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Autore: tris_prior_is_back    21/04/2016    0 recensioni
Beatrice Prior si risveglia in un giaciglio dentro una capanna di paglia. L'ultima cosa che ricorda è la propria morte.
Genere: Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Tris
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
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Si risvegliò tirandosi a sedere, il cuore le batteva all'impazzata opprimendole il petto.

Solo dopo alcuni secondi  si rese conto che l'urlo agghiacciante che sentiva proveniva dalla sua bocca. Un incubo?  

Le avevano appena sparato, più volte.  Aveva sentito i proiettili penetrare nel suo corpo, il dolore, la vertigine, la certezza che non sarebbe sopravvissuta, non stavolta.

 Aggrapparsi ancora alla vita per qualche minuto, il tempo necessario per completare la missione. Abbandonarsi infine alla spossatezza, al buio, sapendo che tutto aveva avuto un senso.

Poi l'oscurità, il freddo. 

Il sorriso di Four forse solo immaginato.

Infine il Nulla. 

Si guardò intorno, il piccolo ambiente circolare in cui si trovava era immerso nella penombra, ma una luce intensa penetrava da quelle che sembravano lunghe fessure verticali alle pareti. Era seduta su una bassa branda, imbottita di qualcosa che odorava di erba secca. La luce giocava tremolando sul suo corpo completamente nudo e sul lenzuolo vivacemente colorato che le era scivolato sui fianchi. La sua coscienza vacillò, incapace di razionalizzare una situazione del tutto incomprensibile. Si tastò in cerca delle ferite o almeno delle cicatrici delle tante battaglie. Niente di niente. Quasi pianse scorgendo a stento il rassicurante tatuaggio sulla clavicola, si aggrappò a quell'immagine come ad un'ancora:  forse non era completamente pazza.  

Cosa stava succedendo? Dov'era? Chi l'aveva portata lì?

Cercò di alzarsi in piedi ma il mondo cominciò a girarle intorno, cadde sulle ginocchia, posando i palmi delle mani aperte sul pavimento in terra battuta per sostenersi. C'era un'afa insopportabile, polvere e terra le si attaccavano sulla pelle sudata. Ben presto le gocce di sudore presero a stillarle dalla punta del naso, assorbite rapidamente da quel primitivo pavimento.

Si sentiva spossata, era come se tutto il suo corpo pesasse in maniera eccessiva, sentiva ginocchia e polsi compressi dal suo stesso peso. Dubitò sarebbe riuscita a rimettersi in piedi. La vista le si annebbiò, lottò per non perdere nuovamente i sensi. Si costrinse a fissare lo sguardo su un piccolo punto giallo che era apparso sulla terra inumidita. Cos'era? Un filo d'erba? No, sembrava più un verme, stava uscendo da un piccolo forellino, si estendeva in verticale, sfidando la gravità col suo corpo lungo e sottile. Quando fu fuori dal terreno per circa 5 centimetri si fermò, in un istante l'estremità si espanse in un cerchio rosso contornato di quelle che parevano lunghe spine. Tris avvertì una vaga inquietudine ma continuava a osservarlo come rapita, ancora poco convinta che ciò che stava vivendo fosse veramente reale. Il verme si inarcò verso il basso e cominciò a vibrare. Un istante prima che spiccasse un salto verso la faccia di Tris, mezzo metro più sopra, qualcuno si avventò su di lei spingendola di lato e facendola rotolare verso la parete più lontana della capanna. Subito l'intruso si alzò e schiacciò con un piede il verme, bruciandolo poi con un laser. Incapace di alcuna reazione, Tris lo osservava con la vista annebbiata. Lui si voltò:

“Tris!”

“Four!” disse debolmente mentre lo stomaco le diventava piccolo come un mandarino e l'emozione le bagnava gli occhi confondendole ancora di più la vista. Lui si avvicinò chinandosi su di lei. Non era Four e solo il suo disperato bisogno di rivederlo l'aveva potuta indurre in un errore così grossolano. Era un giovane molto alto e robusto, dalla pelle olivastra e i capelli lunghi e mossi. La fissava con i suoi intensi occhi neri nei quali se Tris fosse stata più lucida avrebbe potuto leggere infinito rispetto e deferenza. Invece le fecero solo ricordare della sua nudità. Allungò la mano sinistra cercando a tentoni il lenzuolo di poco prima, lo trovò e se lo tirò sul seno fissando il ragazzo. Lui comprese improvvisamente il suo imbarazzo e scusandosi si volse di spalle.

“Scusa! Non volevo...” si sedette per terra, davanti all'ingresso dalla forma irregolare, ora aperto, dal quale entrava una intensa luce rosata.

“Il morso degli hoarang è molto doloroso. Scusa se sono stato brusco ma...”

“Chi sei? Dove sono?” La testa prese a vorticarle di nuovo.

“A fianco al letto puoi trovare degli abiti... scusa se...” Tris ritrovò per un attimo risolutezza, lo interruppe bruscamente:

“Sai solo scusarti inutilmente o sei anche capace di rispondere alle domande? Dimmi chi sei e dove sono!”

Il ragazzo sussultò alzando le spalle, accennò a voltarsi ma si trattenne, poi con voce più bassa disse semplicemente:

Io sono Nalpat e noi siamo su Ahn Lohn.”

“Bene, Nalpat di Ahn Lohn, tu il mio nome lo conosci. Cosa ci faccio qui? Sono tua prigioniera?” La nausea e il malessere sempre più forti le fecero tremare la voce.

“Oh, no! No! Assolutamente, nessuno ti tiene prigioniera. Io... Noi...” si fermò un secondo “Ti abbiamo portata qui per proteggerti, tu sei... Tu sei la nostra ultima speranza.”

Attese qualche reazione da Tris, ma lei rimase in silenzio. Dopo parecchi secondi si decise a lanciare uno sguardo fugace da sopra una spalla.

Tris era svenuta.

   
 
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