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Autore: akira uzumaki    20/04/2016    0 recensioni
SPOILER
Post rivelazione
Il mare, d’inverno, non gli piace.
Troppo selvaggio, trppo sincero.
Quando è inverno, e guarda il mare, questo lo obbliga a vedere di nuovo se stesso.
A vedere quello che ha fatto.
Perché il mare, d’inverno, è severo. Non ha pietà.
Il mare d’inverno non gli permette di lasciare nulla in sospeso.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Slash | Personaggi: Thomas
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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A Valentina,
che mi ruola il Newt più dolce di tutti i tempi e si è pure presa la briga di rileggermelo 


 
Ma noi cosa eravamo, Newt?


-Newt… Newt sono io

 
Il mare, d’inverno, non gli piace.
Troppo selvaggio, troppo sincero.
 
Quando è inverno, e guarda il mare, questo lo obbliga a vedere di nuovo se stesso.
A vedere quello che ha fatto.
 
Perché il mare, d’inverno, è severo. Non ha pietà.
Il mare d’inverno non gli permette di lasciare nulla in sospeso.
 
-Newt insomma dai, è passato tanto tempo. Newt, caspio, adesso potresti anche rispondermi.
 
Ormai lo sanno tutti.
Non fanno più domande.
 
Ci sono giorni in cui Thomas sparisce. Deve sparire.
 
E non va a cercarlo Minho, non va a cercarlo Brenda.
Ormai non va neanche più a cercarlo il suo bambino.
 
Sanno che la sera tornerà comunque, magari con gli occhi arrossati, ma tornerà.
Ad abbracciare quel figlio che ama più di se stesso, a baciare Brenda, nell’ombra della sera, a scambiarsi con Minho quelle occhiate a cui per scelta non davano voce, per paura che ne uscisse rotta dal pianto.
 
-Ehi, ma mi senti? Newt, per favore… Ho bisogno di parlarti. Non abbiamo ancora chiuso quella questione.
 
Sono sussurri, quelli che disperde nel vento.
Sussurri che non sono altro che fiato sprecato, dice quella parte razionale di lui, quella che gli ricorda che Newt non è altro che polvere ormai.
Polvere che resta per terra, una terra ben lontana da lui.
Glielo ricorda quella parte razionale che lo ha salvato, che ha salvato Minho, ha salvato Brenda, che in un certo senso ha salvato anche Newt.
 
Ma lui quei sussurri ha bisogno di lasciarli nel vento.
Perché quella parte un po’ meno razionale di lui, quella che lo sveglia, di notte, che gli ricorda che quella questione è ancora sospesa, ha bisogno di credere che il vento davvero glieli porti, quei sussurri.
 
Perché si dice che il tempo ti guarisca, ma lui non si era ritrovato poi così guarito.
 
Perché lui aveva ancora una colpa da scontare.
E lui voleva espiarla.
 
Perché lui aveva ancora una questione da chiudere.
E lui voleva chiuderla.
 
-Hey, mi senti…?
 
Lo sentiva? Doveva sentirlo.


Probabilmente non rispondeva di proposito.
Probabilmente non l’aveva perdonato.
 
-Sai… mi ricordo ancora bene della radura.
Hai… hai presente quella notte in cui mi addormentai sotto quell’albero… la mattina mi svegliai con una coperta addosso. Lo so che me le portasti tu, Newt. Non credo di averti mai ringraziato, non per questo”

 
E’ un sorriso, quello che appare sul viso di Thomas.


Ma non quel sorriso che rivolge a Minho, quando respirano affannati, perché non sono più ragazzini, ma pretendono ancora di correre come allora.
Quello è un sorriso con il fiatone, soddisfatto.
E’ un sorriso che, troppo spesso, sostituisce le parole che non riescono mai a tirar fuori, loro due.
 
Non è il sorriso che rassicura Brenda, quando il loro bambino ha due linee di febbre.
Quel sorriso è pieno di amore, quel sorriso è una promessa che si rinnova ogni volta. La promessa che si riserva al proprio compagno di vita.
 
Quel sorriso è diverso, diverso da ogni altro.
E’ il sorriso che si accendeva sul suo viso solo quando era di fronte a quella brutta faccia che si ritrovava Newt.
 
