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Autore: Michiyo_chan    06/04/2009    5 recensioni
[Aoi/Kai][oneshot]»Delicatamente poso le mie labbra sulle tue dita fredde, rabbrividendo al contatto con la tua pelle. Non riesco a immaginare che le tue mani calde e morbide, che mi accarezzavano nelle notti di tempesta, abbiano perso ogni traccia del loro calore, trasformandosi in ghiaccioli. Avvolgo la tua mano con le mie, come se così riuscissi a ridarle la sua consueta temperatura, ma le tue dita non vogliono scaldarsi, restano immobili sul mio palmo.»
Genere: Romantico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Aoi, Kai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fool


Alzo lo sguardo verso l'orologio da parete che troneggia sul muro davanti a me, il suo colore grigiastro in contrasto con il bianco sterile dello sfondo. Le sue lancette si muovono pesanti sui piccoli numeri neri, e il loro ticchettio risuona minaccioso dentro la mia testa, come se ogni secondo segnato da quell'arnese, annunciasse la morte di un altro attimo della nostra vita.

Sono da poco passate le sei. Tra qualche minuto entrerà nella stanza una delle infermiere vestite di camice bianco e scarpette scomode, che annuncerà la fine dell'orario di visita. Mi chiedo perché gli ospedali si credano tanto superiori, da poter decidere quando puoi o meno vedere una persona malata, togliendovi attimi preziosi, forse gli ultimi in cui potrete stare insieme.


Ti accarezzo la mano delicatamente, lasciando scivolare il mio pollice sulla tua pelle bianca, troppo pallida per appartenere davvero a te. Il silenzio della stanza viene interrotto solo dal debole suono della macchinetta accanto al tuo letto, che segna i deboli battiti del tuo cuore, e dal tuo respiro flebile, quasi impercettibile. Le tue braccia, muscolose e allenate per tutte le ore che hai passato a lavorare e suonare, sono flosce, cosparse di piccoli aghi a cui sono attaccati tubi che controllano le attività del tuo corpo. Come se quei piccoli tubi potessero cambiare il susseguirsi delle cose, come se potessero fermare il destino con la loro sola presenza.


Sposto il mio sguardo sulle tue labbra, scolorite e crespe. Dal tuo naso spunta l'ennesimo tubo, forse il più importante, perché è grazie a lui che respiri ancora. Le mie dita si stringono sulla tua mano mentre nella mia mente riaffiora il ricordo del tuo sorriso, quel sorriso che aveva conquistato tutti noi dalla prima volta che ti sei presentato nello studio, e che ci ha rallegrati per anni, rendendoti unico al mondo, indispensabile per il bene del gruppo, per mio bene personale. Quel sorriso che ho svanire e riapparire così tante volte sulle tue labbra, e che ho giurato di proteggere a costa della mia stessa vita; una promessa, che non sono riuscito a mantenere.

Guardo il tuo petto che si solleva lieve sotto le coperte sterili dell'ospedale, e sento un sorriso malinconico affiorarmi sulle labbra. -Ricordi il giorno in cui ti sei presentato la prima volta nello studio?-, ti accarezzo la mano dolcemente, come se rievocando quei ricordi potessi cancellare l'accaduto.


-Scusate il ritardo! Ho trovato traffico lungo la strada.-, entri nella stanza sorridendo, è la prima volta vediamo quel tuo sorriso unico e speciale, e noto dallo sguardo degli altri che li hai già conquistati. Il nanerottolo è il primo ad avvicinarsi a te, assalendoti ed atterrandoti mentre cerca di raggiungere le prelibatezze che ci hai portato. Si, tu sei il ragazzo delle consegne, quel ragazzino timido ed introverso che trasporta il cibo da un posto all'altro, senza mai farsi notare troppo, un ombra tra le grandi palazzine di Tokyo.

