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Autore: Ilarya Kiki    24/04/2016    8 recensioni
“Ah, mio fratello dici? Ma certo che ha un telescopio! – aveva detto squillante la voce di Papyrus attraverso il ricevitore – Lui adora quella roba inter-galattica e fantascientifica! Ah, non te l’ha detto? Ah. No, lui non dice mai niente a nessuno in realtà!”
Frisk aveva premuto il pulsante di fine chiamata.
Click.
“Ah.” Aveva detto, girandosi e puntando gli occhi neri dentro le orbite vuote di Sans. Lo scheletro mantenne il sorriso ma parve impallidire (impallidiscono, gli scheletri?), perché il tono dell’umana era serio come un annuncio di licenziamento.
“Ehi, ragazzina? – aveva detto, senza rompere (ma con un certo sforzo di volontà) la sua calma compiaciuta - …che hai?”
“Lo sapevo. – riprese Frisk – Lo sapevo, maledetto sacchetto di ossa traballanti. Sei nerd anche tu.”
Genere: Comico, Demenziale, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Frisk, Papyrus, Sans, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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*Howdy everyone!
*Ciao a tutti cari lettori, sono l’autrice, e sono qui per una breve brevissima premessa alla storia che vi state accingendo a leggere.
*Non preoccupatevi, nulla di grave, è solo un’informazione di servizio per non farvi rimanere troppo straniti.
*Frisk in questa storia sarà veramente loquace. E irritante. E soprattutto un po’ oligofrenica (“rincoglionita” mi sembrava una parola brutta).
*Ah sì, e anche fanciullina.
*No panic, sto scrivendo un’introduzione proprio per giustificare la mia scelta di caratterizzazione e spiegarne il motivo: come ben sapete, la povera bimba è posseduta durante tutto il suo viaggio nell’Underground da una mente esterna, e le sue azioni sono guidate da essa.
*Parlo, ovviamente, di Chara, impersonata dal giocatore.
*O l’autore.
*Me, insomma.
*Dato quindi che Frisk mi avrà allegramente nella sua testa a decidere tutto quello che farà e dirà, mi presento subito: il mio character name è Golia, piacere a tutti! (ammetto di essere stata indecisa anche fra Mentos, Ricola e Tictac, ma alla fine l’italianità ha prevalso).
*Insomma, essendo io la vera destinataria di tutti gli aggettivi là sopra, conseguentemente vedrete Frisk comportarsi esattamente come agisco io, ossia come una simpatica zuzzurellona.
*Ah tranquilli, non sono una di quei Chara che fanno le Genocide.
*(odio l’umanità solo occasionalmente).
*Bene, chiarito questo, vi lascio davvero alla storia.
*Buona lettura!

 

 

Tanto tempo fa, su una montagna lontana lontana…

 

“SAAAAAAAAAANS!”
Papyrus si issò a fatica sulla grondaia ai bordi del tetto, lottando contro il vento e la pioggia torrenziale, e strinse le dita scheletriche per non perdere la presa sulle tegole scivolose. Purtroppo per lui gli scheletri non pesano molto di più di un arboscello in primavera, quindi il rischio di essere spinto dalla tormenta e capitombolare giù di sotto era molto elevato, ma questo non fermò la sua determinazione. Era adirato e preoccupato, e la sua sciarpa rossa sbrindellata sventolava alle sue spalle come il mantello di un vero cavaliere.
“SAAAAAAAAANS! – chiamò di nuovo, urlando tutta la sua rabbia – SMETTILA! SCENDI DA LÍ!”
“MAI!” rispose la voce di suo fratello suonando folle e ferita, così inusuale per uno come lui, come se stesse rispondendo al suo peggior nemico. Papyrus si sentì un po’ morire dentro a sentirlo così.
La figura incappucciata di Sans apparve accovacciata sul tetto, ancorata precariamente alla superficie sdrucciolevole e con qualcosa di tecnologico fra le mani. Solo i suoi occhi brillanti rilucevano nella fosca aria della tempesta, stagliandosi febbrili dalla penombra che copriva il suo viso solcato da rigagnoli di pioggia. Papyrus finalmente si sollevò in piedi e si aggrappò al camino per non perdere l’equilibrio, messo in serio pericolo dalle folate di vento.
“IO NON TI RICONOSCO PIÚ, SANS! NON ANDARE DOVE IO NON POSSO SEGUIRTI!” urlò il povero scheletro, piegato in due per non prendere il volo ma deciso a non abbandonare l’unico altro membro della sua famiglia.
“TU NON CAPISCI! – rispose l’incappucciato ruggendo contro i tuoni – NON CERCARE DI FERMARMI!”
“ERI MIO FRATELLO, SAAAANS! ERI MIO FRATELLO!”
Sans smise con un sussulto di armeggiare con cavi e pinze. Sollevò lentamente la testa.
Vide Papyrus di fronte a lui, in lotta contro i rovesci del cielo, bagnato fradicio e quasi in lacrime.
Nonostante tutto, gli scappò un sorrisetto sbilenco.
“Eh. – disse – Paps, ma tu…”