E’ quello il sorriso che si ripresenta ora, sul viso di Thomas.


 
Ma non è uguale ad allora.
E’ diverso.
E non per i segni del tempo, che ormai si fanno prepotentemente strada sul suo viso, con quella barba che si lascia ormai crescere, sebbene suo figlio lo brontoli perché gli gratta le guance, quando lo bacia, alla sera.
 
Quel sorriso è diverso, perché è monco.
 
Aspetta sempre la sua una risposta, l’altra sua parte.
 
Ma resta solo, resta zoppo.
 
E ormai si dice che dovrebbe essersi abituato, che avrebbe dovuto imparare a vivere anche senza.
Ma lui quel sorriso che lo rassicurava non può ritrovarlo.
Quel sorriso che sembrava rimettere apposto le cose, anche quando il mondo se ne andava a puttane.
 
-Te la ricordi la radura, Newt? Dopotutto eravamo anche messi benino, là dentro. Eravamo…- tossisce, perché la gola è secca, e sussurrare gli dà noia. Quindi non si fa problemi, alza la voce –Eravamo giovani, e il mondo ancora non era del tutto crollato ai nostri piedi.
 
E sa che forse è un po’ una bugia, perché Newt la radura la odiava.
Odiava essere in gabbia, lui.
E allora si chiedeva… ora sei libero, Newt?
 
-Te lo ricordi, Newt, com’era la sera? Le porte chiuse, la certezza di essere al sicuro? Perché io non riesco a ricordarlo. E’ troppo lontano, e quelle sensazioni sono state affogate, Newt.
 
Newt non era felice, non era felice Thomas!


Lui stava male, nella radura.
Lui ha cercato di uccidersi, nella radura.
Non era felice, nella radura.
 
In quei momenti lo capiva.
In quei momenti si rendeva conto che lui, Newt davvero felice, non lo aveva mai visto.
Eppure gli sembrava impossibile che, quando ricambiava i suoi sguardi, quando rideva dandogli della faccia di caspio, quando lo chiamava Tommy nel modo più naturale possibile, gli sembrava assurdo che, almeno in quegli attimi, in quegli attimi solo loro, lui non fosse felice.
 
-Newt perché non rispondi mai? Perché continui a lasciarmi.. in sospeso?
 
Sospeso.
 
Così si sentiva.
Avevano lasciato troppe cose in sospeso, loro.
 
In sospeso le promesse di una pace, prima o poi.
In sospeso le risate, che si erano trovati spesso a rimandare a dopo.
In sospeso quel rapporto solo loro, che non sapevano, che forse non volevano, definire.
 
Quel rapporto che sapeva di amicizia, ma aveva qualcosa di più.
Quel rapporto che era diverso da quello che aveva con Minho, diverso da quello che aveva con Brenda.


Era comprensione. Complicità.
 
Era una promessa, una continua fiducia.
Un legame che si percepisce anche solo annusando l’aria, come quando ci si rende conto che sta per piovere.
 
Ed è quel legame che tiene sveglio Thomas, certe notti.
E’ quel legame che lo porta lì, a cercare il mare d’inverno.
E’ quel legame, che non riesce a credere davvero concluso.
E’ quel legame che non è solo amicizia, ma che non ha neanche il coraggio di essere amore.
Quel legame, che ora più che mai sa di aver rovinato.
 
-Cazzo Newt mi dispiace! NEWT!
 
Ed è alta la sua voce, ora.
E il vento non raccoglie più sussurri, ma urla.
E riurla, riurla, di risposta.
 
Ma la voce di Thomas si incrina, perché il tempo non lo ha guarito, ha reso solo la cosa più distante.
Ha distaccato ogni emozione, ogni istinto.
Ha addormentato l’adrenalina, e lo ha messo semplicemente di fronte alla verità, nuda e sincera come il mare di inverno:
 
Lui ha ucciso Newt.
 
E non è l’atto in se, a svegliare in lui il senso di colpa.
 
Perché sa che Newt non aveva scelta, speranza.
Razionalmente sa che ucciderlo è stata la cosa migliore che avrebbe mai potuto fare per lui.
Che averlo ucciso vuol dire averlo liberato, avergli risparmiato la peggiore delle sorti.
 