-Pappa! Pappa! Pappa!-, ti strappa le buste dalle mani e come un cagnolino se le porta nel suo angolino per setacciarle in cerca di cibo. Ridi divertito, una risata cristallina che ci riscalda il cuore, ma subito ti ricomponi e ti guardi in giro spaesato, un debole rossore appare sulle tue guance chiare. Solo ora noti dove ti trovi, e l'ambiente sembra metterti a disagio, come se non fosse questo il posto dove dovresti stare. Ti saresti mai immaginato che un giorno sarebbe stata la tua casa? E noi i tuoi fratelli, la tua famiglia, il tuo nuovo mondo.

Prendi un lembo della tua giacca tra le dita e inizi a massacrarlo, tirandolo nervoso. -S-sarà meglio se vado.-, borbotti, mentre il tuo sguardo ricade sulla batteria posta in fondo allo stanzino, illuminandosi all'improvviso. I tuoi occhi scuri iniziano a brillare, come invasi da mille stelle, mentre incantato continui ad osservare i piatti e i tamburi, sfiorandoli con l'immaginazione, innamorandoti del loro profilo, dei colori, della loro essenza.

-Vuoi suonare?-, Kouyou è sempre troppo buono, troppo disponibile con gli sconosciuti. Vuole sempre dar prova della sua gentilezza prendendosi cura di tutti, offrendo a tutti una mano. Un giorno si ritroverà nei guai per questo, arriverà qualcuno che lo farà soffrire e allora la sua gentilezza svanirà, lasciando posto ad uno sguardo freddo e alla diffidenza. Ma in fondo cosa avrebbe cambiato della nostra vita, se avessimo dato l'opportunità ad un ragazzino di divertirsi un po' con quella vecchia batteria, perché alla fine è questo che sei, un semplice ragazzino. Chi poteva dirci che proprio tu, un debole filo che vaga per il mondo tra milioni di altri, ti saresti intrecciato nella nostra vita diventando indispensabile per ognuno di noi.

Annuisci timido e felice allo stesso tempo, e ti precipiti verso quell'ammasso di piatti e tamburi, afferrando le vecchie bacchette e iniziando ad agitarti su quello strumento, muovendoti con maestria mentre le tue mani colpiscono precise i punti giusti per produrre un ritmo unico e seducente. Seduto a quella vecchia batteria, hai perso ogni segno della tua timidezza e finalmente sembri immerso nel tuo elemento, come se per vivere ti bastasse solo la tua musica. Incanti tutti, anche Takanori distoglie lo sguardo dal cibo per un attimo, alzandosi per osservarti mentre ti muovi come un Dio con le bacchette in mano, i tuoi occhi illuminati di una luce unica, viva, che esprime tutta la tua passione.

Quando finisci resti immobile per un attimo, accarezzando il metallo del piatto più vicino a te, le tue dita scorrono sulla superficie lisca, come se stessero sfiorando il corpo di una donna, così leggere e sensuali. Credo che è stato quel gesto a farmi innamorare di te, quel piccolo sorriso che ci hai lanciato subito dopo il tuo assolo.

Ti alzi e ti allontani dallo strumento, lanciandogli un'ultima occhiata, quasi malinconica e riluttante al pensiero di dover abbandonare quel piccolo assaggio di una vita che reputeresti perfetta. E' la voce di Takanori, seria e profonda a richiamarti prima che tu possa lasciare lo studio. Mi giro per guardarlo, e noto il suo sguardo fiero, colmo di una serietà che gli dona l'apparenza di un uomo adulto, un leader in tutto e per tutto. -Torna domani.-, non aggiunge altro, ma già ho capito quello vuole fare. Vuole metterti alla prova, darti l'occasione per vivere il tuo sogno, regalarti finalmente la vita che davvero ti spetta; la vita di un batterista.