 

 

Tutto era cominciato parecchio tempo prima, per la precisione un paio di mesi avanti.
I mostri erano, in quel periodo, ancora intrappolati nell’Underground: in pochi ormai avevano mantenuto viva la speranza che uno sfortunato essere umano, il settimo e ultimo, precipitasse in quel buco umido dove trascorrevano le loro monotone esistenze e fosse usato per distruggere la barriera. Ancora meno mostri, per la precisione quelli che vivevano nella amena cittadina di Snowdin, continuavano a disperare di trovar presto la loro libertà, ma semplicemente perché l’unico umano che effettivamente era caduto ed era disponibile alla causa si era rivelato troppo adorabile perché si potesse anche solo pensare di mandarlo in pasto al re. Ovviamente, questo essere umano era Frisk.
La bimba si era conquistata in meno di mezza giornata i cuori di tutti gli abitanti della zona nevosa: aveva coccolato tutti i cani, aveva liberato il povero Gyftrot dalla sua miseria, era (quasi) riuscita a sopportare Jerry ed era persino stata capace di farsi dare il numero di telefono da Papyrus, che come è risaputo è impresa pressoché impossibile, considerati i suoi standards (come poi ci fosse riuscita, questo se lo chiedevano tutti).
Sans non faceva altro che seguirla ovunque andasse, trascurando ancora più del solito il suo lavoro di sentinella, e questo doveva per forza essere segno di quanto quella bambina piacesse anche a lui. Di certo, non era mai stato tipo da fare una cosa del genere. Non era tipo da fare cose in generale, in realtà.
In ogni caso, l’inizio della nostra strana vicenda avvenne proprio in un momento in cui Frisk si era ritrovata di nuovo di fronte al piccolo scheletro, circa verso l’ingresso della grotta delle cascate, e si era fatta fare un occhio viola per colpa di uno stupido telescopio che lui si era portato dietro. Cosa diavolo Frisk sperasse di vedere attraverso quel coso, poi, non si sa, dato che in quella maledetta caverna c’erano solo rocce, pietruzze luccicanti e infiltrazioni, ma forse aveva solo ceduto alla strana fascinazione che Sans era in grado di creare con chiunque gli parlasse: di fatto aveva abboccato allo scherzo come una scema.
Si era allontanata un po’, ferita nell’orgoglio, e aveva fatto quello che faceva sempre quando qualcosa le metteva tristezza: aveva telefonato a Papyrus.
Sans ancora la fissava con quei suoi occhi brillanti, divertiti dalla sua reazione piccata.
“Ah, mio fratello dici? Ma certo che ha un telescopio! – aveva detto squillante la voce di Papyrus attraverso il ricevitore – Lui adora quella roba inter-galattica e fantascientifica! Ah, non te l’ha detto? Ah. No, lui non dice mai niente a nessuno in realtà!”
Frisk aveva premuto il pulsante di fine chiamata.
Click.
“Ah.” Aveva detto, girandosi e puntando gli occhi neri dentro le orbite vuote di Sans. Lo scheletro mantenne il sorriso ma parve impallidire (impallidiscono, gli scheletri?), perché il tono dell’umana era serio come un annuncio di licenziamento.
“Ehi, ragazzina? – aveva detto, senza rompere (ma con un certo sforzo di volontà) la sua calma compiaciuta - …che hai?”
“Lo sapevo. – riprese Frisk – Lo sapevo, maledetto sacchetto di ossa traballanti. Sei nerd anche tu.”
“…cosa?” minimizzò subito Sans, alzando un’arcata sopraccigliare come se quell’affermazione fosse completamente assurda.
“Se se, fai poco quello che cade dal pero. Ormai ho capito come funzioni, ormai nulla potrà più nasconderti da me. Sei nerd anche tu ma non vuoi dirlo perché sembreresti meno fico. Ma ormai è troppo tardi.”
La bimba gli si piazzò davanti con espressione serissima, e Sans si lasciò sfuggire un risolino tra i denti perché la faccina determinata di quel cucciolo di umano – con l’occhio ancora cerchiato di viola – era irresistibile.
“No dico? Ti serve una calcolatrice? Perché stai dando i numeri ragazzina.”
“Certo certo. Intanto, tu hai disperato bisogno di una cosa.”
Frisk gli puntò l’indice contro, confondendolo ancora di più.
“Dobbiamo fare una maratona di Star Wars. Io, te, il divano, una coperta e tante patatine. Non puoi sfuggirmi.”
Sans a questo punto si lasciò andare completamente, preso in contropiede dalla proposta, ridacchiò sollevando le spalle e infilò una mano nei capelli della bambina, scompigliandoli tutti.
“Eh eh eh va bene va bene, se ti fa piacere lo faremo.”
Anche Frisk sorrise scoprendo tutti i dentini, gongolando contenta per il sì e per le coccole inaspettate. Lo scheletro le fece l’occhiolino.
“Questo vuol dire che pensi di restare?”
“…perché, vorresti che io restassi con te?”
“Certo sarebb… aspetta, ci stai provando?”
“…sì?”
“Vai va. Fila che c’è gente che ti aspetta più avanti.”

