tono di voce felice ed eccitato, e questo aveva fatto sorridere anche lei. Anche se non sapeva assolutamente come comportarsi.

Prima di uscire dalla stanza aveva preso una felpa di James, abbandonata sulla sedia, e se l’era infilata. Come aveva fatto con i pantaloni del pigiama, perché non era il caso di entrare in cucina con solo i boxer di James addosso.

James era ancora a petto nudo e se fossero stati da soli si sarebbe avvicinata e lo avrebbe abbracciato da dietro. Le piaceva vederlo preparare la colazione.

Gli si era avvicinata tuttavia, anche se solo per dargli un bacio sulla guancia e poi prendere il succo d’arancia e il latte dal frigorifero.

“Jennifer è dovuta andare al lavoro e così l’ha riportata a casa prima del previsto.” Si era poi voltato verso la figlia. “Ma ti sei almeno presentata quando sei andata a svegliarla?”

Aveva visto la bambina spalancare gli occhi e poi scendere dalla sedia a avvicinarsi velocemente. Le si era fermata di fronte e le aveva porto la mano, facendo un’espressione seria che era troppo comica sul viso di una bambina.

“Sono Elizabeth Rebecca Barnes e ho 5 anni. Piacere di conoscerti.”

“Natasha Romanoff e il piacere è tutto mio.” Aveva sorriso e le aveva stretto la mano. Quella presentazione era sicuramente opera di Steve, e James che rideva al suo fianco gliene stava dando conferma.

“Come la principessa!”

“Quasi…” Si era voltata verso l’uomo che le stava osservando. “Ma che cartoni le fai vedere?”

“Tutti quelli che vuole vedere. Vero, mostro?”

La bambina aveva annuito vigorosamente, continuando a guardarla.

“Papà dice che sei bravissima a ballare. Sulle punte e a fare le piroette.”

Le sembrava quasi che i suoi occhi brillassero mentre parlava.

“Tuo padre esagera, non sono così brava. Ma se lui è d’accordo, un giorno puoi venire nella scuola dove insegno e se ti piace puoi provare anche tu.”

“Papà, posso vero?” In un nanosecondo era completamente concentrata sul padre, con gli occhi spalancati e i pugni stretti al petto mentre si tratteneva dal saltellare, vista la posizione che avevano assunto le sue gambe.

James aveva guardato prima la figlia e poi lei; sguardo a cui lei aveva risposto solo con un’alzata di spalle.

“Questa è una tua responsabilità, non mia.” Si era voltata per prendere una tazza di caffè prima di andare a sedersi, subito raggiunta da Elizabeth che le si era seduta accanto.

“Lizzy… Lasciala in pace almeno mentre fa colazione.” James aveva messo un piatto con dei pancake sui tavolo e poi si era seduto a sua volta.

“Ma non sto facendo nulla! E poi non so quando la rivedrò e tu parli sempre di lei!”

Natasha aveva inarcato un sopracciglio mentre alzava la tazza e beveva il proprio caffè, e osservava l’uomo che spostava lo sguardo imbarazzato. Aveva poi guardato la bambina che mangiava e la osservava.

“Nat, se per te non è un problema, puoi restare con noi oggi?” Si era di nuovo voltata verso James quando questi aveva iniziato a parlare. “Ormai ti ha vista e non mi darà pace se te ne vai.”

“Farò la brava tutto il giorno, va bene?” Aveva guardato prima lei e poi il padre. “Posso telefonare allo zio e dirgli che ho conosciuto Natasha?”

“Più tardi, ora starà ancora dormendo.” James aveva scosso la testa, ridacchiando e poi guardando la donna che gli sedeva di fronte. “So che non erano questi gli accordi, ma…”

Natasha aveva guardato la bambina che aveva finito di mangiare. “Elizabeth, tuo padre mi ha detto che fai dei disegni bellissimi. Me li fai vedere?”

L’aveva vista illuminarsi e correre fuori dalla cucina alla velocità della luce.

“Se non è un problema per te e per lei, allora rimango volentieri, James. Anche se è tutto molto improvviso.”

“Lei non fa che chiedermi di te da quando ha capito che sto uscendo con qualcuno, e quando stamattina è arrivata, non appena ha capito che eri qui è corsa in camera per vederti.”

“Ti assomiglia molto, nonostante abbia i capelli più chiari. E parla molto come te.” Aveva sorriso quando James aveva ridacchiato. Aveva allungato il braccio sopra il tavolo, per mettere la mano su quella dell’uomo.

“Grazie. Per tutto.”

Natasha gli aveva sorriso dolcemente mentre Elizabeth rientrava correndo in cucina con un blocco da disegno.
   
 
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