Delicatamente poso le mie labbra sulle tue dita fredde, rabbrividendo al contatto con la tua pelle. Non riesco a immaginare che le tue mani calde e morbide, che mi accarezzavano nelle notti di tempesta, abbiano perso ogni traccia del loro calore, trasformandosi in ghiaccioli. Avvolgo la tua mano con le mie, come se così riuscissi a ridarle la sua consueta temperatura, ma le tue dita non vogliono scaldarsi, restano immobili sul mio palmo.

Un debole senso di angoscia mi stringe lo stomaco, e sento le lacrime pungermi agli occhi, ma le trattengo. Ti ho promesso che non avrei più pianto, sarei stato forte solo per te. -Ti ho promesso che non mi avresti più visto piangere..-, sussurro, riavvicinando le tue dita fredde alle mie labbra.


Piove a dirotto e l'aria notturna sembra essersi fatta più gelida del solito, tagliente come lame affilate, sulle mie guance rigate da lacrime miste a alle gocce di pioggia. Corro per le strade buie, illuminate qua e la da lampioni posti a casaccio per il marciapiede, luci fioche non riescono ad affrontare le ombre della notte. Ombre che mi perseguitano come fantasmi, insinuandosi nella mia mente disintegrando le mie difese, facendomi vacillare. Urlo nella netta, contro quelle ombre che minacciano di lacerarmi.

Sei li, sulla soglia di casa tua che mi aspetti. Mi corri incontro e mi prendi tra le braccia mentre continuo a piangere, troppo debole per pronunciare frasi sensate. Le tue braccia mi sorreggono, mi stringi al tuo petto continuando a sussurrarmi parole dolci. Mi accarezzi i capelli mentre stiamo li, sotto la pioggia, abbracciati . Cerchi di proteggermi con il tuo corpo dalla pioggia che si abbatte su di noi, bagnandoci fino alle ossa. Mi aiuti ad alzarmi, trascinandomi dentro casa, dove mi fai sedere sul divano, il tuo amato divano, quel mobile che ha assistito a tante delle mie crisi improvvise.

Mi fai sdraiare, coprendomi con una vecchia coperta di lana, una di quelle coperte che ti sei portato quando hai lasciato la casa dei tuoi genitori. La stringo a me, aspettando che torni dalla cucina con due tazze di tè fumante che posi sul tavolino da salotto, porgendomene una mentre ti siedi accanto a me, pronto ad ascoltarmi. Sei diventato il mio diario personale, il mio piccolo rifugio dal mondo. Mi ascolti senza pretendere nulla in cambio, mi consigli, mi rimproveri e mi fai sfogare, capita che ti arrabbi, che mi dici che sono una stupido idiota, ma torni sempre in te e mi abbracci per farmi capire che non sono solo, che tu ci sei.

-Che è successo? Avete litigato ancora?-, la tua voce è morbida, tranquilla come quella di una madre apprensiva. Si, la nostra mamma chioccia. Ti sei preso cura di noi dal primo giorno in cui hai messo piede nel gruppo, ascoltandoci, aiutandoci con problemi di ogni tipo e sopratutto sfamandoci, forse è stato proprio questo a convincere gli altri ad assumerti, sopratutto il nanerottolo.

Giro la tazza di tè tra le mani, cercando di assimilare il suo calore, specchiandomi nella superficie mossa dai miei tremiti. Aspetti tranquillo, senza costringermi a parlare, sai già che ti racconterò tutto. -Si. E' colpa mia.-, la mia voce è spezzata da singhiozzi sommessi, ma tu non batti ciglio, resti immobile ad ascoltare, solo quando avrò finito mi darai il tuo parere. E' uno dei lati di te che più mi attrae, sei paziente, non pretendi di dare consigli subito, aspetti, ascolti e poi valuti. Sospiro, imponendo alla mia voce di tremare.