 

Questa piccola promessa passò presto in secondo piano, e sia Frisk che Sans non ci pensarono più per un po’. Insomma, si trovarono anche con ben altro per la testa: Frisk, per esempio, fu piuttosto impegnata a cercare di non farsi uccidere brutalmente da Undyne, da Mettaton, da tutti i mostri pagati da Mettaton (per colpa di Muffet ora solo la vista delle ciambelle glassate le dava attacchi di panico) e da quella stupida erbaccia di nome Flowey, che poi però si era rivelata essere il figlio del re condannato ad un destino peggiore della morte e allora parliamone e allora oddio cos’è quel laser e allora “lasciami vincere” e allora… sì, insomma, il resto è storia.
Di fatto, prima della continuazione di questa storia la barriera fu infranta, i mostri tornarono in superficie e Frisk decise di restare a vivere con la sua mamma capra, anche perché, nonostante non l’avesse mai detto a nessuno, se era scappata al monte Ebbot tutta sola era perché in realtà la sua vita precedente non era proprio tutto questo gran bijou (ma questo, forse, è materiale per un’altra storia).
Passarono i giorni e venne l’estate, e tutti lavorarono moltissimo per costruirsi una vita fuori dalle caverne, chi trasferendosi in città vicine e chi costruendosi una nuova casa lì sul fianco della montagna, vicino alla foresta: per loro fortuna, scoprirono che il monte Ebbot era molto vicino al mare e il clima che trovarono fu semplicemente delizioso. Nacque una nuova cittadina, e fu chiamata – con la tradizionale originalità dei nomi degli insediamenti dei mostri – Woods. C’era la locanda, il mercato, il pub e anche una scuola, insomma, tutto quanto: i mostri avevano spostato le loro attività all’esterno e probabilmente si sarebbero espansi sempre di più.
Con grandissima gioia di Frisk, tutti i suoi amici più cari avevano deciso di restare a vivere vicino a lei in quel piccolo paesino, perché non tutti provavano simpatia istantanea per gli umani come i cani o come Mettaton, che aveva subito deciso di andare a occupare una bella villa nel mezzo di una città umana lì vicina, infestandola insieme a suo cugino Napstablook.
Ma ora non è il momento di stare ad approfondire come si organizzarono i mostri fuori dalla barriera e quello che fecero, piuttosto, ci interessa sapere che una sera di Luglio, mentre fuori l’aria fresca dava un po’ di respiro alla calura del giorno e lucciole vaganti danzavano fra i fiori nei cortili, Frisk andò a citofonare alla nuova casa dei due fratelli scheletri, con una borsa sulle spalle e la custodia di un cofanetto di dvd in mano.

 