Ma loro dovevano ancora chiudere un discorso.
Un discorso importante, senza che fosse fatto di parole.
Un discorso sostenuto da frasi implicite, e sguardi, e contatti brevi, quasi casuali dall’esterno. Una mano sulla schiena, la spalla contro la spalla, una carezza fugace sulla coscia, mentre parlavano con gli altri.
Ma il coraggio era sempre mancato.
E Thomas lo sa bene.
 
Ma sa bene anche un’altra cosa.
 
-Newt, stupido pive! A me puoi rispondere! Noi due… noi due eravamo.. Noi due siamo! Siamo sempre stati così lontani da tutti gli altri!
 
E Thomas è rosso, in volto, ed il fiato gli manca perché sta urlando.
Urla.
 
Urla perché è convinto che Newt sia arrabbiato con lui.
Urla perché Newt avrebbe avuto altro da dire.
Altro da dare.
 
Altri sorrisi, altre pessime battute del caspio.
Newt avrebbe saputo mettere il punto, ad il suo discorso.
 
Newt sarebbe potuto essere il punto al suo discorso più sincero, ma questo Thomas non può dirlo con certezza perché ha dovuto lasciarlo in sospeso *
-Newt io non volevo farlo! E’ stato un altro me… Io non l’avrei fatto, non dopo averti conosciuto.
 
Perché alla fine lo aveva ucciso lui; e non con quella pistola, non allora.
Lo aveva ucciso nel momento esatto in cui lo aveva fatto scendere nel labirinto.
 
Newt odiava il labirinto. Lui lo sapeva, lui lo capiva, nei suoi occhi, in quei suoi gesti.
Lui stava male, lui aveva sofferto, per tutto quel tempo.
Lui aveva tentato l’unica via di uscita allora accessibile, ci aveva tentato già una volta.
 
-Hey, ti prego… raccontami almeno di te…
 
La sua voce era più bassa, ora.
E lenta.
Ed ogni suono lasciato fuoriuscire con estrema attenzione, estrema cura.
 
-Stai un po’ meglio vero?- Thomas sorride, Thomas è convinto, nelle sue parole –Te ne sei finalmente andato da questo mondo di merda. Ora sei più libero, vero?
 
E quel pensiero allieva, appena, quell’angoscia dentro di lui.
Perché Newt ora sta bene, sta finalmente bene, e probabilmente non ha più bisogno di capire cosa sono, loro due.
 
-Newt, cacchio, Newt sono Tommy! Il tuo Tommy! Sono io, e ti sto chiamando. Ti chiamo da questa parte di mondo, quella che fa più schifo. Quella parte di mondo che fa schifo perchè è a lutto, perché senza la tua faccia di sploff non riesce ad andare.
 
Perché magari lui non ha più bisogno di chiarimenti.
Lui ora sta bene.
Ma Thomas ha bisogno di capire!
Thomas non ci vive più, con quell’interrogativo.
 
-Newt cazzo, io e te cosa eravamo? Amici..? Cosa Newt? Fratelli… ti prego cosa?
 
E le lacrime ora corrono veloci, prive di vergogna.
Su quelle gote di fuoco.
Su quella bocca stravolta.
Su quel silenzio che è il mare d’Inverno.
 
Perché è il silenzio, ad avvolgerlo.
E’ il silenzio, a raccogliere ogni sua parola.
Il silenzio a… a portarla a Newt?
 
Ma ci sono troppe domande, e non è abbastanza.
 
Ci sono troppi punti di sospensione, e non è abbastanza.
 
Perché lui non ha avuto abbastanza.
 
Di quegli occhi color miele.
Di quella voce un po’ roca.
Di quel suono odioso che aveva la sua gamba, trascinata per terra.
 
Newt era la colla che teneva loro tutti insieme, e Thomas lo sa bene perché anche solo un suo sorriso rimetteva tutte le cose insieme, e ora più che mai sente di averne un bisogno disperato.
 
Newt lo ha lasciato lì, con quei sorrisi a metà.
Con quei progetti lasciati al vento.
Con un biglietto infilato in tasca.
Con una richiesta terribile, con gli occhi nei suoi.
 
