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Autore: _Ruggelaria    21/04/2016    6 recensioni
Dal secondo capitolo:
'Con un gesto rapido l’attirò a sé e poggiò la fronte sulla sua, fissandola intensamente con il suo solito sorriso che le toglieva il fiato. Le scostò una ciocca di capelli, nuovamente, e continuò a torturarla con lo sguardo senza dire nulla.
Sapeva, anche se non ne era del tutto sicuro, che la faceva impazzire almeno tanto quanto lei faceva impazzire lui con quei semplici sguardi.
Il loro provocarsi e il continuo tenersi testa, era un modo come un altro di dimostrarsi affetto, e questo lo sapevano entrambi.'
Salve a tutti! Sono ancora io. Non so se alcuni si ricordano di me, ma comunque. Spero che passiate a leggere la mia storia.
AH, ERECENSITE. FA SEMPRE COMODO UN CONSIGLIO ;)
_Ruggelaria
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prologo_Capitolo 1.
 
 
Il sole era alto quel giorno nel cielo di Buenos Aires. Era una di quelle giornate estive molto afose, quando senti bruciare la pelle e fai fatica a respirare; una di quelle giornate che dovrebbero essere passate in costume in riva al mare, prendendo il sole ed ascoltando la musica, o magari chiacchierando con i propri amici.
Il mare era tranquillo, il vento soffiava leggero mentre Camilla Vargas, sdraiata supina sul suo costosissimo telo da mare rosa, si abbronzava, insultando la sua ‘amica’ Natalia Perez.
“Non riesco a credere alla tua stupidaggine, Natalia. Come puoi essere mia amica?”.
NOSTRA!” esclamò il  resto del gruppo, sdraiato accanto a lei: Leon, suo fratello maggiore -ma solo di un anno-, Ludmilla Ferro, Marco Tavelli e Andres Calixto.
“Sì, sì… come volete… nostra” commentò la ragazza rossa liquidando il commento dei suoi amici e di suo fratello con un gesto della mano. “Il punto è che se non ragioni con quel poco di cervello che ti ritrovi, scordati di me… cioè, noi” si corresse ricevendo un’occhiataccia dai suoi compagni “e credimi…” mise una mano sulla spalla della ragazza “non conviene stare sola in mezzo alla savana” e le sorrise, indossando gli occhiali da sole e tornando sdraiata ad abbronzarsi.
“S-scusam-mi, Camilla. Hai ra-agione. Non ho pensato, ma t-ti pro-ometto che la prossima v-volta io…” ma non riuscì a terminare ciò che aveva da dire perché Camilla Vargas l’aveva bloccata con un gesto della mano.
“Non ci sarà una prossima volta, Natalia. O sei con noi, o contro di noi.”
“Sono con voi. C-certo che sono co-on voi!” esclamò, entusiasta di non esser stata cacciata dal gruppo più popolare dell’On Beat Studio.
Camilla Vargas alzò un angolo della bocca, soddisfatta del suo lavoro “Meraviglioso. Ma ora basta… devo pensare alla festa di questa sera. Leon?”.
“Dimmi” rispose scocciato il ragazzo.
“A che ora arriva Violetta?”.
Sentendo quel nome il cuore di Leon mancò un battito, mentre la testa era nella più totale confusione. Fece un respiro profondo, cercando di non risultare nervoso davanti ai suoi amici, o peggio, a sua sorella. Rispose qualche secondo dopo “Alle otto. Qual è il motivo del tuo interessamento?”.
“Fa’ in modo che io non la incontri.”
 