-Non lo so perché mi comporto così. La guardo parlare con uomini che non sono io, e mi sale un conato di gelosia. Vorrei spaccare la faccia a tutti quelli che la guardano, tutti quelli che provano anche solo ad avvicinarsi a lei. Voglio tenerla per me, voglio che sia solo mia, eppure so che così la perderò. Che se ne andrà se non cambierò per lasciarle lo spazio che merita. Ma ogni volta che cerco di affrontarla scoppia il litigio, la guardo e la odio con tutto me stesso, mi pare un'estranea, un'intrusa.-, stringo le dita intorno alla tazzina, mordendomi il labbro. Non ti dico tutta la verità, perché temo la reazione se scoprissi che in realtà di lei non me ne importa nulla, è che te che vorrei accanto a me.

Posi una mano sulla mia, accarezzandola con il pollice. Ti guardo e noto che sorridi tranquillo, come se fosse la prima volta che vengo a raccontarti questa storia, come se tutte le altre trecentoventisei volte fossero state spazzate via, ma all'improvviso torni serio, lo sguardo puntato sulle mie mani e le labbra strette a formare una linea.

-Ti sei mai chiesto se davvero la ami?-, mi prendi alla sprovvista. Non sono preparato a una domanda simile da parte tua, che normalmente mi chiedi perché mi sento geloso, rassicurandomi che per lei sono importante come null'altro al mondo. Ti guardo in silenzio, mentre continui ad accarezzarmi la mano, riflettendo sulla risposta da darti. Non posso dirti che per lei nutro solo affetto, nulla di più.

Ti stringi nelle spalle e mi sorridi, mostrando i denti giallastri per il troppo fumo. Dovresti smettere di fumare, rischi di farti del male da solo. -A volte capita che si stia con una persona per nascondere l'affetto che si prova per qualcun altro. Si cerca di deviare, ma non si dimentica la persona che realmente si ama, e allora nel rapporto instaurato con l'altra capita che nascono litigi più o meno gravi, che però si fanno più violenti con il passare del tempo, fino ad esplodere come una tempesta.-, il tuo sguardo si perde nella tazza di tè ancora fumante, riflesso dalla sua superficie. Ti mordi li labbro, come se avessi appena detto qualcosa di sbagliato.

Annuisco in silenzio. Mi meraviglio sempre di quante cose sai, di quanto in fondo tu sia saggio anche se spesso ti diverti a fare l'ingenuo con noi, comportandoti come un bambino. Cambia da un momento all'altro, trasformandoti da ragazzino burlone e spensierato, in madre apprensiva, oppure in un capo pronto a dare tutto per il bene dei suoi compagni.

Allunghi un braccio e lo intorno alle mie spalle, tirandomi a te per abbracciarmi. Mi sento a mio agio tra le tue braccia forti, che mi fanno sentire al sicuro da ogni male che potrebbe in qualche modo sfiorarmi. Mi posi un bacio sulla guancia, sorridendo, quel sorriso che sembra illuminare il mondo. -Non mi piace vederti piangere, mi rende triste.-, il tuo labbro prende a tremare ed i tuoi occhi si fanno grandi e profondi, come quelli di un cucciolo abbandonato sotto la pioggia. Sento il mio cuore fermarsi per un attimo mentre ti guardo, e tu con voce tremula continui. -Devi promettermi che non piangerai più!-

Ti guardo confuso, scuotendo la testa davanti alla tua espressione dolce. -E me lo chiedi con quell'espressione da perfetto imbecille? Nessuno potrebbe prenderti per serio!-, rido di cuore vedendoti mettere quel broncetto che tanto amo. Il labbro sporgente e le sopracciglia abbassate sugli occhi, che formano piccole rughe sulla tua fronte. Poso la mia fronte alla tua, che subito si rilassa, accarezzandoti il labbro. -Ti vengono le rughe così.-, ti poso un piccolo bacio sulle labbra e tu sorridi. -Maniaco!-, mi mordi il labbro ancora sorridendo, poi torni serio. -Allora me lo prometti? Non voglio più vederti piangere.-