E forse sono stati tutti e due un po’ stupidi, e forse sono stati tutti e due un po’ sfortunati.
Forse fossero nati altrove, in un altro tempo, sarebbe stato diverso.
Forse sarebbe stato diverso, se avessero avuto più giorni.
Si sarebbero potuti conoscere ad un college, e Newt avrebbe potuto passare le vacanze da lui.
 
Forse…
 
Ma Thomas è in sospeso.
Lasciato lì, su una corda, in sospeso.
E non ha il coraggio di mettercelo da solo il punto, a quella frase.
 
-Mi manchi Newt, mi manchi così tanto.
 
E le sue labbra si chiudono, mentre altre lacrime gli bagnano le gote.
 
E forse sono arrivati entrambi in ritardo, e forse Newt non vuole più vederlo.
 
O forse Newt non può più rispondergli per il semplice fatto che non è più.
 
E forse è proprio così che deve espiare una sua colpa. 
E forse è così che Newt può vivere ancora in lui, attraverso quel sospeso.
 
-Papà, perché ti manco?
 
E la manine grassottella di un bambino dai colori scuri si posano su quelle di Thomas, e gli occhioni castani guardano stupiti il padre, perché non sapevano che anche i grandi possono piangere.
 
E Thomas sussulta, ma poi subito dopo prende tra le braccia suo figlio, e sorride.
 
E’ abbastanza ridicolo, con gli occhi che ancora piangono, ma il sorriso più dolce che sa fare sulle labbra.
 
-Tesoro, che ci fai qui’
 
Ma il bambino alza le spalle, e continua.
 
-Papà perché ti manco?
 
-Non dicevo di te, tesoro… dicevo di…. – di chi? Di chi dicevi Thomas? –Parlavo con una delle persone più importanti della mia vita.
 
Ed il bambino sorride, dondolandosi qua e là.
 
-E perché mi chiamo anche io Newt, papà?
 
E Thomas sorride ancora, e asciuga le lacrime, baciando la fronte al bambino; preme a lungo le labbra al centro, lì, nel punto esatto in cui, 10 anni prima, premette la pistola.
 
-Perché era una delle persone migliori che abbia mai conosciuto. Una delle persone più belle di tutta la terra. E spero che tu possa diventare come lui.
 
E allora Newt sorride, ed annuisce convinto.
 
-Ma io sono comunque più bello di lui, vero papà?
 
E Thomas ride, mentre si alza, per tornare a casa.
 
-Sicuramente. Aveva una gran brutta faccia di caspio.
 
 
E’ quando cammina, mano nella mano con suo figlio, che Thomas sa di potersi ritenere felice.
 
Ha tutto.
Ha la pace.
Ha l’amore.
 
Ama Brenda, e non vede l’ora che nasca quel nuovo bambino che le gonfia la pancia in un modo adorabile, rendendola ancora più bella.
 
Ha Minho. E Minho è la sua ancora, in quella corsa mattutina, è la sua sicurezza.
E’, insieme ai ricordi, la prova della loro vittoria.
 
Thomas è felice, ma è incompleto.
 
Nella vita di Thomas c’è, e ci sarà sempre, una frase in sospeso.
 
E magari è proprio in quei puntini di sospensione che Newt si nasconde, che lo aspetta.
 
Perché se è sicuro di una cosa, Thomas, è che Newt non si sarebbe mai allontanato da lui.
 
Perché è insieme, qualunque cosa siano, che devono stare.



 
* Citazione da una Fanfiction sempre su Maze runner su watpad, Post scritum
 
 


OOOOK 
  Mi dileguo subito, ma prima ci tengo a ringraziare chi arriva a leggermi fino a qui. 

Ancora non ho capito bene quale genere sia l'angst, quindi azzardo e chiedo.... Questo è angst?

In ogni caso questa fic è stata su un blocco notes verdino marcio per tipo... tre mesi... oggi l'ho ritrovata e ho deciso che, magari, poteva anche esse pubblicata. 

Quindi eccomi qui. 
Sono intenzionata a metterla in una serie con l'altra, su Newt, che se vi va di leggere è somewhere nel mio profilo :3



Tanti newtmas a tutti voi 
   
 
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