Papyrus fu parecchio stupito di trovarsi la sua piccola amica alla porta, quella non era proprio l’ora in cui i ragazzini della sua età andavano in giro. Lui tra l’altro stava uscendo e si trovò in imbarazzo su come accoglierla.
“Saluti Frisk! Buonasera! Che bello vederti qui… emh… mi spiace di non poterti offrire nulla, ma abbiamo appena finito di cenare… non è un po’ tardi?”
“Ciao Papaya!”
“…senti io sto andando da Undyne, ma non me la sento di chiederti se vuoi venire perché poi magari facciamo tardi e poi Toriel si arrabbia e…”
La bambina non era nemmeno stata ad ascoltarlo, si era chinata da un lato per guardare oltre la sua figura sottile e si era messa a cercare con gli occhi qualcosa all’interno della casa. Sans stava sdraiato sul divano col telecomando in mano.
“Ehi tu! – urlò Frisk – Non ti sarai mica dimenticato della promessa che mi hai fatto, eh?”
Papyrus si grattò la testa, confuso, mentre suo fratello si alzava pigramente per scoprire chi era la nuova arrivata e si stupiva ugualmente della sua presenza, e soprattutto della sua espressione carica di aspettativa.
“Frisk! – esclamò – Entra, non stare lì fuori! Ma si può sapere che ci fai qui?”
La bimba superò Papyrus, mollò a terra la sua borsa e mostrò entusiasta quello che aveva in mano, sollevandolo come se fosse stato un trofeo e sfoderando un sorriso sdentato estremamente contagioso. I due scheletri la osservarono senza capire il motivo di tutta quella gioia.
“…sono film?” chiese Papyrus, continuando a grattarsi la testa.
“…l’ho trovato oggi pomeriggio al blockbuster! – spiegò Frisk, stringendosi al petto il cofanetto – Così finalmente possiamo guardarli insieme!”
Sans ebbe un lampo di consapevolezza, nel leggere cosa c’era scritto sulla scatola in mano alla bambina, e si ricordò di quella volta, che sembrava quasi una vita prima, quando le aveva promesso che avrebbero fatto una maratona insieme di una saga di film della quale non sapeva assolutamente nulla se non che il nome prometteva piuttosto bene. Dopo tutto quello che era successo se ne era praticamente scordato, ma evidentemente Frisk era parecchio determinata e questa sua dedizione per lui gli scaldò il cuore.
“Cos’è?” chiese Papyrus interessato.
Star Wars! Questa è la saga di fantascienza più bella della galassia!”
Frisk sembrava in stato di estasi.
“Oh mi spiace, ma non posso guardarli con voi, Undyne mi aspetta. Ciao ciao!”
“Ciao Paprika!”
Papyrus si defilò veloce come il vento fuori dalla porta di casa, evidentemente sentendo puzza di una serata parecchio nerd in arrivo, e non quel tipo di nerd che andava a genio a lui: era più un tipo da piratesco o automobilismo, e Sans lo sapeva benissimo. Lo scheletro rimasto invitò la bimba a raggiungerlo sul divano aprendo accogliente un braccio, e lei si trascinò dietro la borsa fin lì per poi spiccare un salto e finirgli letteralmente in braccio. I suoi occhietti lucidi di contentezza facevano presagire qualcosa di parecchio speciale.
“Vedrai che ti piaceranno un sacco Sans! Se ti piace la fantascienza perderseli è un delitto!”
“…ma quanti sono…?” chiese lo scheletro sorridendo, dopo aver preso in mano il cofanetto che pareva di dimensioni più consistenti di quelle che si era aspettato vedendolo a distanza.
“Sei!”
“Eh?!”
“Sette, in realtà… ma il settimo non è ancora uscito in dvd.”
“…ma Frisk, sono tantissimi!”
“La notte è lunga mio caro Sans!”
La ragazzina saltò giù dal divano e si mise a ravanare dentro alla sua borsona, tirandone fuori una coperta, un sacchetto di biscotti, un thermos pieno di the e il pigiama. Lo scheletro si chiese, con allegra rassegnazione, in quale diavolo di situazione s’era andato a cacciarsi con quella promessa che le aveva concesso, facendo nuovamente nota mentale di quanto non gli andasse a genio fare promesse alla gente.
“Immagino che dovremmo iniziare subito allora, o l’alba arriverà prima che abbiamo finito!” affermò con un occhiolino, avvolgendosi la coperta sulle spalle e creando uno spazio apposta per Frisk tra le sue gambe. Lei non se lo fece dire due volte e inserì il primo cd nel lettore, spense le luci, prese il telecomando e si fiondò addosso al suo amico, infilandosi nel nido che questo le aveva preparato. Lui la circondò poi con le braccia e appoggiò il mento osseo sulla sua testa, in modo tale tutti e due, avvolti dalla coperta, sembrassero un grosso involtino.
Schermo nero, musica iniziale, titoli di testa.

 

Da quella notte, nulla fu più come prima.

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*Beccatevi questa immagine di Sans e Frisk vestiti da pinguini. C'entra con la storia? Assolutamente no. Sono carini? Sì.
*Al prossimo capitolo!

*Goli-COFF COFF
*Kiki

  
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