Annuisco e ti accarezzo la guancia delicatamente. -Te lo prometto, non mi vedrai più piangere.-


Poso il mio sguardo sulle tue labbra e sorrido mesto. -Forse quella volta, avrei dovuto dirti tutto.-, premo la tua mano alla mia bocca, assaporando il dolce profumo che ancora la avvolge. Sfioro le tue dita con le mie labbra, accarezzandole cautamente, quasi potessi romperle. Calde lacrime scendono dai miei occhi, cadendo sul dorso della tua mano, dove restano immobili come piccoli cristalli su di un lenzuolo bianco. Non riesco a fermarle, anche se con tutta la forza che ho ancora in corpo urlo in silenzio contro quelle stupide gocce salate che continuano a scendere, a scorrere lungo le mie guance, il mio naso e cadere sulla tua mano, bagnandola di un dolore che dovrebbe essere solo mio. Non ho il diritto di riversare la mia agonia su di te, non dopo quello che ho fatto. -E' stata tutta colpa mia.-, singhiozzo. Taci stupido, non devo crollare ora, non davanti a te.


Ti dondoli sui talloni mentre guardi quella palla di pelo che saltella davanti a te, scodinzolando felice. Giri la testa di lato, assumendo un'espressione simile a quella del cucciolotto. Rido divertito e ti lancio uno dei biscotti per cani che ho in mano. Ti sbilanci e cadi a terra sbattendo il sedere. -Maledetto! Prima mi chiedi i favori e poi mi bombardi con i biscotti per cani!-, prendi il biscotto e lo lanci contro me, beccandomi in fronte. Ridiamo insieme, e il cagnolino ci guarda drizzando le orecchie. Deve pensare che siamo due perfetti idioti a comportarci così.

-Allora, te ne prenderai cura?-, guardo la bestiolina seduta davanti a te, ha le zampette bianche e il corpicino marrone, le orecchie piegate in avanti e due occhioni marroncini profondi e sinceri, uguali ai tuoi. Lo accarezzi sovrappensiero, lasciando che ti lecchi la mano, mi sento geloso alla visione di quell'esserino che ti bacia le dita senza preoccuparsi di venir osservato.

-D'accordo. Però faremo a turno, non ho voglia di pulire le sue porcherie da solo! Il cane è tuo e devi prendertene cura anche tu!-, ridi e gli gratti la pancia, cosa che sembra piacergli perché agita la zampetta mugolando felice. Vorrei essere al suo posto in questo momento, non è giusto che sia solo lui a godere delle tue premure. Mi guardi sorridendo, mentre ancora ti prendi cura di quella bestiolina, quasi facendolo apposta per poter osservare la mia reazione davanti a tanta provocazione. Sbuffo e una nuvoletta di fumo mi esce dalle labbra, dissolvendosi nell'aria calda del salotto.

Ti alzi, lo prendi in braccio e mo lo porgi. -Bene neo-papà. Il tuo piccoletto ha bisogno di andare in bagno, perciò muovi le tue chiappette d'oro e portalo a spasso.-, prendo in braccio quell'esserino che mi lecca la faccia facendomi cadere la sigaretta dalla bocca. Grugnisco disgustato, allontanandolo da me. -Non avrei mai dovuto raccoglierti, hai l'alito che puzza!-

Ridi mentre ti metti il cappotto, porgendomi il mio. -E' uguale al suo papà! Siete una coppia perfetta.-, ti lancio un altro biscotto, che tu schivi agilmente mostrandomi la lingua. Ci sono volte dove davvero sei impossibile, insopportabile. Momenti dove faccio fatica a sopportare la tua semplicità, quella gioia di vivere che mi contagia giorno dopo giorno, trasformandomi in gradualmente in una persona dallo spirito libero, allegra e spensierata. Sei la mia medicina, quella piccola droga che piano piano rende dipendenti.