 
 “Sì, credo che questo sarebbe perfetto… se solo fossi interessata a tutto ciò!”.
Violetta Castillo era in collera.
La sua amica, Francesca Cauviglia aveva suonato al campanello di casa  sua con tre ore d’anticipo. Quella sera era in programma una festa per uno dei professori migliori dell’On Beat Studio, Pablo Galindo, ma purtroppo non era intenzionata a parteciparvi.
“Violetta, ti supplico. L’hai anche promesso a Leon”.
La ragazza alzò un dito davanti al viso della ragazza italiana “Oh no, mia cara. Io non ho promesso un bel niente a Leon. Ha organizzato tutto da solo… e sinceramente non m’interessa se ci andrà solo”.
“Un’altra discussione?”.
“Non abbiamo discusso, è lui che diventa geloso per ogni ragazzo che mi parla… anche solo per chiedere un’informazione!”.
Francesca scoppiò a ridere notando la faccia dell’amica. “Scusami, scusami. Lo sai com’è fatto Leon. Vedrai che quando ti vedrà con questo vestito farete pace” sorrise mostrando i denti ed agitando –tutta euforica- il vestito che aveva in mano.
Violetta sbuffò passandosi una mano sul viso. Come poteva spiegarle che tra lei e Leon non c’era niente, che erano solo amici… solo migliori amici che si volevano molto bene? Né Francesca, né nessun’altra delle sue amiche riusciva a capirlo. Perché? “Per l’ennesima volta Fran, io e Leon siamo solo amici”.
“Ma come fai a non notarlo! E’ chiaro come l’acqua! Tutti se ne sono accorti…”. Violetta sbuffò ancora una volta, gettandosi poi sul letto dov’erano stati buttati tutti quei poveri vestiti scartati da Francesca. “E credo che il sentimento sia reciproco… o mi sbaglio?”.
“Ti sbagli! Sei lontana milioni di anni luce!”. La ragazza italiana rise ancora una volta, sedendosi poi sul bordo del letto.
“Se t’infili questo vestito, e vieni alla festa, giurò che non ne parlerò più… per le prossime tre ore”.
Questa volta fu Violetta a lasciarsi scappare un sorriso, poi guardò con gli occhi ridotti a due fessure, la ragazza di fronte a sé. “Sei davvero una volpe, Francesca Cauviglia!”.
 
 
 Natalia Perez era tornata a casa. Marco Tavelli le aveva dato un passaggio con la sua nuova auto sportiva, regalatagli dai propri genitori per il compleanno, festeggiato qualche giorno prima.
Nata doveva ammetterlo, non appena quel ragazzo era entrato allo Studio non le era andato subito a genio, a dire la verità lo detestava. Con il passare del tempo, Camilla gli aveva lanciato degli sguardi, e Marco si era subito interessato alla ragazza rossa.
Bhe, come poteva non farlo?
Chi non era pazzo di Camilla Vargas?
Dopo mesi, alla fine, Nata era riuscita a farselo piacere, o meglio… cercava in tutti i modi di sorridere, essere dolce e gentile, e piacere a tutti.
Perché quello era ciò che doveva fare: piacere a tutti.
Soprattutto a Camilla.
Non poteva commettere neanche uno sbaglio, non poteva fare un passo falso… non di nuovo. Altrimenti sarebbe stata cacciata dal gruppo, e questo non poteva accadere.
Non doveva accadere. Non poteva permettersi di restare sola, come aveva detto Camilla ‘non conviene stare sola in mezzo alla savana’. E a lei non conveniva di certo.
Tornò in camera dopo aver fatto una bella doccia fredda per schiarirsi le idee, indossò il vestito per la festa organizzata al professor Galindo, e cercò, nel modo più castamente possibile, di applicarsi un po’ di trucco sul viso.
Si guardò allo specchio, e cercò di sorridere. Doveva sorridere.
Sorridere, sorridere, sorridere.
Avrebbe vinto contro tutti, bastava non fare un passo falso.
Restò a guardarsi per qualche minuto e alla fine, con un po’ di vergogna verso se stessa ma anche con un pizzico di sicurezza, poté constatare che era bella.
Si sentiva bella. Ma sapeva che accanto alla sua amica, Ludmilla Ferro, avrebbe brillato meno, molto meno.
Per non parlare di Camilla… Ovviamente sarebbero state loro due le ragazze più belle della festa, nessun dubbio al riguardo.
La sua attenzione fu catturata da una foto appesa alla parete, proprio sopra al suo letto. Ricordava quel giorno, ovviamente.
Il compleanno di Leon.
Notò che lei era in disparte, lontana dal suo gruppo, lontana dalle sue ‘amiche’. Ma sorrideva. Naturalmente era un sorriso falso, come tutti quelli che faceva ogni giorno, come tutti quelli che aveva fatto da quando aveva conosciuto il gruppo di Camilla Vargas. Ma non si lamentava, non poteva lamentarsi, non doveva lamentarsi.
Aguzzò lo sguardo sulla foto, su una ragazza bellissima (no, non erano né Camilla né Ludmilla), una ragazza seduta sulle gambe di Leon, una chioma di capelli castani ed un sorriso dolce, vero. Un sorriso da toglierti il fiato.
Violetta Castillo.
Non fu molto sorpresa quando spostò lo sguardo su Leon e vide che stava fissando la sua amica con uno sguardo dolce, pieno d’amore.
Ah, quanto avrebbe voluto un fidanzato come Leon Vargas! Non aveva mai avuto un ragazzo. Come potevano interessarsi a lei?
Leon sarebbe stato perfetto.
Certo, Violetta e Leon non erano fidanzati, ma secondo Francesca Cauviglia provavano un forte sentimento, l’uno per l’altra.
Sospirò, ammirando un’ultima volta il suo riflesso allo specchio, ma con un sorriso spento. Questa volta constatò che forse non era così bella.
 
