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Autore: Fenrir_23    23/04/2016    2 recensioni
La somiglianza è latente e indiscutibile, eppure sembri non avere nulla in comune con lui: nemmeno il colore degli occhi
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Sesshoumaru
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La somiglianza è latente e indiscutibile, eppure sembri non avere nulla in comune con lui: nemmeno il colore degli occhi. Sarebbe lo stesso giallo che segna il vostro sangue, se non fosse addolcito da una sfumatura più calda rispetto a quella delle tue iridi spietate. Anche l’argento dei lunghi capelli ricorda il tuo, ma il disordine e il groviglio li rendono opachi, davanti alla luce del sole che sta per tramontare.
Il viso semplice e scuro, sporcato dalla polvere, non possiede la tua stessa grazia, simmetria e 
precisione. Ne il tuo pallore quasi etereo.
E poi, fra i capelli annodati, in cima alla testa, qualcosa spiega tutto. Sono piccole, bianche e a punta, morbide.  Piegate all’indietro ad indicare uno stato d’animo cupo, intristito.
Orecchie di cane.
Il buio inizia a calare inesorabile, lasciandosi alle spalle gli ultimi strascichi di luce, mentre la luna 
nuova si definisce inesorabilmente nel cielo.
Le mani ancora gracili di chi è ancora bambino hanno un fremito, e si aggrappano d’instinto e senza permesso intorno alla stoffa preziosa che copre il tuo braccio forte, lontano, autoritario. Irraggiungibile.
Superiore.
Riesci solo a scorgere l’ombra degli artigli prima che si accorcino, diventando deboli e inutili unghie. Osservi in silenzio e assorto l’argento dei capelli che lascia spazio ad un nero opaco. E poi gli occhi si tingono del colore castano degli alberi: un colore che avevi amato tempo addietro, osservato a lungo, e che ti fa provare  dolore ora. Troppo dolore per uno come te.
Ma non puoi sfuggirgli: il tempo ha fatto il suo corso e non sei il solo a soffrire così tanto. C’è qualcuno che ha la tua stessa, profonda ferita, qualcuno che non è in grado di arginarne il sangue da solo.
Lui ha bisogno e non puoi più affidarlo all’affetto materno come facevi un tempo, non puoi evitare di
metterti in gioco, sorvegliandolo da lontano, come prima. 
È ferito e dolorante come te e, nelle notti in cui la luna riprende il suo ciclo, perde i poteri che gli ha donato il tuo sangue – la sua unica difesa in quel regno – e ha paura. Una paura che non vuoi lasciargli affrontare da solo, nonostante sia l’incarnazione di ciò che avevi sempre odiato, ripudiato, tenuto lontano. E tanto basta per abbandonare la tua freddezza demoniaca, ancora una volta.
Sorridi appena: il destino ti ha messo alla prova nella più crudele delle maniere, di nuovo. E tu lo accetti, con un misto di rassegnazione e una punta di dolcezza a te insolita.
Il cucciolo mezzodemone ti guarda ancora con una debole speranza e un misto di timore e disagio. 
Poi abbassa lo sguardo e si volta per andarsene.
“Fermo ... .”
Ti chini in avanti. La tua voce è fredda, tagliente, ma con buone intenzioni.
Gli passi una mano fra i capelli neri e disordinati.
“Vieni qui, figlio mio.”
   
 
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