Usciamo di casa passeggiando l'uno accanto all'altro, io che tengo il guinzagli di questo fagotto insopportabile, che tira come un dannato, correndo a destra e sinistra, annusando ogni angolo che trova e sporcando di pipì muri, alberi e idranti che incontra sul suo cammino. Inizio a capire perché mio padre non mi aveva mai concesso di avere un animale più grande di una mosca.

Tu continui a ridere, divertito dalla mia incapacità e dal modo in cui il cagnolino porta a passeggio me e non il contrario. Sembro un imbecille in questo momento, ma non mi importa, perché accanto a te mi sento a mio agio, e non conta ciò che pensa il mondo intorno a noi. Ti pizzico il fianco, facendoti piegare in due e togliendoti il respiro. Conosco il tuo punto debole. -Smettila di ridere!-

Un'altra linguaccia, poi mi prendi il guinzaglio di mano, sorpassandomi con aria altezzosa, pronto a farmi vedere come si porta a spasso un cane. Non noto che tieni il guinzaglio troppo floscio tra le dita, senza forza, solo appoggiato il tanto che basta per non farlo cadere in terra. Il cucciolo è fermo, lo sguardo puntato su di te, accanto a noi la strada, stranamente trafficata oggi. Passeggi in modo altezzoso davanti a me, con la bestiolina che non da cenno di volerti disobbedire, ancheggi come una modella, seducente e provocante.

Voglio fartela pagare. Uno scherzo, innocente per farti notare che non sei poi così bravo con i cani. Raccolgo un bastoncino da terra, il piccolo si gira, nota il mio gesto, la piccola coda arrotolata sulla schiena che si muove eccitata, le zampette tese, pronto a scattare. Non noti nulla, sei troppo concentrato sulla tua ancheggiata, quando lui attratto dal bastoncino che ho lanciato per aria, ti tira con se, trascinandoti con lui verso la strada. Urlo il tuo nome con tutto il fiato che ho in gola, ti imploro di lasciarlo andare, ma tu non mi ascolti. Potresti lasciare che il cane vada da solo verso la morte, ma la tua bontà ti impedisce di mollare quel maledetto guinzaglio.

Il cigolio dei freni, un guaito di dolore e il tonfo di un corpo che cade in terra. Urlo il tuo nome, urlo come un forsennato ma la mia voce non ha tono, non esce nulla dalle mia labbra. La mia voce è morta nello schianto, stracciata dall'improvviso dolore.

Non riesco a muovermi, le mie gambe sono intorpidite, paralizzate. Davanti a me solo quel furgone dal vetro frantumato, e a terra, avvolto dal sangue, il tuo corpo.


-Gomen.-, stringo la tua mano al mio volto, senza riuscire a trattenere le lacrime. Sono rimasto con te per tutto il tempo, aspettando, sperando che le operazioni potessero salvarti la vita, eppure loro continuano a dirmi che non ce la farai, quelle voci senza volto, avvolte nei loro camici bianchi, quelle maledette voci che continuando a ripetermi che perderò la persona che amo. Mi abbasso nascondendo il volto nel tuo petto, stringendo quel maledetto lenzuolo bianco, inodore, sterile. Urlo contro lo stoffa, invocando il tuo nome, supplicandoti in tutti i modi.

Non avrei mai dovuto portare a casa quel cane. Non avrei dovuto darti il guinzaglio. Non avrei dovuto lasciarmi andare alle tue provocazioni. -Sono uno stupido!-, mi mordo il labbro tanto da sentire il sapore metallico del sangue espandersi nella mia bocca arida.