 
 Il sole stava tramontando. Quel colore arancione sfumato al blu del mare stava riempiendo i cieli di Buenos Aires, ma c’era una persona in particolare che se lo stava godendo.
Diego Casal era arrivato in città da qualche ora, e la prima cosa che fece fu una passeggiata sulla spiaggia. Gli era mancato tanto quel posto; il cuore gli si riempì di gioia non appena scese dall’aereo e respirò l’aria sudamericana.
Aveva trascorso gli ultimi quattro anni in Spagna, dove aveva studiato in una prestigiosa scuola di ballo, ed aveva lavorato con i migliori ballerini del Paese.
Ma il richiamo dell’Argentina era arrivato, e la nostalgia di casa si faceva sentire. Aveva tanta voglia di riabbracciare suo padre, di sapere come stava, se il suo lavoro lo soddisfaceva, se era felice… anche senza sua moglie.
Diego aveva perso sua madre circa cinque anni prima, un brutto incidente automobilistico mente tornava a casa.
Non aveva mai potuto dirle addio.
Decise quindi di volare in Spagna, di iscriversi ad una scuola di danza… e qualche mese dopo arrivò una lettera che lo informava che era stato accettato come allievo alla Dance Accademy of Spain.
Si dedicò alla danza ventiquattro ore al giorno, 365 giorni all’anno. L’Argentina gli mancava, ma la passione per la danza era più forte –gli era stata trasmessa da suo padre, Gregorio-, e quattro anni dopo finì col diplomarsi con il massimo dei voti.
Suo padre sarebbe stato fiero di lui. Era quello che desiderava da tutta una vita: che i suoi genitori fossero fieri di lui, che riuscisse a farli sentir fieri d’aver un figlio come lui.
Prese il cellulare dalla tasca dei pantaloni, trovò dieci chiamate ed otto messaggi da suo padre che voleva sapere se era arrivato, se andava tutto bene… e se aveva fame. Sorrise leggendo quell’ultimo messaggio, poi scrisse: ‘Sto bene, papà, tranquillo. Sono arrivato da due ore circa. Ho fatto una passeggiata sulla spiaggia, ma ora vado a casa perché sono stanco. Ci vediamo stasera, non fare tardi!
p.s. HO MOLTA FAME! PRENDI UN PAIO DI PIZZE!’
Lo inviò, per poi poggiare il cellulare sulla sabbia ed aspettare una risposta.
Respirò l’odore del mare, salsedine che si insinuava su per il naso. Ascoltò il rinsaccarsi delle onde, il piccolo sottofondo delle persone che chiacchieravano, gli strilli rauchi dei gabbiani… o come avrebbero detto in Spagna: el chillido de la gaviota.
Sentì il telefono squillare e lesse la risposta di suo padre: ‘Ma quale stanco!! Vieni subito allo Studio… STASERA FESTAAA!’.
 
 
Angolo autore:
Ciao a tutti!! Sono di nuovo io non so se qualcuno si ricorda di me, ma… eccomi! Questa  storia è molto simile all’altra ma non uguale. Detto questo, beh, fatemi sapere che ne pensate con una recensione, per favore. Baci.
_Ruggelaria

 
   
 
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