-Non mi lasciare. Cazzo non te ne puoi andare così maledetto idiota! Ti amo stupido, vuoi andartene prima che possa dirtelo?! Sei un vigliacco Uke! Sei un maledetto vigliacco! Dovevi ascoltarmi mentre ti dicevo che ti amo!-, un conato di rabbia si fa largo in me, mentre serro i pugni su quel lenzuolo, strattonandolo con forza. Una rabbia incontrollabile, diretta a me, perché se non fosse stato per me, ora tutto sarebbe diverso. Poso la testa sul tuo petto, piangendo senza più cercare di controllare le lacrime, mormoro il tuo nome senza aspettarmi risposta, come un mantra, come se potessi farti tornare da me così.

Posi la tua mano sulla mia testa. -Hai rotto la promessa.-

Alzo piano la testa, guardandoti tra le lacrime. Sorridi, gli occhi socchiusi e le labbra increspate in ciò ricorda vagamente il tuo sorriso. Mi fai cenno di avvicinarmi a te e poi prendi il mio viso tra le mani, avvinandolo al tuo e posando le tue labbra sulle mie in un debole bacio. -Ti amo anch'io stupido.-

Sgrano gli occhi incredulo, e un sorriso sincero appare sulle mie labbra mentre ti accarezzo la guancia. -Stavi ascoltando tutto, maledetto?-, ti do un bacio sulla punta del naso e tu ridacchi, una risata debole, che svanisce all'improvviso. Chiudi gli occhi e le tue mani cadono pesanti sul lenzuolo, liberando le mie guance, vedo le tue labbra chiudersi, il sorriso ancora visibile. Il tuo petto smette di muoversi, e dalla macchinetta accanto al tuo letto sento provenire un lungo fischio, sul monitor solo una lunga linea retta.

Urlo il tuo nome, scuotendoti ma il tuo corpo resta immobile tra le mie braccia, freddo ed esanime.


Alzo lo sguardo al cielo colorato dalle nuvole rosa che lo attraversano come piccole pecorelle che si rincorrono nel blu. I petali rosa dei ciliegi in fiore danzano nell'aria, mossi dalla dolce brezza estiva, intingendola con i loro colori ed il loro profumo dolciastro. Sospiro, assaporando quell'essenza pura, il respiro della terra.

Davanti a me si apre un immenso campo cosparso di alberi dai petali rosa, le cui chiome sembrano essere fatte di zucchero filato, dolce e morbido. Ti è sempre piaciuto vederli, dicevi che ti ispirano serenità, pace, che ti aiutano a scacciare i pensieri negativi. Raccontavi che da piccolo li guardavi dalla tua finestra, guarendo da ogni malattia solo osservando il dolce movimento dei rami rosa mossi dal vento.

Mi mordo il labbro, sospirando e socchiudo gli occhi. Una strana malinconia si fa largo dentro al mio petto. Una mano mi sfiora la spalla, calda e forte, un profumo dolce e unico solletica le mie narici. Sorrido scacciando la malinconia, e girandomi poso le mie mani sui tuoi fianchi cautamente, attento a non farti male, baciandoti dolcemente sulle labbra. Arrossisci e mi sorridi, il tuo sorriso, unico al mondo che riesce sempre ad accendere il sole. E' passato un mese dall'intervento, ma l'unica cosa che possa ricordarlo sono le deboli cicatrici che hai sul volto, e il gesso che ancora ti immobilizza il braccio, facendoti assomigliare ad uno strano orsacchiotto rigido.

-Ti amo.-, sussurro contro le tue labbra, cercando di catturarle di nuovo, ma tu abbassi il volto timido, indicando il cane seduto accanto a te che ci guarda curioso. -Non siamo soli Yuu!-, arrossisci ancora, mettendomi voglia di morsicchiarti le guance. Scuoto la testa, fissando lo shiba inu con sguardo assassino. -Ti farò castrare un giorno o l'altro!-, il cane abbassa le orecchie guardandomi spaventato e subito distoglie lo sguardo, puntandolo verso la distesa di ciliegi in fioritura. Sorrido soddisfatto e torno ad occuparmi delle tue labbra, intrappolandole in un profondo bacio, colmo d'amore. -Ti amo.-

  
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